venerdì 27 febbraio 2015

FRANCESCO UN PAPA PER IL NOSTRO TEMPO

Quando la sera del 13 marzo 2013 dal balcone di S. Pietro si affacciò il cardinale di Buenos Aires Giorgio Bergoglio, figlio di emigrati piemontesi, e si rivolse ai fedeli radunatisi in piazza con un “Buona sera, vengo dalla periferia del mondo, sono il nuovo vescovo di Roma e mi chiamo Francesco” tutti furono colti da meraviglia e da stupore. Non era come gli altri 264 papi che l’avevano preceduto: umano, semplice, comunicativo. Aveva scelto un nome tutto un programma: Francesco d’Assisi.
Tutti si accorsero nei giorni e nei mesi successivi della semplicità, coerenza e testimonianza di quest’uomo. Va a risiedere nella pensione di S. Marta e non nei sontuosi palazzi vaticani, veste semplice senza pompa e senza vanità, sostituisce la croce pettorale d’oro con una di metallo più semplice, indossa scarpe di cuoio anziché babbucce rosse firmate Prada, si sposta lui stesso portando la sua borsa, viaggia in autobus oppure con una fiat panda, paga i suoi pasti chiedendo lo scontrino alla cassa. Ama vivere fra la gente, diversamente, dice, gli toccherebbe finire in psichiatria. Quando ritiene opportuno comunica direttamente con gli interessati, prendendo il telefono al di là di ogni cerimoniale e protocollo. Come quando parlò ad un giovane di Padova, certo Stefano, dicendogli che gli apostoli non davano del “voi” a Gesù’. Oppure ad una signora divorziata residente a Buenos Aires in disagio perché non le era consentito di fare la comunione al che egli le rispose di riceverla pure qualora si sentisse in coscienza il bisogno di Dio.
Al di là però dei singoli episodi bisogna chiedersi quali sono le coordinate di Francesco, la logica di fondo della sua evangelizzazione. Non è un rivoluzionario nei principi, ma nei metodi. Nel passato si partiva da Dio, dalla chiesa, dai suoi dogmi, giudizio, paradiso, inferno per imporli all’uomo. Egli invece preferisce partire dall’uomo, dalla sua indigenza, dalla sua precarietà, povertà, dalle sue difficoltà per andare a Dio. Dall’orizzontale per proseguire verso il verticale. Di qui si comprende come il mondo dei poveri sia la passione di Bergoglio. Comincia dal suo ambiente dicendo che nella curia ci sono molte sante persone ma anche dei corrotti. Gli sta sul gozzo la conduzione dello JOR, la banca vaticana, perché ricicla pure denaro sporco e della mafia. Sostituisce lo staff dirigenziale, o almeno tenta di bonificarlo. Nella sua visita in Calabria afferma che i mafiosi sono scomunicati e che non bastano le manifestazioni religiose e l’inchino della Madonna nelle processioni patronali per accreditarsi come credenti quando fanno della malavita una ragion d’essere. Anche se non intenzionalmente, certo indirettamente questa chiarezza influisce sulla deberlusconizzazione dell’Italia, nella quale per un ventennio la chiesa ha pilotato politicamente lo stato e questo ha foraggiato per suoi interessi la chiesa. Conseguenza a tutti visibile nella messa papale dei nostri   parlamentari in S. Marta il 27.3.14, usciti piuttosto congelati, e senza la ressa del baciamano consueto.
Il peccato più grave oggi in questa civiltà dello spreco e dello scarto, continua Bergoglio, non `un atto peccaminoso che ti sfugge ma la corruzione dei corrotti e dei corruttori. Il suo prima viaggio è a Lampedusa, (8.7.14) dove sbarcano gli scampati dalle guerre per il viaggio della speranza e che invece finiscono annegati e sepolti nel Mare Mediterraneo divenuto il cimitero dei profughi. Le guerre si fanno purtroppo per vendere armi. Raccomanda ai conventi e ai chiostri di aprire le loro porte ai poveri, perché essi sono la carne di Cristo. Pare una banalità ma è in questo spirito si comprende anche l’installazione di una barberia del Papa, sotto il colonnato di S. Pietro, in cui senzatetto e barboni possono farsi un po’ più belli, tagliandosi barba e capelli. Sempre per quanto concerne il denaro stigmatizza il mercanteggio del sacro e il tariffario per le celebrazioni religiose, e il rubare allo stato per dare alla chiesa. Come si nota egli insiste su una inversione di tendenza: chiesa per i poveri. Oltre che all’attenzione verso questa moltitudine Francesco punta molto sul rispetto della natura, della creazione, dell’ambiente, sul suo sfruttamento, saccheggio per cupidigia, inquinamento. Cita spesso un proverbio contadino: Dio perdona sempre, gli uomini qualche volta, la natura mai. La sua prima enciclica avrà proprio come tema l’ambiente. Spesso ritorna su una chiesa tesa verso le periferie. Non soltanto