sabato 13 febbraio 2016

SIAMO ESSERI SPIRITUALI O FRUTTI DEL CASO?

Oggi stiamo assistendo ad una grande evoluzione del pensiero, ad un'accelerazione della scienza, il che ci fa pensare se sia proprio ancora possibile fare un discorso su Dio. Paradossale l'affermazione: fino a qualche tempo fa negare l'esistenza di Dio sembrava una logica conseguenza dell'avanzare delle scienze, oggi invece ci si accorge che tale fenomeno esige un ripensamento su Dio, anzi oseremmo dire che ne presuppone l'esistenza. Indubbiamente si potrà discutere su quale Dio. Questo è un altro discorso, ma nemmeno così importante è se il Dio a cui ci si riferisce sia o meno praticato nella propria confessione religiosa e nella propria chiesa di appartenenza. Sembra che mai come oggi sia così densa di significato l'intuizione che compare persino nella Bibbia: "dello Spirito del Signore è pieno l'universo" (Sap. 1, 7). Perché è proprio da questo habitat, dall'universo, dalla creazione, dalla natura in cui siamo nati che bisogna incominciare. Di qui passare all'uomo e attraverso di esso e arrivare al nucleo più profondo del nostro essere, chiamato anima. Partiamo prima dall'universo: esso si presenta come una grande unità e nello stesso tempo come una profonda relazione fra le sue parti, le sue diverse componenti. Ad esempio nella sola Via Lattea l’astronomia annovera circa un milione di pianeti (la terra ne rappresenta uno soltanto) in condizioni abbastanza simili al nostro. E con una possibilità di vita. Nel 1600 Giordano Bruno è finito bruciato al rogo perché sosteneva la possibilità di vita umana negli altri mondi. Ma oggi gli stessi teologi cattolici lasciano aperta l'ipotesi, cioè per evitare ulteriori cantonate stanno in ascolto della scienza, dell'astronomia. Se poi pensiamo che le galassie nel firmamento sono innumerevoli, ci resta solo la meraviglia, di fronte al mistero. E si ponga mente che nessun pezzo di questo nostro universo, chiamato astro, stella, sole devia dalla sua orbita e della sua legge. Se ciò avvenisse sarebbe un'apocalisse totale. Domanda: tutto frutto del caso e del caos? Siamo più propensi a concludere: "dello Spirito di Dio è pieno l'universo". Grande unità e perfetta relazione fra le sue parti. Facciamo un passo avanti. Le recenti scoperte delle radiazioni microonde diffuse ovunque (l'ipotesi dell'energia oscura) sembrano evidenziare che tutto ciò agisce sulle pareti più sensibili del nostro organismo. Noi siamo unità e relazione con il cosmo. In effetti, abbiamo bisogno di ferro, rame, zinco e tanti altri elementi sparsi nell'universo, in mancanza dei quali il nostro organismo animale o vegetale deperisce e muore. Non per nulla la maggioranza delle medicine che noi assumiamo sono composti chimici esistenti al di fuori di noi, nell'universo. O se anche ci curiamo con l'omeopatia, questa pure ci viene somministrata con vegetali esistenti in natura, ma estranei al nostro organismo. Siamo unità con il tutto e relazione con le singole parti. Ed ancora: il nostro corpo è formato da infinite particelle subatomiche, quindi da atomi (studiati dalla scienza fisica), da molecole (studiate dalla scienza chimica), da cellule (studiate dalla scienza biologica), da tessuti (studiati dalla scienza medica) per poi passare con la nostra mente alla psicologia, alla filosofia, all'arte, alla religione, alla teologia. Se per ipotesi una particella del nostro organismo, puta caso una cellula si mette ad impazzire o va fuori legge, abbiamo tumore, metastasi, morte. E guardiamo anche alla nostra origine. Dal rapporto sessuale maschio-femmina abbiamo la fusione sperma-ovulo, quindi zigote, embrione, feto, neonato, bambino, adulto, anziano. Tutto si richiama a vicenda in unità e relazione. "Dello Spirito di Dio è pieno l'Universo".
                                       In comunicazione con gli extraterrestri?
Abbiamo sopra accennato alle radiazioni microonde, ovviamente residui del big-band di 14 miliardi anni orsono. Orbene queste producono anche determinati effetti non soltanto sul nostro organismo, ma anche sui nostri stati di coscienza. E qui dobbiamo passare dall'esteriorità e addentrarci ulteriormente nel nostro mondo interiore. Ogni nostro stato di coscienza ne subisce l'influsso e quindi reagisce anche con delle variazioni organiche. Difatti quando cambia tempo noi abbiamo pure delle reazioni nel nostro organismo. Stelle ed astri depositano pure qualche residuo in noi. Certo non si può spingere il discorso sostenendo che il nostro destino è scritto negli astri, in quanto entriamo qui in un terreno paludoso, ma forse anche gli oroscopi vengono stilati secondo questa percezione. E non soltanto le radiazioni esteriori, ma anche certe nostre attività spirituali (pensieri, desideri, preoccupazioni) possono provocare nel nostro essere modificazioni organiche e dei tessuti. Tutto è unità, tutto è relazione. Dello Spirito del Signore è pieno l'universo. Ed ancora: il nostro cervello comprende più di 100 miliardi di neuroni connessi fra di loro ed ognuno con una particolare mansione, motoria, affettiva, razionale. Il cervello possiede regioni distinte e con funzioni diverse. Anche se un po' forzando, qui vi si può collegare l'espressione di Paolo: "a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito del Signore per l'utilità comune" (1° Cor. 12,7). Le funzioni della coscienza a livello di corteccia cerebrale, l'affettività per esempio è posta sul lobo destro, la razionalità su quello sinistro. Se un sito viene offeso abbiamo la necrosi delle facoltà corrispondenti. Un caso fra i tanti: ricordo di una certa Michelle Philipots che all'età di 29 anni in automobile cozzò con la fronte contro il cruscotto. Colpita nella sede della memoria, oggi dopo tanto tempo vive, parla, lavora, ma non ricorda più nulla e nulla riesce a trattenere a memoria. Dimentica Universo, corpo umano, coscienza tutto è collegato, unità, relazione. Dello Spirito del Signore è pieno l'universo. Inoltre noi conosciamo ancora ben poco delle potenzialità del cervello e dei suoi legami con l'universo sia cosmico, sia umano. Una delle attività del nostro cervello, anche se rare, è data dai fenomeni cosiddetti metapsichici, cioè quelli che vanno oltre la nostra conoscenza quotidiana, banale e superficiale. Sono detti pure fenomeni paranormali, che non vuol dire anormali, ma fuori un po' dalla nostra norma, immersi come siamo nelle faccende materiali e nelle nostre illusioni. Ad esempio la chiaroveggenza, la conoscenza a distanza, la lettura del pensiero, la comunicazione fra lontani, la telecinesi, l'ipnosi, la telepatia, una certa percezione del futuro. Indubbiamente siamo in un terreno un po' ambiguo e confuso, perché qui possono nascere e moltiplicarsi le varie maghe mafalde, indovini, fattucchieri, stregoni, chiromanti, divinatori a scopo commerciale e sedurre la fiducia dei semplici. Ma in linea teorica allo stato rudimentale questa possibilità esistono in tutti noi, in forme e quantità diverse. Illimitati sono però i condizionamenti di espressione e di esercizio. Si esige accurato discernimento.
                                   Il nostro pensiero è energia elettromagnetica
La scienza oggi ad esempio considera il pensiero umano come energia, per di più energia elettromagnetica con legge di attrazione, quindi in rapporto con tutto l'universo, con reciproca influenza. Niente si crea, niente si distrugge, tutto si collega, tutto si evolve. Dello Spirito del Signore è pieno l'universo. A questo punto si dirà che allora è possibile anche la necromanzia, la comunicazione con i morti, il satanismo, ossessioni e possessioni diaboliche con le varie forme di glossolalia (parlare lingue sconosciute), di vessazioni corporee, apnea, collassi ad opera del demonio. Il discorso potrebbe anche restare aperto, sempre però premettendo che la psichiatria oggi ha ridotto di molto quello che un tempo si considerava manifestazione e regno del diavolo. Gli esorcisti attuali sostengono che casi dubbi riferentesi al così detto "Satana" non supererebbero il 2% mentre tutto il resto sarebbe da attribuire a disturbi psichici come epilessia, depressione, dissociazione, schizofrenia, personalità multipla, ecc. Argomenti comunque che richiederebbero trattazioni a parte. Come ad esempio le visioni soprannaturali. Certo la maggioranza sono da attribuire a visionari (si pensi quante apparizioni mariane avvenivano quando la gente pativa la fame), ma non si può escludere qualche caso di veggenti sani di mente, di cuore e di borsa. Anche qui con tutte le cautele si può ben dire che dello Spirito del Signore è piena la terra. Nel quadro di questo discorso non va dimenticato il ruolo dell'inconscio, sia individuale che collettivo. L'inconscio individuale è una specie di "collettore" o bagaglio di eredità, tessuto di pensieri, sentimenti, azioni, avvenimenti compiuti nel passato dalla precedente umanità e che ci vengono trasmessi alla nostra nascita. Per cui magari noi pensiamo di essere liberi nelle nostre scelte, e invece a nostra insaputa siamo influenzati da tutto un mondo bello o brutto che ci ha preceduto. Tale mondo non lo identifichiamo con Adamo, una singola persona, oggi si tende a identificarlo con l'umanità delle origini, dall'homo faber all'homo sapiens. Ma più importante nella nostra tematica è l'inconscio collettivo. Potremmo definirlo con lo psicologo Jung: tutto quel bacino, quell'oceano immenso di esperienze millenarie in esso depositate dall'umanità. In tale ambiente noi traiamo origine. O come ad esempio in uno stesso humus, un immenso prato, siamo fiori diversi, legati in un patrimonio comune. In un certo senso fratelli e solidali, vasi comunicanti. Una convalida di questa teoria potrebbe essere dimostrata dal mondo dei sogni che popolano i nostri sonni, ma anche dalle preghiere utilizzate nelle varie religioni. Entrambi forme di comunicazione in cui vanno operate ovviamente anche qui tutte le scremature del caso dalle inevitabili illusioni. Quindi anche per quanto concerne l'inconscio collettivo, potremo dire che dello Spirito del Signore è pieno l'universo. Tutto è unità, tutto è relazione.
                                       Religione in crisi alla ricerca della spiritualità
Si vuole tirare una conclusione concernente il mondo della fede oggi? Dovremmo rovesciare la piramide delle nostre credenze. E cioè che la fede è prima di tutto un rapporto con lo Spirito dell'Universo. Chiamatelo Dio, Allah, Geova, Elohin, Budda: nomi diversi a significare la stessa realtà. Chi vive tale rapporto logicamente ne trae un’etica, una morale identica per tutti gli uomini. Che si chiama: "fare del bene, evitare il male. Non fare agli altri quello che non vuoi gli altri facciano a te. Non uccidere, non tradire, non dire il falso, non banalizzare la sessualità". Chi crede nello Spirito sente logica questa morale e se ne fa una legge personale, ed una legislazione sociale. Oggi si deve ripartire da qui. Al secondo gradino dopo tale fondamento si hanno le religioni: Cristianesimo, Islamismo, Induismo, ecc. Sono delle declinazioni dello Spirito a seconda delle civiltà, popoli, usi, costumi. Se uno ha pure una religione ma non ne vive lo spirito è solo vuoto involucro. Al terzo gradino ci mettiamo le diverse confessioni religiose. Per esempio i cristiani cattolici, quelli protestanti, quelli ortodossi. Il credente che non vive Dio come Spirito dell'Universo arrischia di vegetare come un figurino senza sostanza. Infine all'ultimo gradino abbiamo la gerarchia. Ma anche questa se non ha lo Spirito di Dio e di servizio diventa una forma di dittatura. Oggi poi si parla troppo di Papa, di gerarchia, di chiesa, di religione, ma poco dello Spirito. In un senso molto profondo un teologo illuminato, spingendosi oltre, ebbe adire: ”noi non siamo essere umani in cerca di una realtà spirituale, ma siamo esseri spirituali alla ricerca di abitare in un corpo ed in una realtà umana”.

