sabato 18 luglio 2015

I PARLAMENTARI ITALIANI ALLA MESSA DEL PAPA

Forse si è attirato un bel po’ di strali il cappellano di Montecitorio, Mons. Leuzzi, che il giorno 27 marzo ha avuto l’idea di invitare tutti i parlamentari nella Basilica di S. Pietro per assistere alla messa di Papa Francesco in occasione della quaresima. In un orario abbastanza inconsueto, alle 7 del mattino, con gente cascata in fretta dal letto, una levataccia, con gli occhi ancora stropicciati. Segno che molti pure del suo entourage non conoscono ancora a sufficienza il metodo e la spontaneità di Bergoglio. Forse si rammenta ancora il ruolo di Woytila quando entrava in Parlamento, e indipendentemente dal contenuto del suo dire, veniva omaggiato con baciamano e subissato da applausi. Un Papa anche Re d’ Italia, in sintonia ad una tradizione ormai bimillenaria, 518 gli intervenuti, fra ministri, sottosegretari ed ex. Arrivati in maggioranza con le auto blu, in sembianze di desasparecidos, mica tanto ad immagine di Papa Francesco. Ad eccezione di una panda da cui sono usciti 5 onorevoli, si disse fossero grillini, a dimostrazione che non tutti i deputati sono uguali, bando alle generalizzazioni. Comunque è difficile mettere al riparo tale cerimonia da ipoteche formalistiche e mondane. Anche in questo caso la religione è una moneta che si può ben spendere a scopi elettorali e di poltrone. Papa Francesco inizia, ma distingue bene la messa dai protocolli delle udienze e delle parate. Non concede nulla alle convenienze e ai convenevoli. Si intuisce subito il motivo per cui i media, specie di partito e di stato, non abbiano suonato le trombe nei giorni seguenti. Tutto è filato liscio e in sordina. Ovvio, basta guardare al tipo di predica. Un’omelia tosta e tagliente. Un brano del Vangelo in cui il celebrante sottolinea come al tempo di Gesù esistesse una classe politica dirigente che si era allontanata dal popolo per seguire le proprie ideologie e sfruttare la gente per la propria corruzione. In sintesi, con linguaggio rispettoso, Papa Francesco punta il dito contro i devoti della dea tangente, contro chi ha responsabilità della cosa pubblica e la gestisce a proprio interesse. No alla doppia vita, nemmeno quella per cui si ruba allo stato per dare alla chiesa. Sepolcri imbiancati, sono corrotti imperdonabili. E secondo la sua logica preferita Papa Francesco ripete che i peccatori saranno perdonati, ma i corrotti no. Perché questi hanno fatto una scelta, un’opzione di fondo, fissati sulla bramosia delle loro cose, 45 minuti con questo tono, è un bel salasso. Indubbiamente un discorso del genere fa piacere al popolo italiano, perché dice cose che tutti si aspettano da tempo, e le dice come stanno e le dice soprattutto in faccia a chi ha responsabilità di amministrare la cosa pubblica. Terminato il rito, ovviamente nessun applauso, nessun baciamano. Chiaro però che i partecipanti si lascino andare ad ogni sorta di commenti, come se da onorevoli si fossero sentiti trattare da disonorevoli. ”Ci ha fustigato invece che darci un messaggio di speranza. ”Persino il   cattolico praticante Bersani si lamenta: ”una romanzina, non ci ha nemmeno salutati.” Si teme che il prossimo anno tutti si facciano induisti per non andare più alla messa del papa. Sconvolgenti i commenti su internet: ”La casta a messa? Una galleria degli orrori, speriamo disinfettino la basilica.” Oppure” se avessero avuto un po’ di fede avrebbero dovuto andare tutti a confessarsi, non dai preti, ma dalle procure e poi dimettersi “Questa messa di Papa Francesco è un nuovo segno di rottura con il passato. Nel senso che non è stato lui, il rappresentante della cristianità a richiedere una sudditanza confessionale dei membri del governo italiano, ma ha solo offerto un vangelo di attualità a costoro che come tali si sono a lui presentati. Molto diverso dal gesto di Gregorio VII, quello che nel 1075 mise in ginocchio a Canossa l’imperatore Enrico IV ed emanò un preciso diktat: il papa è il solo uomo di cui tutti i principi baciano i piedi. A lui solo è permesso deporre gli imperatori. Una mentalità che ha fatto da sfondo fino a tempi recenti: il potere si inginocchia davanti alla chiesa per ottenere consenso. Un altro segno di rottura: il superamento della tutela stato-chiesa e viceversa. Una politica da sottobosco per cui ci si scambiava favori reciproci. Discutibili, specie finanziari nei confronti della chiesa. Elettorali nei confronti dello stato. Rotture nella logica di Papa Francesco, non condivise da tutti, ma certo di grande contenuto etico e morale.

Autore:
Albino Michelin
09.04.2014       

L'ULTIMO LIBRO DI FERRARA

Direttore del quotidiano “Il Foglio”, giornalista, conduttore televisivo, ideologo di tutte le correnti politiche. Dapprima comunista militante, poi socialista con Craxi, quindi da un ventennio passato a Berlusconi, oggi pure ateo o devoto. Si dichiara cioè tale, senza un dio, però fautore delle posizioni della chiesa cattolica quali esse siano, come quelle sull’aborto, sulla contraccezione, sugli omosessuali, sulla fine vita. L’ultimo libro ”Questo papa mi piace troppo” si iscrive proprio nella sua logica di visibili “contro”. In effetti, pure all’apparenza bonario, in sostanza ce lo presenta come un antipapa. Sostiene che tutta questa simpatia benevola sia un cavallo di Troia che mette in pericolo la solidità e la funzione storica della chiesa. Dunque pure non essendo cattolico si schiera dalla parte dei cattolici tradizionalisti falangisti   e denuncia in papa Francesco populismo e banalizzazione del sacro. Va al mondo non tanto per convertire e portare gli erranti all’ovile di Cristo ma per annunciare a tutti che Dio è misericordia, aprendo così le porte ad ogni tipo di confusione e di licenziosità. La chiesa dovrebbe mantenere la sua funzione indiscussa. Custode di verità eterne, di dogmi indiscutibili e irreformabili, nella contestazione netta allo spirito del mondo. Ferrara un nuovo martello degli eretici. Si rivela opportuna qui un’opinione totalmente diversa espressa da un altro celebre scrittore, ma soprattutto regista dai tanti palmares, Ermanno Olmi nel suo recente libro ”Lettera ad una chiesa che ha dimenticato Gesù”. In esso   il nodo centrale: una chiesa senza Gesù è un partito, un potere, una potenza mondana, con le sue armate, le sue guerre religiose, le sue banche, i suoi interessi. Si rinchiude entro la sua roccaforte dei valori non negoziabili per escludere senza misericordia i trasgressori. Gesù, sostiene Olmi, non è venuto per scomunicare ma per guarire e per rinvitare. Per Gesù la fede non è una conoscenza di formule dottrinali, ma l’amore verso Dio nell’onestà dei comportamenti. L’appartenenza ad una chiesa viene dopo. Ferrara qui dribbla l’affermazione sostenendo che sa di comodo e di relativismo. Ma ciò si può affermare perché si equivoca sulla realtà dell’amore. S. Agostino sosteneva “:ama e fa ciò che vuoi.“ Per riferirci ad esempio concreto: se un partner ama la comparte , può succedere anche un tradimento episodico. Ma non gli viene in mente che si può vivere una via di tradimenti tanto la comparte è misericordiosa, benevola, accomodante. Significa che costui la partner se la gioca, non la ama affatto. Quando Gesù si incontrò con l’adultera e le disse: “vai in pace e non peccare più” non intendeva” continua pure, tanto io ti perdono” ma: se tu hai fede e amore verso Dio forse peccherai di meno. Se ci ricadi, io sono ancora per te misericordia e probabilmente tu mi ripagherai migliorando anche la tua vita. Per questo Paolo ai Galati scriveva: ”non è la legge, ma la fede che ci giustifica”. Intendeva  fede  come  rapporto   di fiducia e di amore personale. Per Olmi non fa tanto problema se la gente si allontana dalla chiesa, soprattutto se questa pretende di essere in tutto autoreferenziale. Fa problema quando la gente in parte a causa della chiesa o per altri motivi si allontana e perde di vista Gesù. Questi sono due mondi antipodi. Come all’antipodo sono le posizioni di Papa Francesco e di Ferrara. Il primo non è tanto preoccupato della istituzione chiesa, per il suo eccessivo carrierismo, paludata ricchezza e vanità, quanto perché la gente volta le spalle al suo riferimento originario, Gesù di Nazareth. Per questo chiede alla gente confronti, opinioni, suggerimenti su tutti gli argomenti che riguardano l’etica di oggi, non tanto per fare un esame come un maestro ai suoi scolari ma per sentire il polso come un medico ai suoi pazienti. Non nutre molta simpatia verso i fondamentalismi, e le verità prive dialogo. Per lui la certezza ad ogni costo, su tutti e su tutto è un rifugio di chi ha paura. Chi pretende di possedere il vero lo strumentalizza come mezzo di difesa, perciò vive ogni discussione e ricerca come aggressione personale. Questa   in sintesi la posizione del giornalista Giuliano Ferrara evidenziata nel suo ultimo libro   con una vena di velata ironia intitolato, ”Questo Papa mi piace troppo”

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Albino Michelin
02.04.2014                                                                                                        

venerdì 17 luglio 2015

26 DONNE CHIEDONO L'ABOLIZIONE DEL CELIBATO DEI PRETI

Oggi   dentro e fuori il cattolicesimo stanno aumentando sempre più le voci favorevoli alla soppressione del celibato obbligatorio dei ministri del culto. 26 donne innamorate di preti hanno scritto recentemente un documento congiunto a Papa Francesco confidandogli    la devastante sofferenza che lacera la loro anima e dei loro compagni sacerdoti causa il divieto di sposarsi. Indubbiamente non è la democrazia cioè la quantità dei pro o contro che giustifica l’esistenza o la conservazione di una legge morale, ma le motivazioni che ne stanno alla base e all’origine. Il recente Codice di Diritto ecclesiastico edito da Papa Wojtyla nel 1983 al canone 277 chiude con catenaccio a doppia mandata questo discorso: ”I chierici (= preti) sono tenuti all’obbligo di conservare la continenza perfetta e perpetua per il Regno dei cieli, perciò sono vincolati al celibato, dono particolare di Dio, mediante il quale possono aderire più facilmente a Cristo con cuore indiviso e dedicarsi più liberamente al servizio di Dio e degli uomini. Perciò evitino ogni familiarità (=con donne) che possa mettere in pericolo la loro continenza e causare scandalo. Ma Papa Francesco toglie il catenaccio a doppia mandata, e di ritorno dal viaggio in Israele afferma che il celibato non essendo un dogma di fede, la porta resta sempre aperta. E anche il suo segretario di Stato Mons. Pietro Parolin l’8 settembre del 13, in qualità di nunzio apostolico in Venezuela, dichiarò che il celibato obbligatorio dei preti non è un dogma della Chiesa e si può ridiscutere perché è di tradizione ecclesiastica. Per evitare che la gente sull’argomento continui con parole al vento, va distinto il piano della convenienza storica o meno da quello del Vangelo di Gesù. Che il celibato possa essere un dono per la comunità d’accordo, a patto che sia liberamente scelto. Ma si può imporre a tutti i preti ciò che Gesù, fondatore del Cristianesimo, non ha mai imposto ai suoi discepoli e loro successori? Una modesta osservazione diretta alla chiesa, anche recente, è che i fedeli sono “ignoranti” e confusi perché mai a loro è stato spiegata l’origine e il processo storico di tale obbligazione. La prima legge ufficiale in merito è tardiva, risale al 1139 nel secondo Concilio Lateranense. Veramente anche in antecedenza se n’era accennato e precisamente nel Concilio di Elvira, IV secolo, ma più per motivi economici, cioè che mantenere un prete single è facile, mantenere uno sposato con famiglia numerosa diventa complicato. Quali le ragioni di questa involuzione? La prima riguarda la purezza legale che proibiva rapporti sessuali prima di celebrare la messa e per i laici anche prima di ricevere la comunione. La seconda proviene dal dualismo platonico, cioè risalente alla dottrina del filosofo pagano greco Platone tre secoli prima di Cristo, il quale sosteneva che il corpo va mortificato quale ostacolo alla salvezza dell’anima e che questa va salvata anche a detrimento del corpo. Quindi la vita celibe veniva considerata come un plusvalore di fronte al matrimonio. Il corpo entrava in gioco solo per fare figli. Oppure “il matrimonio è per la truppa, mentre il celibato è per gli ufficiali” come affermava qualche decennio fa il santo fondatore della potente Opus Dei. La terza ragione chiama in causa ovviamente la donna. La demonizzazione della donna, ritenuta tentatrice, lasciva, libidinosa, passionale, sensuale, porta del diavolo, partner di Satana, in grado di condurre l’uomo alla perdizione, come predicavano i padri della chiesa. Ovvio che tutto ciò non deve indurre ad una critica globale del passato, ma collocare nella mentalità del tempo, allo scopo però di operare una evoluzione concepita addirittura come un ritorno alle origine autentiche del pensiero di Gesù. Basta accontentarsi di Paolo, vissuto poco più tardi del Maestro e considerato il primo organizzatore della chiesa nelle sue strutture essenziali. Scriveva: ”il vescovo deve essere irreprensibile, marito di una sola moglie, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento, ma benevolo, non attaccato al denaro. Sappia dirigere bene la sua casa e i figli, perché chi non sa guidare la propria famiglia come potrà guidare la chiesa di Dio?”. Questo testo non è firmato da un movimento cristiano progressista, testa calda o contestatore dei nostri giorni che rivendica la soppressione del celibato obbligatorio dei sacerdoti, ma è tratto dalla prima lettera a Timoteo. Per Paolo e quindi per Gesù non c’è nessuna connessione essenziale fra celibato obbligatorio e sacerdozio. Gesù dice:” non potete servire a due padroni”. Non intendeva a Dio e alla donna moglie, ma a Dio e al denaro.