quelle geografiche dei popoli ai margini, ma anche verso le periferie presenti in ogni persona, si tratta degli indifferenti, dei non credenti, degli atei. Dio è presente in ogni uomo anche in quello privo di fede e del senso della vita. Dio ha fiducia anche in lui. Per questo Bergoglio concede interviste pure ad un quotidiano laico come La Repubblica, e colloqui telefonici a Pannella, leader del libero pensiero e del testamento biologico. Sempre con la convinzione che la missione non è proselitismo, non consiste prima di tutto nel portare Dio ai singoli e alle famiglie, ma di aiutare a riscoprire Dio all’interno della coscienza del singolo e delle famiglie. Qui si inserisce anche il suo leitmotiv che Dio è misericordia. Il mondo è come un ospedale da campo. Consiglia i vescovi ad avere l’odore delle pecore e a non cedere alla tentazione di sentirsi principi ed dignitari. La sua teologia ha anche una versione popolare e non semplicemente dotta: ama le devozioni, il rosario, la confessione. Anche se non vede di gradimento che la Madonna venga considerata come “un’agente delle poste” che gira dovunque per distribuire segreti e messaggini.
Il suo magistero insegnamento lo esplica meglio nelle situazioni e negli incontri più comuni che non sulla cattedra di S. Pietro, specie in aereo di ritorno dai grandi viaggi. Dove ebbe a dire:” chi sono io per giudicare un gay”. Oppure in riferimento alla famiglia quando raccontò di avere incontrato una signora madre di sette figli avuti con parto cesareo che attendeva l’ottavo ed egli le disse: “ma lei vuole tentare il Signore, vuol lasciarli tutti orfani? I cattolici non sono obbligati a fare figli come conigli”. Oppure quando la discussione si accese attorno alla libertà di stampa e di espressione dopo la strage di Parigi del 7.1.15 esclamò: “Se qualcuno offende mia madre merita vedersi un pugno”. La famiglia in particolare è l’altro suo cruccio. Nell’autunno del 2014 indisse un sinodo sulla famiglia, sul matrimonio, sulle coppie divorziate, conviventi, di fatto, omosessuali indicendo un’assemblea di vescovi per discutere i vari problemi connessi invitandoli ad esprimersi con chiarezza, esponendo le loro opinioni anche se diverse da quelle del papa. Gli sta soprattutto sullo stomaco che ai divorziati e alle coppie dei secondo matrimonio sia negata la comunione, escludendo così dalla comunità dei credenti e in mondo irreversibile tante persone di fede sincera. Sa di avere a che fare con delle resistenze ataviche, non per nulla nel suo opuscolo “Evangeli Gaudium” del 24.11.13 ebbe a scrivere:” l’evangelizzazione esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del si è sempre fatto così.  Invito tutti ad essere audaci e creativi e ripensare obbiettivi, strutture e metodi”.
Ad un certo pubblico questo Papa certo può diventare scomodo. Anzi lo è già. Possiamo citare la posizione di Giuliano Ferrara, definitosi ateo devoto, direttore del quotidiano “il Foglio” il quale(6.8.13) scrive che questo è un antipapa, svilisce il papato, tipo burlone, populista, parroco di campagna, una specie di cavallo di Troia che porta a barattare tutte le religioni, a smarrire il fondamento, i dogmi e l’unicità della vera chiesa cattolica. Da citare pure Vittorio Messori, scrittore di diversi libri, un verso araldo della tradizione, il quale nel Corriere della Sera alla vigilia del natale 2014 sostiene che questo papa sta confondendo la fede dei cristiani medi. Oppure Antonio Socci, punta avanzata di Comunione e liberazione, stile buttafuori, che scrive un libro(3.10.14) in cui dimostra che l’elezione di Bergoglio è invalida. Ma è soprattutto attorno al suo entourage, in Vaticano, fra alcuni di casa sua che le reazioni sono più pesanti. Va menzionato il libro scritto da 5 cardinali, due italiani e tre stranieri, dal titolo:” Permanere nella fede di Cristo”, in cui indirettamente si fa osservare a Papa Francesco che la legge della chiesa è immutabile ed infallibile. Ovvio che alcuni cardinali si siano pentiti di averlo eletto.  Aggiungasi una buona parte del clero, dei gruppi tradizionalisti, del conservatorismo e del fondamentalismo, abituato a garanzie stabili anche perché di comodo, quindi portato più ad obbedire che a riflettere sui motivi della propria fede, e si avrà un quadro abbastanza completo. Papa Francesco comunque pensa in positivo verso il futuro, un positivo fondato sulla fede nel Vangelo del Signore che ha promesso di non voler perdere niente e nessuno di coloro che il Padre gli ha affidato. Veramente un Papa per il nostro tempo.