Autore:
Albino Michelin
30.09.2010

CARI CATTOLICI, RICONOSCIAMO I NOSTRI PECCATI

Calma e gesso. Non perdiamo le staffe e l'autocontrollo di fronte agli sbagli, agli errori, alla corruzione altrui. Siano essi atei o laici. Nell'ultimo periodo sono assurti all'onore o al disonore della cronaca due casi, affrontati dalla Chiesa cattolica italiana in stato di affanno e di eccessiva esasperazione. Non vogliamo coinvolgere tutti, ma sembrano evidenziarsi come sintomi due episodi ai quali mi limito. Sono la morte del premio Nobel letteratura 1998 José Saramago, e l'indagine esposta dalla magistratura di Perugia nei confronti dell'arcivescovo di Napoli Card. Sepe. Quando tali notizie appaiono su tutti i giornali e TV, non si può fingere che nulla sia accaduto. La prima citazione riguarda Josè Saramago che fra le sue pubblicazioni scrisse nel 1991 un libro dal titolo "Il Vangelo secondo Gesù". Questo autore portoghese si dichiara apertamente marxista e materialista e dà una sua interpretazione sulla vita del profeta di Nazareth. Nota ad esempio è la scena del dialogo nel quale il Padre imperturbato chiede al Figlio di sacrificarsi sulla croce per estendere la fede agli uomini di tutto il mondo, al prezzo di una storia bimillenaria di martiri, supplizi, guerre di religione. Un Dio che sembra intendersela con Satana più che non gli uomini, che comanda l'universo con potestà senza misericordia. Ed altre affermazioni come su Maria, madre occasionale di Gesù, oppure sui miracoli come quello di Lazzaro, risuscitato dalla tomba per poi destinarlo a morte supplementare, cioè lasciarlo morire una seconda volta. Il romanzo ovviamente si buscò una scomunica, lo scrittore portoghese, nato grazie a Dio o disgraziatamente in un paese cattolico, dovette espatriare e confinarsi nei Caraibi. Il Vaticano ripeté il suo genere letterario: dopo l’elogio funebre della commissione Nobel fa seguire il suo insulto funebre. Nel 1998 ricevette il premio Nobel non tanto per le affermazioni sul tema "Gesù", ma per la qualità artistico letteraria. La chiesa lusitana e quella vaticana fecero muro contro tale onorificenza, perché non sarebbe possibile un'opera d'arte degna di tal nome se si dissocia dall'etica, dalla religione, dalla fede. Ovviamente questa discussione rimane aperta. In effetti, molti sono dell'opinione che un'opera d'arte consiste nel modo di trattare un soggetto e non nel suo contenuto. Si potrebbe, in effetti, descrivere anche il diavolo, importante venga tradotto in una trasfigurazione letteraria, superiore ai canoni comuni.
                                                           Rispetto almeno per i morti
José Saramago è morto venerdì 18 giugno 2010 e l'Osservatore Romano, quotidiano della Santa Sede, gli ha riservato un bel necrologio. Una sassata, una gragnuola di sassate. Perse le staffe ed anche l'autocontrollo. Conosciamo il vecchio proverbio latino "parce sepulto", (pietà per il morto e sepolto). E più ancora la preghiera cattolica: "l'eterno riposo dona loro o Signore". Insomma: ci si augura che Dio gliela mandi buona. L'articolista dell'Osservatore invece picchia di santa ragione. Saramago accusa i roghi della chiesa? Però dimentica i gulag, le esecuzioni capitali, le eliminazioni sommarie nei paesi del socialismo reale. All'articolista si potrebbe obbiettare che nessun comunista mai si è prefissato di aspirare alla santità e di andare in paradiso. Ma noi cattolici sì, e quindi dobbiamo essere conseguenti. Se lungo la storia abbiamo fatto le nostre belle crociate, non mettiamoci a fare le pulci alla storia altrui, soprattutto a chi fa professione di ateismo confesso. In fondo anche quest'ultimo è un uomo e secondo i fondamentali diritti umani ha pure diritto al rispetto. Noi cattolici non ci pieghiamo alle mode effimere? Però finiamo per sposare la vecchia moda che è quella di sparare sui non credenti. Un certo settore cattolico odiava Saramago in vita? Continuerà a odiarlo anche dopo la morte. L'Osservatore Romano le canta e le suona al romanziere defunto perché a nessuno è permesso(?!) di entrare a gamba tesa nelle questioni del Vangelo, della teologia, della chiesa: invasione di campo. Questo genere di contro interventi ci lascia perplessi. Prima, perché Gesù ci fece capire che a questo mondo purtroppo buon grano e zizzania convivono insieme, poi perché il male si vince con il bene e non con gli insulti, e poi perché anche il cosiddetto "malvagio" può ravvedersi in un processo di confronto con l'onesto. Al genio di questo scrittore portoghese, deceduto all'età di 87 anni, nessuna concessione. Resta un populista, un estremista, un banalizzatone del sacro, un nichilista. Voleva distruggere Dio mettendolo alla berlina? Non ci è riuscito. Ha vomitato solo parole, solo brutte parole, senza storia. Si potrebbe rispondere: senza storia non tanto. Un'espressione del suo fondatore K. Marx riportata all'interno del "Capitale": il capitalismo è destinato a divorare e distruggere se stesso. Dopo oltre 160 anni la profezia di Marx sta avverandosi. Come dire, c'è qualcosa da imparare da tutti. Insomma, troppo livore cattolico, qui stiamo perdendo le staffe. Calma e gesso, riconosciamo i nostri peccati.
                                           Il cardinale Sepe e la strategia del martirio.
Il secondo caso in argomento è quello dell'indagato per corruzione aggravata. Il riferimento non vuole essere un giudizio sulla sua colpevolezza o innocenza, anzi tutti ci auguriamo che ne esca indenne. Riguarda invece il tipo di difesa del prelato. Egli dal 2001 al 2005 fu prefetto della Congregazione "Propaganda Fide". Fra oltre la decina di "Ministeri" facenti capo al vertice chiesa forse è il più prestigioso, regge un terzo abbondante della cattolicità nelle zone più povere dell'Africa e dell'Asia, mantenendo ospedali e opere caritative. Nella città di Roma possiede 2 mila immobili per il valore di 9 miliardi di euro. Qui non mettiamo in discussione la bontà del fine e nemmeno il diritto di possedere beni finanziari a scopo caritativo. Il Palazzo Propaganda Fide è sito al centro della città, in Piazza di Spagna, quindi istituto extraterritoriale con il beneficio di tutti i privilegi secondo il Concordato del 1929, riconfermato e aggiornato nel 1984, con esenzione dall'Ici ecc. Scopo è collocare la chiesa al di fuori della portata di qualsiasi autorità civile, sugli affari ecclesiastici, come presupposto di reciproca collaborazione. La realtà che ne scaturisce è una sola: piaccia o non piaccia, giusto o ingiusto: le autorità ecclesiastiche hanno il potere di limitare ogni tipo di indagine civile. Ma ecco che qualche giorno fa la Procura di Perugia dichiara indagato il Cardinale Sepe per corruzione aggravata. Riceve da uno stato estero (così è l'Italia per il Vaticano) due milioni e mezzo di euro per restaurare questo palazzo extraterritoriale. Soldi pervenuti o tramite l'ex Ministro Lunardi, o l'agenzia Arcus Anemone, o Angelo Balducci ex presidente dei lavori pubblici ed ex gentiluomo di sua Santità. Soldi in parte devoluti alla ristrutturazione dell'edificio, in parte con destinazione ignota. Si sospetta scambio di favori fra politici e alti prelati, quando alla guida del Dicastero presiedeva Sepe, diventato dopo il 2005 Arcivescovo di Napoli. Accuse e sospetti che lambiscono esponenti e istituzioni del Vaticano sugli appalti, sulle grandi opere, sul G8. Insomma anche qui ti salta fuori la cricca con i suoi tentacoli laico-clericali. Si accampa qualche nobile scopo: il palazzo necessitava robusti interventi per le vibrazioni causate dalla metropolitana. Al che si potrebbe chiedere quanto hanno ricevuto dallo Stato italiano gli altri immobili cittadini a causa delle vibrazioni? Ad ogni buon conto domenica 20 maggio il Cardinale Sepe tiene un elevato sermone nella cattedrale di Napoli, in pratica si autoassolve e rimanda ad altri eventuali responsabilità. "Mi hanno voluto colpire da dentro e da fuori la chiesa". Un fiorire di esclamazioni che sembrano tolte di peso da una passione medioevale. I bilanci (sostiene) sono sempre stati approvati dal Vaticano. "Porto la mia croce, come Gesù sulla croce, perdono a tutti di cuore, ma dopo questo Calvario ci sarà la risurrezione. La verità vincerà!". Insomma quando esce qualche imbroglio in questi ambienti si incolpano oscuri avversari e si producono sospiri sulla croce che porti.
                                                    Non approfittiamo di Gesù Cristo
Ho citato questo caso nel contesto del presente articolo con un tema ben preciso. Diciamo subito che questo tipo d'autodifesa non ci convince. Noi cattolici Gesù Cristo e la sua morte in croce in questi casi lasciamolo stare. E' la strategia del martirio. Gesù Cristo non può venire usato come ombrello per coprire le nostre inadempienze, soldi e operazioni poco trasparenti. Oppure per sfruttare l'emotività del popolo devoto. In effetti, dopo questa perorazione cardinalizia tutti i napoletani si sono appressati a sua eminenza per ossequio e bacio del sacro anello e di entrambe le mani. Come fa a paragonarsi a Gesù Cristo un uomo che si caccia in certe frequentazioni e vive nell'opulenza maneggiando milioni? Mons. Driwiesz, storico segretario del papa Wojtyla, intervenne: "Impossibile! Sepe ha fatto solo del bene alla chiesa. Qualcuno vuole fargli del male". Anche qui, invece di collaborare per la verità si cerca di insabbiare tutto. E così finirà dal momento che il Cardinale avvalendosi del passaporto diplomatico, può beneficiare del rifiuto vaticano a che egli venga giudicato in Italia. E così continuiamo ad avere altri Marcinkus, figli, nipoti e pronipoti. Stiamo parlando del metodo e non della mania di colpevolizzare. In effetti, ci auguriamo che il nostro indagato risulti innocente. In tutti i casi noi cattolici, a qualunque rango della chiesa apparteniamo, dovremmo essere pronti a riconoscere i nostri peccati. Altrimenti l'esame di coscienza prima della messa diventa una delle tante formalità o bugie culturali. La stessa domenica Papa Ratzinger fece un altro tipo di riflessione che consideriamo coraggiosa ed opportuna, probabilmente in riferimento a questo caso: "Il sacerdozio non può mai rappresentare un modo per conquistare una posizione sociale". Alla lucidità di pensiero auguriamo a questo Papa il coraggio conseguente di approntare delle riforme strutturali in tutti i dicasteri della Curia Vaticana. Sulla trasparenza, sulla pubblicazione dei bilanci economici come avviene con accuratezza nelle chiese del Nord Europa. Mi riferisco in specie alla chiesa svizzera e a quella tedesca. Diversamente casi pesanti nell'ultimo periodo, come l'occultamente per decenni della pedofilia del clero, corruzioni finanziarie e quant'altro aumenteranno sempre di più. Giovanni XXIII è partito bene, il successore Paolo VI ha consolidato l'essenziale, Papa Luciani voleva ristrutturare la chiesa nella povertà, ma in un mese non ci fece nulla. Poi tutto si arenò. Oggi la gente si fida sempre meno di sovvenzionare le chiese, anche in Italia l'8 per mille è in calo. Pure questo è un segno allarmante. Bisogna ricostruirsi un immagine iniziando a riconoscere i propri peccati.

