mercoledì 25 novembre 2015

CASATO E BLASONE GENEALOGICO DI GESÙ

Oggi sta aumentando sempre di più la curiosità di conoscere i propri antenati, di ricercare il capostipite del proprio cognome, di farsi l'albero genealogico. Tutti siamo portati a mitizzare le nostre origini, di collegarle ad un grande eroe, ad un Imperatore, a Carlo Magno, ai Cavalieri del Medio Evo, ai Crociati, a uomini d'arte, insomma agli dei dell'Olimpo. Dire ad esempio che il cognome Rossi deriva probabilmente da un capostipite rosso di capelli, che il cognome Costa deriva dalle particolari condizioni del suolo a fianco di montagna, che il nome Fabio deriva da un capostipite addetto alla raccolta delle fave, ceci e fagioli è mezza ignominia. Ognuno di noi sogna di essere uscito da discendenti con tanto di blasone familiare e stemma nobiliare certo andato perduto. Anche Gesù ha avuto i suoi ascendenti, la sua genealogia. Ma ci aveva poco di sangue blu, sia dal punto di vista sociale, come da quello morale. E qui cadono a proposito tutte le inutili discussioni che si fanno attorno alla verginità di Maria: Maria doveva essere vergine, Gesù doveva essere concepito dallo Spirito Santo, stante la sua dignità di figlio di Dio. I protestanti hanno un'altra opinione: che Gesù potrebbe benissimo essere venuto alla luce nel modo più normale come tutti gli altri bambini. Anche perché figlio unico di ragazza madre non è che dal punto di vista della comune sensibilità suoni molto bene. Ma io salterei a piè pari questo discorso contrapposto. Mi domando piuttosto che senso avrebbe una nascita di Gesù da Maria, pure vergine, brava ed onesta ragazza di Nazareth, quando la bisavola, la trisavola, la centavola, sono note alla storia come persone poco raccomandabili e talvolta abbiette. Se noi leggiamo il capitolo primo del Vangelo di Matteo avremo subito l'albero genealogico di Gesù, la presentazione dei suoi antenati. Si parla ad esempio di Abramo capostipite dei credenti che a causa della sterilità della moglie Sara andò a farsi un figlio Ismaele con la schiava Agar. Si parla di una certa Tamara che con stratagemmi costringe Giuda figlio di Giacobbe ad avere un figlio. Si parla di una certa Raab nota prostituta di Gerico, pur se riabilitatasi alquanto ospitando due uomini mandati da Giosuè a perlustrare la città. Ma sempre di una di quelle si tratta. Si parla di Davide indubbiamente grande Re, che riunificò il popolo nella monarchia. Però ammazzò un suo soldato di nome Uria per sposarsi la moglie Betsabea: losco intrigo di adulterio e di crimine. Da Betsabea abbiamo due genealogie di Gesù: Dal figlio Natan quella di Maria e dal figlio Salomone quella di Giuseppe genitori di Gesù. Si parla di Salomone sapiente, saggio, costruttore del tempio di Gerusalemme. D'altra parte però un bel dongiovanni, un casanova, con un harem di cento mogli, che ha perso testa e reputazione dietro le gonnelle, provocando in anticipo la caduta della monarchia. Si parla un certo Manasse 650 a.C. fautore del più abbietto paganesimo, con ingiustizie, spargimenti di sangue innocente e la messa a morte del suo stesso figlio. Questi sono gli antenati di Gesù. In verità poco da gloriarsi, pochi blasoni e quei pochi tutti sporchi di fedina penale. Una genealogia di cui qualche benpensante avrebbe proprio da vergognarsi. Eppure questa è l'umanità da cui Gesù non ha voluto separarsi, questa è l'umanità che egli è venuto a salvare, questa è nostra umanità dì tutti i giorni dentro cui egli è venuto ad abitare. Talvolta la nostra famiglia caccia fuori dal proprio paese un parente perché indegno "del nostro casato". Beh, Gesù non ha cacciato fuori nessuno dal suo casato. E come nella sua genealogia del passato ha accettato capostipiti di riprovevole comportamento e di dubbia fama, in quanto è venuto a convivere e salvare ciò che era perduto, così nei suoi discendenti che siamo tutti noi, grande famiglia umana, fatta di pochi santi e tanti fuoristrada, Gesù si presenta come colui che venne e viene a salvare ciò che era perduto, assumendo tutta la nostra natura umana, fuorché il peccato e l'ingiustizia.
Vangelo di Matteo da cui sono tratte queste considerazioni (1,1-25)
1 Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. 2 Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, 3 Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esròm, Esròm generò Aram, 4 Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmòn, 5 Salmòn generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, 6 Iesse generò il re Davide. Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, 7 Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asàf, 8 Asàf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozia, 9 Ozia generò Ioatam, Ioatam generò Acaz, Acaz generò Ezechia, 10 Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosia, 11 Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia.
12 Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatiel, Salatiel generò Zorobabèle, 13 Zorobabèle generò Abiùd, Abiùd generò Elìacim, Elìacim generò Azor, 14 Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, 15 Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, 16 Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo. 18 Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19 Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. 20 Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. 21 Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati

Autore:
Albino Michelin
12.02.2001

I PRETI DELL'IRPINIA ALZANO LA TESTA

Al tempo dei romani l'Irpinia costituiva un territorio montagnoso inserito fra la Campania, il Molise, la Puglia, la Lucania con epicentro nell'attuale avellinese, per di più infestato anche dai lupi (in effetti il latino Herpes significa lupo), luogo di costanti conflitti fra i sanniti e i romani e perciò stesso dedicato a Marte, dio della guerra. Dunque storicamente gente poco remissiva, tanto meno disposta ad abbassare la testa. Retaggio di questa antica Irpinia e quindi segno di carattere potrebbe essere una singolare contestazione evidenziata dagli stessi media e avvenuta a S. Angelo dei Lombardi (AV) il 3.11.2000 in occasione del 20° anniversario del terremoto del 1980. Dato che molti dei nostri connazionali in Svizzera, provengono da questo territorio (Volturara. Montemarano, Montella, Bagnoli, Lioni, Taora, ecc.) un'informazione ed un giudizio in merito potrebbero riscuotere un certo interesse. Promotore (o guastafeste ognuno se la veda), un prete non nuovo a simili episodi: Don Vitaliano Della Sala, parroco di S. Angelo della Scala, paese situato nel territorio. Orbene in occasione della commemorazione ufficiale tenuta dal Presidente del Senato On. Mancino e dall'arcivescovo locale, Padre Salvatore Nunnari, noto anche agli sportivi quale commentatore ufficiale della Reggina nella rubrica domenicale di Rai2 "Quelli del Calcio", il nostro prete a capo di un gruppo giovanile dei centri sociali della Campania fece irruzione nella Sala Comunale. Interrompendo il discorso degli oratori e non lesinando qualche mezza ingiuria issò uno striscione "Terremoto infinito, affare di Stato", intendendo chiedere conto della malavita e della mala costruzione dell'Irpinia. Gesto che ovviamente suscitò le ire dell'alto prelato e commentatore sportivo il quale cacciò "il pazzoide" dall'almo consesso e qualche giorno dopo lo fece sospendere dalla messa e dalle annesse attività pastorali avvalendosi del canone 764 "atteggiamento indecoroso, alieno dallo stato clericale ". E vi aggiunse anche il paterno invito a ritornare sulla retta via della comunione ecclesiale tante volte rotta dai suoi inconsulti gesti. Ma il parroco "rompi tutto" spiegò ai mass media di aver iniziato questa sacrosanta battaglia con le armi di casa propria. In effetti esibendo "L'Avvenire", quotidiano cattolico organo dei Vescovi, ripeté quanto in esso riportato in quei giorni. Dopo ii terremoto: 902 gli amministratori comunali colpiti da provvedimenti giudiziari, 382 le persone arrestate per gravi reati di appalti, 102 politici locali finiti in manette, 86 gli affiliati ai clan camorristi. 78 gli imprenditori e dirigenti d'impresa accusati d'illecito. E poi abuso di prefabbricati e dell'amianto, che respirato dai bambini li condanna ad un futuro scontato. A queste statistiche il prete vi aggiunge del suo: qui troppa gente vive ancora in baracche cancerogene. E con tutto ciò, ribadisce, si ha il coraggio di inscenare ipocrite commemorazioni delle vittime ed un farisaico ringraziamento ai volontari con una cerimonia destinata essenzialmente ad eludere le responsabilità.
Una domanda ai nostri amici dell'Irpinia: come considerano loro preti di questo stampo? Dei frustrati in cerca di sensazionismo oppure dei profeti, gente comune cioè che parla in nome di Dio e della giustizia conculcata? A sostegno dell'operato di Don Vitaliano si registrò in quei giorni una dimissione eccellente: quella di Giovanni Sarubbi che lascio la redazione del "Il Ponte", settimanale della diocesi di S. Angelo dei Lombardi mentre in qualità di giornalista collaboratore del "Il Mattino" di Napoli divulgò pubblicamente le motivazioni di questo abbandono, aggiungendovi una serie di concause. "Non riesco più a dare nemmeno una riga di contributo ad una istituzione ecclesiastica campana che nega cosi palesemente le parole di nostro Signor Gesù Cristo", dichiarò. E poi analizzando i dettagli paventa che la punizione a don Vitaliano abbia il sapore di un intervento medioevale perché non si può oggi impedire ad un prete di esercitare il proprio ministero utilizzando la propria sensibilità.
Una chiesa che non sa far tesoro dei carismi dei propri membri e che vuole imporre a tutti i costi un unico modo di intendere la pastorale è destinata a scomparire o ad autoghettizzarsi e a ridursi come una lobby finanziaria e di potere. Fra le colpe di don Vitaliano e quella di un clero irpino generalmente insensibile ai problemi sociali della propria gente e alla testimonianza della carità (come lo dimostrano le strutture fatiscenti quali la mensa del povero o del volontariato) ebbene l'ex redattore del settimanale diocesano preferisce 100 volte i difetti di questo prete, il suo gridare forte, la stessa sua platealità. È peggiore, si chiede il nostro, un don Vitaliano che smaschera gli imbrogli sulla pelle della gente o peggiori sono le chiese trasformate in punti vendita di sacramenti, spesso a caro prezzo, sfruttando la pietà popolare quale il culto dei santi e della Madonna? É peggiore un Don Vitaliano scrive sul "Mattino" contro il quale per aver partecipato l'8 luglio alla Gay Pride di Roma giubilare furono chieste pene severe da parte della segreteria di Stato Vaticana, o peggiori sono quei preti che lo stesso giorno bandivano striscioni contro gli omosessuali dal titolo "Dentro al Colosseo insieme con i leoni?" E' peggiore don Vitaliano o quei preti che da noi in Irpinia o nell'altro capo del mondo intrattengono relazioni omosessuali e continuano a dire messa come se nulla fosse? Questi alcuni pubblici interrogativi sollevati da Giovanni Sarubbi, il quale precisa di aver firmato di suo pugno l'articolo contro una prassi molto diffusa in ambito ecclesiale dove, così termina, "ci sono preti giornalisti che ad Avellino scrivono articoli di calunnie contro il loro vescovo senza firmarli". A parte che non bisogna finire ad Avellino per incappare in ecclesiastici che pubblicano articoli anonimi, fa specie che da quelle zone si abbia il coraggio di gridare la verità sui tetti. Al di là anche delle buone maniere, che ovviamente sarebbe opportuno non sottovalutare. Ma se guardiamo sempre al fair play che dire di Gesù Cristo che entrò nel tempio e senza tanti complimenti rovesciò baracche, panche, casse, cassettine, casseruole dei vari mercanti stand, che si erano lottizzati lo spazio del tempio? In fondo c'è anche dell'encomiabile in questo prete irpino, chiamato don Vitaliano Della Sala, che alza la testa e che non si vergogna di prestare la sua immagine e la sua voce a chi non ne ha. Da ammirarne il coraggio anche se il coraggio di imitarlo pochi ce l'hanno. In quanto poi all'intervento punitivo e sbrigativo del Vescovo Nunnari, sia lecito azzardare una perplessità. Al di là della manifestazione verbale e gestuale avrebbe potuto maggiormente prendere in considerazione la grande passione e sofferenza di questo prete per una chiesa che vorrebbe diversa, più trasparente e coinvolta con i bisogni concreti della gente.