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Albino Michelin
30.07.2014

IL VESCOVO DI CASERTA DELEGITTIMATO DA COSSIGA

Su guerra e pacifismo a distanza di 4 mesi varrebbe la pena dì rivisitare a ritroso con la moviola della cronaca quell'acceso dibattito sviluppatosi fra l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga e l'attuale Vescovo di Caserta Raffaele Nogaro. Non si tratta di riprendere un discorso tète a tète a due, ormai superato dagli avvenimenti, quanto piuttosto di rievocare alcune componenti morali sull'intervento armato in Afghanistan che rischiano di cadere nel sommerso e dimenticare una lezione di vita per la gente comune. In effetti, altre guerre potrebbero sempre essere in agguato. L'aspra tenzone Cossiga-Nogaro serve anzitutto ad evidenziare le posizioni diverse nella società italiana, sia a livello laico come dei credenti. Si tratta di un terreno potenzialmente fertile e per certi versi assai promettente. Il Vescovo di Caserta è noto per la sua attenzione ai più deboli e diseredati, ma pure per essere stato il primo prelato in Campania e nel Mezzogiorno a rilanciare una cultura per la pace insieme al compianto Tonino Bello, vescovo di Molfetta (Bari). Non a caso proprio a Caserta si svolge da diversi anni un'importante marcia della pace. Monsignore Nogaro in un'intervista concessa al Corriere del Mezzogiorno (9.11.01) ritenne che il nostro intervento bellico in Afghanistan fu anticostituzionale perché nella nostra Costituzione non si parla mai di guerra offensiva, ma solo difensiva. L'Italia secondo lui, non entrò in guerra perché attaccata dai terroristi, ma per non sfigurare al cospetto degli altri paesi europei. Questa la sua prima affermazione. Nella seconda aggiunge che i Parlamentari cattolici votando qualche giorno prima a favore della guerra hanno agito "contro coscienza, contro se stessi, contro gli altri". Non entriamo in merito al primo asserto perché si finirebbe in un ginepraio di distinguo. Interessa il secondo e qui ci trova parecchio e parecchi consenzienti. Cioè ogni credente può esprimere a credenti fratelli nella fede un invito all'obbiezione di coscienza senza che si debba parlare di ingerenza negli affari dello Stato. Diversa sarebbe stata la posizione del Vescovo se egli si fosse rivolto al Parlamento in quanto tale, a tutti gli effetti laico e come tale da considerarsi. Ma il 15 novembre, nemmeno una settimana dopo, nello stesso Corriere del Mezzogiorno viene pubblicata una lettera aperta di Cossiga, Presidente emerito, carica di una veemenza inaudita. Scatta subito la dinamica alla escalation all'italiana, il 16 gli da contro e reagisce Massimo Cacciari, il 17 il Vescovo Bettazzi e il teologo Bruno Forte. Nello stesso giorno, fiutando l'aria replica Cossiga, il 18 interviene a contestarlo Famiglia Cristiana, il 20 di nuovo Cossiga si permette ed esige una sua terza replica. Fa la parte del leone ma si trova contestato dall'intervento congiunto dei gruppi di base cattolici. Nel suo primo documento fiume di ben 436 righe il Senatore conclama anzitutto le sue credenze di cattolico doc, fedele assertore della dottrina della chiesa. Sembra prospettarsi uomo di grande apertura, smentitosi invece nel corpo del suo intervento. Ciò premesso egli inizia scaricando i suoi colpi di "piccone" sul povero malcapitato vescovo definendolo: "presunzione dottrinale, arroganza autoritaria, scarsa dottrina" ed altri epiteti consimili, meravigliandosi come la sua classe "dirigente" (cioè il Vaticano), secolare esperta nel reclutamento della propria leadership, l'abbia potuto scegliere come vescovo e tale lo mantenga, preposto ad una diocesi importante come quella di Caserta. Il 17 ed il 20 novembre l'onorevole rincara la dose colpendolo ripetutamente per le sue fughe in avanti e per i suoi fanatismi, le sue fantasticherie teologiche, la sicumera, il linguaggio demagogico. Con semplificazioni false e menzognere si è assunto una responsabilità morale grave nei confronti della Chiesa e dello Stato. Sempre lo stesso autore cala il sipario dando al prelato del civettuolo, esibizionista, impudente ed imprudente, atteggiamento da tardo seguace della teologia della Liberazione. En passant Cossiga dà anche una bella lavata di capo a Don Reboldi Vescovo emerito di Acerra, espostosi a prendere le difese del confratello. Ecco le testuali parole: "della nomina di Don Reboldi io sono responsabile per aver convinto da Ministro dell'interno il Governo della Repubblica a rimuovere il veto che intendeva porre contro la sua candidatura". Che fosse Cossiga anziché il Popolo di Dio a scegliere i propri Vescovi in Italia, questa suona proprio nuova. A meno che non si tratti di una sottospecie di delirio di onnipotenza. E da cattolico doc, come il Senatore amò definirsi, chiude l'incidente con la scomunica addolcita dall'orazione dei giusti: "ho il dovere di oppormi a Lei e di indicarla come vescovo che abusa del potere conferitole dal sacramento dell'ordine e della investitura della Santa Sede. Prego Dio perché la perdoni e la faccia ravvedere.” Così Nogaro messo alla gogna passò di fronte a tutti come un pessimo vescovo. Ma apparentemente e provvisoriamente. La polemica ha innescato un turbinio di reazioni. Numerose quelle in disaccordo con il rappresentante della diocesi di Caserta, basate sulla matrice: "contro l'Afghanistan questa è una guerra necessaria, chi sta contro la guerra è con il nemico, si schiera con i terroristi". Altrettanto numerose e più significative quella in suo favore, non solo provenienti da centinala di uomini di pensiero e di cultura ma soprattutto dai gruppi di base, vera speranza di un mondo migliore, come: la confederazione degli Istituti Missionari, i Beati costruttori di pace, la Pax Cristi, Amnesty Internazionale ecc.
Pure il sottoscritto, quale membro del movimento internazionale e trasversale "Anche noi siamo chiesa", in questo come in tanti altri fenomeni alternativi di società e di chiesa, interpellato in quanto coordinatore della componente italo­elvetica, ha fatto pervenire al Corriere del Mezzogiorno adesioni di sostegno. Sappiamo che Mons. Nogaro non si è allineato alla posizione dell'Episcopato Usa e di quello italiano, rappresentato dal Card. Ruini, per i quali "era legittimo l'uso della forza militare in questa tragica circostanza".
A guerra finita (!?), dopo che in Afghanistan si è fatto il deserto e il deserto viene chiamato pace, molti si sono ricreduti e stanno sempre più a ricredersi sull'opportunità di aver fatto terra bruciata. Del senno dì poi. .. Questo è un rinsavimento troppo tardivo, che si spera sia tempestivo e premonitore per il futuro.
Sappia Mons. Nogaro che non fanno paura le parole dei violenti, né quelle camaleontiche dì qualche membro della gerarchia cattolica, fanno paura solo i silenzi dei pacifici. Che il Vescovo di Caserta non si lasci mettere la museruola da nessuno, confidi piuttosto, in questi tempi duri per i profeti, della solidarietà di tanti volti sconosciuti, ma vigilanti ed uniti per la stessa causa.

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Albino Michelin
15.03.2002

C'ERA UNA VOLTA LA DEMOCRAZIA CRISTIANA

Nata bella e di giovani speranza il 18 novembre 1919 per opera di Don Sturzo è morta nell'esecrazione di tutti a ferragosto del 1993. Veramente il suo fondatore, che ben sapeva coniugare diritto degli oppressi con religione, le aveva dato il nome di "Partito Popolare". Ma la chiesa del tempo con Pio XI non gradiva questo appellativo che rivendicava laicità, autonomia dalle sfere ecclesiastiche, e non richiedeva il certificato di battesimo. E così chiamò in aiuto Benito Mussolini, definito poco più tardi l'uomo della Provvidenza, affinché mandasse a quel paese il nostro Don luigi. Il buon siciliano dovette andarsene in esilio e il posto del suo partito fu preso da quello fascista.
Ma terminata la guerra, Pio XII volle richiamare nell'agone politico la DC affinché si sposasse con la Destra Nazionale e facesse fronte al Partito comunista. De Gasperi da quell'orecchio non ci sentì, volle una DC piuttosto centrista, e allora il papa liquidò la faccenda scomunicando i comunisti e mandandoli tutti all'inferno. Siccome i morti si contano alla fine e il giudizio di una persona lo si può dare solo al termine della sua vita, soltanto ora ci è concesso di emettere un certo giudizio sui fasti e nefasti del partito chiamato "Democrazia Cristiana". Si dirà che la DC ha avuto il merito di salvarci dal comunismo, senza il suo scudo crociato sugli avamposti d'Italia questa avrebbe fatto la fine della Polonia e paesi limitrofi. Ora invece ci si accorge che tutto (pur rispondendo, ad una certa verità) è stato più un pretesto in mano ai politici, reggitori, governanti DC, per sfruttare la situazione. Essi oggi vi diranno che la loro buona volontà e la loro onestà sono state vanificate dai partiti fratelli al governo, PS e Company. La verità invece è che hanno approfittato di questi compagni di viaggio per tosare pure essi la pecore per propri interessi. La loro morale è stata: meglio ladri che comunisti.
Il nostro " bimestrale Insieme" non pubblica questo editoriale per inneggiare il peana della vittoria. Indubbiamente esso un pregio e non piccolo l'ha avuto. La sua costante è sempre stata quella che il partito della democrazia cristiana doveva togliersi di addosso la qualifica "cristiana”, tutto qui. Tale qualifica per noi (si consulti il nr. 7 di Insieme del 4 aprile 1985) era solo uno strumento di copertura per ottenere una legittimità da parte della gerarchia cattolica sulle masse. Uno strumento di potere da parte di quella stessa gerarchia per garantisti indubbie risorse finanziarie. Il Vescovo di Caserta, Raffaele Nogaro, dopo la liquidazione DC con le elezioni del 6 giugno 93, data della definitiva sentenza capitale da parte del popolo italiano per un quarantennio turlupinato, scrisse: "La chiesa non avrebbe mai dovuto per nessun motivo appoggiare questo partito, né tantomeno difendere l'unità politica dei cattolici': Ha lamentato poi che in alcuni casi del meridione i parroci sono stati conniventi con la criminalità e con la mafia in cambio di favori. Caro Mons. Nogaro troppo bello cantare ora che malgoverno, corruzione, clientelismo, stato assistenziale, tangentismo ci hanno tutti messi alla carità. Dov'eri allora? Dove eravate voi troppi della gerarchia cattolica? Ora tutti volete salire sul carro dei vincitori. E sempre anni fa nell'editoriale di Insieme (nr. 18 de 30 novembre i985) deploravo l'andazzo dei vari Grilli e Bellossi allora della segreteria regionale DC in Svizzera, che sfruttavano le sedi delle missioni cattoliche italiane per le loro assemblee di partito. Sempre all'ombra del campanile. E sostenevo che le missioni non dovevano identificarsi con nessun partito. Dovevano restare luogo di formazione culturale e religiosa indipendentemente dal partito dei loro fedeli. Caso mai diventare centro d accoglienza per i rifugiati politici e per gli extracomunitari. Per poco non ci ho rimesso il posto e la pagnotta. Chi toccava la DC moriva o doveva morire!
Gli sviluppi sul piano nazionale li conosciamo tutti, fino all'ultimo stato di emergenza. Anche in Svizzera dimezzati i corsi di lingua e cultura italiana per risparmiare 65 mila miliardi onde tappare il buco dei nostri padroni (pardon, ladroni). DC Per merito o per colpa di questa democrazia cristiana sono nate le Leghe. Quella di Bossi ha avuto il pregio di evidenziarne la corruzione. Al di là dei suoi spunti razzisti la Lega del senatore Bossi ha avuto lo stesso ruolo di Ciro il Grande (600-529 a. C), imperatore persiano, un bastone nelle mani di Dio per portare giustizia e rettitudine nell'eletto popolo ebraico.
Al nostro bimestrale della parrocchia cattolica “Insieme" la soddisfazione di aver sempre tenuto una linea coerente che poi si è rivelata profetica. Importante che ad esserlo siamo noi per primi.