Autore:
Albino Michelin
02.07.2010

TONACHE NERE IN AUMENTO, PRETI IN CALO

Si è concluso venerdì 11 giugno 2010 l'anno sacerdotale, voluto da Papa Ratzinger in occasione del 150° anniversario della morte del Curato d'Ars, J.M.B. Vianney, parroco a capo di una piccola comunità rurale francese, animato da una profonda religiosità ed amato per la sua grande generosità verso i poveri. Si è voluto pure concludere l'anno in Piazza S. Pietro con una specie di “sacerdozio-day”, com'è di moda oggi, da quando si è cominciato con il family-day e poi di seguito con il gay-day, il papa-day. Si è costatata la partecipazione di circa 15 mila religiosi provenienti da un centinaio di paesi, fra un totale di 400 mila unità sparsi nel modo. Oggi si registra una forte diminuzione del clero, però il fenomeno non appare identico in tutti i continenti, in quanto evidenzia diverse motivazioni. Ad esempio in calo sono i preti d'Europa e d'America, in aumento invece in Asia, nelle Filippine, in Africa. Forse è anche facile intuire le ragioni: un tempo i preti da noi avevano un forte ascendente sociale e sicura garanzia economica. Le famiglie numerose con qualche figlio in seminario riuscivano a sfamare più facilmente le bocche rimaste a domicilio. E chi aspirava ad una visibilità, ad una cultura, ad un potere, ad un prestigio spesso si faceva prete. Tanto era chiaro un detto che le tre figure dominanti in un paese e che mai sarebbero morte di fame erano il sindaco, il dottore, il prete. Con ciò non intendiamo generalizzare, nemmeno ignorare uno dei motivi ricorrenti della sovrapproduzione ecclesiastica di un tempo. Qualche campionario in via di estinzione ce l'abbiamo tutt'ora. Si pensi alla frazione di Casoni, comune di Mussolente (TV) che registra 3645 abitanti e 36 preti, vale a dire un religioso maschio ogni 100 residenti. Ovvio che in tanta abbondanza alcuni un tempo si facessero preti senza bisogno di dire messa essendo sufficiente per vivere la professione di letterati, artisti, insegnanti. Nei continenti su citati invece un po' per motivi su detti, un po' per un ritardo scientifico industriale, vi è una sufficiente fioritura di vocazioni sacerdotali e per questo vediamo nelle nostre parrocchie tanti preti di colore, multietnici e multirazziali. Che poi da un punto di vista psicologico, la comunicazione e l'animazione pastorale attraverso usi e costumi diversi, raggiunga effetti ottimali, questo è un altro discorso. Quello che ci può interessare è un aspetto più limitato, cioè come mai in Europa, dalle lunghe radici cristiane, la figura del prete sia tanto in crisi. Senz'altro in primo luogo perché in crisi è la fede religiosa tradizionale. E poiché il prete viene considerato l'uomo di Dio, della preghiera, dei sacramenti, del culto, del tempio è ovvio che diminuendo questi interessi diminuiscano anche i candidati ad assumersi una responsabilità nel settore e a dedicarvi una vita.
                                           Colpa solo di una società senza fede?
Ma si potrebbe limitare ancora ulteriormente il discorso e chiedersi se questo calo sia da addebitarsi solo ad una società sempre più carente di fede oppure anche ad una chiesa che stenta a trovare un modulo diverso nei confronti di un mondo in rapida evoluzione. In primo luogo: ma è proprio vero che oggi la nostra è una civiltà che ha perso la fede? Certo, le chiese come luoghi di culto vengono disertate sempre di più, le chiese come grosse istituzioni registrano un numero crescente di uscite e di esodi. Ma per il momento non mettiamo insieme e non confondiamo da una parte la fede come senso del trascendente, bisogno e ricerca di Dio, permanenza e resistenza del sacro sia pure in forme rudimentali, con le rispettive istituzioni di chiesa. Anzi oggi c'è un risveglio d’interesse nei confronti di Dio. Ad esempio ogni sei ore viene pubblicato un libro su Gesù, con una forte tendenza a riappropriarsi quello storico (anche se non quello ripetitivo del catechismo). Un vero boom di pubblicazioni sulla fede accanto a quelle di teologia, un 26% di aumento di letteratura religiosa dalle editrici cattoliche e laiche. Vi è una grande zona intermedia di lettori credenti e non praticanti, non clericali, però molto sensibili ai temi ultimi o personali di coscienza. Non si può liquidare il fenomeno affermando che chi non pratica non è nemmeno religioso, o legato ad una certa spiritualità. C'è ancora e ci sarà sempre un terreno fertile in cui, come diceva Gesù nella sua parabola, la semente è destinata a portare buon frutto. Ancorché qualche volta sia necessario pure farsi una domanda sulla qualità della nostra semente. Bisogna chiedersi per esempio perché in Brasile negli ultimi anni 50 milioni e in Usa circa 70 milioni di credenti siano usciti dalle grosse chiese istituzionali (cattolica e protestante) e siano confluiti in movimenti religiosi, pentecostali, carismatici, o di altro genere, meno formalisti e legalistici. O perché in Italia negli ultimi periodi siano sorti qualcosa come 700 gruppi di cattolici usciti dalla chiesa, circa un milione e mezzo di adepti e addirittura tendano verso modelli aggregativi delle religioni e del misticismo orientali. Quindi non possiamo addebitare il calo dei preti solo alla perdita di fede nella nostra civiltà occidentale. Forse c'è dell'altro. Esempio, se oggi l'istituzione chiesa non debba fare anche un'autoriflessione sul modo di reclutare, formare, gestire i preti. Fermo ovviamente un punto fisso: che il sacerdote dovrebbe essere il testimone del Vangelo, radicato profondamente nel messaggio di Gesù, al suo insegnamento essenziale. In questo caso un contributo lo possono dare anche tutti i fedeli, se non altro i più impegnati e sinceri, anche se non si fanno preti. Perché il cosiddetto "senso dei fedeli" è storicamente considerato parte integrante del magistero della chiesa. A tal punto che essa non può legiferare da sola: "così ha deciso il Papa, o così giudica la gerarchia". Il detto: "vox populi, vox Dei, voce di popolo, voce di Dio" qui andrebbe preso in considerazione, ovviamente evitando il populismo demagogico, o la cosiddetta democrazia di partito. Il tutto sostituendo con l’espressione “corresponsabilità di chiesa”. Se si lanciasse un'ampia inchiesta su "come vorremmo oggi noi il prete", non andrebbero ignorate alcune istanze di fondo, espresse dalla comunità.
                                            Opinioni della gente sul prete.