Autore:
Albino Michelin
08.02.2001

L' INTRANSIGENZA DELLA CHIESA GARANZIA DI SUCCESSO?

È un argomento che capita spesso in discussione e a proposito ricordo di una conversazione in cui gli interlocutori si erano praticamente schierati su due fronti opposti. Da una parte chi sosteneva che per interessare in modo particolare le nuove generazioni la religione dovrebbe essere chiara, comprensibile, comprensiva, nonché usare il linguaggio della comunicazione attuale, tipo musica e gestualità visiva. Dall'altra parte invece chi sosteneva che la religione deve restare misteriosa come ai tempi delle messe in latino, incomprensibile ed arcana, soprattutto severa e inossidabile. Se la nostra chiesa per esempio, ritengono questi ultimi, non avesse usato e non usasse il braccio di ferro, il pugno duro, le scomuniche, le censure, i divieti, i dogmi, le leggi chiare e precise o sarebbe sparita o sarebbe arrivata ai nostri giorni molto malconcia. Per questi motivi insomma il futuro della chiesa e della nostra religione è garantito dalla sua intransigenza. Ovviamente si suppone che fintantoché esisterà sulla terra un uomo e con esso il suo sentimento religioso le chiese non scompariranno mai. Oggi possiamo assistere ad una crisi delle varie chiese in Europa, però si costata un investimento della fede religiosa verso altre aggregazioni, tipo sette, new age, gruppi esoterici. ecc. ... Piuttosto c'è da supporre che le chiese tradizionali probabilmente dovranno accettare una evoluzione, una rilettura di se stesse, una specie di riciclaggio, rinunciando ciascuna ad alcuni inutili fondamentalismi e considerarsi più come chiese sorelle anziché le une tout court superiori alle altre. Probabilmente allora perderanno degli adepti anagrafici, ma non l'anima del loro messaggio. Non sarei molto d'accordo sul braccio di ferro usato dalla chiesa cattolica quale premio della sua persistenza e condizione del suo successo. Le religioni orientali che numericamente stanno alla pari del cattolicesimo, sul miliardo di aderenti o poco più, hanno un'origine più lontana della nostra, cioè sono più antiche e quel che conta con un futuro più roseo ed ottimista, non perdono colpi. Anzi incuriosiscono e meravigliano anche noi cristiani europei. Eppure sono più tolleranti e, direi, meno poliziesche; nella storia non si sono imposte e sviluppate a colpi di scimitarra e guerre sante, ma attraverso il metodo della non violenza. Il metodo dell'intransigenza, storicamente un po' troppo sfruttato dal cattolicesimo, lascia perplessi. Prendiamo un caso attuale anche se inflazionato: la nostra morale sessuale. Si sa che il programma di lavoro di Wojtyla già dall'inizio fu quello del massimo rigore dottrinale all'interno della chiesa e massimo prestigio all'esterno. Vedi i viaggi, il giubileo, l'invadenza talvolta ossessiva e trionfale nei media. Un'eccessiva preoccupazione di divulgare il proprio look e garantirsi un immagine. Ma ecco il divario a perdere: il rapporto o trend fra gerarchia-italiana ed etica familiare. Per la prima il sesso è far figli, altrimenti marito e moglie si hanno da comportare come fratello e sorella, cioè in astinenza, secondo i ritmi della fertilità femminile. Preservativi, contraccettivi? Invenzioni diaboliche, oltraggio alla natura, violenza alla procreazione, sacrilegio contro la vita. Qualcuno dirà che esagerato, ma stringi stringi, questa è un caposaldo morale del papa polacco.  Orbene, qui si voleva arrivare, nella nostra cattolica Italia, dove appunto si "adora" il Papa (ma non è colpa sua!) alla stregua di un feticcio, vedi l'attuale processione degli stessi uomini politici, abbiamo la natalità più bassa di tutto il mondo, più ancora della protestante e antiromana Svizzera, che giustamente rispetta il Papa si, ma del papa non si fa un idolo. La nostra cattolica Italia a Sua Santità gli canta il ritornello che si può anche essere credenti in coscienza senza seguire l'intransigenza sessuale di questa chiesa. Essa non dovrebbe costituirsi di fronte al mondo come una caserma, risponde in materia molta molta gente battezzata, attorniata da paletti e cintata da muri con filo spinato, in cui all'interno si tengono sull'attenti appuntati, brigadieri e marescialli con lo schioppo e con la paura dell'inferno. Se lo ha fatto e se lo ha potuto fare è nella misura in cui si era persa o sottovalutata la fede nel Signore Gesù. Il quale dopo tutto, secondo un'opinione sempre più crescente di studiosi pure cattolici, non intendeva fondare una chiesa a schema squadrismo, ma una comunità di credenti, di testimoni, liberi e innamorati del suo messaggio.  Solo questa "libertà", come risulta pure dalla lettera dì Paolo ai Galati, sarà in futuro l'unico segreto della continuità e della credibilità della nostra chiesa.

Autore:
Albino Michelin
01.02.2001

PADRE PIO DI PIETRALCINA E LE DONNE

L'idea per un articolo su questo argomento cominciò a giustificarsi ancora qualche anno fa allorché si fece sempre più insistente l'ipotesi di una beatificazione di Padre Pio e nelle librerie cattoliche cominciarono a circolare pubblicazioni, studi, saggi, aneddoti sul nostro frate cappuccino. Un libro soprattutto, esposto in prima fila, attirava la curiosità dei clienti: quello di R. Allegri, biografo ufficiale del religioso, dal sottotitolo: "30 lettere inedite alla figlia spirituale prediletta". Il rapporto di questo mistico con le donne non è certo tabù per nessuno, anche se si preferisce presentarlo come il santo dei miracoli e della chiaroveggenza, anziché l'uomo tribolato da una natura alquanto infelice, spesso aggressivo, impaziente ai limiti della maleducazione, sentimentale sino ad equivoci “sentimentali” con le sue penitenti. Non devono turbare le nostre pie orecchie i deferimenti da parte di queste ultime verso le gerarchie vaticane. Un dossier di ben 200 pagine pervenne addirittura sul tavolo di Giovanni XXIII, dove si denunciava il frate che "due volte la settimana teneva rapporti sessuali con pie donne". Il buon Papa Roncalli per non passare da connivente inviò a Monterotondo un visitatore apostolico nella persona di Mons. Maccari, al quale Francesco Forgione (nome e cognome del religioso al secolo) confessò "anch'io Monsignore ho bisogno di una persona cara, un parente, un amico sincero con il quale passare qualche minuto in famiglia. Così mi sento debole, triste, solo. Non gliela faccio più!" Lungi da noi gettare discredito su questa figura, ritenuta uomo di Dio, ma lungi anche dal decorarlo a insensibile manichino e pupille lucenti stravolte al cielo. Ma, qui la domanda: è accettabile sul piano morale che un frate o una monaca, astretto dal voto di castità, si conceda delle amiche, e fra di loro se ne scelga una, eletta dal mazzo, quale insostituibile? Non è questa una doppia vita, già di dubbia moralità per le persone sposate e quindi tanto più conturbante per un celibe legato da sacro giuramento?
                                          L’amicizia con Cleonice Morcaldi
Il rapporto P. Pio (1877-1968) con Cleonice Morcaldi (1904-1987) sboccia nella chiesa del Convento di Monterotondo in occasione dei tanti riti devozionali, allorché il frate compie 37 anni e la ragazza 20. Un'amicizia molto profonda ed esclusiva che però si iscrive sulla linea di tante altre amicizie del genere, considerate storiche, fra i due sessi. Alcuni esempi clamorosi suscitarono discussioni, ma forse racchiudono anche degli insegnamenti. Saliamo da noi al tempo antico. La profonda amicizia di S. Paolo con la leggendaria Santa Tecla. San Gerolamo, grande biblista con Paola di Roma, una delle più importanti figure del monachesimo femminile del 300 d.C. Giovanni Crisostomo, patriarca di Costantinopoli con la greca Santa Olimpia, amicizia che suscitò invidie e ostilità da finire in tribunale. San Venanzio da Valdobbiadene (Treviso) con Santa Redegonda, regina di Francia (560 d.C.). S. Bonifacio, primo apostolo della Germania, con Santa Lioba. S. Francesco con Santa Chiara di Assisi. Il beato Raimondo da Capua con Santa Caterina da Siena. S. Giovanni della Croce con Santa Teresa d'Avila, che si permetteva di uscire dalla clausura contro gli ordini del Concilio di Trento. Meditavano sul libro della Bibbia “il Cantico dei Cantici” l’incontro dello sposo con la sposa. S. Francesco di Sales con Santa Francesca di Chantal (1610). In 22 anni si scambiarono più di 300 lettere, la media di una ogni tre settimane. San Gaspare Bertone, fondatore dei missionari stimmatini (1853) con Leopoldina Naudet. Queste alcune delle più note amicizie maschio-femmina fra santi e sante, fra beati e beate, tra frati e suore fino alla nostra in argomento. P. Pio e la Cleonice per anni si scambiarono lettere e bigliettini tramite un certo Petruccio, che, perché cieco, aveva libero accesso in convento. Subito dopo la morte del cappuccino Cleonice, chiamata "mia piccina carissima" ebbe il coraggio di inviare tutta la corrispondenza all'autorità religiosa superiore per dimostrare che si trattava soltanto di una grande amicizia pulita e in Dio, e che il Padre (da lei chiamato babbino mio) era un santo. Certo una donna che si comporta così da farsi un Karakiri o è una grande ingenua e tonta, oppure ci pone di fronte ad una eccezionale lealtà e coraggio. Nel qual caso il giudizio è determinante per un'assoluzione d'immoralità. Oggi noi diremmo trattarsi di un'amicizia spirituale o platonica, cioè per usare il linguaggio del Grande Fratello, di amore senza sesso.
Dalle 30 lettere inedite e pubblicate dal biografo ufficiale stralciamo a caso qualche espressione. "Senti piccina, il babbo tuo arde dal desiderio di vederti. Se riuscirai ad ottenere la chiave da Nina e venire qui inosservata da questi serpenti di quassù alle 12 meno 10 precise, stai pur certa che nessuno si accorgerà. Riprovo l'agire cafonesco e la cattiveria umana di chi in apparenza ci ha fisicamente separati, ma che però ci ha stretti di più con rinnovati vincoli spirituali". Lei: "Se Gesù vorrà mi darai tu il tuo volto?". P. Pio: "se vorrà sì, posso negarlo a te?". Lei: "sono vanitosa, è male d'estate andare dalla mia vicina di casa senza calze, solo con la vestaglia fino alle ginocchia? Lui: "fai male, non te lo permetto ... vedo che cambi vestito ... ". Lei: "che volevi da me quella notte che mi sei venuto sotto forma di lingue di fuoco?". P. Pio: "volevo quello che poi mi hai dato". Lei: "sei proprio un giglio". P. Pio: "e tu una rosa". Letti così sembrano i versetti di due fidanzatini ardentemente innamorati…e per una quarantina d’anni. Verso la fine della vita la devota Cleonice onde depistare l'identità chiamava P. Pio Rachelina ed essa si firmava Davide.
                                                 La gelosia delle figlie spirituali
Ovvio che lo stuolo delle figlie spirituali mosse dall'invidia e dalla gelosia arrivassero a reclamare sino alla cattedra di Pietro, cioè Papa Giovanni. E siamo alla domanda di prima: "ecco la vita dei votati alla castità. Si va sul viscido, sul torbido, sulla doppia vita ... ". Difficile qui dare una risposta convincente. Si dovrebbe comunque premettere una constatazione: oggi la società dei consumi ha corrotto un po' tutto, ha cancellato la gamma dei sentimenti, appiattendoli tutti verso una sola valenza: il sesso. Così ci viene propinato il significato di amore attraverso TV, cinema, rotocalchi, opinione corrente. Amore significa: fare sesso. Punto e basta. Che la parola "amore" possa anche significare tenerezza, compassione, compartecipazione, responsabilità, solidarietà, neanche per idea. Che l'amore, all'origine identico in tutti gli esseri umani, possa investire diversi oggetti, divenendo o egoista, o altruista, o fraterno, o materno, o per il prossimo, o per Dio, non passa "manco pa a capa". Indubbiamente Freud all'inizio del secolo ha avuto una grande intuizione definendo fondamentale per l'uomo l'istinto sessuale. Ma fu eccessivo ridurlo solo a questo fino al punto che la stessa religione e mistica altro non sarebbero che istinto sessuale camuffato. Sembra invece, a detta degli stessi suoi scolari e recenti psicologi tipo E. Fromm, che il sentimento fondamentale dell'uomo sia il bisogno di liberarsi dall'angoscia e dalla solitudine. La maggioranza dei mortali risponde a tale bisogno con la famiglia, con l'amore eterosessuale, altri con gli affari, altri con l'arte, altri con la religione, altri con l'amore verso Dio, attraverso il quale sublimare anche il rapporto per l'altro sesso. Probabile quindi che le amicizie uomo-donna dei santi, dei religiosi, dei celibi, dei bonzi, degli sciamani, di P. Pio con Cleonice ecc. possano entrare in questa dimensione, invero un po' lontana dal nostro sentire di comuni mortali.