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Albino Michelin
04.09.1993

domenica 12 luglio 2015

CORRUZIONE: IN ITALIA CI É MANCATO IL PROTESTANTESIMO

Dal 1517 fino ad oggi fra i cattolici italiani e i protestanti diffusisi nei paesi del nord Europa non è mai corso buon sangue. Lutero(1483-1546) frate tedesco che intendeva riformare la chiesa dal di dentro sia sul piano dottrinale, su quello etico morale e la curia romana d’altro canto che lo cacciò subito come eretico sacrilego protestatario, il cristianesimo di Gesù sorto come messaggio universale (=cattolico) ha conosciuto una lacerazione insanabile nonché una guerra di reciproche scomuniche. Persino qualche anno fa (15.8.2003) ad una radio cattolica Il direttore demagogicamente tuonava: ”Giovani, non andate a credere alle cretinate di Lutero e di Calvino”. Qui non interessa il contenuto teorico dogmatico, va però ricordato che Lutero non ha dissacrato nulla delle devozioni, nervo scoperto dei cattolici, come quella alla Madonna e ai santi, che per lui sono le prime creature salvate e testimoni di Gesù, ma li collocò nella lista delle attenzioni in cui al primo posto assoluto ci sta Dio, la sua parola della bibbia, la giustificazione proveniente dalla fede, la coscienza e purezza di cuore. Prima ancora delle opere buone, del tariffario delle indulgenze, della remissione dei peccati attraverso compenso in denaro. Il cattolicesimo italiano eresse subito il suo primo muro di Berlino. Uomini di grande cultura e di pensiero, seguaci del riformatore, vennero cacciati e dovettero trovare rifugio in Svizzera. Pensiamo al lucchese G. Diodati, al frate agostiniano fiorentino Pier Vermigli (1499-1562), costui attivo anche a Zurigo, in ricordo del quale oggi esiste la scuola ed un Istituto culturale a lui dedicato. Sempre per arginare la colata e la calata protestante in Italia si intensificò la devozione alla Madonna con un’inflazione di veggenti, che la vedevano o la “facevano” apparire dovunque. Costruirono santuari in suo onore e la elessero castellana d’Italia. Ma quello che interessa è il messaggio di Lutero come impatto sociale. Più che a lui lo dobbiamo a Calvino, suo discepolo (1509-1564) operante a Ginevra, mentre l’altro discepolo Zwinglio (1484-1531) fu attivo a Zurigo e nella Svizzera tedesca. Ci riferiamo qui al protestantesimo versione Calvino molto più severo per austerità morale del Maestro. Il riformatore romando sostiene il concetto di predestinazione, cioè che Dio ha predestinato ogni essere umano affidandogli dei talenti. Ogni Beruf (=professione) è Berufung (=vocazione) divina. Egli lo fonda sul Vangelo di Matteo (24,14-31) concernente appunto la parabola di Gesù sui talenti. Chi ne riceve uno, chi cinque, chi dieci. Importante è svilupparli, non sotterrarli per pigrizia, ignavia, poltroneria. Spinse la sua interpretazione nell’affermare che anche benessere e ricchezza sono frutto della benedizione di Dio. E qui qualcuno sostiene che Calvino sarebbe il fondatore del Capitalismo, anche se questa dottrina economica verrà sistematizzata due secoli dopo con lo scozzese A. Schmit (1723-1790). Per Calvino sacro è il lavoro, sacro il lavoratore, massimo rispetto verso la roba, verso il cittadino, verso le regole, darsele e praticarle. E’ il primo missionario del senso civico e dell’anticorruzione nel potere, nella chiesa, nelle relazioni sociali. Di qui anche un motivo, dagli italiani talora ironizzato, per cui lo svizzero lavora duro, si alza di buon mattino, non conosce soste, non sposta le lancette dell’orologio, non si inventa malattie, tanto meno false invalidità, considera peccato contro Dio l’evasione e la frode fiscale. E di questo eventualmente si confessa a lui se ne ha coscienza e se ci crede, non al ministro del culto. E anche oggi allorché in un paese protestante una persona, dal collocato in autorità all’umile cittadino, viene sospettata o indagata di offesa al senso civico lascia i ruolo e si ritira. Diversi furono i casi di parlamentari o di colpevoli di frode. Ad esempio quello del calciatore tedesco dirigente dalla nazionale, evasore di 38 milioni, scoperto confessò: “l’azione piu’ indegna della mia vita, vado in carcere, i famigliari non devono fare ricorsi di riduzione pena, pago fino in fondo”. Nell’Italia cattolica questo è inaudito, subito si parla di fumus percecutionis, clima di fango. E questo pure può rappresentare un motivo per cui i paesi protestanti sono più floridi, ricchi, progrediti dei paesi cattolici, in cui viene marcata la tradizione “valle di lacrime, sopportazione, penitenza, attesa del cielo”. Come si nota è un po’ spostato l’asse religioso. Il tipo italiano tende a compassionare questa gente definendola “tirchi e taccagni “ però si osservi che dal 1989 dopo la caduta del muro di Berlino (quello di mattoni) la Germania Ovest si è accollata quella dell’Est economicamente in ginocchio e integrandosela è diventata un paese trainante dell’Europa. Non è solo questione di orgoglio teutonico ma anche di serietà protestante. In Italia invece da 5 secoli giocando in difesa contro gli attacchi protestanti sulle devozioni, sui riti, sacramenti, turismo sacro, visioni e cronache celesti, si sottovaluta l’aspetto lavoro, serietà, dove invece abbiamo sviluppato l’astuzia, il menefreghismo, la totofurbizia. Ci è mancato il protestantesimo, se non altro come iniezione di vitamine diverse e stimolanti. E siamo qui a morderci le dita. Per quanto riguarda la corruzione nelle istituzioni governative e locali l’Italia è al primo posto fra i 34 paesi dell’Ocse, seguito dal Portogallo e Grecia. Utopico in Italia fare una legge, soprattutto creare una coscienza anticorruzione, antivitalizi, antimegastipendi ai parlamentari. Per alcune categorie di cittadini l’evasione fiscale arriva all’80%. L’Eures parla di 120 miliardi di evasione nel 2012, primo posto in Europa, circa 2 mila euro in media pro capite. Non è solo questione di mafia capitale, quanto di Mafia Italia. Sulle tangenti si va dai 60 ai 100 miliardi, zero più zero meno la sostanza non cambia. E poi non si trovano 3-4 miliardi per le pensioni, per la scuola, per il Welfare, le emergenze impreviste. Si inventa il capro espiatorio nei rom, nei rifugiati politici, nei profughi, dove invece le cooperative trovano cuccagna, sfruttare e impinguarsi. Eticamente riprovevole ridurre le entrate dello Stato e le risorse per la collettività, si peggiora la qualità dei servizi pubblici, si aumenta il livello di tassazione e di pressione fiscale, si crea concorrenza sleale fra chi paga le tasse e chi no, aumenta il debito pubblico, impedisce la crescita economica. Le cause vengono da lontano. Non solo in parte dalla chiesa che ha osteggiato l’unità d’Italia e l’amore allo Stato, ma da più lontano: ci è mancata un’educazione e un po’ di religione protestante. Senza voler enfatizzare tutto da una parte, non si dimentichi che il paese nel mondo a maggior credito di fiducia per la pubblica onesta è con l’80% la Svizzera, un paese di tradizione protestante. Al di là della gestione banche di cui non si conoscono i misteriosi proprietari. Sembra che Papa Francesco abbia intenzione di andare nel 2017 in Germania, paese natale di Lutero, per i 500 anni della riforma. Si spera com’è nel suo stile si riporti in Italia un po’ di onestà civica. Urge iniziare una terapia di base, piccolo passo per un lungo viaggio.

Autore:
Albino Michelin
24.06.2015

ODIFREDDI: "IL CATTOLICESIMO É LA RELIGIONE DEI POVERI DI SPIRITO"