Prima osservazione. Oggi la chiesa si presenta come una fortezza arroccata su se stessa. Rigorista, riluttante al dialogo con il mondo. Non vogliamo sempre ritornare sul discorso trito e ritrito del libero celibato e matrimonio dei preti, sul sacerdozio a uomini sposati (detti probiviri), sul sacerdozio alle donne. Su questi aspetti però deve essere chiaro che Gesù non ha posto alcun divieto assoluto. Così dicasi degli oltre 60 preti sposatisi dopo il Concilio e che la chiesa ha esonerato dall'incarico. Perché nemmeno un cenno a loro in quest'anno sacerdotale? La gente si chiede: Gesù si sarebbe comportato così? D'accordo che oggi possono nascere difficoltà di carattere organizzativo. Però vanno spiegate alla gente in forma chiara e precisa. E qui oltre che a recuperare una sana libertà evangelica si avrebbe anche un ricupero quantitativo di preti. Legato a questo aspetto non vi è solo quello del dialogo con il mondo, ma anche quello della sincerità, e obbiettività di informazione. Un caso recente, fra gli innumerevoli del passato, ce lo conferma. II giornalista cattolico Messori, considerato un portavoce carismatico della chiesa attuale, ti scrive sul "Corriere della Sera" che nella chiesa il celibato dei preti esiste da sempre. Falso perché per più di un millennio anche i preti di rito latino potevano sposarsi ed anche oggi vi sono preti sposati di rito orientale, cattolici s’intende. E per un privilegio della Chiesa, parroci sposati ne abbiamo tutt'ora anche in Calabria, a Firmo, Castroregio (CS) e S. Polo degli Albanesi (PZ). E ora sono in arrivo anche a braccia aperte preti sposati di religione protestante anglicana. Con la diffusione di queste bufale alla Messori, i cattolici vengono sempre trattati da ignoranti e tali accuratamente conservati in una campana di vetro. Però così la chiesa perde molti dei suoi fedeli migliori, e ci rimangono dentro magari molti pseudo cattolici opportunisti, pronti a renderle untuosi omaggi pur di servirsi del suo sostegno e conservare il potere. Di fronte a questo quadro il farsi preti diventa un po' più difficile e qualcuno ci perde anche la voglia.
                                     Il prete, uomo della legge o della misericordia?
La seconda osservazione, presa dal contesto di tante altre, è che i preti stanno di più dalla parte della legge della chiesa, che non dalla parte della coscienza del singolo. Che anzi, questa, non esiste proprio se non è vidimata dal timbro della chiesa stessa. E qui pure andrebbe fatto un esame. Cioè si crea molta confusione fra il principio di autorità e il principio di realtà. Indubbiamente la chiesa ha l'autorità di esprimere quanto è giusto o sbagliato, ma dovrebbe partire dal principio della realtà. Imporre semplicemente perché la chiesa così ha deciso, senza previa considerazione dell'oggettività, della situazione, della persona, delle circostanze storiche, per la gente diventa irritante in quanto unilaterale. In questo contendere, anche Gesù ci viene in aiuto allorché afferma non essere l'uomo a servizio della legge, ma la legge al servizio dell'uomo. E qui entra tutta una serie di tematiche spesso in conflitto fra credenti e la gerarchia. Come il maschilismo, l'autoritarismo, l'omosessualità, il divorzio, la comunione ai divorziati, il preservativo, la diffidenza verso la scienza, ecc. E per restare in tema "Legge e coscienza", forte è l'insorgenza della gente nei confronti dei sacramenti. Da una parte si legge nei tomi di teologia: "sacramenta propter homines" (i sacrament sono per gli uomini), ed ancora: "suprema lex salus animarum" (legge suprema la salvezza delle anime) e poi si assiste in pratica ad una grande confusione. Sacramenti, battesimo, comunione, funerali si negano a seconda degli umori dei preti. Caso, la “dolce” morte di Welby che dopo anni di sofferenze non né poteva proprio più, e decise di andare con Dio abbreviandosi la vita? Niente funerale religioso. Si suicida un banchiere? Funerali con il vescovo. In occasione di una messa funebre il prete nega la comunione a Mara Venier perché divorziata convivente. Nella stessa occasione viene data la comunione a Berlusconi divorziato e pluriconvivente notorio. Amici preti interpellati rispondono: "non si può giudicare la coscienza di nessuno". Bene, quella di Berlusconi no, e quella di Mara Venier sì? Quella delle povere disgraziate coppie si, quella dei nobiluomini e nobildonne no? Quella dei muratori sì, e quella dei mafiosi appaltatori no? E’ questo sacramentalismo "umorale" e selettivo che allontana la gente dall'istituzione chiesa. E' questo che rende travagliata anche l’attività di molti preti quando nonostante il Dio misericordioso del Vangelo da una parte si è costretti a negare un rito religioso in chiesa per i divorziati risposati dall’altra. E' difficile camminare fra due fuochi: fra la misericordia di Dio da una parte e la legge della Chiesa dall'altra. Questa è un'altra situazione che può rendere difficile la vocazione a farsi preti, perché scappa di dire: tanto tutto è bottega.
                                            Perché la gente esce dalla chiesa?
La terza osservazione. Molti fedeli osservano che la chiesa non sa confessarsi. La gerarchia e i preti mandano la gente al confessionale, ma loro non danno l'esempio per primi. E anche qui viene a taglio il caso recente della pedofilia del clero. D'accordo con il Papa Ratzinger sulla condanna pubblica nei confronti degli abusatori e la richiesta di perdono agli abusati. Però un'obbiezione: se io non ho compiuto alcun atto di pedofilia non vedo opportuno che altri mi mettano nel sacco comune e chiedano perdono per me. Paga chi ha sbagliato. E quindi nel caso della pedofilia se alcuni cardinali della Curia Vaticana come Ottaviani nel 1961 pubblica una dichiarazione che a divulgare i casi di pedofilia si viene scomunicati, se nel 2001 si ripubblica la stessa dichiarazione, allora a chiedere perdono dovrebbero essere gli stessi responsabili della Curia Romana per avere essi stessi occultato la verità. Però l'atteggiamento di scaricare la colpa solo sugli altri senza riconoscere eventualmente la propria, non dà alla chiesa il volto di una credibilità evangelica. Il fatto che nei Paesi del Nord Europa dopo questi fatti siano usciti dalla Chiesa quasi il 30% dei cattolici è un gran brutto segno. E anche questo potrebbe costituire una delle cause per cui alla chiesa cattolica confluiscono meno sacerdoti. Le considerazioni su esposte vengono alla riflessione in riferimento alla chiusura dell'anno sacerdotale. Il titolo porta: aumento delle tonache nere. Si di preti provenienti da paesi terzi, e preti, se pur in numero minore, provenienti dall'Europa dell’Est, la cui caratteristica però sembra un ritorno al preconcilio vecchio stile: abbigliamento, tonaca nera, collare, e soprattutto rigidità e rigorismo indiscutibile, religione di intimidazione, un ritorno al Medioevo. Si dirà: pochi ma buoni! Ma mentre molti preti anziani e di mezza età hanno acquisito una certa capacità di dialogo e di comprensione, (quelli che provengono dalla cultura di Giovanni XXIII), i giovani preti oggi paiono estremamente inflessibili. Auguriamo loro di non essere solo funzionari della legge, del tempio, del sacro, ma compagni di viaggio della gente che cerca Dio e il senso della vita.