Autore:
Albino Michelin
25.01.2001

giovedì 19 novembre 2015

ABOLITO DIO DALLA COSTITUZIONE EUROPEA

Da qualche parte oggi si afferma che il Cristianesimo sia in ripresa. Però ad un attento esame della situazione il giudizio sembra per lo meno affrettato, soprattutto se ci si lascia abbagliare dal recente resoconto giubilare: 28 milioni di presenze a Roma fra pellegrini e turisti del sacro nel 2000. Indubbiamente si costata oggi un grande bisogno di spiritualità ma diminuisce l'interesse per le religioni e soprattutto per le chiese. Un giudizio che vale in modo indissolubile per l'Europa, la quale sta incamminandosi verso una tranquilla apostasia. Da tempo il tessuto cristiano europeo soffre di rarefazione e sta sfilacciandosi. Sintomo e specchio dei tempi di questa crisi è rappresentato dalla carta dei diritti d'Europa, compilata nelle recente assemblea di Nizza dello scorso dicembre 2000, dove si è evitato accuratamente di inserirvi il nome di Dio. Stiamo parlando del nostro continente, perché ad esempio un discorso diverso andrebbe fatto per la Russia dove alla fine dello stesso mese Il presidente Putin ha introdotto un nuovo Inno nazionale al posto di quello comunista risalente a Lenin. Esso canta: “Russia nostra, santa patria, unica al mondo, protetta da Dio.” Ma In Europa se qualche inno nazionale ancora esiste, con l'appello alla divina presenza, esso conserva solo il sapore di un cimelio e di un pezzo d'antiquariato. Si pensi all'Italia che "schiava di Roma iddio la creò". Oggigiorno una tale schiavitù sarebbe poco gratificante anche perché rievoca fantasmi viscerali, tipo "Roma ladrona, la Lega non perdona”. Ma come mai si è giunti a tale abolizione? Dopo due millenni di teologia (già Platone 4 secoli prima di Cristo faceva discorsi su Dio) e di civiltà cristiana sparisce un vocabolo storico. L'antica Grecia non se lo sarebbe mai sognato, essa che aveva eretto nell'acropoli di Atene la statua al Dio ignoto. Se pensiamo che non solo noi italiani ma gran parte degli europei discendiamo da una cultura romana cosi diplomatica ed accogliente verso i popoli vinti che esigeva da loro soltanto balzelli fiscali, ma li rispettava e li lasciava ciascuno con il suo dio. Anzi nel Pantheon di Roma esponeva alla pubblica venerazione gli dei più esotici conosciuti in tutte le contrade dell'impero. Nonostante ciò, nel dicembre 2000 l'Europa Unita depenna Dio dalla carta dei diritti. Qualcuno scrisse che grazie a Dio non c'è più Dio nella Costituzione europea. La nuova regolamentazione garantisce tutte le religioni perché non ne professa nessuna. Gli estensori spiegano la decisione sostenendo che non ci deve essere più un Dio europeo contrapposto al Dio degli arabi nel Maghreb, al Dio d'Israele che sta in Gerusalemme, al Dio dei buddisti che sta in Asia, al Dio di Confucio che sta in Cina. Colpo duro anche per l'anziano Papa Wojtyla che giustamente voleva chiudere con maggior soddisfazione il suo ultimo anno santo. Lamentò: "non posso non tacere la mia delusione per il fatto che non sia stato inserito nel testo della Carta d'Europa neppure un riferimento a Dio, nel quale sta la fonte della dignità della persona e dei suoi diritti fondamentali”. Nobile intendimento senz'altro, ma forse al momento soprattutto da parte dei cristiani si dovrà accettare il silenzio di Dio e su Dio, causa le troppe manipolazioni del suo nome per i nostri interessi di parte e di bottega. La storia del mondo e quella d'Europa in particolare è piena di eccidi e di genocidi commessi in nome di Dio, dal sacrificio di Abramo chiamato a sgozzare il proprio figlio sino alle attuali guerre arabo-israeliane. Dalla strage degli Ugonotti sino alla odierna ferocia anticristiana delle Molucche. È perciò probabile che se non avesse messo Dio nelle varie costituzioni e armamenti militari l'umanità avrebbe fatto qualche guerra in meno. In effetti non vi era nessun motivo che Papa Urbano Il il 27.11.1095 convocasse le crociate contro i musulmani della terra santa al grido "Dio lo vuole!" E fatti Ie crociate senza invocare Il nome di Dio. Né che i sistemi totalitari come il nazismo di Hitler allevato in un collegio cattolico della Baviera, giustificassero lager e olocausti sullo spot “Dio è con noi”. Non si riesce a trovare un motivo di legittimazione al giuramento che il fascismo di Benito Mussolini imponeva a noi bambini prima della scuola: "in nome di Dio e dell'Italia eseguire gli ordini del Duce ... ". E non ci bastava di giurare in nome della Patria? Né miglior sostegno può godere la preghiera degli alpini che ancora oggi viene letta nelle chiese italiane cacciando nei guai la Madonna stessa. "E tu, Madre di Dio, benedici i nostri battaglioni!". Ma per sparare contro chi? La stessa Bibbia nel Vecchio Testamento quando parla di Dio può indurre in confusione il lettore frettoloso, specie colui che non riesce a distinguere fra il Dio quale proiezione dell'uomo, dei suoi istinti, della sua volontà di sopraffazione e il Dio recepito come garante dei diritti di tutti, specie del povero e dello schiavo, cosi come si riscontra in parecchie intuizioni profetiche. Nel primo caso abbiamo quindi un Dio belligerante che si schiera (o meglio viene fatto schierare) dalla parte del popolo eletto, annienta tutti coloro che non vi appartengono, ne stermina i figli sino alla terza e alla quarta generazione. Brani terrorizzanti di un Dio vendicativo e senza pietà. In altri passi invece, nei quali l'uomo riesce a far tacere la sua sete di dominio per lasciarsi condurre da una retta coscienza, come si può notare nelle visione di Mosè sul roveto ardente, Dio viene definito: "lo sono colui che sono, colui che è per ... ". Cioè un Dio uguale per me, per te, per tutti, che si rivela ad ogni popolo amando ciascuno allo stesso modo. È nella linea di questa intuizione che noi incontriamo la proibizione di nominare il nome dì Dio, di farsi di Dio immagini e sculture. Pronunciare il nome di Dio significa limitarlo, ingessarlo, annullarlo. Per questo lo si trascriveva con tre consonati JHW, pronunciabile solo attraverso un rumore gutturale e come un soffio di vento. Veniva sostituito con l'appellativo generico di Adonai=Signore. Più tardi vi si inserirono le vocali a-e (Jahwe), o si italianizzarono con Geova. Infine Gesù definì l'identità universale di Dio chiamandolo Abba, Padre, e insegnandoci a pregare "Padre nostro". Ma la storia degli uomini, cristiani compresi, iscrisse Dio troppo spesso nel proprio partito, dandogli la propria tessera, in funzione distruttiva degli altri partiti e religioni. Così troppi si crearono un Dio contro l'altro, e quando nella storia lo si invocava o compaiono sulla scena gli dei, la catastrofe universale è garantita. Non per nulla Dietrich Bonhoffer, il prete protestante ucciso nelle camere a gas nel 1944 dai nazisti perché si pronunciò in difesa degli ebrei scrisse: "qui Dio non esiste ". Aveva ragione, ma ritorna la domanda: "Quale Dio? Tanti anni fa dall'America, tramite lo studioso Cox, arrivò in Europa la Teologia della morte di Dio. Indubbiamente dopo tanta overdose di questo nome una reazione ci poteva arrivare. La sua abolizione dalla carta europea ne è una conferma. Fino al punto che oggi molta gente si chiede se è stato Dio a creare l'uomo, oppure se non sia stato l'uomo a creare Dio a sua Immagine e somiglianza.