 Autore: Albino Michelin

venerdì 20 febbraio 2015

STRAGE DI PARIGI E LIBERTÀ DI SATIRA

Mercoledì  7 gennaio 2015 tre terroristi islamici hanno assaltato la sede del settimanale satirico” Charlie Hebdo” di Parigi facendo un vero massacro:12 uccisi fra cui 4 vignettisti e il direttore Stefan Charbonnier.Ovvia l’indignazione da parte di tutto il mondo, la condanna del gesto e la partecipazione al dolore del popolo francese. Ma nell’emozione della tragedia  vale la pena porsi anche una domanda sul significato e sul limite della libertà, nel caso specifico libertà di satira. Libertà  è oggi un vocabolo magico, libertà di parola, di opinione, di espressione su tutto e su tutti.

 E’ il fondamento della democrazia. In campo letterario, politico, istituzionale, religioso, di costume e quindi anche di satira. La satira è un  genere letterario teso a mettere in ridicolo attraverso  caricature, parodie, spot, sfotto' le nostre contraddizioni ed educare la società a guardarsi dentro senza ipocrisia invertendo inveterate tendenze. E’ un metodo antico, anche i romani avevano coniato lo slogan “ridendo castigo mores”(=cioè i costumi).Rimette in discussione vecchie verità’, semina dubbi, smaschera ipocrisie, attacca  pregiudizi, mette in crisi le convinzioni, denuncia con lo scherzo e con il ridicolo concezioni, passioni, modi di vita, atteggiamenti comuni a tutta l’umanità. La stessa Corte di Cassazioni italiana dopo alcuni contenziosi ammetteva nel 2006 la legittimità di questo genere letterario. La domanda però che più di qualcuno potrebbe porsi è se esiste o meno una comunicazione di confine. Libertà per chi e per che cosa. Libertà di fare tutto ciò che salta in testa o libertà di fare intelligentemente e coscienziosamente ciò che la lettura del tempo presente richiede? La mia libertà non ha un limite nella libertà dell’altro? Ho io la libertà di gettare pomodori in faccia  a tutti, di sporcare i muri, di defecare davanti alla porta di qualsiasi cittadino oppure anche l’altro ha la libertà di vedersi pulito e rispettato il suo habitat? Ed in questa zona di confine  che molti oggi preferiscono usare l’espressione “responsabilità.’” La quale contiene il diritto alla propria libertà ma anche a quella dell’altro. E qui ci si puo’ calare nella strage di Parigi. Necessaria ma non basta solo l’indignazione, l’applicazione di regole di controllo contro il terrorismo, la ricostruzione di una scrupolosa intelligence, la condanna delle guerre di religione, ma anche riflettere su quale potrebbe essere stata la causa, la pseudo causa, il movente-pretesto immediato di questo gesto efferato.   

Orbene la rivista Charlie Hebdo è di un sarcasmo feroce, a volte triviale, accanita, antisemita, antislamica, antireligiosa che ad una minoranza specie musulmana potrebbe ancora dare fastidio. Vale la pena provocare un fondamentalismo religioso con un altro fondamentalismo di matrice libertaria? L’ultima vignetta esibiva un militare che alla domanda ”ancora nessun attentato in Francia “rispondeva: ”aspettate c’è tempo fino alla fine di gennaio per fare gli auguri”.  Sembra una profezia. Qualche chicca significativa nel passato della rivista, che potrebbe essersi fissata nella memoria dei terroristi o aspiranti tali. Nel 2001 viene data ampio spazio al libro di Oriana Fallaci” La rabbia e l’orgoglio” in cui si dipinge l’Islam come nuova crociata contro l’occidente. Nel 2011 dopo alcune canzonature sull’Islam la redazione viene assaltata e bruciata. Il suo redattore , futuro martire della satira, difende la libertà di espressione contro la dittatura religiosa. Nel 2012 appare una foto gigante di  Maometto nudo. Recentemente un’altra  del profeta che lamenta: ”difficile essere amato dagli idioti”. Vignette anche sul versante cattolico: nel 2010 spazio a papa Ratzinger che durante la messa invece di levare l’ostia innalza un preservativo. Nel 2012  esposizione in copertina  di un rapporto sessuale a tre: Dio Padre, Gesu’ Cristo e lo Spirito Santo. Ci si potra’ chiedere: perché mai i  cristiani non fanno reazione come gli islamici. Premesso che nessuna religione con i suoi dogmatismi accetta la satira ,si sa che i cattolici hanno smesso da tempo di mandare al rogo  gli avversari causa una laicizzazione dell’Europa, unita ad una anestesia e indifferenza della loro coscienza. Ma l’Islam non è così,  è ancor oggi una religione  non secolarizzata e intelligenza vuole che se ne tenga conto  evitando eccessive provocazioni.