Piergiorgio Odifreddi è uno dei più noti matematici attuali. Si dichiara ateo, ha pubblicato diversi libri, il più esaustivo e popolare dei quali si intitola. ”Perché non possiamo essere cristiani e men che meno cattolici.” Il 20 maggio u.s. ha tenuto pure una conferenza all’Università di Zurigo sul “Diavolo e l’acqua santa”. Suo asserto dogmatico è che la nostra Ragione è l’ultima istanza dell’uomo, e che quindi non ha senso appellarsi a un dio, ad una trascendenza, ad un aldilà. Varrebbe la pena andare a ritroso, affrontando le sue domande -risposte, considerandole intermedie e concludere che forse la Ragione non è l’ultima, ma la penultima istanza. L’ultima potrebbe chiamarsi Spirito dell’Universo. Come punto di partenza Odifreddi smantella nella religione la chiesa cattolica. La definisce spacciatrice di droga religiosa, fabbrica di superstizioni, di falsità storiche, strumentalizza l’ignoranza del popolino, condanna ogni tipo di ricerca scientifica, è un mare di corruzione finanziaria con il suo Jor, la bottega delle indulgenze e la furbesca pretesa di esenzioni, un mondo di pedofili…e avanti di questo passo, chi più ne ha più ne metta. A parte il fatto che storicamente è inesatto fare di ogni erba un fascio perché degli uomini di chiesa hanno fatto pure tanto bene all’umanità, senza tirar fuori sempre il solito S. Francesco.  Ma ammettiamo pure la verità dell’asserto. Si potrebbe rispondere che la chiesa non ha nulla o poco a che fare con lo Spirito dell’universo, perché essa è “costruzione” recente, con un Gesù vissuto 2000 anni fa, mentre lo Spirito dell’Universo è precedente ad essa di miliardi di anni, almeno dal tempo del big-bang. Altro asserto intermedio di Odifreddi: i dogmi della chiesa altro non sono che miti pagani, fatti propri, battezzati e inseriti nel suo campionario cattolico. E ne cita molti, alcuni dei quali vengono qui elencati: La Trinità, il peccato originale, la verginità di Maria, la Risurrezione di Gesù. Il dogma della Trinità (sempre secondo il matematico) altro non sarebbe che la trasposizione dei vari miti egizio, induista, greco, ecc. Sempre tenendo in considerazione che per gli antichi il numero tre era il simbolo della perfezione. In effetti gli egizi adoravano Iside (padre), Osiride (madre), Horus (figlio). Gli induisti adoravano Brahma (responsabile della creazione), Wihsnu (della conservazione), Shiva (della distruzione). E la chiesa per non essere da meno li ha introdotti nel suo vocabolario con Padre, Figlio, Spirito Santo. Così dicasi del mito del peccato originale: Adamo ed Eva mangiarono la mela che Dio aveva loro interdetto e così si tirarono addosso tutti i malanni compresa la morte. Identico o simile presso i greci il precedente mito di Pandora. Prometeo ruba il fuoco al Dio Giove, costui lo punisce creando Pandora, la quale aprendo per curiosità il vaso che portava sulla testa, lasciò fuoriuscire tutte le disgrazie del mondo. Allora Giove sottopose il figlio Ercole alle 12 fatiche, superate le quali, questi rappacifica l’irato padre. Il Cristianesimo si appropria di tale mito e ci imbastisce sopra la Redenzione.  Gesù nuovo Ercole affronta una vita di sofferenze e la morte in croce e riconcilia Dio con l’umanità. Così dicasi della Verginità di Maria: secondo la mentalità del tempo antico gli uomini celebri e gli eroi venivano descritti come concepiti da un dio e da una donna vergine. Così sarebbe stato di Romolo, fondatore di Roma, nato dal dio Marte e da Rea Silvia, una ragazza che aveva fatto il voto di castità perché vestale. La chiesa ne fece un dogma nel 649. Così dicasi della risurrezione di Cristo. Ancora dal mito egiziano si apprende che la dea Osiride, dopo l’assassinio da parte di Seth, venne ricostruita dal dio Iside e risuscitò a nuova vita. Ed anche questo venne riciclato dai cristiani e introdotto nel catalogo dei dogmi, con dovizia di descrizioni di tomba vuota, apparizioni, tutta letteratura che sa di romanzo. A queste affermazioni miti pagani-dogmi cristiani si potrebbe citare una risposta di S. Giustino del 70-140 d.C. che affermava come “i semi di Dio” sarebbero sparsi in tutte le mitologie e religioni antiche quali anticipazioni dei dogmi del Cristianesimo. Ma ammettiamo pure le interpretazioni di Odifreddi e daremmo la stessa risposta come sopra. Fossero datate anche da qualche millennio o decine di millenni lo Spirito dell’universo era già presente in anticipo prima di queste preistorie. Altro asserto del nostro matematico: ”le religioni si fanno guerra fra di loro. L’ unica religione che non si fa la guerra è la scienza. Ogni branchia scientifica contribuisce alla crescita dell’altra e alla comprensione del mondo.” In parte è vero, però Odifreddi non sarà così sprovveduto da non distinguere la o le religioni dalla fede. Le religioni con i loro riti, cerimonie, simulacri, pellegrinaggi, esteriorità, folclore sacro, poco hanno da spartire con la fede che è un’esperienza interiore, rapporto fra il singolo ed un essere superiore. Che poi questa fede sia una proprietà costante di tutta l’umanità o un’illusione si potrà discutere. Che il nostro tempo preferisca aderire ad una religione o superstizione piuttosto che ad una fede è pure comprensibile, data la difficoltà dell’uomo moderno di guardarsi e lasciarsi parlare dentro. Ma concediamo pure che di universale ci sia solo la scienza e non la religione né il cattolicesimo, perché non ammettere che di fatto la scienza è la prima bibbia, cioè il primo libro di lettura sulla Natura, attraverso cui si potrebbe ammettere e richiedere l’esistenza dello Spirito dell’universo che parla attraverso la scienza stessa? Ultimo asserto tolto dal primo versetto del vangelo di Giovanni.” In principio era il Verbo”. Per i cristiani Gesù Cristo. Egli invece lo sostituisce o identifica con la Ragione, con la Matematica. Ma in fondo non sarebbe la stessa realtà con parole diverse? Nell’universo tutto è matematica, tutto è ordine. E questa andrebbe definita la penultima fermata. Capolinea potrebbe essere: chi di tale ordine cosmico sarebbe l’intelligenza se non lo Spirito dell’Universo? Che in fondo tutto, dalla pietra all’uomo, è partecipazione in modo diverso di tale Spirito? Che l’uomo non è un essere materiale in cerca di una spiritualità, ma un essere spirituale in cerca del suoi habitat materiale? Ciò non lo si vuole dichiarare alla fin fine come prova dell’esistenza di Dio (finora chiamato Spirito dell’universo), ma senz’altro come indizio. L’affermazione che solo l’ateo è intelligente e che il cristianesimo è indegno dell’intelligenza dell’uomo, inaccettabile ironia, rivela che in fondo la Logica di Odifreddi mostra il lato debole: forse gli è rimasto un conto aperto dall’infanzia e dall’adolescenza. Le scuole elementari le ha frequentate presso le suore S. Giuseppe di Cuneo, le 3 medie in Seminario, sognava di diventare papa, confessa. Nel 1964 a 14 anni esce dal seminario e si dà allo studio della logica e della matematica. Questo suo libro, citato all’inizio, è il tentativo di saldare un conto aperto con il cattolicesimo e l’educazione cattolico-clericale? Un tentativo come contributo forse si, ma non di più.

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Albino Michelin
17.06.2015

MIRACOLI: POSSIBILI ANCHE SENZA IMPIEGARE I SANTI

Non soltanto negli ultimi tempi ma da sempre nelle varie religioni e nel cristianesimo esistono produttori, fruitori e destinatari di miracoli. Difficile analizzare l’oggettività, le eventuali cause e ed effetti. Si puo’ limitarsi a quattro campionari emblematici, i primi due tolti dalla cronaca, i secondi dai testi di scienza medica. Qualche anno fa un bambino padovano di nove anni travolto da un auto entrò in coma rimanendovi per alcuni giorni. Fino a che un amico di scuola non gli pose vicino una foto di Roberto Baggio, il calciatore dal bimbo preferito. Improvvisamente si mise a sorridere, migliorò e venne dimesso. Secondo caso: un giovane di 23 anni, Valerio Vasinati, subito un grave incidente d’auto, rimasto in coma irreversibile per quattro anni, dato dai medici per spacciato, dopo che la sua fidanzata lo veniva di frequente a visitare, a tenerlo per mano, a sussurrargli ricordi, improvvisamente aprì gli occhi e sorrise. Ristabilito, risorto per amore. Terzo caso tolto dalla scienza medica: la signora Lesli Berminghan, diagnosticata di cancro al polmone, già metastizzato in un tumore al rene. Ad un successivo esame radiografico tumore e metastesi risultano scomparsi. Risposta della paziente guarita: ”collabora con i medici. Non possono guarirti se tu ti sei già arresa.” Il quarto: Leo Perras resta sotto un carrello che gli si rovescia sulla schiena. Dopo vent’anni di sedia a rotelle viene portato alla messa dei malati. All’improvviso si alza, attraversa tutta la chiesa camminando. Egli spiega: ”Dio si serve delle cose semplici per confondere i saggi.” Quattro casi, l’uno diverso dall’altro. Possibili risposte: ”vis medicatrix  naturae,” dicevano gli antichi. La natura contiene forze medicatrici sconosciute. Qualche malato sente l’energia dentro di sé moltiplicare la risposta del sistema immunitario attivando geni capaci di distruggere il DNA della cellula tumorale. Altra risposta: ha sempre molto peso in una guarigione il ruolo della mente. Quando medico e paziente sono certi dell’efficacia di un trattamento si puo’ prevedere un miglioramento del 70% dei casi. Si pensi alle rappresentazioni mentali capaci di modificare l‘uso della propria morfologia praticate fra i monaci del Tibet. Altra risposta: rilevante è l’influenza dell’ipnosi sul sistema immunitario. Alcuni soggetti possono in stato di ipnosi abbassare o rialzare di alcuni gradi la temperatura di determinate zone cutanee, con i risultati di uccidere ad esempio i batteri. Altra risposta: l’ipertermia porta alla costatazione che le cellule tumorali sono più sensibili al calore. Muoiono in un corpo portato a temperature elevate. Già gli antichi sostenevano che una forte febbre è risolutiva per sconfiggere una infezione. Altra risposta: stop alle cellule complici. Riducendo l’apporto di sangue alle verruche queste rimpiccioliscono, avvizziscono, scompaiono. Altra risposta: efficacia dei farmaci finti ad effetto placebo. Il placebo, come si sa, è una sostanza inattiva ed inerte che però può esercitare per suggestione alcuni effetti curativi. Già da qualche decennio in America esistono casi di guarigione dal cancro dopo l’assunzione di Krebionzen, un medicinale del tutto privo di qualsiasi efficacia. Altra risposta: la personalità del malato, specialmente se questo ha avuto grossi cambiamenti psicologici sopravvenuti per shock o gravi traumi emotivi. Altra risposta: la preghiera, ma non necessariamente quella rivolta al Dio dei cristiani. La dea egizia Iside,” pagana”, ridava la vista ai ciechi e faceva camminare gli storpi che ad essi con fede si rivolgevano. Ogni uomo sotto la morsa della malattia o della disgrazia si pone alla ricerca del fattore X, capace di fare l’impossibile. E talvolta tutto ciò, come sopra ricordato, avviene. Probabilmente va spiegato con la tesi della miltifattorialità. Sarebbe cioè sempre necessaria una miriade di fattori coincidenti per far scattare l’azione risanatrice. L’80% di queste cause sono a noi ancora oggi ignote, ma esistono e appartengono alla natura, non alla soprannatura, non esclusivamente alla sfera delle fede, della preghiera o dell’intervento divino diretto. Non si esclude che ciò possa anche avvenire, ma non lo so si potrà mai dimostrare. E quando ci si richiama alla natura ci si vuole riferire alla sua spiritualità. La nostra natura, credente o atea non fa differenza, ha delle risorse spirituali infinite.  Indipendente dai riti religiosi, dalla pratica, dai sacramenti. Anzi talvolta la pratica religiosa di routine impedisce o sostituisce ma senza risultati l’energia spirituale personale. Un aspetto sembra qui comunque necessario sollevare. E si tratta della prassi dei miracoli richiesti per fare i santi, per mandare qualcuno sugli altari, per canonizzare una persona. E qui bando alle magie. Si sostiene che per fare qualcuno santo la chiesa attende prima due miracoli dal cielo. Non è possibile che Dio si sottoponga alla volontà dell’uomo, si chini al suoi voleri, sia pure per dargli la soddisfazione di un santo in più nel calendario. Mettere Dio a bacchetta, a orari, dargli scadenze e condizioni, farlo saltar fuori dal cilindro dello stregone, è sempre stata la tentazione di gente che confonde la fede con la superstizione. C’è addirittura, (e come dargli torto?) chi sostiene che qualsiasi tipo di miracolo se compiuto da Dio è un atto di ingiustizia, perché a quello glielo concede e ad un altro, a me no? Dio ci ha insegnato a fare la sua volontà e a non piegare la sua alla nostra. Certo, come l’amministrazione comunale di un paese può dedicare una via a Giacomo Leopardi o a Giosuè Carducci, così anche la chiesa cattolica potrebbe onorare qualche fedele dichiarandolo santo, però con tutte le clausole ed i limiti del caso, con beneficio d’inventario, cioè con miracoli o senza miracoli. In effetti la storia della chiesa e dell’umanità è piena di santi e di guaritori mai esistiti a cui si attribuiscono migliaia di prodigi, e di persone storicamente esistite mandate sugli altari senza nessun miracolo. In tutti i casi la credibilità del Cattolicesimo nasce anche dalla sobrietà in questa materia, evitando di sostenere la sua superiorità sulle altre religioni, perché in essa avverrebbero miracoli ed nelle altre no. Sarebbe miopia.