Autore:
Albino Michelin
18.01.2001

LETTERA APERTA AL CARDINALE TONINI

Gentile monsignore, Lei è conosciuto ed apprezzato per la Sua chiarezza espositiva, per la Sua vitalità, per il suo entusiasmo della verità.  Condivisibile il Suo impegno per la famiglia e per l'Indissolubilità del matrimonio nei dibattiti televisivi e sulla stampa, anche se la compresenza di qualche credente laico sposato o divorziato non nuocerebbe alla completezza dell'argomento. Però un po' meno disposto a condividere il tono e le argomentazioni che Le fanno da supporto. Permetta quindi qualche domanda allo scopo di dare più luce alla verità, di evitare mezze verità, e di rendere più informate molte coppie credenti, impigliate in questo tipo di difficoltà. Premetto che non sono un difensore del divorzio cattolico e tanto meno fautore del divorzio facile.  Certo a debita distanza e con un po’di spirito critico. Fra migliaia di casi, inaccettabili all'umana dignità, ne cito solo tre. Nel luglio del '99 Peppino Lapenna, parroco della chiesa di S. Angelo di Andria (Bari) caccia fuori dal torpedone della gita parrocchiale certo Alberto Tessero e la compagna perché ex sposati e conviventi. Fine giugno 2000 Domenico Di Naro, parroco della Chiesa S. Diego di Canicattì (AG) nega i funerali religiosi a Giovanna Ravenna, quarantenne deceduta per incidente stradale, madre di due figli, perché divorziata e risposata con rito civile. Il 23 aprile 2000 giorno di Pasqua, Claudio Menichetti, parroco di Benano Orvieto rifiuta la comunione ad una vedova di 68 anni perché divorziata e convivente. Rifiuto consumato in una chiesa affollata, in maniera plateale, davanti a tutti, senza clemenza. Lei Monsignore, in un'intervista al Corriere della Sera del 26 aprile e poco più tardi alla TV "Porta a Porta" dichiarò: "Don Claudio ha fatto soltanto il suo dovere. Il Matrimonio è un sacramento fondamentale della vita cristiana. E' scritto nel Vangelo e non spetta alla chiesa cambiare le regole. E' doloroso, ma io avrei fatto lo stesso". Francamente mi disturba questo linguaggio da carità pelosa e allora attraverso i documenti della chiesa facciamo pure un cammino verso Gesù Cristo. L'esortazione papale "Familiaris consortio" dell'82 ribadisce la prassi costante e universale della Chiesa di rifiutare la comunione ai divorziati. Non Le sembra, Monsignore, che vi siano state tante altre prassi distanti e universali, come la pena di morte, (vedi Catechismo nr. 66), praticamente oggi ridiscusse o smentite? Non affermo, Le chiedo.
Il codice di Diritto ecclesiastico, uscito nell'83, al nr. 915 vieta la comunione ai divorziati e a chi costantemente persevera in peccato grave manifesto. Aggiungo la lettera della Congregazione della Fede (14.9.94) che rincara la dose: divorziati risposati non possono accedere alla comunione, neppure se si sentissero autorizzati dalla propria coscienza. Indubbiamente sono documenti rispettabili e in via di principio da seguire. Però mi permetta di dirle che non potrebbero e non dovrebbero alterare le decisioni del Concilio Vaticano II (1965), espressione non tanto di una Congregazione Vaticana ma nella chiesa universale. E in quei documenti base si dice pure che "ognuno deve farsi giudicare dalla sua coscienza" (Laici IX,5) ed "ognuno è tenuto ad obbedire solo alla propria coscienza" (libertà Religiosa XV,1b). Lungi da ognuno la giustificazione al relativismo morale, però come vede la contrapposizione apparente o reale che sia? Indubbiamente Lei fa bene a ripeterci che "la Chiesa ha stabilito, la Chiesa ha deciso, la Chiesa ha definito" perché una comunità di riferimento è pure necessaria. Nessun uomo è un'isola, però non va dimenticato che la chiesa siamo anche noi, il sano, il cieco, lo storpio. Ognuno va a Dio come può, chi correndo, chi zoppicando. Voglio dire perché lei nei media non cita mai documenti del Concilio, l'importanza anche della propria coscienza in merito, ma ci rinvia sempre e solo all'Autorità della Chiesa e al Times, tipo di giornale inglese? Nell'ultima Dichiarazione ufficiale Vaticana del 6.7.200 si ritorna alle proibizioni citando Paolo (1a Cor. 11,27): "Ognuno esamini se stesso perché chiunque mangia e beve indegnamente del Corpo del Signore  mangia e beve la propria condanna.” Intanto sembra riduttivo riferire questo interdetto ai divorziati, o soltanto a loro. Come se mafiosi, furbi, bugiardi, egoisti, ecc. potessero circolare a fronte alta e santa comunione ai primi banchi della chiesa madre. Ma non Le pare che qui l'Apostolo metta anzitutto in risalto l'invito "Ognuno esamini se stesso ... "? E che cos'è tutto ciò se non dare la priorità alla propria coscienza?
                                                      Pure i divorziati hanno una coscienza
 Collegato a questo discorso vi sta una conclusione contraddittoria. Cioè i divorziati sarebbero, come tutti, obbligati ai doveri religiosi, Messa festiva in primis, però col divieto di ricevere la comunione. A suo tempo nei banchi della scuola Lei avrà insegnato che la Messa è la cena del Signore, non una privata devozioncella alla santa dei miracoli o al patrono. E' la frazione del pane distribuito a tutti i presenti, come la intendeva Gesù, e come praticato nei primi secoli, esperienza oggi persa un po' per strada. Non si può invitare a pranzo una persona e lasciarla senza mangiare. Sarebbe umiliazione di fronte a tutti, discriminazione, carognata. Ebbene, che risponderebbe Lei al mio posto, Monsignor Tonini, a tutte quelle coppie di divorziati che dichiarano la loro decisione di non frequentare più la messa, dal momento che la chiesa vieta loro il pane del Sacro banchetto? Che è un atto dì coerenza. Ma dobbiamo continuare così stante il 30- 40 % di divorziati, molti dei quali attivi e impegnati nella comunità cristiana? Non le sembrano atteggiamenti di vendetta e di rancore queste assoluzioni per tutti eccetto che per i divorziati? Sempre per restare a Paolo (I Cors. 7.13): si sa che egli di sua iniziativa (privilegio paolino) si permetteva di consigliare la separazione della coppia quando l'uno dei due non credente (oggi si direbbe laico) si rifiutava di convivere. Che rispondere a molti studiosi e interpreti della Bibbia che basandosi anche sul precedente versetto 9 dello stesso capitolo (è meglio sposarsi che bruciare) ritengono che qui si tratti non solo di separazione ma anche di una concessione alle seconde nozze cristiane?
Dalla Chiesa e dalla Bibbia arriviamo a Gesù, fondamento di tutto. Matteo ci presenta un Gesù che ammette delle eccezioni per il divorzio. Lo si consulti al capo 5,32 e al capo 19,9 "Chiunque ripudia la propria moglie (o viceversa) e ne sposa un'altra commette adulterio a meno non si tratti di 'torneai'. Cito il vocabolo originale greco perché i biblisti non sanno come tradurselo. La maggioranza degli interpreti cattolici, protestanti, ortodossi, riferiscono dì "concubinato, fornicazione, prostituzione, consanguineità, incesto". Fino ai significati simbolici come "idolatria e infedeltà". In effetti anche il profeta Osea (6, 10) quando parlava di porneia da parte del suo popolo intendeva "cessata rapporto-base morale con Dio". Oggi si potrebbe tradurre: "la scomparsa di valori morali in un matrimonio costituirebbe secondo Gesù una eccezione per le seconde nozze"? Monsignore, è una domanda bruciante. Il fatto è che mentre il Gesù di Marco, Luca, Giovanni non accenna a questa possibilità, quello di Matteo sì e attenua il radicalismo. Ammette chiaramente delle eccezioni, senza inviarci agli esami della S. Rota, impiegata in questa materia solo dal 1908.
                               L’indissolubilità è un progetto di coppia non una norma giuridica.
Lei mi dirà di parlare sottovoce, perché se la chiesa apre una porta la gente apre un portone. Ma questo è un altro discorso: la gente ha il diritto di conoscere la parola del suo Signore e non vedersela occultata. Poi sarà essa stessa a decidere per una sequela in base all'amore. Diversamente si creano degli ipocriti o dei condannati a morte. Considerando i cristiani ortodossi che ritengono sacramento solo il secondo matrimonio e considerando il fatto che oggi fra i nostri giovani il consenso matrimoniale è minato alla base da una società attraversata da logiche divorziste e provvisorie, perché non proporre alla chiesa un matrimonio cristiano in due tempi? Il primo momento concernente l'accoglienza della coppia nella comunità, se si vuole anche con marcia nuziale e confetti, poi un secondo momento (pure a distanza di anni) concernente l'impegno a convivere in modo indissolubile cioè il Sacramento? D'altronde le forme di matrimonio sono variate lungo i secoli: fino al 1200 la chiesa riteneva valido matrimonio quello stipulato secondo le usanze locali senza prete, poi ci è arrivata la definizione di sacramento con l'obbligo e alla presenza del prete solo nel 1570. Monsignor Tonini, terminate le maratone giubilari prenda un po' di respiro, riassettiamo le idee, si adoperi per organizzare un convegno mondiale di tutti gli studiosi della Bibbia e di qualsiasi estrazione religiosa con un bel tema: "La posizione di Gesù sul divorzio, ieri e oggi" in modo da approfondire le eccezioni da lui ammesse in materia.  Non si continui a mantenere separati gli studiosi per bacchettarli più facilmente riducendoli al silenzio. Si permetta un approfondimento ed un confronto universale (= cattolico) e la chiesa magistero ne prenda atto. Lei mi scuserà se un Suo scolaro di un tempo si è permesso tanto per dar voce alla moltitudine di coloro che la pensano allo stesso modo, ma non hanno il coraggio di prendersi il diritto alla parola.

Autore:
Albino Michelin
07.12.2000

IL CONTRO GIUBILEO DEGLI OPPRESSI

Mentre a Roma stanno volgendo al termine le manifestazioni giubilari 2000 con giornate riservate ai giovani, agli anziani, agli sportivi, ai malati, ai medici, agli emigrati, ai nomadi, ai marittimi, agli agricoltori, ai vescovi, e persino ai  militari con una coda ormai ripetitiva e noiosa e con una overdose di sacro turismo che arrischia di provocare sintomi di saturazione e di rigetto non deve passare inosservato un giubileo originale, quello organizzato dai missionari  Comboniani di Verona. Per nulla supportato dai battage pubblicitari, dai vari perepepé mediatici e satellitari ha convocato nel fine settimana 9-10 settembre 2000 il popolo dei volontari laici e religiosi direttamente o in forma mediata impegnati in Africa e nel terzo mondo a contatto con i poveri e con i candidati alla morte per fame o per sfruttamento. Per questo chiamato giubileo degli oppressi. Iniziato sotto forma di marcia itinerante da Molfetta-Bari, città del defunto vescovo Tonino Bello, apostolo degli emarginati, attraverso tutta Italia, toccando le città di Napoli, Bologna, Padova, Milano, terminò a Verona, cioè lontano dal Vaticano e per questo definitosi controgiubileo. In realtà invece e per le motivazioni e per le finalità e per le modalità di svolgimento è probabilmente risultata una delle poche vere manifestazioni giubilari, nel senso che ha voluto proporre una spiritualità che affonda le sue radici all’origine dell’evento, cioè nella tradizione biblica, ebraica, cristiana. Un spiritualità che sta dalla parte degli esclusi perché il nostro Dio non è quello del faraone, dell’impero romano, dei cesari o dei vari Clinton di turno, ma il Dio degli schiavi e dei crocefissi che attendono pari dignità ed uguaglianza sociale. Dalle 3 alle 5 mila persone hanno voluto dare un forte e diverso segnale al giubileo romano ridotto, stringi stringi, ad una affare e ad un mero spettacolo. Anima di questa iniziativa è stato Alex Zanotelli, da 13 anni missionario nelle baraccopoli di Nairobi-Kenia, là speditovi per castigo nel 1987 dal nostro Governo e dal Vaticano congiuntamente per avere contestato la vendita di armi da parte dell’Italia verso i paesi del terzo mondo. Al giubileo di Verona non si sono celebrati né santi né beati, né applauditi personaggi eminenti. Vi hanno partecipato rappresentanze significative come il Centro nuovo modello di sviluppo, l’Osservatorio delle globalizzazioni, la Commissione pastorale brasiliana della terra, nonché Beppe Grillo che nei momenti di pausa con battute graffianti e satira intelligente non ha risparmiato nessuno. Tema centrale dell’incontro era la denuncia del sistema economico mondiale, causa della miseria del terzo mondo e la denuncia di una chiesa che ha rinunciato a stare insieme al suo Dio dalla parte degli oppressi, di una chiesa che legge il Vangelo come se non avesse soldi, accumula e spende denaro come se non conoscesse il vangelo. Di una chiesa che nell’indire il giubileo 2000 ha riproposto i soliti simboli della porta santa, del pellegrinaggio, delle indulgenze, mentre la cancellazione del debito e la liberazione degli schiavi sono tornati nel fumoso campo della carità. Di una chiesa, calca la mano Zanotelli, che rifiuta la comunione alla donna che prende i contraccettivi ma che la elargisce a piene mani al cattolicone che accarezza i suoi miliardi nel conto bancario. Il tema della denuncia si articolava quindi in alcuni punti molto pratici.
1) Resistere all’impero del denaro e del mercato consumando solo lo stretto necessario nel mangiare, vestire, viaggiare. Preferire ed usare i prodotti del commercio equo e solidale.
2) Consumare in modo critico rifiutando la complicità con ogni sfruttamento dell’uomo, della donna, del bambino.
3) Guadagnare il proprio denaro onestamente rifuggendo da ogni speculazione finanziaria.
4) Investire saggiamente i propri risparmi impedendo che servano a produrre armi e strumenti distruttivi dell’umanità.
5) Promuovere la pace gridando contro il delitto continuato delle guerre volutamente dimenticate dalle agenzie d’informazione, manipolate dai grandi delle nazioni. Come le guerre del Congo, Ruanda, Burundi, Somalia, Colombia e tante altre.
6) Lottare contro una politica che rende i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, ricordando che il 20% del mondo vive e scialacqua a discapito dell’80% della popolazione mondiale.
7) Difendere la gente privata della loro terra come gli indios e i baraccati delle grandi città.
8) Esigere dai politici italiani un’azione internazionale alternativa ad una economia liberista, che risponda ai bisogni dei poveri del mondo e che non sia dettata da tatticismi, furbizie, baciamano alla chiesa giubilare per ottenere consensi elettorali.
Non medagliette indulgenziate quindi sono state distribuite ai convenuti per la circostanza ma a tutti una scheda con impressi gli 8 punti su elencati dal titolo: ”Ora tocca a noi”. Ci sarebbe ancora qualcuno che avrebbe il coraggio di definire controgiubileo quello di Verona del 9-10 settembre 2000?

Autore:
Albino Michelin
30.10.2000

SOLO LA CHIESA CATTOLICA È UNA CHIESA DOC?