 Gli islamici sono oggi quello che noi eravamo ieri. Le civiltà non si sviluppano tutte contemporaneamente, specie quelle che sono state oggetto di colonizzazione da parte degli europei cristiani. Magari come reazione contro di loro. Per l’islamico oggi è tassativo il comandamento di Mosè e dell’Antico Testamento:” non permettere nessuna immagine del tuo Dio.” Il nostro rapporto con loro va ristudiato: non basta quello economico, del petrolio, del dollaro, delle banche. Nemmeno quello politico. Economico e politico  sono frutto di un rapporto culturale, dialogo, integrazione, convivenza. E che in tutte le moschee si sia espressa  condanna per la strage di Parigi e pure da parte del presidente della lega musulmana rappresenta un piccolo passo per un lungo viaggio. Mentre dunque oggi ci si impone di fermare in ogni modo ogni aggressione terrorista, va ripensato e preparato insieme con noi dall’interno dell’Islam  stesso un altro domani.

ALBINO  MICHELIN 
07.02.2015

martedì 17 febbraio 2015

IL SEGRETO DI FATIMA

Come cristiani non ci si deve né disturbare né esaltare più di tanto. Importante è non farci attorno una sagra o una retorica collettiva. Su Fatima e il suo segreto si sono intrecciati negli ultimi periodi alcuni fatti di cronaca che vale la pena analizzare mettendoli in fila uno per uno.

Mi sembrano tre: la rievocazione storica dell’apparizione della Madonna a tre pastorelli Francesco, Giacinta e Lucia il 13 maggio 1917 in quel paese del Portogallo. Il contenuto di tre segreti affidati dalla Madonna ai bambini. Infine il pellegrinaggio del Papa al santuario di Fatima il 13 maggio scorso.

Per una semplificazione comprensiva parto da quest’ultimo avvenimento. Wojtila è andato anche per ringraziare la Madonna del mezzo miracolo o intero ricevuto il 13 maggio 1981, esattamente 10 anni fa, quando il tiratore scelto Ali Agca, il quale continua a sostenere di aver mirato giusto, anziché colpire Giovanni Paolo al cuore, lo colpì alla milza. Insomma in piena Piazza S.Pietro a 300m di distanza sbagliò di 12 centimetri. Comprensibile, anzi edificante che un Papa ringrazia la Madre di Dio per tale protezione, a patto però che tutto ciò resti nella sfera del privato e del personale, e non assurga a modello di fede universale. Se no qualcuno ci potrebbe obbiettare che si la pallottola di Ali Agca è diventata gemma preziosa nella corona della Vergine, ma non si deve dimenticare che nello stesso giorno tante altre pallottole hanno colpito nel segno in ogni parte del mondo impallinando bambini, donne, vecchi indifesi. Fra un Papa che ringrazia la Madonna per un presunto miracolo ricevuto, centinaia di persone maledicono per altrettanti miracoli mancati.

Diciamo che nel caso in questione un po’ di sobrietà non guasta: logico suonare le campane per un Papa pellegrino, un po’ meno per un Papa che si presenta coma “miracolato”. San Paolo dice: “sia che viviamo, sia che moriamo siamo nelle mani di Dio”. Questo è il vero miracolo. Gli altri possono essere strumenti o illusioni per dimostrare questa verità che già dovremmo conoscere.

E vengo al secondo aspetto, l’apparizione della Madonna ai tre pastorelli. Non ha molta importanza nel caso nostro se i bambini in questione siano stati dei veggenti o visionari, se cioè abbiano visto la Madonna ho se la siano sognata. Questo vale per Fatima di ieri, per Medugorje di oggi, e per tutte le 520 apparizioni avvenute in Italia tra il 1450 – 1950. Non sono prove dell’esistenza di Dio, ma solo indizi che l’uomo lo cerca attraverso fatti concreti e tangibili. Eventualmente sono un sostentamento non un fondamento della nostra fede. Dante scrisse ”avete il Nuovo ed il Vecchio testamento, questo vi basta a vostro salvamento”. E Gesù a Tommaso “beati quelli che crederanno senza averlo veduto”.