Autore:
Albino Michelin
18.06.2010

SE DIO NON ESISTE, TUTTO È PERMESSO: PROPRIO VERO?

Questa espressione si legge nel romanzo "Fratelli Karamazov" dello scrittore russo Fëdor Dostoevskij e come ogni proverbio classico viene interpretato per dire tutto e il contrario di tutto. I cattolici ci tirano fuori una conclusione fondamentalista ed esclusivista, Cioè "chi non ha una fede in Dio, esempio l'ateo, veramente è poco di buono”. Dal punto di vista umano o è un disonesto, un malvagio, un indifferente o giù di lì. Solo chi crede in Dio è di stoffa genuina: pio, misericordioso, solidale, altruista. E magari vi aggiunge l'assioma che senza la grazia di Dio e senza la fede nessuno può essere un galantuomo. Praticamente l'espressione dello scrittore russo è un elogio al cattolicesimo o alla religione cristiana, e una squalifica a chi non ha una fede, o l'ha persa, o l'ha rifiutata.
Ci permettiamo di rovesciare l'espressione: c'è a questo mondo molta gente per la quale Dio esiste e ciò nonostante si crede tutto permesso. La storia è ricca d'episodi e ci mostra come coloro per i quali Dio c'è e magari lo impongono anche agli altri con tutti i sistemi leciti e illeciti, in realtà poi si permettono di tutto: bruciare le streghe, mandare al rogo predicatori e filosofi come Savanorola e Giordano Bruno, di sostenere dittature alla Pinochet e di occultare crimini penosi come la pedofilia ed altro. Il nostro argomento ci induce comunque a fare un discorso in profondità. Cioè, qual è il fondamento dell'etica? Dove e come si forma nella coscienza umana la distinzione fra il bene e il male, fra il giusto e l'ingiusto? L'origine sta nel fatto che il tizio abbia una religione o nessuna? Che creda in Dio oppure no? Che frequenti gli atti di culto, battezzato, cresimato, santificato con preghiere e sacramenti oppure no? Che sia stato educato in una famiglia credente oppure no? Come si sente spesso dire: io non vado in chiesa, però sono migliore di quelli che ci vanno. lo non frequento la messa, ma sono onesto lo stesso. lo non credo in Dio, in Gesù Cristo, nei preti, ma credo nella mia coscienza. Chi pensa così comprova talvolta la sua affermazione citando addirittura un brano di Gesù: "non chi dirà Signore, Signore entrerà nel regno dei cieli, ma chi avrà fatto la volontà di Dio". E spiega pure correttamente questa frase dicendo che fare la volontà di Dio significa operare la giustizia e amare il prossimo. E mica sbaglia. Altri poi tirano in ballo Dio per un altro verso: perché alcuni si sentono per natura portati al bene ed altri al male? Forse perché il Creatore vuole distribuire in modo ineguale tali sentimenti? Direi che tutte queste osservazioni andrebbero prese sul serio, un po' meno forse la prima, tipica dì coloro che si definiscono migliori degli altri, perdendo così ogni fair play.
                           Il comportamento morale viene prima della religione.
Attualmente circola anche una letteratura copiosa per dimostrare le due verità o pretese tali. La prima: che per essere onesti bisogna essere religiosi o cristiani. La seconda: che la morale non si fonda su religione, si può praticarla anche senza di questa. Qualche titolo: "Perché non possiamo non dirci cristiani" (Croce). "Perché dobbiamo dirci cristiani" (Pera). "Perché non possiamo essere cristiani". (Oddifreddi). "Perché non possiamo essere atei" (Agnoli). "Ciò che credo "(Küng) "Disputa su Dio e dintorni" (Augias Mancuso), ecc. Si potrebbe qui disegnare pure un albero genealogico per capire un po' come e da dove trae origine il senso del bene e del male, la distinzione fra ciò che è giusto ed ingiusto. Sia nei rapporti con se stessi, come in quelli con il prossimo e la società. La vita e la convivenza umana sente il bisogno di darsi un comportamento etico-morale ancor prima di appartenere ad una religione, anzi prima dell'apparire di essa. In effetti si sa che prima gli uomini costruirono le città e poi si accorsero che per garantire i buoni rapporti fra di loro dovettero inventare gli dei e le religioni. Come nei secoli recenti dall' illumismo in poi alcuni filosofi affermano che le religioni con il loro inferno e paradiso sono sorte affinché gli uomini vengano frenati nelle loro passioni dalla paura dei castighi divini e incoraggiati con il miraggio di un premio eterno. Comunque restando a casa nostra e studiando bene le strutture del nostro essere, che cosa si nota? Che noi siamo relazione e che ogni relazione per custodirsi e svilupparsi ha bisogno di norme e di regole. Cioè di quello che noi chiamiamo etica (dal greco) e morale (dal latino).
Alla base, il mio essere è un ammasso di miliardi di particelle subatomiche, relazionate fra di loro da norme e regole per accedere ad un livello superiore. Le particelle diventano così atomi (studiati dalla fisica), gli atomi diventano molecole (studiate dalla chimica), le molecole diventano cellule (studiate dalla biologia), le cellule diventano tessuti ed organi (studiati dalla medicina). L'organismo così strutturato richiede il collante che noi chiamiamo spirito. Il quale si esprime attraverso l'arte, la filosofia, la religione. Tutto questo mondo, microcosmo, di relazioni armoniose e amorose che sono "l’io" esige delle regole, il rispetto delle stesse per poter sussistere e compiere il suo tragitto esistenziale, sia a livello personale, come a livello sociale. Di qui nasce il bisogno etico o la morale; ciò che viene considerato giusto e da farsi, ciò che viene considerato ingiusto e da evitarsi. E va sottolineato che io non sono la somma di tutte quelle componenti citate sopra, ma una nuova realtà, un terzo quid, chiamato appunto energia dinamica, spirito pensante. Prendiamo l'esempio da una torta. Essa non è la somma dei suoi ingredienti, zucchero, lievito, farina, uova ecc. ma una nuova realtà, un dolce dessert.
                        Più importante della fede e della religione è la spiritualità.
All'inizio o alla base del mio io non ci sta una religione proveniente dall'esterno e dalla società in cui vivo, ma ci sta la spiritualità, livello decisivo, specie di terraferma da cui ognuno degli umani come un fiore trae radici, o un grande oceano da cui viene alimentata ogni vegetazione. Di qui emergono le religioni che sono tante, si può dire quanti sono i climi. In effetti in Asia abbiamo induisti, buddisti, confuciani. Nel Medio Oriente i musulmani. In Europa e America i cristiani. In Africa gli animisti. Poi ci discendono le chiese più numerose ancora delle religioni. Poi da queste escono le gerarchie che sono le varie espressioni dell'istituzione. Noi che siamo cattolici riferiamoci un instante alla nostra gerarchia. Essa non è la creatrice e la produttrice della morale e dell'etica, la depositaria di ciò che è giusto o sbagliato nella vita, ma la delegata ad esplicitare all'interno della nostra spiritualità (secondo la Bibbia, tutto il creato è pieno dello Spirito del Signore) le regole in essa come un seme esistenti. Spesso incontriamo persone le quali dicono: "io mi comporto secondo i precetti di Santa Madre Chiesa e del mio prete". Nulla da eccepire, beati loro. Certo per principio, non si devono ignorare le tradizioni morali delle gerarchie e delle chiese. Ma qui il nostro discorso vuole aiutare la gente a ragionare e andare alla radice: da dove nasce il senso del bene e del male. Principalmente non da una morale esteriore (sia pure della chiesa), ma dalla verità interiore dell'uomo e dell'umanità. Un esempio lo possiamo dedurre dalla promulgazione dei dieci comandamenti, le tavole della legge portate sul Monte Sinai da Mosè. È la costituzione più fine, più intelligente, morale che gli ebrei del tempo, attraverso matura riflessione, si siano potuti dare. Certo la descrizione (Monte Sinai, lampi e tuoni, Mosè con due corni sfolgoranti) appartiene al simbolismo letterario di grande efficacia per la cultura del tempo.
                     La distinzione fra il bene e il male è un sentimento universale.
Se siamo riusciti a spiegarci che la spiritualità è più grande e più vasta della religione a cui uno appartiene, che non esiste una religione vera e tutte le altre false, ma che esiste una dimensione spirituale universale che si declina nella molteplicità delle varie religioni, dobbiamo qui dedurre che l'etica, il senso del bene e del male, la distinzione fra comportamento onesto e disonesto è pure una realtà immutabile ed universale. Dio no, la religione no, ma l'etica, il senso morale è presente in tutte le generazioni, e civiltà. S. Paolo stesso e S. Tomaso con molti teologi della storia dopo Cristo sostengono che si può arrivare a dimostrarsi l'esistenza di Dio (e quindi tanto più l'esistenza del senso morale) con la ragione, senza particolari rivelazioni celesti, senza una Bibbia, senza libri sacri. In fondo ad ogni uomo, in ogni tradizione religiosa o meno, in ogni ateo esistono questi principi innati: " 1) fai il bene ed evita il male. 2) non fare agli altri quello che non vuoi gli altri facciano a te. 3) non uccidere, non rubare, non tradire la parola data. 4) non abusare della sessualità". In fondo non è necessario credere in Dio per vivere secondo questi principi. Esiste un principio di verità all'interno di ogni uomo più stringente del principio di autorità esteriore (sia esso Dio o una religione). Il nostro agire morale quindi può essere motivato o religiosamente (perché sono credente), oppure anche solo umanamente (ancorché non sia credente). Essere onesti e vivere nella giustizia non lo si fa principalmente per obbedire a Dio, ma per obbedire alle ragioni profonde del nostro essere. Diciamo nel nostro "interesse". La nostra vita può seguire un codice morale anche senza religione. Tutte queste riflessioni possono venirci a taglio per rispondere non solo all’affermazione di Dostoevskij ma anche a tanti cattolici che sostengono non sia possibile essere onesti se non si crede in Dio. "Se non si crede in Dio, tutto è permesso". È un’asserzione fondamentalista e non rispondente a verità. Indubbiamente qui non si vuole scartare Dio, allontanare dalla religione e dalla fede coloro che la possiedono. Non si vuole aggregare gli atei alla causa cattolica. Dio, fede, religione sono un grande aiuto, una risorsa, una chance in più, purché di fatto ci portino al rispetto, alla convivenza, alla solidarietà con tutti gli uomini. Come diceva Gesù "a edificare il Regno di Dio sulla terra".