Sconcerto nel mondo protestante e reazioni a catena in quello cattolico ha suscitato il documento "Dominus Jesus" (= Il Signore Gesù) pubblicato dalla Congregazione della Fede in data 5.9.2000 a firma del suo presidente Card. J. Ratzinger. Il titolo della dichiarazione sviluppato in 40 pagine si rifà ad una espressione di Paolo (la Cor. 12.3): "Nessuno può dire Gesù Signore se non sotto l'azione dello Spirito Santo". Nobile e legittima l'intenzione di porre in risalto la figura di Gesù, soltanto che ci viene ammannita con tale tono di baldanza da riportarci al linguaggio del Sillabo di Pio IX. In effetti ad ogni piè sospinto e ad ogni formulazione l'autore si preoccupa di ripeterci: "va fermamente creduto e da tutti professato". Vediamo di riassumere il testo in forma alquanto dialogica e colorita, allo scopo di risvegliare l'attenzione del lettore, dando la parola allo stesso Ratzinger. "Sentite Gente, in tutto questo supermarket delle religioni 2000, l'era della globalizzazione, in cui andate tutti deresponsabilizzandovi sostenendo che una religione vale l'altra, che tutte le religioni sono uguali, che il cattolicesimo è una religione complementare alle altre e che dalle altre attende completezza, che con la scusa del pluralismo e del sincretismo liquidate la nostra fede in un relativismo indifferenziato, mi sento in dovere di ricordarvi che Gesù è l'unico ed universale Salvatore del Mondo e che di  conseguenza la chiesa cattolica romana è l'unico ed universale strumento di salvezza (Nr. 16). Mi sento in obbligo quindi di istituire un nuovo segretariato vaticano ad hoc per il controllo delle troppo facili riconciliazioni. Mi rivolgo a voi per primi sedicenti cattolici buoni samaritani delle religioni orientali, che vorreste incarnare e svendere il nostro Gesù in quelle civiltà, a voi e vi cito per nome, T. Balasuriya, J. Dupuis, R.Pannikar, A. Periris, C. Molari, per nostro intervento estromessi dall'insegnamento nelle Università cattoliche. Il motivo si fonda sul fatto che andate divulgando l'espressione dell'evangelista Giovanni (1,9: Il Verbo illumina ogni persona che viene al mondo) e sostenete la possibilità di salvezza anche per i non battezzati al di fuori della Chiesa Cattolica. Peggio ancora, predicate la distinzione fra il Verbo di Dio e Gesù Cristo e che se il Verbo di Dio è perfetto, Gesù però era limitato al suo tempo e alla sua cultura, dunque in qualche modo incompleto. E quindi, proseguite, le religioni non cristiane possono esprimere meglio alcuni valori che nel Cristianesimo non vengono recepiti o sono stati sottaciuti. E concludete che se Dio salva i cristiani attraverso Gesù Cristo, i buddisti Dio li salva attraverso Budda, i Musulmani attraverso Maometto. No! Siete allo sbando: questi ultimi Dio li salva non attraverso, ma malgrado le loro religioni sbagliate, sempre e solo attraverso Gesù Cristo e la sua Chiesa. Anche se in forma inconscia, anonima, inespressa. E a voi, induisti e buddisti anche se siete religioni più antiche della nostra, annuncio questa desolante verità: voi non avete la fede teologale, a mala pena possedete qualche credenza, le vostre dottrine sono ricerche dettate dagli uomini. Se possedete qualche elemento positivo non è né di origine divina, né vostro. E' della chiesa cattolica perché riceve valore da quel Cristo che non conoscete e che solo noi possediamo (Nr.-8) e che vi dobbiamo predicare. Ma in sé e per sé voi siete in una situazione deficitaria. Il vino DOC (denominazione di origine controllata) ce l'abbiamo solo noi, voi ci avete tutt'al più vinello, succo di banana, o noce di cocco! E voi chiese protestanti, che vi travestite da riformate ed evangeliche, con tutto il vostro pulviscolo meteoritico di chiesuole, anglicani, battisti, quaccheri, mormoni, confraternite, sette, avventisti, pentecostali, e granaglia varia, ascoltate bene questa sentenza: voi non siete chiese, ma corpuscoli separati, il cui valore deriva dalla grazia di Dio affidata però alla chiesa cattolica. E voi, chiese cristiane ortodosse, che pure accettate la gerarchia e l'Eucarestia siete appena chiese particolari perché rifiutate Il primato del nostro Papa. E voi fanatici del Concilio Valicano II, che vi autoproclamaste fermento profetico non vogliate barare e fingere di dimenticare che l'unica vera religione di Cristo sussiste nella chiesa cattolica apostolica romana alla quale il Signore ha affidato il compito di diffondere fra tutti gli uomini (Nr. 23). A voi tutti, adepti delle quattro categorie su citate, va detto In modo crudele e impietoso che altro non resta se non la conversione alla nostra chiesa, fuori della quale esiste il rischio oggettivo di perdizione eterna. E sia chiaro che se noi proclamiamo di possedere la verità non si tratta né di enfasi né di arroganza: è solo riconoscimento della realtà". Questa in sintesi, versione un po' personalizzata ma rispettosa della sostanza, la dichiarazione del Cardinal Ratzinger.
                                                La chiesa cattolica non si identifica con Gesù Cristo
Insomma qui vi traspare una verità in eterno sigillata ed ingessata. Sarà frutto delle troppe abbondanti libagioni (di folle) giubilari del 2000 romano, ma di fatto questo documento distrugge tutti i fiori del giardino non cattolico perché resti sovrano e solitario il fiore della chiesa cattolica. Un romanismo o romano centrismo in odore di totalitarismo. Anzitutto una legittima precisazione. Per eccessivo zelo evitiamo di voler provare troppo. Sia chiaro che Gesù Cristo non si identifica con la chiesa cattolica, e nemmeno il Regno di Dio si identifica con quest'ultima. Gesù è molto più grande e profondo della chiesa cattolica. Questa è, "discepola del Signore Gesù", comunità di fede nelle sue mani per trasformare il mondo in Regno di Dio. Altrimenti come si potrebbero spiegare le infedeltà storiche di questa chiesa? Ed il fatto che Gesù chiamò Pietro "Roccia" sì, ma anche "Satana"? Una seconda precisazione. È vero che il Concilio Vaticano II, assise universale i cui pronunciamenti superano di gran lunga quelli di un singolo cardinale, dichiarò che la "Chiesa di Gesù sussiste nella chiesa cattolica" (Lumen Gentium Bb). Però non dichiarò che essa si identifica con questa o sussiste "soltanto" in essa. L'affermazione non esclude che la Chiesa di Gesù possa sussistere anche in altre comunità cristiane diverse dalla cattolica romana. Purtroppo questo riduzionismo è operazione indebita.
Le reazioni? Tralasciamo quelle scontate da parte protestante che considera questo documento sterminatore di ecumenismo, inopportuno nell'anno della riconciliazione in quanto va a rivangare vecchi contenziosi, riaprendo ferite che da 25 anni pareva dovessero lentamente rimarginarsi. Di passaggio ci può interessare il pronunciamento pubblicato dal Sinodo dello Chiesa ortodossa in data 13.8.2000 attraverso il suo Patriarca Alessio II: "La chiesa ortodossa è la vera chiesa di Cristo: una, santa cattolica, apostolica". La nostra e la loro due chiese di Gesù: due posizioni inconciliabili. Come uscirne da questi fondamentalismi? Ma restiamo in casa nostra. Il Cardinal Cassidy, presidente del Consiglio per l'Unità dei cristiani, in un convegno a Lisbona del 26 settembre definì
                                    Il documento di Ratzinger inopportuno nel tempo e nel linguaggio.
 C'è di più Il Cardinale Martini, arcivescovo di Milano, intervenendo nel merito sottolineò: la "salvezza è possibile a tutti e al di fuori di qualsiasi chiesa se ciascuno segue la grazia di Dio, la coscienza, la morale, lo Spirito Santo". Sempre in casa nostra si parla di aperta contraddizione fra certi gesti e affermazioni del Papa da una parte e la Dichiarazione Ratzinger dall'altra. Si sa che il Pontefice nella sua visita alla sinagoga di Roma chiamò gli Ebrei "fratelli maggiori". Ed ancora che il 5.6.91 nella cattedrale ortodossa della polacca Bialystok affermò: "Oggi comprendiamo ancora di più che le nostre sono chiese sorelle": uno ma non unico fra gli innumerevoli florilegi papali in materia. Come mai invece Ratzinger definisce "Madre" solo la chiesa cattolica, negando alle altre chiese fratellanza e sonorità con essa? Le altre non vengono da lui chiamate "sorelle", ma con un tono cui meglio competerebbe l'appellativo di figliastre, sorellastre, bastardine, ecc.
Ma chi ha firmato questo documento? E' noto che l'enciclica "Ut unum sint" (= Affinché siano una cosa sola) del 25.5.95 che tratta il nostro tema con grande apertura è stato firmato dal Papa e di suo pugno. L'opuscolo di Ratzinger no. Ma la sollevazione popolare seguì con tale clamore che il Pontefice stesso la domenica 1.10.2000 in piena Piazza S. Pietro si sentì in obbligo di ritornare sull'argomento affermando che la Dichiarazione Ratzinger era stata da lui "approvata in forma speciale". Ma perché non la firmò? Perché una così tardiva toppa sullo sbrego? Non si è dato al mondo dei credenti l'impressione che Ratzinger smentì il Papa con l'approvazione del papa? Come impedire il sentore che all'interno del Vaticano non vi sia un perfetto gioco di squadra, con troppi solisti e che quindi parecchie cose sfuggano di mano all'attuale suo allenatore? O che si traccino le scadenze per disegnare la figura del successore? Come evitare queste impressioni? Nel Forum (Nr. 20 dell'8.10.00), quindicinale cattolico della diocesi di Zurigo­Coira, l'articolista di fondo considera questo documento frutto di paura, di egocentrismo, di poca fede e quindi inattuabile nella prassi. L'indicazione fornita dalla Conferenza episcopale svizzera pubblicata sullo stesso Forum dice ripete anche se in tono un po’ più soft: "La dichiarazione di Ratzinger va intesa come strumento di lavoro, i Vescovi elvetici intendono proseguire il dialogo con le altre confessioni religiose. E' un dribbling intelligente di fronte ad un ostacolo a prima vista apparso insormontabile. Per tutti coloro che vivono in una società multietnica e multireligiosa è l'unica soluzione auspicabile.

Autore:
Albino Michelin
23.11.2000

PRECEDENZA ALLA CHIESA O ALLA COSCIENZA?