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Albino Michelin
10.06.2015

IRLANDA CATTOLICA: LO STRAPPO OMOSESSUALE

Il 23 -24 maggio 2015 gli irlandesi si sono recati alle urne ad un referendum per l’introduzione e la legalizzazione del matrimonio omosessuale, cioè fra due persone dello stesso sesso. Risultato inatteso e dirompente, valanga di si al 62%. Bruciante per i contrari, liberatorio per i favorevoli. Dal momento che l’Irlanda (abitanti 4,5 milioni) è un paese cattolico vale la pena rimanere in questo ambito, chiedersi quali sono le reazioni del continente europeo cattolico e di casa nostra. Va detto subito che all’interno della chiesa (intendiamo gerarchia, clero, fedeli, credenti di base) le posizioni non sono così nette. Per averne un ventaglio completo conviene suddividerle in tre categorie: a) Chiusura come da tradizione. b) Possibilità di eventuali innovazioni. c) Previsioni sul futuro a onda lunga. Innanzitutto risposta comune dei tre settori è: la chiesa deve prendere atto, il mondo è cambiato, fare i conti con la realtà. L’applicazione pratica però di queste affermazioni si differenzia. Per il gruppo a) si deve insistere con una nuova evangelizzazione più capillare, nuovi metodi moderni. Ma la dottrina non cambia, resta quella di sempre dalla creazione di Adamo e di Eva. Vedasi l’affermazione del Cardinale P. Parolin, segretario di stato vaticano: ”questo risultato è una sconfitta dell’umanità”. Il Cardinal Bagnasco:” il rispetto verso gli omosessuali non significa giustificare ogni loro pretesa matrimoniale che resta contro natura.” P. Ostellino, giornalista già editorialista del Corriere della Sera all’Università di Zurigo ebbe a dire con ironia:” se io amo il mio cane allora me lo sposo e lo registro come matrimonio.” Il Vescovo di Coira Zurigo licenziò il parroco di Bürglen perché si permise di benedire una coppia di lesbiche in chiesa. Al che la sua difesa: la chiesa benedice carri armati, auto Mercedes, case di mattoni, cani e gatti e non deve benedire dei credenti che cercano Dio. Alla fine di aprile u.s. il Vaticano rifiutò l’assunzione del nuovo ambasciatore francese, il cattolico L. Stefanini, perché di tendenza gay. In Italia gli insegnanti di religione nelle scuole pubbliche, pagati dallo Stato, hanno da diverse diocesi il divieto di difendere l’affettività omosessuale con il divieto di condannare l’omofobia. E se essi stessi sono divorziati o coppia gay vengono licenziati. Risulta prassi frequente nelle scuole tenute da suore e religiosi. Vi è poi un secondo settore(b), dei possibilisti o innovatori che stanno sempre di più aumentando. Fra le diverse iniziative culturali sintomatica è un’assemblea organizzata recentemente a Roma all’Università Pontificia Gregoriana. Presenti e interessati il primate di Germania Cardinal R. Marx, il primate di Francia G. Pontier, diversi vescovi e teologi di profonda cultura, una cinquantina. Per la stampa accesso anche al quotidiano “La Repubblica”. Scontata l’ammissione che in materia il gap fra magistero ecclesiastico e coppie cattoliche è enorme e in aumento, che la gioventù non si riconosce più in questa dottrina e che i conviventi etero o omosessuali sono ormai un 50%. Vengono prese in considerazione tutte le forme di convivenza dal momento che in concreto non esiste più la famiglia ma esistono le famiglie. Un partecipante ebbe a dire: “il celibato di noi preti rende difficile parlare agli altri della vita di coppia”. Un vescovo: ”I dogmatici sostengono che l’insegnamento della chiesa è immutabile, invece uno sviluppo esiste”. Un altro: “Se fra persone dello stesso sesso c’è una relazione forte che porta ad un reciproco riconoscimento questo deve diventare vincolo anche per la chiesa, se pure non riconosciuto come matrimonio o come sacramento. In Germania i dipendenti laici della chiesa, siano divorziati, risposati o impegnati in un amore civile omosessuale non sono più automaticamente licenziati e questo in base ai diritti del lavoro. Inoltre si richiede pubblicamente la possibilità di benedire in chiesa le coppie omosessuali. In questo ambito si situa pure Papa Bergoglio, che al di là degli strattonamenti curiali ha una posizione mediatrice. Storica la sua affermazione del 28.7.2013:” chi sono io per giudicare un gay?” Affermazione non ritirata anche se aggiustata nella pubblica udienza del 5 aprile u. s.:” Mi domando se questa teoria non sia espressione di una frustrazione o rassegnazione che mira a cancellare la differenza sessuale. Rischiamo di fare un  passo indietro. La rimozione della differenza infatti è il problema non la soluzione”. Come si vede, non una condanna ma un invito a riflettere e a studiare. Il terzo settore (c) comprende tutto un gruppo di teologi e studiosi cattolici che guardano il problema in prospettiva. Sostengono che al presente la posizione della chiesa è solo polemica. Ovviamente partono dal concetto che la natura non è fissa e fissata per sempre, ma è evolutiva. Maschile e femminile sono concetti dinamici. Maschi e femmine si nasce, uomini e donne si diventa, il sesso è corredo genetico, il genere invece è costruzione culturale. Sesso significa il fatto di essere morfologicamente maschio o femmina, il genere invece di sentirsi interiormente e psicologicamente uomo o donna. Il sesso si evolve in base agli apporti culturali del tempo. Sesso e genere non sono sempre la stessa cosa, sono diversi perché l’essere umano è un fenomeno complesso fatto di un corpo biologico, di una psiche e di una dimensione spirituale. Vi sono uomini che hanno un corpo maschile e una psiche maschile e quindi sono attratti da una donna e viceversa per le donne. Vi sono uomini che hanno un corpo maschile e una psiche femminile così che interiormente non si sentono uomini, ma donne. E viceversa. Aberrazione di peccatori, malati da curare? Niente di tutto questo, soltanto diversi. La chiesa oggi avversa questa posizione, ma giungerà ad accettarla. Come lo riprova tutta una serie di casi del passato. Organizzò crociate, roghi sacri, Lutero nel 1500 fu cacciato come eretico, oggi in lui si vede un’altra modalità di vivere il vangelo. La chiesa cambiò idea. Nel 1600 ha condannato Galileo per motivi scientifici-astronomici, nel 1800 Darwin perché fautore dell’evoluzione della specie anziché della creazione puntuale, oggi ha cambiato idea. Gli ebrei erano perfidi giudei, oggi sono fratelli maggiori. Condannò la lettura della bibbia, la libertà di stampa e di pensiero, la democrazia, l’Unità d’Italia, il voto popolare, poi cambiò idea, anzi dal 1950 si mise lei stessa a pilotare la politica italiana. La chiesa allora è un’abile trasformista? No, è la logica della vita che è così e trasforma ogni cosa. Nella vita ciò che non muta muore. Se la chiesa dopo 2000 anni è ancora qui è perché è ampiamente mutata. Per lo più in meglio mettendosi in condizioni sempre più di essere un ospedale da campo. L’aver definito lo strappo irlandese una sconfitta per l’umanità è la solita rivalsa cattolica di fronte alla modernità. Ma pure qui essa cambierà opinione, anche se fra qualche secolo. Nella vita morale non tutto è bianco, non tutto è nero, c’è molto del grigio che ha bisogno di tempo e di riflessione per far emergere il vero. Possiamo non condividere questo settore, posizione di molti cattolici studiosi, teologi e scienziati, che compongono l’ampio ventaglio di posizioni di fronte all’omosessualità’. Oggi eretici, un domani forse pionieri profeti.

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Albino Michelin
03.06.2015

BERLUSCONI ASSOLTO: FESTA NAZIONALE, ELOGIO ALL'INDECENZA

Il 18 luglio u.s. Silvio Berlusconi   viene assolto per le note vicende legate al processo Ruby. A suo tempo chiesti 7 anni di condanna ed ora assoluzione secca. Da una parte un popolo italiano che organizza caroselli di giubilo ed espone la bandiera nazionale sulle finestre, dall’altra il popolo degli onesti, per quanto esiguo, che fa lui la figura del condannato da questa assoluzione. Stranamente tutto capovolto. La cronaca degli avvenimenti la conoscono tutti, quindi non vale la pena ripetersi. Qui non ci interessa sapere se nella telefonata del 28.5.2010 da parte di Berlusconi al pubblico ufficiale vi sia stata concussione per corruzione o induzione sul caso Ruby, cavilli giuridici, né se la ragazza fosse nipote di Mubarak o figlia di un agricoltore, se fosse minorenne o maggiorenne, se la sua anagrafe fosse nota al protettore benefattore o sconosciuta, se fosse una prostituta o una socia dell’Azione cattolica. Né interessa sapere se si farà ricorso alla cassazione e si passerà ad altri processi pendenti o se Berlusconi tenterà la scalata alla Presidenza della Repubblica. Il fatto è un altro: cioè che un amorale o immorale assolto resta sempre tale, anche se ciò che ha compiuto non costituisce reato dal punto di vista della legge penale. Che un fatto non costituisca reato non diventa automaticamente accettabile sul piano morale. Né il consenso popolare si identifica con il consenso morale. Se no potremmo giustificare la maggior parte delle guerre avvenute, che avvengono o che avverranno. Qui il punto dolens. In Italia, specie con l’era Berlusconi dal 1994, assistiamo ad una difesa viscerale e ad una accettazione strutturale della corruzione, visto che i condannati e gli inquisiti non sono mai stati biasimati, ma dotati di ogni sorta di paracadute politico, con candidature iterate alle elezioni nazionali od europee. Veramente Berlusconi una riforma e molto incisiva l’ha fatta, cioè la cancellazione del nr.54 dalla Costituzione che dice: ”I cittadini con funzioni pubbliche, politiche in primo luogo, hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore”. Non basta sfuggire alle leggi penali, cioè non aver commesso un reato, si richiede soprattutto decoro e dignità. Quando questo dovere non viene rispettato i politici perdono l’onore e con loro perde onore e interesse anche la politica ed il suo significato. Di qui si capisce perché parlare di politica agli italiani, gli si rivolta loro lo stomaco. Le indecenze non reati penali di Berlusconi sono note a tutti, ma vale la pena riassumerle: l’espressione ”Kapò “indirizzata ad un parlamentare tedesco, Obama quell’abbronzato, la Merkel che dopo essersi vista in foto i corni fattegli da Berlusconi   si sentì definire “culattona inchiavabile” (certo in altra sede, pubblica però). Ed ancora: gli italiani che votano comunista sono tutti coglioni. Oppure, meglio andare con le donne che essere gay. Ed ancora la bestemmia contro Dio, e non contro qualche santo, proferita in TV il 30.9.2010 contestualizzata ed edulcorata poi dallo stesso Padre Spirituale di Montecitorio Vescovo Fisichella. Oppure la Minetti che ironizza sul “presidente” dal culo flaccido e le altre amiche di piacere che vanno a mostrare in giro foto telefonino delle alcove private e del bunga. Certo private, finché restano tali, ma pubbliche e lesive al decoro di una nazione quando vengono sciorinate al popolo, in pasto ai media e alle televisioni. Senza entrare nel trito e ritrito discorso delle leggi ad personam, delle evasioni fiscali massicce, della compravendita dei parlamentari, dei processi pendenti che dovrà affrontare. Un uomo che non rispettando la sua privacy ha da sempre violato da se stesso il proprio decoro. Fuori d‘Italia basta uno solo di tutti questi casi, perché un parlamentare senta il dovere di dimettersi senza appellarsi alla macchina del fango. Anche qui non serve citarne una sfilza. Ci basti l’ultimo del mese di maggio, le dimissioni del presidente sudcoreano in relazione ad un naufragio. Egli non era certo responsabile, solo non sufficientemente oculato nelle prevenzioni. E lasciò l’incarico politico. Da noi ogni tanto si è obbligati a scrivere qualche norma per combattere i casi più scandalosi, ma poi si cerca in ogni modo di limitarne l’applicazione, così torna sempre la confusione tra responsabilità penale, responsabilità politica, responsabilità morale, responsabilità religiosa. Sì, anche questa, perché se non riesce a formare cittadini e politici onesti significa che va rettificato il suo baricentro da parte della nostra chiesa italiana. Da noi la giustizia vale finché ci è favorevole. Ogni gruppo di interessi, ogni associazione, ogni corporazione fa quadrato ai sui disonorati, alza la voce, praticamente sterilizza e cancella ogni legge e ogni norma costituzionale. Da qualche parte si sostiene il vantaggio di uscire dall’Europa. Speriamo di no, perché il fatto di essere nell’Europa è l’unica scuola per diventare più onesti ed avere politici di maggior decoro. L’Europa non ci apprezza, troppi sorrisini ironici su Berlusconi perché ci ha fatto perdere credibilità. Esempi sul concreto, ditte del nordest in procinto di fondersi con qualche ditta tedesca debbono stipulare accordo esibendo firma autentica del notaio e poi una seconda firma che legalizzi la precedente. Gli europei purtroppo non si fidano più. C’è da augurarsi che adeguate riforme possano mettere un freno alla corruzione e alla indecenza politica così finalmente saremo in Europa attori credibili.