Autore:
Albino Michelin
04.06.2010

ADRO CI FA PAURA. IN ITALIA NON DIMINUISCE IL RAZZISMO

Giovedì 22 aprile 2010 Rai 2 ha mandato in onda la consueta rubrica "Anno Zero" diretta da Michele Santoro. Inconsueta è stata invece la tematica della trasmissione ovvero della rissa, nella quale si è sviluppata una serie d'interventi, epicentro, Adro, un comune nella provincia di Brescia, sui sei mila abitanti con circa 8-10% di stranieri. I programmi di Santoro vengono molto seguiti anche dagli italiani in Svizzera. E per quanto questo giornalista orienti il dibattito verso conclusioni larvatamente prestabilite, ha però il merito di liberare la cultura italiana mortificata e sterilizzata dal berlusconismo e dal Leghismo, di evidenziare fenomeni d'immoralità, di amoralità, di corruzione, di clericalismo strumentale, di xenofobia, di deficit etico in cui i nostri connazionali beatamente convivono. A tutti è noto l'episodio scatenante, su cui non vale la pena soffermarsi a lungo: la mensa scolastica dei bambini. La cosa non è nuova se pensiamo che agli inizi di marzo lo stesso "scandalo" è stato registrato a Montecchio Maggiore (Vicenza). Anche qui un sindaco leghista, la signora Milena Cecchetto, come ad Adro pure sindaco leghista il signor Oscar Lancini. Una coppia affiatata, buon sangue non mente. Premettiamo subito che qui non c'interessa un discorso di partito, centro-destra o sinistra-democratica. C'interessa un fatto sociale, umano, che trascende ogni partitismo. La Lega Nord esprime tanti aspetti positivi. Ma questo della xenofobia, come alcune componenti correlate, supera ogni buon senso. Mi limito ad Adro, sia da quanto si è visto in TV, sia da quanto io stesso ho potuto raccogliere in due giorni di permanenza a Adro fra i cittadini e gli extracomunitari, comparsi o meno nella trasmissione. E premetto ancora: non è tanto il caso della mensa scolastica, da cui una quarantina di bambini sono stati esclusi (in maggioranza stranieri) a causa di genitori morosi che non avevano pagato la retta. E qui sosteniamo che le rette vanno rispettate, che le ordinanze comunali non vanno ignorate, ma eventualmente per i figli degli stranieri precari, licenziati, in difficoltà andrebbe trovata una soluzione alternativa. Il che ad Adro non è avvenuto. Il discorso non è qui, ma è sul modo, sulle giustificazioni che le autorità amministrative e popolazione con loro si danno, sull'acredine e sull'animosità con cui si affrontano i lavoratori ospiti. Infine la strumentalizzazione dei bambini a scopo di partito.
                           Lega Nord: il Dio di Gesù Cristo non è il Dio Po dei Celti.
Il sindaco di Adro nella trasmissione “Anno Zero” lesse un lungo epitaffio con l'atteggiamento di un monsignore dalla bigoncia: "se gli stranieri che arrivano da noi non si adeguano al nostro Dio, alla nostra religione cattolica, alle nostre radici cristiane, alla nostra tradizione, ecc. se ne tornino al loro paese". E, aggiungiamo noi, "Cristo regni”. Ma non facciamo ironia, lasciamo stare Dio. Non nominare il nome di Dio invano non significa "non bestemmiare il nome di Dio" ma non usarlo come polvere da sparo contro i diversi. Il signor sindaco e i suoi Adresi sanno bene che il nostro Dio ha parlato ed ha agito attraverso Gesù Cristo, il quale disse: "avevo fame e m'avete dato da mangiare, ero straniero e mi avete accolto". Certo nessuno di noi è sempliciotto tanto da lasciare le porte aperte indiscriminatamente a tutti i poveri del mondo. Una legislazione ad hoc, tutti la riteniamo necessaria. Ma quando in casa nostra si hanno dei regolari (badanti, lavapiatti, braccianti, addetti alla vendemmia) va fatto un discorso di cuore e di coscienza. E che Gesù, se vogliamo riferirci al Vangelo prima che al Catechismo di Pio X, ha accolto e curato tutti i bisognosi, non perché erano dei suoi, o erano praticanti del tempio, o frequentavano il culto, o perché se lo meritavano, ma semplicemente perché ne avevano bisogno. Fossero atei, miscredenti, beduini, marocchini, non faceva selezione. Il signor Sindaco, la signora assessore della cultura P.G. si saranno pure letti nel Vangelo la parabola del Buon samaritano (Luca 10,33). Meditato questo mettiamoci pure a deridere Allah, Maometto, Confucio, Budda e tutti i profeti. Quanto è esposto sull'Atelier sede della Lega, in centro paese: "Immigrati, chiudiamo le frontiere per due anni" è una sberla in faccia agli stessi. Per di più il tutto supportato da un bel crocefisso. Gesù ha detto: "non gettare le perle ai porci". Poteva intendersi: "non usatemi in mezzo alle vostre risse e non buttatemi in faccia ai poveri". Adro il crocefisso se lo esponga in chiesa o al Santuario Madonna della Neve, in casa privata, sopra il verde delle colline, non in ogni vetrina e in ogni latrina. Un po' di rispetto verso il nostro Gesù di Nazareth! In questo ambiente e in queste condizioni sa un po' di teatrino la raccolta di firme organizzata dall'amministrazione comunale nell'inverno scorso per annullare la sentenza di Strasburgo del 3.11.09 che vieta l'esposizione dei simboli religiosi nei locali pubblici. Come il sindaco di Verona Toso che nel suo ufficio sostituì la foto del Presidente Napolitano con il crocefisso. Un'ipocrisia: si vuole il crocefisso ad ogni costo, sempre e dovunque come alibi per crocifiggere i diversi e gli stranieri.
                                    Parrocchia di Adro: un piede su due scarpe.
E dal momento che siamo in tema qui si può collegare il discorso Lega Nord e parrocchia Adro. Certo se l'amministrazione comunale beneficia quest'ultima di rotondi contributi per la costruzione dell'oratorio, mai succederà che essa rimanga indifferente. Come il cagnetto di S. Rocco andrà al guinzaglio dei suoi benefattori e sostenitori. In effetti, è noto in paese come una domenica il curato della chiesa predicò che il bene non fa rumore. Che ogni venerdì vengono portati ad una quarantina di famiglie generi alimentari e vestiario. Dalla cassetta di S. Antonio distribuiti circa 9 mila euro all'anno a sostegno degli stranieri. Il sacerdote sottolinea come normale che la chiesa si comporti così. E continua: "so che tutte le persone mi vogliono bene. E se è così vuol dire che sono dei bravi cittadini". Complimenti! Altre campane sostengono che questa è una pubblicità di moda, non corrisponde a verità, come non corrisponde il fatto che la parrocchia abbia indennizzato i morosi insolventi. In effetti si legge sui volantini in paese: "dove sono i