È una domanda che la gente si fa sempre più frequente però in contrapposizione è posta male. Nel senso che da una parte è la Chiesa (cattolica o di altra confessione) a formare la coscienza dei credenti, dall'altra sono i credenti con il loro senso e intuizione di fede a fare la chiesa. Sta di fatto che noi cattolici italiani siamo abituati in genere per cultura e per pigrizia a delegare sempre e tutto alla chiesa gerarchica, per cui si parla più di obbedienza che non di coscienza. I protestanti invece accentuano maggiormente il ruolo della coscienza individuale. Vi è però un settore morale in cui anche i nostri cattolici cominciano a reagire ed alzare la testa ed è quello del divorzio, del secondo matrimonio e della relativa proibizione da parte o della chiesa romana a ricevere la comunione.
Un esempio emblematico in merito va citato e datato sabato 9 luglio del 99 in occasione della visita pastorale del Vescovo di Zurigo Peter Henrici in visita pastorale nella parrocchia e missione di Affoltern a.A. Per l'occasione si sa i vescovi Italiani si concedono un po' troppo ad impartire benedizioni e sorrisi e troppo poco concedono al dialogo con la comunità. Fortunatamente qui invece il rapporto comunicativo con la gente della parrocchia è prioritario ai festevoli convenevoli. E fu durante l'assembla ufficiale che un connazionale assai concitato prese la parola dicendo: "io sono credente, praticante attivo nella parrocchia Svizzera e nella Missione, sono separato e risposato. Le chiedo, perché la chiesa di Roma mi proibisce la comunione? C’è perdono per tutti, assassini, per i delinquenti, per i furfanti di ogni genere. Per i divorziati no. Questa è una vendetta, Gesù non si sarebbe comportato così. Il Vescovo Henrici con serafica calma spiegò ovviamente l’importanza della coscienza. Per cui se uno, non tanto per dispetto, per esibizionismo o per auto giustificazione ma per convinzione personale sente il bisogno di fare la comunione ed avere un rapporto più profondo con Dio, costui segua la sua coscienza. Da qui si evince che un rapporto chiesa-coscienza in genere andrebbe considerato più attentamente. Per cui dal Volume contenente i documenti del Concilio Vaticano II(1962-65), composto da tre Costituzioni dogmatiche, nove decreti, tre dichiarazioni vale la pena stralciare i più importanti:
                                                             Dignità della coscienza umana
(Dalla Costituzione  "Chiesa e mondo Contemporaneo-Gaudium et Spes 7.12.65)
"Nell'intimo della coscienza l'uomo scopre una legge alla quale deve obbedire. Obbedire ad essa è la dignità stessa dell'uomo e secondo questa egli sarà giudicato (IV, 16). Questo vangelo onora come sacra la dignità della coscienza e la sua libera decisione” (Nr. 41b).
                                                             Sacrario dove l’uomo incontra Dio
"La coscienza, è lo spazio più segreto dell'uomo dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell'Intimità propria. Tuttavia succede non di rado che la coscienza sia erronea per ignoranza invincibile senza che per questo essa perda la sua dignità “(Nr. 16bn).
                                                           Porta a conoscenza la legge divina
Dalla Dichiarazione "Libertà Religiosa Dignitatis Humanae 7.12.65: Gli imperativi della legge divina l'uomo li riconosce attraverso la sua coscienza che è tenuto a seguire fedelmente per raggiungere Dio. Non si deve impedirgli quindi o costringerlo ad agire contro la sua coscienza e neppure impedirgli di agire in conformità ad essa soprattutto in campo religioso.”
                                                    Ognuno deve farsi giudicare dalla sua coscienza
(Dal Decreto "Apostolato dei laici-Apostolicam Actuositatem 18.11.65).
"Nell'uomo e nell'altro ordine il laico, simultaneamente fedele e cittadino, deve continuamente farsi giudicare dalla sua unica coscienza cristiana (IX 5). Nel diffondere la fede religiosa si deve evitare ogni modo di procedere cui vi siano spinte coercitive o sollecitazioni disoneste. In tal modo va considerato abuso del proprio diritto e lesione del diritto altrui" (XV,4d).
                                            Ognuno è tenuto ad obbedire solo alla propria coscienza 
"Nello stesso tempo gli apostoli avevano riguardo per i deboli sebbene fossero nell'errore, mostrando in tal modo come ognuno di noi renderà conto a Dio (Paolo ai Romani 14, 12) e sia tenuto ad obbedire soltanto alla sua coscienza. (Dalla Dichiarazione sulla libertà religiosa, come sopra XV Nr.11 b).
                                                    Necessità di educare la propria coscienza
“Utilizzando gli enormi mezzi che oggi sono a disposizione del genere umano” (Dal Decreto Apostolato dei laici, come copra IX,31a). Per concludere, in riferimento al limitato argomento "Comunione ai divorziati" ci si può affidare in ultima analisi alla propria coscienza personale. E qui costituisce forte punto di riferimento anche l’affermazione di J.Ratzinger, prefetto della Congregazione della Fede: ”Al di sopra del Papa resta comunque la coscienza di ciascuno che deve essere obbedita prima di ogni altra cosa, se necessario anche contro le richieste dall’autorità ecclesiastica.” (Documenti Concilio 1967). Fuori discussione che di coscienze ce ne possono essere tante: a fisarmonica, manipolata, crassa, supina, erronea, nana, pecorona, ecc. ecc. Ma per quel tanto o poco che di rettitudine essa contiene diventa prioritaria anche alla voce della Chiesa. In effetti lo stesso codice di diritto ecclesiastico al suo ultimo comma 1752 termina cosi: "avendo presente che la salvezza delle anime deve essere sempre nella chiesa la legge suprema.” E salvezza, ben inteso non solo per il paradiso, ma anche salvezza quale serenità spirituale ed interiore vita natural durante.

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Albino Michelin
19.10.2000

MANIFESTAZIONI OMOSESSUALI ALLA ROMA DEL GIUBILEO 2000

Domenica 4 giugno 2000 a Roma si è assistito alla festa annuale della Repubblica Italiana (rinviata dal 2 giugno) con una grande parata dove si esibiscono tutte le forze militari della nostra Patria con carri armati ed armi sofisticate ed intelligenti, vendute oltre che al terzo mondo recentemente anche alla Russia per colpire a morte la Cecenia. Il tutto con la benedizione dei cappellani militari e competente vescovo nazionale Castrense.
Il sabato seguente 8 luglio, abbiamo assistito ad un'altra parata, la Gay Pride organizzata dagli omosessuali italiani. Sulla prima nessuna osservazione e tanto meno contestazione, sulla seconda una canea orchestrata soprattutto da una parte del cattolicesimo nostrano. È legittimo chiedersi quale delle due manifestazioni costituisca il male minore. L'orgoglio della potenza guerresca o l'orgoglio gay? Chi contribuisce a seminare l'odio o chi fa l'amore con lo stesso sesso? Perché tanto connivente silenzio sulla prima e tanto baccano sulla seconda? Una volta effettuata la Gay Pride merita un'attenta rivisitazione: qui interessano meno i fatterelli di cronaca, episodi dì folclore o il macchiettismo stravagante. Stemperata l'emozione, lasciati decantare tutti gli scontri al vetriolo con relativi veleni e contravveleni, ciò che resta è la necessità di una riflessione culturale e di chiesa. Utile materiale sull'argomento ci viene fornito dallo Speciale TG1 di sabato notte 8 luglio dal titolo: "Fuori dal Ghetto", a cura di Fabrizio Del Noce, che riuscì a condurre in merito un dibattito con l'intervento, fra gli altri di Imma Battaglia, organizzatrice e di due ecclesiastici: Maggiolini, vescovo di Como e Baget Bozzo, prete politologo genovese. Il primo, in un certo senso a rappresentare la dottrina ufficiale della chiesa basata sul matrimonio fra maschio e femmina quindi eterosessuale, con totale chiusura alla legalizzazione di altro tipo di famiglia, come la convivenza omosessuale. Il secondo a rappresentare piuttosto una chiesa di frontiera, nettamente postconciliare, basata suI dialogo e sul rispetto dei diversi, nonché su una possibile legislazione in loro favore.
                                                        La diversità dei punti di vista
fra i due fece perdere staffe a Monsig. Maggiolini che si peritò di apostrofare il reverendo interlocutore chiedendogli in quale seminario mai avesse studiato teologia. Da supporre che i 3 milioni  di spettatori (parola di Auditel) non si saranno certo sconcertati quanto piuttosto rinfrancati nel costatare che anche all'interno della chiesa possa esistere un dibattito leale e che sul piano delle opzioni concrete la ricetta della verità non si trovi nelle tasche di nessuna scuola cattolica, né in alto né in basso. Comunque diede impressione della solita egemonia ed intolleranza il presule comasco "famiglia fondata sul matrimonio etero come asserisce la Costituzione, tutto il resto è marciume!". Così ripete la mia video cassetta registrata. Per quanto concerne lo svolgimento della manifestazione, TV e stampa sono stati concordi nel definirla festosa, pacifica, composta senza particolari incidenti. Il numero dei partecipanti non ha eccessiva importanza, in quanto politici. In effetti per gli organizzatori furono 2-300 mila, per Ia polizia 70 mila. Ma, come ribadì giustamente Imma Battaglia, non è tanto il numero a ribadire il successo, quanto piuttosto l'essere riusciti per la prima volta in Italia ad instaurare un pubblico rapporto con gli altri, con la città simbolo della cristianità, con il mondo per dire a tutti che anche i gay e le lesbiche sono esseri normali, possiedono una libertà di coscienza, possono esigere un rispetto dei loro diritti. Indubbiamente i curiosi ai margini della sfilata verso il Colosseo, simbolo storico della pena di morte, erano molto di più dei manifestanti. Ma questo potrebbe essere una ulteriore dimostrazione della solidarietà silenziosa di tanti italiani verso questa categoria di persone, di tanti cattolici che con dissenso interiore votarono a suo tempo per il divorzio e per l'aborto. Senza dimenticare la moltitudine di coloro che sono rimasti a casa con la voglia di partecipare e l'incapacità di battere la vergogna, e costretti a rinnegare un'amicizia, una conoscenza, un'appartenenza. Delusi certamente sono rimasti gli oppositori della Gay Pride, in quanto si sono trovati spiazzati dalla mancanza di provocazione e di offese alla religione. Parte della stampa cattolica paventava ed auspicava nel contempo come nella precedente manifestazione del ‘99 (a S.Francisco) oscenità, sacrilegi, sodomia, intolleranza, sodomie multiple, omosessuali travestiti da vescovi, che alzano le sottane per esibire enormi falli di plastica con chiappe al vento, fra musica e lazzi procaci, il tutto per squalificare il messaggio. Anche questa stampa è rimasta delusa sulla sua fame. Sì, qualche cuffia di suora e calze a rete, qualche sporadica banalità non è nemmeno qui mancata, ma esigua minoranza, per cui non si può configurare questa parata in una festival della volgarità, in una sagra della lussuria. Gli stessi cartelli e stendardi portati a mano dai manifestanti lo stanno a dimostrare. Alcuni pochi esibivano battute ironiche come: "Storace scemo, guarda, quanti semo!". "Frocio qui, frocio là; frocia tutta la città", "Freccia lesbica". Tremate, tremate le froce son tornate. Molti altri invece ponevano dei segni forti e financo evangelici, come: "visto da vicino, nessuno è normale". "Siamo vestiti, non occorre essere nudi per essere gay", "Sono cristiano, vado in chiesa, sono omosessuale". "C'è un Dio per tutti, non solo per gli eterosessuali" ... "Tutti diversi, tutti figli di Dio". "Dio ama tutti, ama anche me". "Anche noi siamo chiesa". "Dio ama, la chiesa no".
                                                       Sfregio contro la città santa?
Molti cattolici italiani hanno dissentito sul luogo Roma e la circostanza (Giubileo) scelti dal comitato Gay. Sostengono che lo si è fatto per ribellione contro la chiesa, intenzione provocatoria per sbeffeggiarla, per imbrattare la città santa capitale del Cristianesimo, per il gusto di mettere le dita negli occhi della Suprema Sacra autorità. Omosessuali da scherniti a schernitori: potevano manifestare in una città fuori d'Italia o in altro periodo! A Genova si è celebrata una messa di riparazione per tanto scempio, e il Vescovo di Vigevano (PV) invitava i cattolici ad un atto di disubbidienza civile a non pagare il canone Rai e devolvere il corrispondente per la riduzione del debito estero. Ma altri e non pochi cattolici obbiettano che Roma non è la capitale dello Stato Pontificio (tramontato più di 130 anni or sono), bensì la capitale di uno Stato laico. Caso mai, se proprio si volesse insistere sul punto, capitale della Cristianità dovrebbe essere Gerusalemme con il suo Calvario ed il sepolcro della Risurrezione. Poi quanto all'espressione "sfida contro la chiesa", essa non deve fare del del vittimismo né del narcisismo, non pretenda di essere esentata dalla contestazione come capitò a Pietro primo papa di fronte all'apostolo Paolo. Alla Chiesa la libertà di fare il suo giubileo, agli altri la libertà di manifestare i propri intendimenti, più o meno laici. La teocrazia, cioè che il sacro imperi sul profano è oggi fuori dalla storia e non possiamo quindi pretendere che le nostre convinzione religiose si traducano in leggi civili.
                                 Protesta contro i roghi che per secoli bruciarono i gay
Non si dimentichi che il presunto ed erroneamente invocato carattere di sfida alla chiesa non è sempre tout court un pregiudizio ateo e anticristiano ma bisogno di protesta contro la discriminazione, in questo caso contro gli omosessuali, sostenuta lungo i secoli pure dalla Chiesa cattolica. Ricorda i recenti mea culpa papali per avere imposto metodi violenti nel diffondere la verità. Di conseguenza essa non può più e non deve esercitare un'egemonia, convinta che tutto il mondo sia cristiano. Di qui il bisogno gridato dai gay di uscire fuori dal ghetto. In quanto poi alla Televisione, nella quale qualche vescovo non si è riconosciuto, si ritiene che la RAI sia di tutti. Questa nella serata dell'8 luglio ha affrontato senza spettacolarizzazione non una classica diretta ma una riflessione seria sull'omosessualità! Noi cattolici non possiamo pretendere che tutto lo spazio televisivo venga occupato dal solito spettacolo del turismo religioso e dai ricorrenti cortei papali: la overdose in questo campo stanca anche la nostra disponibilità verso il sacro. Comunque questo è stato l'unico evento laico conteso per un giorno alle masse del giubileo. Molto meno scandaloso di tanti altri porno che la TV manda in onda e di fronte ai quali la Gerarchia, se riesce, dovrebbe porre un freno. Il nostro capo del Governo On. Amato ha parlato di manifestazione inopportuna con quello storico "purtroppo!". E qui gli si potrebbe chiedere se sia stato opportuno l'autocelebrazione "cattolica" del giubileo stanziare tutti quei fondi (13 mila miliardi di lire solo a Roma) con i soldi riscossi dalla tasse degli atei, divorziati, conviventi, gay, ebrei, mussulmani, testimoni di Geova, valdesi, oroscopi, maghi, fattucchiere, associazioni per lo sbattezzo ecc. Per giustizia non può essere loro negata una civile manifestazione delle proprie convinzioni.