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Albino Michelin
23.07.2014  

A PADOVA RITORNA LA CONTESA SUL CROCEFISSO

A Padova il neoeletto sindaco Massimo Bitonci dopo la tornata elettorale del 9 giugno 2014 si è subito affrettato a indire la prima riforma: l’obbligo dell’esposizione del crocefisso in tutte le     aule scolastiche. Operazione finanziata dal Comune, ovviamente con i soldi dei contribuenti, anche dei cittadini non cattolici, cioè dai musulmani, buddisti, ortodossi, animisti africani. Baluardo a difesa della cristianità. Il   nostro Bitonci rincara le sue riforme: non viene concessa la palestra alla comunità islamica in occasione del Ramadan. Bitonci, di estrazione Lega veneta, imparentato con il Centro Destra, è come tutte le nostre Destre e da sempre vessillifero dei valori cristiani e della chiesa. Come ovvio, non per motivi di fede, ma perché i poteri forti si sostengono sempre a vicenda e si barattano i privilegi. Allorché sindaco di Cittadella, un grosso borgo nel padovano, dal 2002 al 2012, Bitonci aveva già fatto parlare di sé per diverse iniziative discutibili come il veto all’apertura dei negozi kebab e l’ordinanza che prevedeva un reddito minimo per risiedere nel territorio del comune. Ovviamente questi interventi toccano anche l’anima della religione cristiana, pur sapendo che in quella regione la maggioranza sono cristiani di parte cattolica, la quale condivide appieno le idee del suo rappresentante. Qualche voce invece di legittima contestazione si è fatta sentire, fra le altre quella di Adriano Toniolo, vescovo di Chioggia, città confinante, il quale scrisse francamente che quella del crocefisso non è una battaglia in favore della fede e della chiesa. I criteri per difendere i valori cristiani sono ben altri. Porre il crocefisso a simbolo dell’identità veneta è per lo meno discutibile. E poi che c’entra la politica con i simboli religiosi. Il crocefisso è un simbolo di fede libera, la sua esposizione pubblica non deve essere obbligata da nessuna legge statale o costituzionale. Tutt’al piu’ andrebbe lasciata ad una rappresentanza di genitori i cui figli frequentano una determinata struttura. E invece il tempo, cioè l’ultimo decennio è passato invano. E si ritorna a trattare il crocefisso come oggetto di battaglia ideologica. Di libertà per i cattolici, ma con l’intento di emarginare ed escludere socialmente i fedeli di altri culti. Il sindaco padovano dimentica l’evoluzione ed il nuovo corso, instaurato anche da Papa Francesco, che cioè la strumentalizzazione del sacro non appartiene o non dovrebbe più appartenere alla mentalità della chiesa dei cattolici. A Bitonci si affianca ovviamente M. Salvini, segretario del partito Lega Nord che proclama di non riconoscersi in una chiesa che ha favorito l’invasione islamica. Al limite si puo’ anche rispondere che se a Salvini non va questa chiesa, se ne puo’ costruire un’altra su misura, e quindi rinunciare al diritto di parlare in nome della comunità cattolica. Certo il sindaco voleva assicurare il suo elettorato e accattivarsi la simpatia di qualche o di molti intolleranti. Nasce però il dubbio che ciò possa contribuire alla coesione di una comunità che accoglie nel suo seno quasi 90 mila immigrati residenti, la maggioranza di fede islamica e seguace della parola del Corano. Se viene loro persino fatto divieto di pregare in palestra, quale alternativa si offre? Questi non sono gesti includenti, ma escludenti, e quindi motivo di possibili reazioni e microcriminalità. Il bel crocefisso obbligatorio è un cinguettante capolavoro da mettere pure nel twitter, ma la sorte dei valori cristiani non è affidata alla solidità dei chiodi cui è appeso il Cristo. La scristianizzazione, il laicismo, l’amoralità avanzano perché i cristiani l’hanno staccato non da quel legno, ma dalla loro coscienza, dall’anima. Questi simboli, seri e densi di storia e di significato, non vanno attaccati soltanto sui muri, o sulle giacche quanto vanno impressi ed espressi nella propria vita. Non c’è più bisogno di questo portachiavi o portafortuna, di questi spot pro cattolicesimo proselitista. E poi quella croce che Bitonci vuole esporre dovunque, non solo nelle scuole, ma forse anche negli uffici postali, nei bar, nei sottoscala…con quelle braccia aperte chiama soltanto all’accoglienza, alla fraternità, a fare gruppo e coesione, alla condivisione. Erano decisamente piaciute alcune pubbliche esternazioni che il neosindaco aveva pronunciato in occasione della festa patronale di S. Antonio da Padova il 13 giugno “Ricordiamoci di mantenere sempre aperti il nostro cuore e con esso le porte di Padova.” Ma il santo dei miracoli fu pure lui un emigrato, proveniva da Lisbona Portogallo e arrivò lì verso il 1230.Il Problema è che il nostro Bitonci se n’è dimenticato il giorno dopo. Come a dire, passata la festa ”gabbatu lu santu”.

Autore:
Albino Michelin
02.07.2014

LA TRAGEDIA DI CEVO: DISABILE SCHIACCIATO DALLA CROCE DI PAPA WOJTYLA

Giovedì 24 aprile u.s. un gruppo di giovani guidato da un sacerdote era salito nelle alture di Cevo in Valcamonica per preparare una manifestazione con maxischermo in TV in occasione della santificazione dei due papi Giovanni XXIII e di Wojtyla che si celebrava la domenica seguente 27   in Piazza S Pietro a Roma. Mentre il gruppo sul far del mezzogiorno mangiava al sacco improvvisamente la croce sotto cui si erano riuniti incominciò a scricchiolare.  Si tratta di una croce benedetta nel 1998 da Papa Wojtyla nella stadio di Brescia, e trasferita lassù nel 2005. Al rumore sospetto tutti i ragazzi si misero a gridare e a fuggire. Uno solo, un portatore di handicap di 20 anni Marco Gusmini non ci riuscì. E cosi la croce, ricurva in atteggiamento di abbracciare il mondo, alta 30 metri, dal peso di 6 quintali gli piombò addosso e l’uccise all’istante. Strana coincidenza pure il fatto che egli abitasse nel suo paese in Via Giovanni XXIII. La domenica seguente al posto della grande manifestazione programmata per i pellegrini della zona, si dovette celebrare il funerale di una ragazzo innocente e pieno di fede. Subito sul Web è apparsa un’ondata di perché dai più ovvii ai più superstiziosi. Molti si sono affrettati ad interpretare la tragedia come profezia nera”…Se Dio esiste si vede che non era molto d’accordo con la santificazione di Wojtyla…E perché questi, che si dice abbia fatto due miracoli a due donne, non ha voluto o potuto evitare una tale tragedia nel giorno della sua gloriosa ascensione al cielo e all’onore degli altari? Egoista…” Tutti a cercare una regia occulta, che nel caso non ha nessuna spiegazione se non nella mancata manutenzione. La lettura magica della nostra storia si è spesso intrecciata con la fede religiosa. E l’incidente alimenta profezie improprie che si aggiungono a quelle nere del Medioevo e ad intermittenza a quelle recenti trasformando accadimenti di cronaca in presagi di sventura, o segnali della volontà e punizione divina, di interventi diabolici, miracolosi o mostruosi. Un virus, un hacker del passato, ma anche di oggi. L’interpretazione oscurantista ne ha sempre fatto motivo per le sue fantasie contagiose, soprattutto quelle legate alla croce, il simbolo più enigmatico dei cristiani, specialmente dei cattolici. All’inizio del 1500, alla vigilia della riforma protestante si vide apparire nel cielo una gigantesca croce, colore rosso sangue. Nel 1547alla vigilia del trionfo di Carlo V sui protestanti a Roma si vide una croce bianca sovrastata da un’aquila. Mentre nel paese di Lutero piovevano dal cielo croci di sangue. E in una notte del 1938 alla vigilia della seconda guerra mondiale comparve nel cielo del Norditalia una grande aurora boreale, ovviamene un fatto astronomico normale. Ma al di là delle differenze resta un minimo denominatore comune dell’inconscio collettivo: gli avvenimenti fuori misura, veri o falsi, vengono letti come profezie illustrate, come segnali in codice. E’ difficile per l’uomo darsi una spiegazione per ciò che resta inspiegabile. E allora si aggrappa su tutto, anche su per gli specchi e ai miracoli. Fatti però che per quanto inspiegabili restano sempre nella normalità. Tipo guarigioni da disturbi o malattie di causa neurologica o psicosomatica, ma mai anatomica. Se ne vedono tanti anche fra i guru dell’Asia, però mai si è visto una persona che vada in un santuario con una gamba e torni con due. La tragedia di Cevo, e per molti il mancato miracolo da parte di Dio o di Vojtyla, dice ai cattolici di abbandonare la concezione miracolistica della fede, la fede non ci garantisce una franchigia magica, non è un salvagente di protezione celeste. Dio ha dato alla natura le sue leggi, egli non le evade, da esse non pretende eccezioni. Strano sarebbe un mondo in cui Dio un giorno facesse sorgere il sole ad occidente e viceversa, oppure bloccare le reciproche relazioni degli atomi. Anche la scienza andrebbe in tilt e gli scienziati non si raccapezzerebbero più. Dio non è interventista. Costruire una città sotto un vulcano non giustifica ad accusare Dio di un terremoto o di una catastrofe che ne consegue. Chi si siede sopra un formicaio non può accusare Dio di avergli strapazzato il fondo schiena. Ma se la fede non ci protegge in frangenti come questi a che serve? Serve a mantenere la speranza, a trasformare le esperienze tragiche in solidarietà e in condivisione. A conoscere la natura, leggerla in profondità, scoprire le sue possibilità e la sua intelligenza.

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Albino Michelin
18.06.2014

venerdì 10 luglio 2015

CENTENARIO DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE: RIELABORARE L'INUTILE STRAGE

Il 28 luglio1914 l’impero austroungarico dichiara guerra alla Serbia. L’anno successivo il 24 maggio pure l’Italia vi si aggiunge con alcuni paesi amici. La cessazione delle ostilità viene firmata il 4 novembre 1918. Da allora le nazioni europee vengono coinvolte chi da una parte chi dall’altra e saltano tutti gli assetti internazionali. Molti comitati si sono già costituiti per celebrare l’evento. Ma ambiguo e discutibile resta il senso da attribuirvi: nostalgia di gloria patriottarda o lezione di pace per le nuove generazioni? Fuori luogo che quella fu, come disse il Papa di allora Benedetto XV, Giacomo Della Chiesa, una inutile strage. Le cifre sono drammatiche: dagli 8 ai 65 milioni fra militari caduti e deceduti per malattie conseguenti. Per limitarci all’Italia: 700 mila soldati morti, 500 mila mutilati, 300 mila prigionieri abbandonati perché considerati disertori. Il numero dei civili non fu registrabile. Il territorio teatro della prima guerra mondiale è stato la Venezia Giulia, il Veneto, il Trentino. Cioé la zona montana e pedemontana del Norditalia. Innumerevoli sono i sacrari o cimiteri di guerra. Da Redipuglia, a Nervesa, a Pederobba, al Monte Grappa, ad Asiago, a Tonezza del Cimone, al Monte Pasubio. Alcuni solo italiani, solo austriaci, solo francesi, altri misti. Con nome, oppure anonimi con inciso sul marmo ”Presente”. Molti e forse giustamente tendono a rielaborare il senso dell’evento, sia a livello di linguaggio, di letteratura, di musica, e di urbanistica. Le nostre fanfare e corpi bandistici eseguono ad esempio spesso con enfasi marziale l’inno Monte Grappa e Piave. Il testo del primo in succinto dice: ”Monte Grappa tu sei la mia patria…contro te già s’infranse il nemico...le tue cime vietate all’odiato stranier.” Il resto del secondo: ”Il Piave mormorava…non passa lo stranier…Il Piave rosso del sangue dei nemici mormorò, indietro o stranier…” Sempre sulla rielaborazione del linguaggio pure la preghiera dell’Alpino (con ogni rispetto ad un corpo solidale e altruista) andrebbe riveduta: ”Madre di Dio concedi alle nostre armi il giusto premio della vittoria…benedici e sorridi ai nostri battaglioni. Amen” Recitata nelle messe non fa certo un bel sentire. Scritta nel 1935 dal Colonnello Sora non rispecchia troppo spirito evangelico. Ci riporta all’epoca in cui ogni nazione cattolica benediceva armi e cannoni per eliminare altre nazioni cattoliche al motto ”Dio con noi”. Da aggiungere anche la teologia cattolica del tempo, interpretata da Agostino Gemelli, frate francescano, al cui nome sono stati dedicati diversi ospedali italiani, profondo psicologo, il quale si espresse stranamente a favore della guerra. In qualità di consigliere  del General  Cadorna, condottiero delle Forze Armate,  e padre spirituale dell’esercito  nei suoi due libri ”La filosofia del cannone” e “Psicologia militare” scrisse che la guerra ha un valore provvidenziale ed  espiatorio. Lo spargimento di sangue innocente è una forma di espiazione delle colpe del genere umano. Egli teorizza anche sul cannone quale catechismo di educazione religiosa. ”La patria ha il diritto di reclamare il sacrificio dei propri figli.” Inoltre va pure rielaborato il linguaggio dei monumenti religiosi e civili. E’ stata costruita qualche anno dopo una maestosa chiesa a Montebelluna di Treviso dedicata a nostra Signora delle Vittorie. I turisti stranieri si domandano: vittoria contro chi? Non apparteniamo tutti allo stesso genere umano? Da che parte stanno le Madonne? Per non citare tante feste patronali del Veneto dedicate alla Madonna per aver protetto le loro popolazioni dal barbaro tedesco. Una   ulteriore rielaborazione ancora è quella concernente la toponomastica, cioè la dedica dei monumenti e delle strade. A Bassano del Grappa si è fatta la proposta di abolire la via dedicata al Generale Cadorna. Conduttore dell’esercito, figura discussa, con nessuna considerazione della vita dei sodati che mandava all’assalto senza protezione e inzuppati di superacoolici, o che decimava senza pietà i dissenzienti e i pavidi della prima linea. Follia trattare gli esseri umani come carne da macello. Dedicargli questa via a suo tempo fu un errore, mantenerla oggi è connivenza e colpa imperdonabile. Sono degne di encomio alcune rielaborazioni già iniziate che manifestano una maturazione etico-morale-religiosa nel riconsiderare l’inutile strage. Un esempio è quello di Moriago della Battaglia-Treviso dove accanto alla stele degli Arditi si è costruito già nel 1965 un monumento dedicato alla Vita e alla Pace. Pure quello di Tonezza del Cimone, Vicenza, dove il cimitero militare austriaco con mille sepolti è stato ribattezzato nel 2006 “Monumento della Concordia e della Pace“. Occasione opportuna infine per rielaborare il centenario è quella di organizzare accanto alle tante escursioni e pellegrinaggi ai santuari di cui gli italiani vanno sempre più ghiotti, anche degli itinerari per visitare i luoghi e sacrari della Prima Guerra mondiale. L’orrore di quella inutile strage non va solo celebrato, ma soprattutto ricordato, riconosciuto e condannato.  Per non ripeterlo.