preti che dovrebbero urlare?" Certo non occorre urlare sui tetti, basta farlo attraverso le paraboliche. Però il senso del discorso è il seguente: in Italia e Adro c'è buona sensibilità verso la solidarietà, (vedi Alpini nelle zone terremotate, donatori di sangue) e verso il volontariato, ma non si bada alla giustizia. Chiesa e parrocchia dovrebbero maggiormente collaborare per strutture di giustizia e non solo per far circolare i bussolotti della carità, che gratificano la coscienza ma lasciano le cose come sono. E sempre per restare in argomento. Oggigiorno la Lega è tutto casa, chiesa e famiglia. Strano che di colpo sia diventata paladina della chiesa. Qualche anno fa Bossi e i suoi seguaci si sono battezzati con tutto il partito e futuri aderenti alle sorgenti del Fiume Po con le ampolle sacre dei celti. Un paganesimo folk. E Irene Pivetti, al tempo della presidenza della Camera, tuonava: "i vescovoni del Vaticano sui loro dorati carrozzoni..." Oggi invece un cuor solo ed un'anima sola. Io a te (il crocefisso nei luoghi pubblici) e tu a me (voti per il mio partito).
                 Quando i marocchini in Svizzera erano i bresciani e i bergamaschi.
Bel gesto sarebbe se il sindaco e gli Adresi dessero un po' di spazio agli extracomunitari per il loro Dio e per il loro culto. Sull'esempio anche di quanto avvenne in Svizzera negli anni 60, dove i cantoni protestanti contribuirono a costruire chiese cattoliche, scuole materne per gli italiani. Motivo: se lo straniero viene aiutato nella sua religione e rispettato nelle sue tradizioni si sentirà meno rifiutato. Reagirà di meno con le trasgressioni. E dopo 50 anni (al di là della votazione sui minareti, argomento che qui che ci porterebbe fuori tema), abbiamo i cattolici passati a prima confessione religiosa (44%), sostituendo i protestanti (senza con questo confronto fare un affronto). Inoltre abbiamo 200 moschee, ed una pace religiosa fatta non soltanto di tolleranza ma di reciproco rispetto. E se un domani Adro avrà un 10-20% di musulmani con qualche moschea e circolo culturale islamico non sarà un imbarbarimento ma un arricchimento. Riprendendo il discorso sull'intervento del Sindaco Oscar Lancini ad Anno Zero, un secondo elemento va preso in considerazione. Egli conclamò: "gli stranieri qui non devono solo esigere diritti, ma rispettare i doveri". In riferimento a tanto messaggio ho voluto accertarmi in loco. Mi sono presentato a due officine chiedendo il preventivo per la riparazione di un parafango ammaccato. Il primo meccanico "300 euro con fattura Iva, 250 senza fattura". Il secondo: "260 euro con fattura, 200 senza". Allora rispondiamo al primo cittadino di Adro: i primi ad osservare i doveri delle imposte in Italia sono gli stranieri. I veri evasori, illegali, furbastri sono gli italiani e nel caso gli Adresi. Pare che in Italia gli stranieri contribuiscano con 134 miliardi di euro, e paghino 19 miliardi di euro per le tasse. Di ritorno ricevono 10 miliardi. Si faccia anche ad Adro un'inchiesta del genere: quante sono le badanti, i pizzaioli, i muratori, gli addetti alla vendemmia salariati in nero e quanti sono i cittadini di Adro evasori. Anziché organizzare un Natale Bianco come nella vicina Boccaglio, si organizzi un Natale pulito. E i doveri, la legalità, l'onestà fiscale e imprenditoriale cominciamo noi italiani e Adresi per primi ad metterli in pratica.
                                                     Il volto positivo di Adro.
Certamente Adro ha anche il suo lato positivo e luminoso. Non tutti sono razzisti. Esistono anche dei movimenti per e con gli stranieri, in vista d un'integrazione che sarà lenta, ma certamente vivace e costruttiva. Un contributo a ciò lo ha dato per esempio il signor L.S. (citato in Tv, ma desidera l'anonimato) che saldò con 10 mila euro circa la retta annuale mensa scolastica per alcuni in ristrettezze finanziarie. Non si tratta di un comunista, ma uno del centro destra per dimostrare che un cuore ed una sensibilità esiste dovunque e trasversalmente. Con un'indicazione puntuale: "lo non ci sto". Cioè non accetto questa discriminazione. Importante è che questi casi sporadici divengono una cultura. Ed ancora la signora V.R.G (di estrazione politica opposta), non apparsa in TV è promotrice di un corso di lingua italiana per adulti, coadiuvata da un buon numero di volontari laici, nonché da stranieri come Sarnira e Jamila e sostenuti dalla Caritas, nei locali messi a disposizione dell'oratorio parrocchiale. È così che ci si avvicina, che si convive con il mondo degli extracomunitari. Ricordiamo che in Svizzera negli anni 1970 ci fu la grande iniziativa contro gli stranieri (detta Schwarzenbach) per cui 300 mila italiani avrebbero dovuto tornarsene in patria. Respinta con 54% per l'ottimo lavoro di contenimento e di "fratellanza" svolto dalle organizzazioni italiane (Colonie Libere e Acli) insieme ai gruppi svizzeri. Anche ad Adro si dovrebbe contare su "Gruppi Insieme". La festa dei popoli va a rilento? Un motivo di più per rianimarla in continuazione. Certamente è deprimente vedere in questo comune circolare ordinanze sui bonus bebè "prima i nostri". Gesù diceva: "lasciate che i bambini vengono a me". Non intendeva, prima i bambini della Lega e poi gli altri. E noi cattolici fondamentalisti vogliamo strumentalizzare l'infanzia e dividere i bambini bianchi da quelli gialli, da quelli bruni, da quelli neri. Come si vede, è questione di modo. Non va fomentata eccessivamente la paura del diverso, perché la paura ingiustificata è il detonatore dell'odio. Dall'Unità d'Italia di oltre 150 anni fa ben 27 milioni di italiani sono espatriati in cerca di fortuna. Hanno sofferto insulti e umiliazioni, ma conosciuto anche trionfi. Cinquanta anni fa in Svizzera avevamo centinaia di bresciani della Franciacorta e bergamaschi delle valli Brembana e Imagna. Sono tornati e la maggioranza ha imparato pochino. Anzi sfoga le sue passate frustrazioni sugli albanesi, rumeni, marocchini di turno. La storia maestra di vita. Dato che questo articolo circolerà ad Adro, a Montecchio Maggiore (VI) sino a Barletta (BA), è opportuno che io esprima la mia identità: Missionario della Congregazione Scalabrini per gli emigrati ed immigrati all'estero e dall'estero. Dunque una Congregazione che dà la vita per la gente che non ha più radici e deve radicarsi in terra straniera con un po' di umanità. Ci auguriamo che le luci di Adro restino sempre accese per mantenerci vigile la coscienza.