Infine il segreto di Fatima in tre capitoli. Nel primo la Madonna (si dice) predisse la morte in tenera età di Francesco e Giacinta. Il che avvenne. La terza Lucia vive tutt’ora all’età di 84 anni. Nel secondo (si dice) la Madonna predisse la conversione della Russia e la pace nel mondo. E qui ci permettiamo un interrogativo. È vero che nel 1989 è caduto il muro di Berlino e si è verificata la libertà religiosa in Russia. Di fatto però la Russia si è convertita al capitalismo dell’America, non a Gesù. E pochi mesi fa la guerra America-Iraq si è dimostrata una fra le più atroci ed ingiuste da mezzo secolo a questa parte. Se è pace questa! Il secondo segreto lascia quindi aperti tutti i dubbi. Il terzo è generico e va bene per tutte le salse. “Alla fine il cuore immacolato di Maria trionferà”. Ma non l’ha già promesso Gesù? “Io sarò con voi fino alla consumazione dei secoli”.

Una chiesa che va avanti a base di segreti, di diplomazie, di bussolotti, astrologi, chiromanti e cartomanti è poco credibile. Gesù ci ha raccomandato “sia il vostro parlare si, si non no”, altro che segreti di Fatima, di S.Damiano, di S.Antonio.

Qui siamo come i Testimoni di Geova che vanno in giro con l’agenda e calendario a fissare per tutti la venuta di Dio, la fine del mondo e l’armaggedon. Quando questa parola di Gesù, è nota solo al Padre celeste, non agli angeli suoi e nemmeno al figlio suo Gesù.

Purtroppo anche per la Chiesa e i cristiani è molto forte la tentazione di pilotare ed orchestrare i segreti del cielo per fare del sensazionalismo sulla terra ed aggregarsi le anime deboli.

Autore:
Albino Michelin
13-05-1991

sabato 14 febbraio 2015

TUTTI GLI UOMINI HANNO UNA FEDE

Fede è un’espressione che contiene tutto e niente, profonda e superficiale, precisa e vaga. Fino ad affermare che di fedi ce ne sono tante: in un Dio, in se stessi, negli amici, negli insegnanti, nei maghi, nei medici, nella fortuna, nel destino. Se la vogliamo circoscrivere all’ambito religioso, spesso si sente dire: quello è un uomo di fede, quello l’ha persa, quello l’ha trovata, quello è tornato alla fede, quello soffre di dubbi. Nell’ambito cattolico poi l’orizzonte si restringe ulteriormente: se uno da testimone di Geova, da protestante, da buddista, da musulmano si fa cattolico si dice che è un convertito alla fede e si ringrazia Dio. Se invece da cattolico passa alle altre religioni viene definito pervertito, oppure scismatico, infedele traditore, e ci si mette a pregare Dio per il ritorno all’ovile.

C’è poi chi va anche ai dettagli: la fede è un dono che Dio concede a chi è battezzato e la aumenta in chi si accosta ai sacramenti. Come dire che chi non è battezzato non ha la fede perché non ha ricevuto lo Spirito Santo e quindi non si salva l’anima. Ma siccome su 7 miliardi di abitanti i battezzati sono una minoranza, all’incirca un miliardo, di conseguenza avremmo una massa di infedeli e di dannati. Come dire che Dio fa selezione di persone, va per simpatia e predestina chi gli aggrada. Che se poi entriamo ancor più nei dettagli si sente dire che la pienezza della fede e dello Spirito Santo ce l’ha il papa 100%, i cardinali e i vescovi un75%, i preti un 50%, le persone comuni stanno al di sotto della linea play out in zona retrocessione. Quasi a dire che anche Dio ha la sua casta. Altro aspetto dell’argomento è l’affermazione spesso circolante che è impossibile avere fede e credere senza una grazia di Dio. Questo complica ancor di più il problema perché se determinante è Dio, allora l’uomo non è più libero, ma solo un robot nelle sue mani. Se invece si afferma che l’uomo è libero allora Dio non è più determinante. Forse questo problema è posto un po’ male, nel senso che tutti gli uomini nascendo si trovano sulla stessa griglia di partenza. Con il dono della vita ricevono anche il dono della fede, la fede è una realtà legata alla vita. Per questo ogni vita si dice è sacra. E per fede non intendiamo religione, cioè i rituali esteriori, i dogmi, le devozioni, ma qualcosa di più profondo, cioè il rapporto intimo fra la persona e un essere assoluto che la persona stessa percepisce come fonte e senso della sua esistenza. Indipendentemente dal fatto che il suo Dio si chiami Geova, Allah, Budda, oppure Grande Spirito.