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Albino Michelin
09.07.2014

DON MILANI: UNA RIABILITAZIONE TARDIVA MA DOVUTA

Il 10 maggio 2014 si sono date convegno in Piazza S. Pietro a Roma tutte le scuole di estrazione cattolica esistenti in Italia. Le cronache parlano di 300 mila studenti convenuti. L a manifestazione potrebbe essere archiviata come tante altre di routine, invece per i suoi contenuti merita una maggiore attenzione. Il programma ovviamente si è aperto con la partecipazione di Papa Francesco e con diversi interventi musicali, folkloristici, animazioni, letture adatte e testimonianze. Fra queste alcune tratte anche dagli scritti e dai metodi didattici di don Lorenzo Milani, parroco di Barbiana, un paesino nella Valle del Mugello, territorio fiorentino. Cosa inaudita. Nato nel 1923 e deceduto all’età di 44 anni nel 1967 consumato da un tumore. Papa Francesco parlando a braccio lo definì grande educatore italiano, prete che insegnava a restare persone aperte alla realtà. Nessun prelato mai aveva fin’ora avuto il coraggio di presentarlo in questo modo. Nel 1947 sacerdote da apprendistato fu inviato a Calenzano, periferia di Firenze, dove iniziò subito con una scuola popolare per operai. Una scelta che dava fastidio a molti borghesi benpensanti, così venne trasferito a Barbiana, una specie di Rio Bo, 85 anime. Ma la sua fede appassionata per la scolarizzazione degli ultimi non conobbe ostacoli. Relegato in esilio fra operai, contadini, casalinghe, vedove, muratori, disoccupati nel 1958 scrisse traducendolo dalla vita vissuta il suo primo libro ”Esperienze pastorali”. Il Vaticano, attraverso il dicastero Santo Ufficio lo ritirò per le ardite e pericolose novità. Lo definì inopportuno e impose il divieto di ristampa, di traduzione, di diffusione. Contro le disuguaglianze di cui sono vittime don Milani vuole trasmettere agli umili e agli emarginati: ”chiamo uomo chi è padrone della sua lingua, la parola è quella che ci rende uguali…i ricchi comandano perché sanno più parole dei poveri”. Nella scuola di Barbiana chi sapeva di più doveva aiutare chi sapeva di meno. Scrisse più tardi anche un secondo libro, sempre vissuto e tratto dalla realtà: ”L’obbedienza non è più una virtù’.” Avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono sovrani per cui l’obbedienza non è una virtù, ma la più sublime delle tentazioni e bisogna che si sentano ognuno la responsabilità di tutti. E di qui il diritto che anche i poveri possono e devono contrastare i ricchi. Subito, ma è storia di sempre, gli viene affibbiata la definizione di cattocomunista, denigratoria allorché si voleva colpire un prete scomodo. Viene in mente Helder  Camara (1909-1991) vescovo di Recife in Brasile che diceva: ”se io faccio la carità ai poveri sono un santo, se spiego ai poveri motivi della loro povertà e come uscirne allora sono un comunista.” Aumenta l’escalation, e don Milani viene processato per apologia di reato nei confronti della tradizione cattolica. Ma la sua fede e la sua passione per una scuola di tutti è troppo grande e così scrive un terzo libro ”Lettere ad una professoressa” che rappresenta un po’ il suo vangelo. ”I care”, che significa “tutto mi interessa”, in contrasto con il logo fascista del periodo precedente ”me ne frego”. Viene scritto insieme con i suoi otto ragazzi che si prefigurano cittadini di un mondo diverso e indicano i criteri per una riforma della scuola, attesa da sempre e mai avvenuta. Per fare scuola bisogna essere diversi, avere idee chiare e l’ansia di elevare i poveri. Nessun rancore verso la chiesa ricca di sfarzo e di vuoti riti cultuali che anche se non ha escluso i poveri però ha dormito. A che serve avere le mani pulite se si tengono sempre in tasca. Memorabile infine il messaggio che don Milani diede prima di morire. Negli ultimi giorni della sua malattia volle vicino a sé i suoi ragazzi perché imparassero anche che cos’è la morte. Ed ecco la svolta: quest’uomo definito prete ribelle, allontanato, espropriato di stupende esperienze pastorali, a distanza di pochi decenni dal Cardinale Bettori di Firenze si sente dire, già morto e strasepolto, che nei suoi confronti non c’è mai stato un decreto di condanna ma solo una comunicazione(!) del santo Ufficio. Molta gente puo’ chiedersi: e che ci vuole ancora il rogo per uccidere un profeta? Solo dopo mezzo secolo l’esperienza di questo educatore diventa un patrimonio del cattolicesimo italiano? E solo perché un Papa Francesco il 10 maggio 2014 si è premurato di rendergli giustizia? Quando la Chiesa imparerà a prendere sul serio le istanze presenti, e non attendere secoli, per poi magari brevettarsele come trofeo di sua conquista? Al di là di tutto la storia stessa si è incaricata di restituire a questo educatore il dovuto, anzi il centuplo. Oggi innumerevoli sono gli studenti, gli insegnanti, le istituzioni che si ispirano alla scuola di Barbiana, le biblioteche e le fondazioni dedicate a don Milani. Realtà tutte che intercettano le attese di un profondo e costante cambiamento della scuola italiana a favore dell’educazione dei giovani, del loro e del nostro futuro.

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Albino Michelin
25.06.2014

CON PAPA FRANCESCO È SCOMPARSO IL PECCATO?

Un carteggio inusuale e vivace è apparso verso la fine di dicembre 2013 fra due articoli di E. Scalfari su “Repubblica” da una parte e alcuni rappresentanti della stampa cattolica dall’altra. In effetti E. Scalfari che si definisce ateo non credente inizia con un titolo ” La rivoluzione di Francesco”, in cui sembra sostenere che questo papa abbia abolito il peccato, dal momento che non ne parla mai o raramente. L’affermazione non è provocatoria perché una parte di verità certamente la contiene. Fuori dubbio che tutta l’umanità di ieri e di oggi a modo suo al peccato ha sempre creduto. Infatti c’è una politica buona e una no, una finanza buona e una corrotta, una cronaca vera e una manipolata, un’informazione esatta ed una diffamatoria, ecc. Un senso del bene e del male(=peccato), di peccato e reato è insito in tutti. Non c’è tradizione spirituale che non conosca il concetto di peccato .Ma che fin’ora nel cattolicesimo e nella chiesa si sia parlato sempre e troppo di peccato è innegabile .Quando si cita  Papa Bergoglio molti si soffermano ammirati sul suo rifiuto ai simboli del potere  e alla  vacua  pompa dei dignitari ,alla sua passione per gli umili e per i poveri ,ma la rivoluzione citata da Scalfari va in profondità’, alla radice stessa della nostra identità’ .Questo Papa non mette in discussione i dogmi della chiesa, o i tanto strumentalizzati valori non negoziabili, soltanto che non se ne fa una malattia. Nel suo ospedale da campo non li considera prioritari. Non è il peccato ad avere un ruolo centrale, ad occupare tutti gli spazi della nostra fede, ma la misericordia di Dio. Qui un accenno storico è d’obbligo. La nostra storia comincia con il peccato originale di Adamo ed Eva: tutti i discendenti, noi compresi, condannati alla morte e alla sofferenza. Gli abitanti di Babele commisero il peccato di costruire una torre per arrivare al cielo: dispersi e confusi. Sodoma e Gomorra incendiate dallo zolfo del cielo: una lezione contro i peccati di omosessualità. Ai tempi di Noè diluvio universale: non si trovava uomo senza peccato. Il profeta Mosè fece una costituzione-legge con i dieci comandamenti, ordini e divieti per non commettere peccati. Un Dio che puniva i peccati del suo popolo schiattando contro la roccia i neonati ebrei. Venne Gesu’ e con lui ebbe inizio la prima vera rivoluzione: amore e misericordia al posto della giustizia e della vendetta. Diede la vita per restituire ad ogni uomo dignità e fiducia in se stesso, anche se più tardi si ritornò a rimarcare che la sua morte fu voluta da Dio Padre per cancellare i peccati del mondo. La tentazione alla psicosi del peccato, dopo tre secoli di ottimismo, ritornò al quarto secolo, con la caduta dell’impero romano e con l’assunzione dello stesso da parte della chiesa. Da allora il tam-tam sul peccato non ebbe più remore. Monasteri, frati, teologi riempierono biblioteche sui trattati riguardanti il peccato e tuti i suoi dettagli: attuale, abituale, veniale, mortale, leggero, grave. Obbligo di battezzare i bambini, subito al primo giorno, perché nati nel peccato di Adamo. Obbligo della messa festiva sotto pena di peccato. Quella che per Gesù fu una cena –banchetto divenne un rito propiziatorio per espiare i peccati del mondo. Basta esaminare anche oggi la sua struttura portante: ”confesso a Dio onnipotente perché ho molto peccato…mia colpa, mia massima colpa…Signore pietà…Tu che togli i peccati del mondo abbia pietà’”…In pratica oltre una decina di volte ci si piega verso i propri peccati. Aggiungi l’obbligo della confessione dei peccati, quando già la messa lo sarebbe più che a sufficienza. Non sarà forse anche per questo motivo che quando si va alla messa la gente sembra un po’ troppo moscia e cupa? Le preghiere private poi abbondano di peccato: ”Ave Maria prega per noi peccatori….O Signore perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco dell’inferno…” Per non citare le interpretazioni che si danno alle vari disgrazie di questo mondo. Un terremoto? Una catastrofe? Una inondazione? Una strage con morti di bambini innocenti? Troppo spesso gente che le interpreta ancora come castighi di Dio per i nostri peccati e per la conversione dei peccatori. Francamente non se ne esce più. Ma ecco, finalmente dopo 17 secoli, la rivoluzione di Papa Francesco: il ritorno al Vangelo. Non più il peccato al centro della storia, della società e della persona umana, ma la misericordia di Dio. E così ti restituisce anche l’autostima ad ogni persona: il valore di se stessi attraverso cui possiamo affrontare ogni tipo di difficoltà. ’Cosi’ la fede ti fa del bene, è curativa, se no arrischia anche di ammalarti e di moltiplicare i malati. Dice Papa Francesco ai preti: ”predicate il vangelo non con i bastone, ma con dolcezza” E sulla confessione: ”non fatela passare come una tortura”. Il 21 novembre 2013 pubblicò la sua prima Esortazione dal titolo “Evangelii Gaudium”, cioè dal Vangelo fate scaturire la gioia. Questa è la vera rivoluzione di Papa Francesco