Autore:
Albino Michelin
07.09.2000

                                      Muro contro muro, nella chiesa a chi serve?
Questa aggiunta datata la settimana seguente, cioè il 14.9.00, si rende necessaria per rispondere ad alcune osservazioni. Più di un cattolico ha obiettato che quella Gay Pride dell'8 luglio anziché nella Roma del Giubileo si doveva celebrare in altra città, meglio se fuori d'Italia. E qui mi sovviene l'espressione di Gesù: "venite a me voi tutti che siete affaticati ed oppressi ed io vi ristorerò". Mica li ha mandati a quel paese, o nelle grotte del Mar Morto, con la condizione che soltanto se là fuori dal mondo avessero fatto giudizio lui sarebbe andato a portare la sua santa benedizione. Dobbiamo ammettere che anche gli omosessuali possono appartenere a questa categoria di "oppressi", e ci riferiamo in modo particolare a coloro che sono così in modo irreversibile, cioè dalla nascita. Un discorso un po' diverso forse andrebbe fatto per chi tale fosse diventato per assuefazione. Per i primi si tratta di una condizione oggettiva, di natura, quindi non di patologia, né di colpa, né di peccato, né di responsabilità da perseguire penalmente. Problemi di genoma o genetici, o anomalie di origine sconosciuta, non ci permettono di gettare il sasso contro nessuno. L'università Berkely di New York ha costatato che il dito indice delle lesbiche e dei gay non è soltanto un po', ma molto più corto di quello degli eterosessuali a causa di una maggiore esposizione agli ormoni maschili subita nell'utero materno. Potrebbe essere anche un'americanata, o informazione da prendere con le pinze, comunque si porrebbe nella linea dell'omosessualità come fatto di natura e non di perversione. Sostenere che questo comportamento è oggettivamente disordinato e contro natura non è convincente. Perché per natura s'intende la nostra base fondamentale che è biologica come quella animale (in effetti insegnava S. Tommaso, il dottore angelico della Chiesa, che l'uomo è un animale ragionevole). Ora è stata documentata la presenza di omosessualità in non meno di 470 specie animali. Indubbiamente se queste informazioni scientifiche le avessimo conosciute secoli fa, non avremmo oppresso questa gente con l'infamia, l'ironia, il rogo. Meraviglia però che una nuova mentalità sia così lenta ad affermarsi. In effetti in 100 paesi esiste ancora il carcere ed in 10 la pena di morte. Come d'altronde certi vocaboli siano duri a morire: in Sardegna li chiamano i cochi neri, in Friuli punta di dolce, in Campania "ricchiuni" da orecchie, traduzione sbagliata dallo spagnolo moricones, froci (derivazione dall'italiano furbesco del 500), finocchi (dal fatto che quando la chiesa attraverso l'inquisizione li mandava al rogo copriva il fuoco con bucce di finocchio per farli bruciare più lentamente). Non risale a molto tempo la notizia che il Ministro della Sanità Veronesi abolì in Italia il divieto agli omosessuali di donare sangue e organi, in quanto la loro condizione non è considerata patologica. È una regola di civiltà molto importante perché considera l'omosessuale persona normale e non in base a pregiudizi superati. Domenica 9 luglio 2000, giorno successivo alla Gay Pride, Papa Wojtyla andò a visitare i carcerati romani, dopo di che al poggiolo di S. Pietro lamentò la manifestazione: "non posso non esprimere la mia amarezza per l'affronto al grande giubileo 2000 e per l'offesa ai valori cristiani di una città tanto cara a tutti i cattolici del mondo. Ovviamente degni di rispetto sono questi sentimenti del Capo della cristianità, cui però molti cattolici si sono permessi un devoto dissenso. In effetti se comprensibile appare la richiesta di clemenza verso i detenuti (molti dei quali criminali che magari hanno distrutto famiglie e tessuto sociale) non altrettanto comprensibile sembra questa totale chiusura verso gli omosessuali che in fin dei conti non hanno ucciso nessuno, che anzi spesso chiedono di adottare figli abbandonati sulla strada dagli eterosessuali, legalmente sposati in chiesa e con tanto di benedizione su pergamena papale.
(post scriptum di Albino Michelin)

martedì 10 novembre 2015

NEO MINISTRO RICCARDI: NON C'INDURRE IN CONTRADDIZIONE!

"Una bella squadra cui auguro buon lavoro". Così ha salutato il Cardinal T.Bertone, Segretario di Stato Vaticano, la compagine di Governo presentata da Mario Monti il 16 novembre 2011. Un'accoglienza che non stupisce considerando come la chiesa sia riuscita ad inserire molti suoi uomini nei ruoli di primo piano. Super cattolico è lo stesso Monti che il 18 novembre si premurò a correre a Fiumicino per salutare il Papa in partenza per il Benin.  Anche se, prova tecnica di "laicità", ha dato al Pontefice solo la mano senza genuflessione e senza bacio dell'anello, come a suo tempo aveva fatto Scalfaro con Papa Wojtyla scandalizzando un po' mezzo mondo cattolico. Bacio dell'anello e profusioni cui invece è tornato l'ex capo di Governo Berlusconi. E’ una bella “squadra cattolica”: basta citare C. Passera, ministro dello sviluppo, L. 0rnaghi rettore dell'Università cattolica di Milano, ministro dei beni culturali, R. Balduzzi esponente dell'Azione cattolica ministro della sanità, F. Profumo ministro dell'istruzione, P. Severini ministro della Giustizia, A. Catricalà sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Ma in modo particolare A. Riccardi, ministro della Cooperazione internazionale, icona di pace e fratellanza fra i popoli, fondatore della comunità di Sant'Egidio. Ovvio che tutta la stampa cattolica abbia intonato i suoi osanna. Come Famiglia Cristiana: "Monti uomo giusto al posto giusto". Avvenire: "Stagione di speranza", Olivero presidente delle Acli: "esecutivo convincente". Insomma ministri cattolici doc, in maggioranza vicini all'Opus Dei e a Comunione e Liberazione (movimento catto-fondamentalista). Ci mancava solo M. Lupi, ventilato quale ministro dell’istruzione, e poi saremmo stati al top ciellino. In ogni caso è più facile oggi alla gerarchia cattolica dettare l'agenda al nuovo Governo.
                                               La delusione dei gruppi di solidarietà
Ciò che in tutto questo quadro ci lascia perplessi e legittima i nostri interrogativi è il ruolo del ministro Andrea Riccardi. Non vorremmo che tutta la nostra ammirazione, fino a qualche mese fa tributatagli, si sciogliesse come neve al sole dopo il suo annuncio fatto il 23 dicembre seguente. Probabilmente il ministro della difesa sarebbe stato a ciò più indicato, il portavoce più opportuno, anche se in materia assai discutibile. Invece questo compito se lo assunse e se ne incaricò il nostro Riccardi, ministro per la cooperazione internazionale e per l'integrazione fra i popoli. Cioè al termine della riunione del Consiglio dei Ministri del 23 dicembre diede l'annuncio dell'approvazione del decreto concernente i rifinanziamenti della "Missione" militare all'estero. Non ci risulta che Riccardi si sia opposto o abbia sollevato problemi di coscienza. E così ci troviamo di fronte all'ennesimo bluff o papocchio della politica italiana. Nuovi bandisti banda vecchia, vecchia musica di sempre. Ambiguità, incoerenza. E' andato deluso quindi l'appello delle organizzazioni non governative italiane impegnate nella solidarietà internazionale che denunciavano con forza i continui tagli alla cooperazione e allo sviluppo da un lato e l'ingiustizia degli stanziamenti per le armi e per le "missioni" militari dall'altro. Il loro ministro ha confermato e benedetto tutto: nessuna riduzione alle missioni all'estero delle forze armate: non si toccano. Acquisto di 131 aerei F-35, cacciabombardieri, macchine di morte, aerei di attacco a 150 milioni di euro ciascuno per l'ammontare di 17 miliardi. Programma più costoso della storia d'Italia repubblicana senza nessun ripensamento. Incostituzionale ed insensato. Contro la costituzione che permette solo armi di difesa, e controsenso dal momento che viviamo in tempi di austerità. Nonché assurdo produrre armi investendo enormi capitali mentre il grido dei poveri, interi popoli ci raggiunge sempre più disperato. Con la comunità di S. Egidio però le cose si complicano. Ogni anno il primo gennaio vengono organizzate le marce della pace in tutta Italia (nel 2012 a Milano, Genova, Firenze, Terni, Napoli, Roma) concludendo in Piazza S. Pietro per ascoltare il messaggio del Papa nella giornata mondiale della Pace. Ma Finmeccanica, ecco un'altra contraddizione, la prima industria armiera italiana, nelle settimane scorse anche al centro di episodi di corruzione che hanno coinvolto i suoi massimi vertici, è da sempre uno dei principali sponsor del progetto Dream, un programma di prevenzione e lotta contro l'Aids avviato dalla S. Egidio nel 2002 e oggi attivo in molti paesi dell'Africa. Finmeccanica vende armi, ma poi tramite anche S. Egidio e Riccardi si rifà il trucco finanziando progetti sanitari in quegli stessi territori e può scrivere con orgoglio nel suo sito internet: "La solidarietà non ha confini né geografici, né politici, né religiosi". Ma non c'è solo Finmeccanica fra gli sponsor del movimento A. Riccardi. Finanzianti le sue attività tutta una lista di banche "armate" che sostengono l'export di armi italiane e programmi internazionali di riarmo. In passato inoltre la fondazione S. Egidio è stata finanziata dalla Nestlé, quando la multinazionale era sotto il boicottaggio internazionale per la violazione del codice di commercializzazione del latte in polvere. Armi e solidarietà. Solidarietà con i soldi delle armi "Solidarietà armata". Diceva Bonhoeffer: "le armi uccidono anche se non vengono usate.” Allora perché Riccardi non si adopera all'interno del Governo affinché questo prenda coscienza dell'assurdità di seguire una tale strada cercando piuttosto altre di radicalmente alternative? E' questo che chiede il mondo del volontariato e della solidarietà cui ci si vanta di appartenere?
                                      Dove e quando l’obbiezione di coscienza?
Non si vuole pensare che anche al Ministro Riccardi come a tanti politici italiani il potere dia alla testa. Belle idee, sane contestazioni, legittime battaglie che subito vengono dimenticate o addomesticate appena ci si siede sulle poltrone parlamentari, sugli scranni del potere. Coerenza vorrebbe che si avesse il coraggio di opporsi con l'obbiezione di coscienza. E questo va detto specialmente al fondatore di S. Egidio, assertore, accalorato difensore della vita umana dal concepimento alla morte. Nemico aperto senza se e senza ma contro l'aborto. Le madri che interrompono la gravidanza sono tutte delle "Erode che compiono una nuova strage degli innocenti". Di conseguenza più volte si è schierato contro i medici che praticano l'aborto, colpevolizzandoli perché dovrebbero optare per l'obbiezione di coscienza, e nonostante la legge lo consenta, rifiutarsi di compiere l'eccidio dei feti e degli embrioni.
                            Il giardino degli angeli. E la piazza di cadaveri accatastati?
 A Roma il 4 gennaio 2012 nel cimitero Laurentino è stato inaugurato uno spazio di 600 metri quadrati riservato per la sepoltura dei feti abortiti e chiamato il "Giardino degli Angeli". Non ci sembri una digressione al tema. Riteniamo sì che il feto sia un essere umano (anche se S. Tommaso, dottore della Chiesa dal 1200 a tutt'oggi riteneva che prima del quarto mese di· gravidanza non si tratti di embrione umano e quindi di persona); ma esseri umani lo sono altrettanto le persone già nate, quelle già uscite dal grembo materno, con qualsiasi età, dieci, venti, cinquant'anni ... anzi ci azzardiamo di affermare che tali persone sono diverse da quelle esistenti nell'utero materno. Da un punto di vista non qualitativo, ma certo quantitativo. Nel senso che l'uccisione sotto le bombe o conseguenti inquinamenti di esseri già dotati di autocomprensione, di autoriflessione, di relazioni sociali, nel possesso delle proprie facoltà psichiche e intellettuali fa soffrire molto di più di un feto abortito, perché lascia dietro di se una serie di strazi, di dolore, in eredità anche ad altri, senza numero, come genitori, figli, familiari, parenti amici. Vogliamo paragonare un aborto alle centinaia di torturati, mutilati, morti che lascia sul campo un cacciabombardiere F- 35? E sempre per parlare di coerenza: gli aborti in Italia, dopo l'entrata in vigore della legge, sono diminuiti del 40% e tendono a diminuire sempre di più man mano che avanza la cultura del preservativo. Non ci pronunciamo qui sulla liceità o meno del metodo, affermiamo solo che per molta gente è preferibile un male minore (preservativo) che non un male maggiore (aborto). Ma anche su ciò il Ministro Riccardi non conviene. Gli conviene invece sostenere i finanziamenti a strumenti di guerra e di morte che colpiscono poi soprattutto innocenti, civili, incolpevoli. Ed è a questo punto che ci chiediamo perché Riccardi abbia accettato il ruolo di Ministrò della Cooperazione, perché non dia le dimissioni. O l'una o l'altra. O per la pace o per la guerra. Ma è deplorevole continuare in contraddizione con se stessi è con gli altri.