Premesso che ogni uomo allora ha una fede, la diversità non dipende dal libro dei battesimi o dall’anagrafe di appartenenza, ma dalla risposta personale che ognuno da’. Nel modo di curarla, di maturarla, di praticarla. Compito dell’uomo non è quello di ricercare la vera fede, non basta una vita, ma di rispondere a quella che lui ha dentro di sé come cittadino del mondo, tenendo conto della sua geografia e della sua cultura. Ovvio che opportuno sarebbe un confronto, ma non sempre c’è il tempo e l’occasione. Quindi non tiene il discorso: che colpa ne ha quello se non ha ricevuto la fede, o che merito ne ha quell’altro se l’ha ricevuta e magari non puo’ togliersela di addosso. Con ciò non si vuole sbancare tutto e abolire dal cattolicesimo i riti e i sacramenti battesimo, cresima, matrimonio, ecc. Chi li riceve ci crede sul serio puo’ prendere maggiore coscienza di ciò che è e coerentemente deve essere. Ma qualora restino mere formalità non dicono niente, non aggiungono nulla. Qui si spiega il motivo per cui spesso si sente dire: va in chiesa, va al tempio, va alla moschea, va alla sinagoga e poi è peggio degli altri. E qui si innesta anche il rapporto tra la fede professata e il comportamento morale, l’onestà, il senso civico.

Per essere onesti non occorre decantare apertamente di credere in Dio o in qualche Dio. Non si puo’ generalizzare l’espressione di Dostojeski.” se Dio non c’è, allora tutto è permesso”. Come se chi non ha fede in Dio, gli atei, o i diversamente credenti fossero tutti barbari, disonesti, egoisti. Non è vero o almeno non lo è sempre. Esiste anche una fede, un’etica laica: il non fare del male, non tradire, non ingannare, fare agli altri quello che si vorrebbe a se’ stessi, volontariato, altruismo, amore verso l’uomo non per amore di un Dio o egoisticamente per un paradiso, ma perché è un essere umano come tutti. Persino Paolo afferma che i pagani (=non credenti) hanno la legge scritta nei loro cuori, come risulta dalla testimonianza della loro coscienza (Rom.2,14). Così anche presso gli atei possono esistere l’eroismo e il martirio. Non vorremmo affermare che i giovani che si arruolano in gruppi armati con l’intento di morire martiri per la fede in Maometto siano uguali ai martiri del primo cristianesimo che pure si facevano ammazzare per la fede nel loro Dio. Accostamenti apparentemente insostenibili, ma che andrebbero psicologicamente meglio analizzati. Però una costatazione è ovvia: c’è chi ha la fede in Dio e chi ha la fede nei “Valori”. In questo senso tutti abbiamo una fede.

Autore
Albino Michelin
01-02-2015
  

lunedì 9 febbraio 2015

IL BURQA DELLE ISLAMICHE OFFENDE IL DIRITTO DELLE DONNE

Una donna del Bangladesh tempo fa è entrata con il burqa in un supermercato italiano e precisamente a Pieve di Soligo in provincia di Treviso. Panico fra i clienti specie fra le donne. Proteste con il direttore, richiesta che l’indumento integrale fosse strappato dalla sconosciuta e si potesse vederla in faccia. Il direttore evita la caciara, si va a finire dal sindaco e dai carabinieri.

Ovvio che il discorso ci porta all’abbigliamento delle islamiche, sull’impatto che esso produce da noi. Per non fare loro torto è opportuno distinguere e analizzare. Alcune portano il hijad, foulard che copre capelli, fronte, nuca, orecchie, vestito lungo e largo in modo da proteggere le forme del corpo, lasciando scoperto solo il viso. Altre il chador(Iran), velo in testa e mantello lungo il corpo. Altre il niqab (Arabia saudita), tutte coperte con una fessura soltanto all’altezza degli occhi. Altre il burqa(Afghanistan) fantasmi neri, interamente coperte, con una griglia all’altezza degli occhi. Le varie fogge dipendono dall’area geografica e dall’interpretazione religiosa del Corano.Non però in tutta la galassia islamica, perché in molti stati tipo Marocco la donna è completamente emancipata sia nell’abbigliamento come nel costume sociale. Il che ci fa pensare che a lungo termine questa sarà l’omologazione dell’islamismo femminile.Trattandosi di donne non si pensi che sia stoffa da quattro soldi. Il settore della moda islamica è un mercato in continua espansione, 224 miliardi di dollari nel 2012. Ci fanno anche i concorsi di bellezza, con miss e incoronazione delle reginette dell’anno, ovvio non in due pezzi ma nel loro casto abbigliamento.