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Albino Michelin
15.01.2014

giovedì 9 luglio 2015

PER LA CHIESA ITALIANA NON TUTTI I BAMBINI SONO UGUALI

Da che mondo è mondo non si è mai assistito nel nostro Paese a contestazione di fischi ed epiteti alla vergogna come quella verificatasi venerdì 23 settembre 2005 contro ii Presidente dei Vescovi italiani, Cardinal Ruini. A Siena per ricevere il premio «Libera» il prelato interruppe il suo discorso e dopo 1O minuti per nulla impressionato riprese la lettura con un sorriso fra la compassione e l'ironia verso i maleducati, proprio come chi raramente è stato abituato al dialogo, ma troppo invece a pronunciamenti dogmatici. l nostri parlamentari si sono spaccati in due: da una parte chi si sentì obbligato a scusarsi presso l'eminenza per la ragazzata subita , dall'altra si asserì che chi entra in politica deve accettarne pure le conseguenze . Fuori dubbio che ogni uomo di chiesa è libero di esprimere la sua opinione e di quella dell'istituzione che rappresenta , ma c'è modo, è sempre il tono che fa la musica. In questo senso la caciara di Siena non sarebbe un peccato di lesa maestà in quanto il rappresentante della nostra cattolicità patria da qualche tempo entra a gamba tesa su tutti gli argomenti, cattolici o laici, non fa differenza.  Quasi fosse il Viceré d'Italia e l'Italia il suo vicereame, chia­ri rigurgiti dello Stato Pontificio. Tirare in ballo il Vangelo allorché Gesù dice: «beati voi quando vi perseguiteranno e derideranno a cagione del mio nome» è pura mistificazione, perché le grida di vergogna non erano indiriz­zate al cardinale in quanto uomo di Dio, ma in quanto uomo politico. 
                                      Contro le coppie di fatto e Prodi sfascia famiglie
L’imbarazzante episodio si ricollega all’intervento di Ruini del 19.9.05 contro le coppie di fatto. Di qui canea e schiamazzo nazionale. Però poca o nulla analisi culturale e religiosa all’interno di questa condanna, poca corresponsabilità di chiesa da parte della stampa cattolica, molta omertà. Tipica della religiosità italiana devota ed ossequente, ma disinformata e responsabilizzata nelle realtà che la concernono. Con plaudente consenso esteriore verso la gerarchia, e silente, profondo dissenso interiore. Cioè ognuno si comporta a piacere, fai da te. La chiesa si è da sempre schierata a favore della vita e sin dal primo momento della concezione. La vita è sacra, l’embrione è figlio di Dio, l’aborto è un crimine. Siamo d’accordo. Però figlio di Dio, vita sacra, soggetto di diritto e di dignità è pure la vita di un ragazzino di cinque, dieci, quindici anni, cioè una volta uscito dal seno materno. Si domanda: figlio di Dio solo se battezzato? Oppure solo se figlio di sagrestani, di coppie sposate in chiesa, di catecumenali, di Comunione e Liberazione, di Movimento dello Spirito, di falangisti di Cristo, di legionari di Maria? E invece i bambini figli di genitori non sposati in chiesa, cioè delle coppie di fatto, dei conviventi, sarebbero figli di un dio minore? Bastardini da lasciare ai margini del consorzio sociale? Che la legge civile proposta da Prodi si occupi anche di costoro per garantire diritti, sicurezza, futuro, successione, eredità, possibilità di reciproca assistenza in caso di ricovero ospedaliero, allo scopo anche di evitare a questi figli il sentimenti di colpa nei confronti dei coetanei causa la situazione  “irregolare” dei genitori, tutto questo è perfettamente nella linea del vangelo. In effetti Gesù disse: ”lasciate che i bambini vengano a me”. Intendeva tutti e non soltanto quelli cattolici. Anzi, si direbbe di più. La Chiesa italiana anziché boicottare questa eventuale legge dovrebbe porsi in prima fila per difenderla, farsene paladina, dato che il 13% dei bambini che circolano per le nostre strade sono figli delle coppie di fatto. E non inquiniamo il problema tirando in ballo le coppie omosessuali, sono tutt’altro capitolo che qui non va preso in considerazione.
Che se poi i soliti intolleranti catenacciari paventano che la porta aperta ai conviventi si finisce alla Zapatero legalizzando le coppie omosessuali si puo’ rispondere che ogni buona medicina puo’ avere anche i suoi effetti collaterali, che tuttavia vanno accettati per salvare l’essenziale. E in questo caso l’essenziale significa il diritto del bambino. Meraviglia assai che i nostri politici, tipo Prodi, Rutelli e Co. se la siano fatta sotto, tentando di chiosare perfino su “Famiglia Cristiana”, anziché invitare il prelato e la sua relativa fetta di episcopato italiano a rispettare la vita, ogni vita e concedere uguali diritti a tutti i bambini. Ma così è l’andazzo: in Italia l’ossequio all’alto clero e la continua citazione del Papa in TV, Porta a porta, Domenica-in in prima testata del TG è d’obbligo perché strumentale a catturare voti elettorali. Al riguardo non mettiamoli proprio tutti nello stesso sacco. Ad esempio Prodi è un testimonial perfetto della versione più tradizionalista della famiglia. Sposato con la moglie Flavia da qualche decennio, due figli, due volte nonno, due nipoti preti. Gli altri invece tutti a favore di Ruini contro i Pacs (patti di solidarietà civile) contro il leader delle sinistre. Berlusconi divorziato dalla prima moglie Carla dall’Oglio, due figlie, risposato con Veronica Lario dopo una convivenza di sei anni, da cui altri due figli. Gabriella Carlucci divorziata da Franco Jannuzzo, risposata con Marco Catelli. Paolo Guzzanti divorziato dalla prima moglie, tre figli, risposato con G.Falcigno da cui una figlia. Ignazio La Russa divorziato da Marika Cantarelli, un figlio, convive con Laura De Cicco, da cui due figli. Altero Matteoli, due figli dalla prima moglie, risposato con Ginevra Riannetti, da cui un figlio. Roberto Castelli divorziato da Sara Galbiati, un figlio, risposato con Sara Fumagalli. Gianfranco Fini, sposato con la divorziata Daniela Di Sotto, da cui una figlia. Gaetano Pecorella, divorziato sta confezionando una miriade di convivenze. Daniela Santanchè convive, un figlio da terzo partner Canio Mazzero. Elisabetta Gardini divorziata da Luca Fazzi, un figlio, convive da dieci anni con il registra Fernando Balestri. P. F. Casini separato dalla moglie R.Lubich, due figlie, convive con A. Caltagirone, da cui una figlia. Il Ministro delle riforme Calderoli, matrimonio a rito celtico con tanto di finto druido a celebrarlo con sussiego sprezzante e paganeggiante. G. Melandri convivente con M. Morelli. Basta così. Tutti costoro sono parlamentari della destra, veri sfasciafamiglie, altro che Prodi. Certo che il fenomeno è bipartisan, quelli della sinistra non sono da meno. Ma ci siamo limitati alla destra cara e sostenuta dal card. Ruini, un idillio per garantirsi voti cattolici e per un sostegno sostanzioso da parte della chiesa. Tutti contro una legislazione sulle coppie di fatto e soprattutto dei bambini di queste. Quando l’ipocrisia anche in certa chiesa si sostituisce al vangelo di Gesù.
                     All’interno della gerarchia cattolica gradito un dissenso costruttivo.
Non della stessa opinione sono fortunatamente tutti i prelati italiani o vaticani. Ad esempio il Cardinal F. Pompedda interviene : «Le unioni di fatto sono un fatto. E dai fatti (gioco di parola) nascono diritti e dove reciproci. Anche se non vanno equiparate ai matrimoni vanno però regolate da un’adeguata legislazione”. Parole di un grande giurista della Curia Vaticana quindi non sulla linea del Card. Ruini che erroneamente tira in ballo persino l'anticosti­tuzionalità di un'eventuale legge in proposito. Citiamo una seconda posizione di alcuni altri della gerarchia, sostenuta da molti credenti del popolo di Dio, cioè: la chiesa italiana è ossessionata da tutto ciò che riguarda il sesso, famiglia, aborto, contraccettivi, rapporti extraconiugali. Da questo sito partono delle vere randellate contro i trasgressivi. Però molto paciosa, la stessa chiesa, allorché si tratta di prendere la parola contro la disonestà negli affa­ri, i megafurbi bancari, le illegalità nelle transazioni, ecc. Lo dimostrano ad esempio dal 1980 il rifiuto di consegnare all'Italia il Cardinal Marcinkus, impegolato fino al collo nel mistero del banco Vaticano-Ambrosiano con un morto sotto i ponti di Londra.  Solo qualche pizzicotto bonario ai vari conduttori di fallimenti tipo Parmalat, così prodigo nel rega­lare videogiochi cattolici alle parrocchie. Sino all'intervento amichevole in favore di Fazio, grande mecenate dell'Opus Dei. Anche questo è un dissenso che però dovrebbe diven­tare più corposo. Ed un terzo se non a favore, certo nel rispetto delle coppie di fatto. E qui siamo in teologia (chi è costei?) la grande sconosciuta dai cattolici italiani. Cioè il matrimonio è l'unico sacramento in cui i ministri (sacerdoti-preti) sono i partner stessi. Per essere marito e moglie è sufficiente che espri­mano la loro reciproca volontà attraverso un patto, da este­riorizzarsi secondo forme da stabilire. Si sa per esempio che la forma del matrimonio in chiesa è sorta solo con il Concilio di Trento (1560) prima si riteneva da tutti valido il contratto stipulato in famiglia, tra i genitori dei partner e gli interessati stessi con un cerimoniale del tutto laico. Gesù non ha mai sposato i suoi seguaci nel tempio sacro, davan­ti al ministro di Dio. Ciò che fa il matrimonio non è né la stola del prete in definitiva né la fascia tricolore o rossocrociata, ma l'amore! 
                    La chiesa italiana si confronti pure con le altre chiese del mondo
Chi vive da sempre in Svizzera con i nostri connazionali si accorge della enorme discrepanza e diversità delle chiese, persino in alcuni aspetti essenziali del Vangelo. Se siamo cattolici (=universali) dovremmo avere il coraggio di con­frontarci di più anche con altre chiese del nostro vicinato. Ad esempio i vescovi della Germania in occasione delle votazioni politiche del 18 settembre 2005 hanno invitato tutti a votare (non all'astensione), in quanto il voto è un'educa­zione al senso civico. Facendo attenzione soprattutto ai problemi umani della disoccupazione e dell'indebitamento. Ma non hanno né polemizzato con Governo tedesco, né dato in mano agi elettori carta e penna per votare secondo le prescrizioni. In Svizzera il 26.9.04 è passato il referendum sulle coppie di fatto. l nostri vescovi non hanno usurpato tutti gli spazi televisivi pubblici, non hanno intimidito le coscienze, hanno solo emanato orientamenti evangelici propositivi. Non sono tornati al medioevo oscurantista in cui papi e vescovi depo­nevano e intronizzavano imperatori secondo il loro arbitrio. Su questi aspetti i nostri emigrati ormai integrati allorché ritor­nano in Italia con la chiesa non si raccapezzano più. Un invito dunque al Cardinal Ruini e alla sua Curia, anziché logorarsi tanto per costruire in Italia un terzo soggetto politico (destra, sini­stra, centro di Ruini); si confronti, lasci parlare anche gli altri fratelli nella fede oltre frontiera. Come scrive Paolo: «con­frontatevi con tutto, ritenete ciò che è buono». Ma questo protagonismo invadente della gerarchia italiana non giova a nessuno. Nuoce alla chiesa dei credenti nonché alla credibilità dei promotori.

Autore:
Albino Michelin
07.10.2005