Autore:
Albino Michelin
17.02.2012 

PAPA RATZINGER DENUNCIA IL CARRIERISMO NELLA CHIESA

Questo Papa aveva destato molta impressione il venerdì santo del 2005 allorché lanciò un vibrante appello alla pulizia usando addirittura il termine di "sporcizia nella chiesa". Poteva essere archiviato come un episodio seppur accorato del passato, se nonché il mercoledì 3 febbraio seguente ci ritornò sopra durante il discorso settimanale ai pellegrini deplorando "il carrierismo" nella chiesa. Allora significa che una certa costante di sottofondo esiste. Può darsi che l'intervento si riferisca alle ultime notizie, vere o fasulle concernenti il caso Boffo. Si ricorderà in effetti che qualche mese fa questo direttore dell'Avvenire (quotidiano dei vescovi italiani) aveva ospitato (non molto consenziente) numerose e penose critiche, provenienti dal clero e dai credenti impegnati, rivolte alla vita privata di Berlusconi pubblicizzata e ammannita a tutti. Cioè la classe politica ostenta disprezzo verso la pubblica moralità. Non solo, ma lo stesso direttore aveva pure reso noto in luglio un duro intervento di Mons. Crociata, segretario dei vescovi italiani puntando il dito contro i sopra citati personaggi che vantano "un libertinaggio gaio ed irresponsabile". Si ricorderà che al tempo si parlava di escort, e di veline che in cambio di prestazioni sessuali venivano gratificate con promesse di qualche seggio elettorale. A questo punto si immischia anche Feltri, direttore del "Giornale" (quotidiano di Berlusconi) che restituisce la pariglia tirando in ballo il comportamento di Boffo che qualche anno prima avrebbe subito una pena per i suoi trascorsi omosessuali o cose simili. Boffo, colpevole o no, si dimette stanco di combattere battaglie del genere. Le dimissioni, si scrisse, furono contestate dai vescovi italiani che difendevano l'operato dell'Avvenire, ma bene accolte dallo Stato del Vaticano, che attraverso il segretario Card. Bertone sostiene il centro destra e il suo Presidente, forse in considerazione dei numerosi privilegi economici e finanziari di cui la chiesa può beneficiare. Qualche settimana fa le parti si ribaltarono. Feltri si scusò confessando di non aver avuto a disposizione una documentazione sufficiente. Quindi trapelò un po' da lui, un po' da altri con le solite smentite postume che a passare al „Giornale “di Feltri un foglietto informativo sulla vicenda di Boffo siano stati il Card. Bertone e il dott. Vian, quest'ultimo direttore del quotidiano Vaticano "L’osservatore Romano". I due, in effetti, non gradivano molto la linea talora eccessivamente aperta dell'Avvenire. Insomma un bel guazzabuglio. Forse tutte illazioni, pettegolezzi, ciancie cose però che riempirono giornali e TV.
La domanda: quando Papa Ratzinger il 3.2.1O parla di "carrierismo" nella chiesa si riferisce anche a questo?  Può darsi. In tutti i casi la denuncia non è senza fondamento. Si vede che la chiesa ha veramente bisogno di pulizia e di trasparenza nella sua gerarchia. Ci limitiamo a questo settore, ben inteso.
                                               La cordata ai dicasteri di curia
La denuncia ci permette di aprire un po' l'orizzonte sia dal punto di vista storico e soprattutto dal punto di vista della realtà contemporanea. Di questo Papa si possono avere diverse e contrastanti opinioni, non però sulla sua concezione di chiesa che egli vuole pulita e trasparente. Senz'altro avrà pure fatto e in parte condiviso il contenuto del libro "Via col vento" scritto da "I Millenari" (alcuni prelati vaticani) nel 1999 (Editrice Kaos). In effetti, a pag. 84 viene riportata anche una sua affermazione "la verità può solo essere trovata, non prodotta da una votazione. Sarebbe come sostituire il potere della verità con la verità del potere". La verità non può essere frutto di una votazione. Il che può significare che non soltanto la verità teorica, ma anche quella pratica. E verità pratica vuol dire anche la professione, il ruolo che si esercita. Questo non deve essere frutto di votazione, cioè di bramosia per la carriera, di amicizie personali, di cordate privilegiate, ma di coscienza e di onestà interiore. Sappiamo bene che lungo la storia papi e cardinali talvolta sono saliti al trono dopo di avere eliminato i propri avversari. Nel Medioevo e nel Rinascimento sono note a tutti le lotte fra le potenti famiglie romane dei Colonna, dei Castani, degli Orsini, dalle quali uscivano pontefici e prelati vincitori per la forza del potere e non per la loro testimonianza evangelica. Fino al punto che nacque anche il detto: "se la chiesa non l’hanno distrutta i papi non la distruggerà più nessuno". Papa Ratzinger denuncia il carrierismo, ma certa­mente pensa anche alle cosi dette "cordate" di carriera. A guardare la situazione interna oggi è sì vero che la chiesa è cattolica, ma non del tutto universale nella sua rappresentanza come la parola vorrebbe significare. Nell'Annuario Pontificio del 1998 abbiamo nella curia vaticana due potenti grappolate di cardinali e candidati alla loro successione in eredità a quella precedente di qualche decennio prima. Nomi? Nasalli Rocca, S.Oddi, O.Rossi, A.Samorè, L.Poggi, E.Tonini, A. Silvestrini, D. Monguzzi, E. Somalo, V.Fagiolo, P. Marini, A.Casaroli ecc. Alcuni ancora viventi, altri defunti. Ciò non toglie che ci si trovi di fronte a cristallizzazione di potere per cui ci si può chiedere se la chiesa gerarchia è composta solo da piacentini e da romagnoli, una volta affievolitasi la cordata romana degli anni 50 con i cardinali Fumasoni, Biondi, R. Cariaci, D.Giobbe, L.Traglia, A.Ottaviani ecc.
Qui si potrebbe dubitare che ci troviamo di fronte ad alcuni, due-tre filoni di carriere prelatizie a scapito di rappresentanti delle altre nazioni e continenti del mondo intero. Quindi: Curia romana non cattolica. Per dare la scalata ai suoi vertici si deve sempre essere un gruppo compatto e coeso con un capocordata di cui i collaboratori devono sempre restare a disposizione. È un lavoro di anni. Si finisce anche qui con la faccenda delle raccomandazioni, del clientelismo, con le informazioni pilotate solo verso una direzione, e con segnalazioni benevole per la corsa alle poltrone, con silenzi diplomatici. Quanto si è lontani dalla chiesa delle origini allorché pure il popolo credente veniva coinvolto nella scelta dei suoi pastori e delle sue guide.
Paolo diceva a Timoteo: „Ti scongiuro di non fare mai nulla per favoritismo". Ed ancora sembra denunciare il Papa attuale: "Il problema primario oggi più che ieri il criterio per la carriera all'interno della chiesa non è la spiritualità ma il servilismo, e che la dote principale richiesta al futuro dirigente ecclesiastico non è lo spirito di profezia (cioè il parlare e agire in nome del Signore) ma l'obbedienza all'autorità suprema, sempre e dovunque. Sembra che qui il Papa si dia la zappa sui piedi, ma è la pura verità. Dare la precedenza alla propria coscienza secondo la lettera di Paolo ai Romani. Per cui le osservazioni o le allusioni alla coppia Bertone-Vian potrebbero essere anche legittime. Eventuali comportamenti del genere contro gli elementari principi della morale ne sono avvenuti in quantità. Anzi che cosa sarebbe un foglietto calunnioso passato al direttore di un giornale laico (di Berlusconi Feltri) rispetto alle vittime dell'inquisizione? Con ciò non si deve concludere che tutto è un imbroglio. Ci mancherebbe, il messaggio d'amore di Gesù non è un imbroglio. Imbroglio e imbroglioni sono coloro che lo sfruttano per la loro sete di pote­re, per la quale hanno costruito una teologia secondo cui nell'impostazione cattolico-romana venutasi a creare soprattutto a partire dal Concilio di Trento (1560) il criterio decisivo per credere, o per ritenersi cattolici è solo la mediazione della gerarchia e struttura chiesa. Lo dichiara espressamente anche S. Ignazio di Lojola, uomo di quei tempi, fondatore dei gesuiti: "se io vedo bianco e la chiesa mi dice nero devo credere alla chiesa e e non a me stesso, devo negare negare la mia evidenza". Ne viene che il baricentro spirituale dell’uomo non è più la propria coscienza, dentro di sé, ma fuori di sé, nella gerarchia. I principi non negoziabili non sono dentro di lui, ma nel volere dei superiori. E se il papato ordina di scrivere le false „donazioni “ a Costantino imperatore, egli il suddito lo fa convenienza. (Si dice che Costantino verso il 320 d.C. diede al papato in dono l'Italia o i suoi territori, documento poi scoperto falso nel 1400 da Lorenzo Valla). E se la chiesa ordina di torturare gli eretici, il cattolico lo fa, ad appiccare il fuoco alle fascine per il rogo delle streghe il cattolico lo fa. E se gli ordina di firmare un documento falso (caso Bertone-Vian Feltri?) il cattolico lo fa. Questo è l'uomo di chiesa voluto dalla gerarchia. La vera chiesa di Gesù è molto più grande del Vaticano per cui in alcune situazioni si deve prima obbedire a Dio e poi agli "uomini". Non serve molto portare in testa curiosi copricapo tondeggianti, bianchi, rossi o viola che siano per appartenere veramente alla comunità dei giusti.
Papa Ratzinger quindi fa molto bene a denunciare il marcio nella chiesa a patto però che tutti, in alto e in basso, si capisca che una delle cause di fondo è il carrierismo. E che a sua volta una delle cause del carrierismo è la svendita della propria coscienza per raggiungere un posto al sole, cioè obbiettivi di potere.

Autore:
Albino Michelin
19.02.2010