Siccome il nascondere il proprio volto puo’complicare i rapporti sociali, diversi Stati hanno imposto le loro legislazioni. Dal 2010 la Francia vieta niqab e burqa in luoghi pubblici: il velo che nasconde il volto viola i diritti altrui di vivere in uno spazio in cui lo stare insieme è agevolato. Multa di 150 euro e l’obbligo di frequentare corsi di rieducazione civica. Stesso divieto anche in Belgio. Pure nel Canton Ticino, che non coinvolge tutta la Svizzera, soltanto che lì si continua a pontificare per le modalita’ d’intervento. In Italia non è reato, ancorché sia vietato il “domino”, abito che copre tutto il viso in modo che nessuno possa sapere chi si nasconde dietro. Un divieto circoscritto più al Carnevale che in permanenza.
La Corte europea dei Diritti Umani già nel 2011 definì che vietare burqa e nibaq non lede i diritti religiosi ma quelli civili e quindi legittimò ad esempio il divieto della Francia o di altri Stati che lo vogliano sancire. Il volto gioca un ruolo importante nella interazioni sociali, assicura il rispetto dei minimi requisiti del vivere insieme. Chi ad esempio puo’ riconoscere un documento di una donna che si mimetizza dentro un burqa? Ma al di là del fatto sociale e delle relazioni vi sta un problema religioso, culturale e psicologico. Perché la donna si veste cosi? Perché lo esige il maschio. Non è un’affermazione populista e scontata. E la donna velata accetta la sottomissione di buon grado. Con il velo-burqa la donna non è della donna, è dell’uomo, dell’uomo soltanto. Prima del padre, poi del marito, poi del fratello maggiore   e avanti così.


Le rivoluzioni veramente vittoriose nel 68 furono due: quella femminile e quella giovanile. In occidente le donne hanno lottato per dirsi” io sono mia”. Ma “il burka e io sono mia” sono due contrari inconciliabili. Se la donna è bella nessuno deve saperlo, la sua bellezza è proprietà del marito. Controllo sul corpo significa anche controllo sulla sessualità: pure qui decide la famiglia a scegliere il marito. La sessualità come libertà non è una esigenza del diritto, ma della natura. Però il burqa impone alla donna di accettare il dominio da parte del maschio. In effetti essa puo’ mostrarsi solo in casa e solo al marito. Se altri la vedono il marito è svergognato. Il burqa va vietato non solo perché trasgredisce una legge che impone la visibilità civile, ma anche per aiutare la donna a capire che essa viola un suo proprio diritto: la libertà dalla schiavitù del maschio.


E’ noto che tale schiavitù era in vigore anche presso la Bibbia del popolo Ebreo. Paolo pure lui rispecchia questa mentalita’del primo cristianesimo allorché afferma: “la donna deve coprirsi il capo perché essa è gloria dell’uomo. Infatti l’uomo non fu creato per la donna, ma la donna per l’uomo.” (1° Cor.,5-10).Certo questa argomentazione dipende dai costumi ai quali Paolo stesso è abituato ed essa rende relative le sue conclusioni. Ma ha lasciato delle conseguenze: in effetti le nostre donne fino a qualche decennio fa non potevano entrare in chiesa senza velo e l’abbigliamento delle suore, abbastanza vicino al chador, ha lasciato il segno. Certo oggi le cose sono cambiate, però non lasciamoci ingannare. In effetti la prostituzione, il femminicidio in aumento, la violenza verso le donne dimostrano che anche senza indossare il burqa la donna nella civiltà telematica non è di se stessa, è ancora proprietà del maschio.

Questo dell’abbigliamento delle islamiche è un cammino che avrà successo se verra’ fatto da tutte le donne insieme, occidentali, arabe, musulmane. Certo non con la derisione, lo sberleffo o gli sbreghi in testa ma con la convivenza e la coeducazione. Che ha dato un aiuto a quella donna del Bangladesch in quel paese del trevigiano sono tutte quelle nostre donne del supermercato che hanno reagito reclamando perché da quel volto rubato si sono sentite offese nel loro diritto alla piena femminilità.


Autore:
Albino Michelin

LA RIVALUTAZIONE DI LUTERO FRA GLI EMIGRATI


Pronunciare il nome Lutero e pensare ai protestanti di cui egli è il fondatore è la stessa cosa. Da bambino del catechismo, da adolescente, da studente, confesso, i protestanti mi hanno sempre fatto paura: perché gli altri, la cultura, la chiesa, la teologia me l'avevano messa addosso. Un lavaggio del cervello con il mito anti Lutero: figlio di Satana corruttore della chiesa, scomunicato e fondatore di una masnada di scomunicati, ribelle al Papa, distruttore di santi e della Madonna, frate impudico voglioso di maritarsi con una monachella.

E il dramma non era solo dei preti giovani, usciti e modellati così. Era soprattutto dei nostri emigrati degli anni 50-60, specialmente le ragazze. Erano tante allora, mentre i nostri giovanotti cattolici pochini. Avveniva che si innamorassero e sposassero con protestanti. Una tragedia per loro, per i genitori in Italia, per i preti che dovevano obbligarle a trascinare il partner nella chiesa cattolica, a convertirlo e giurare un'educazione cattolica ai figli. Tante non ci sono riuscite ad imporre questa violenza al coniuge, tanti protestanti hanno obbligato invece la ragazza italiana a passare dalla loro parte, a educare i bambini nella loro chiesa.

Allora ecco il verdetto: questa donna è come Lutero una scomunicata, troncare i ponti, togliere la parola, non benedire la casa a Pasqua, segnarla in nero nella cartella anagrafica. E si ricordano ancora altri particolari: quando noi, emigrati o meno, siamo in quel tempo arrivati in Svizzera, eravamo muniti di tutte le istruzioni. Mai entrare nelle chiese sopra il cui campanile ci stava un gallo. Solo dove ci stava la croce. E poi in quelle chiese, quelle del gallo, mai entrare durante una funzione religiosa a curiosare, a sentire: ci poteva essere la scomunica, cioè l'espulsione dalla chiesa cattolica.

Sono passati solo alcuni decenni: quanto è cambiata la situazione, quanto maestra di vita questa breve storia è stata. Lutero nacque ad Eisleben nella Germania centrale il 10-11-1483 e morì a 63 anni, dopo di aver causato una scissione all'interno della chiesa cattolica con la riforma e fondando la religione protestante che oggi conta 700 milioni di adepti, e il cattolicesimo alcuni milioni di più.
Perfino Papa Wojtyla, che quanto a dottrina e magistero è piuttosto tradizionalista, ha pubblicato su Lutero un interessante documento in data 5 novembre 1983. Non fu ancora una riabilitazione, né una abrogazione della scomunica (che probabilmente arriverà tra qualche tempo) ma è una chiara revisione del giudizio cattolico su Lutero e sui protestanti. Questo Papa scrive: “La colpa della rottura dovunque esiste deve essere riconosciuta da qualsiasi parte si trovi». Viene riconosciuta in Lutero una personalità profondamente religiosa, una grande fede in Dio e nella parola della Bibbia, un carattere sensibile, preoccupato della sua salvezza eterna. Questo Papa ammetteva quindi implicitamente anche delle colpe nella chiesa romana del tempo. E raccomandava di studiare profondamente il passato e la situazione storica del cinquecento per non continuare ad attribuirci a vicenda inutili torti: questo è il punto di partenza da qualche tempo per il dialogo fra cattolici e protestanti e la premessa per l'ecumenismo cioè per la ricomposizione delle due religioni.

L'intenzione di Lutero non era quella di fondare un'altra chiesa, ma di riformare quella cattolica di allora. Troppo accentramento romano, troppa pompa, troppo sfarzo, troppo commercio di indulgenze per costruire la Basilica di S. Pietro. Poca fede, poca parola di Dio, poca testimonianza evangelica. Ma Lutero diceva delle cose giuste nel modo sbagliato e l'allora Papa Leone X l'ha tolto dai piedi o si è illuso di toglierselo, comminandogli la scomunica. Una chiesa che si spacca in due, con una lacerazione secolare: Lutero non l'avrebbe voluto. Un Lutero troppo irruento, un Papa Leone X troppo autoritario e la frittata è fatta.

Dopo quasi 5 secoli di storia, di inimicizie, di guerre, il clima sta cambiando. Anche nei matrimoni misti oggi nessuno più deve convertirsi alla religione dell'altro e l'educazione dei figli preferibilmente segue la religione della madre o secondo comune accordo. Le passioni, i preconcetti e i pregiudizi, le calunnie e diffamazioni reciproche sono scomparse. Anche la chiesa cattolica ha imparato qualcosa. Sì, essa non ha solo da insegnare, ma anche tanto da imparare: dal Vangelo, dagli altri uomini di buona fede e volontà, in silenzio, in umiltà, da tutti e sempre' perché uno solo è il maestro: Gesu’ di Nazareth.

Autore:
Albino Michelin
12–11-1983