Autore:
Albino Michelin
21.05.2010

IL "DILAGARE" DELLA SESSUALITÀ: REPRESSIONE O FORMAZIONE?

In riferimento all’inizio del mondo esistono tanti proverbi. C’è ad esempio il logo introduttivo del vangelo di Giovanni in cui si legge: ”In principio era il Verbo“. Oppure il logo degli storici: ”in principio era la favola”. Fra gli innumerevoli altri afferma la psicanalisi freudiana. ”In principio era il sesso”. E allora tentiamo di partire da qui. Il nostro DNA non è solo composto di elementi sessuali, ma è sessuato. Né si può dire che il maschio lo sia più della femmina o viceversa: è soltanto una sessualità diversa. Dai lapsus freudiani ai crimini di sfondo sessuale vi è dentro e fuori di noi tutta una gamma di variabili, di esperienze e di espressioni, per cui non si possono fare i conti senza vivere e convivere attraverso la nostra sessualità. Qualche esempio. La conduttrice del Festival di S. Remo 2010 in una trasmissione ebbe a dire: "ora per qualche minuto di pausa la dò alla regia". Tutto il pubblico si mise a sorridere, a rumoreggiare con chiassosa ilarità. Certo la conduttrice intendeva dire: "dò la linea alla regia per la pubblicità". Ma gli spettatori pensarono ad altro, ovviamente all'attributo femminile della "bella gnocca" (tanto per usare un linguaggio corrente). Ed ancora altro esempio: se si apre un quotidiano nazionale, quindi notoriamente serio, voi vi imbattete in una pubblicità a tutta pagina di una vettura di lusso attorniata da splendide vip a due pezzi con lo spot a caratteri cubitali: "Senza ferretto tutto è perfetto". Lancio di una vettura o di un intimo femminile? Di entrambe le cose, in perfetta fusione: potere e sesso. Ed ancora: in una città come Vicenza, detta la sagrestia d'Italia per le sue devozioni e la sua tradizionale castità (un tempo) prematrimoniale, le statistiche dicono che rispettivamente al numero degli abitanti e all'estensione del territorio esistono più sexibar e lap dance, aperti ai giovani fino ai settantenni, che in tutta la penisola. Certo in pochi anni è diventata la città dell'oro, ma anche la prima città dalle chiappe d'oro. È solo una pennellata, non vogliamo giustificare nessuna goliardia. Inutile procedere nelle esemplificazioni. Oggi la nostra vita quotidiana, la nostra salute, la nostra civiltà trasuda sesso da tutti i pori. Noi della chiesa cattolica come rispondiamo? Da secoli abbiamo tamponato e tabuizzato il problema e ora ne portiamo le conseguenze. Ora dovremmo rimboccarci le maniche e ristudiare in senso positivo il ruolo della sessualità. Sottolineo positivo dal momento che quando Dio creò l'uomo maschio e femmina (primo libro della Bibbia) disse: "sarete due in una carne sola" (Gen 2, 22-26.). E vide che era cosa buona. Dunque la sessualità appartiene alla natura. Cioè siamo nati con questo assetto ed impianto. Ovvio che la natura va educata, ma prima di tutto non va ignorata. Tutti noi sappiamo che cosa significa tabù: qualcosa protetta dal silenzio, intoccabile.
                                            Una storia plurisecolare di tabù.
Esempio: solo 50 anni fa i ragazzi venivano educati col terrore della masturbazione. Vocabolo improponibile sostituito da "cosa brutta", (nord Italia) sozzura (centro) immondezza (sud). In una parola peccato impuro. Ai bambini si incuteva il terrore che questo gesto di ispezione del proprio corpo venisse castigato da Dio con la perdita della vista. Si diventava ciechi. Oppure la spina dorsale ti si sarebbe marcita. E che all’ inferno ci si andava o con questo peccato o non senza di questo peccato. Come si ricorderà, altro esempio, delle ragazze di paese rimaste incinte prima del matrimonio, bisbigliate in tutto il contado, che in chiesa si potevano sposare solo nottetempo, prima del sorgere del sole. Io che facevo il chierichetto al tempo ricordo molto bene. Ed ancora, le donne che circolavano in bicicletta venivano considerate scostumate, perché dato che i pantaloni li potevano indossare solo gli uomini, esse a pedalare con le gonne svolazzanti arrischiavano di esibirsi indecorose. E poi si aveva l'ossessione dei pensieri cattivi. E si citava a memoria il nono comandamento "non desiderare la donna degli altri".  Vogliamo consultarlo insieme (Esodo 20, 17): "Non desiderare le cose del tuo prossimo, né la moglie del tuo prossimo, né il suo bue, il suo asino, la sua casa, né il suo schiavo, né cosa alcuna che gli appartenga". Qui, lo diciamo per inciso, la donna non viene nemmeno presa in considerazione. In effetti perché non si dice: "non desiderare l'uomo degli altri"? Semplicemente perché qui la donna viene considerata come un bene economico secondo la mentalità del tempo e desiderare di prendersi una donna d'altri significava rubare un patrimonio ed impoverire la famiglia di appartenenza, col rischio quindi che la donna venisse abbandonata sulla strada e finita con la lapidazione. Ma sostanzialmente "la donna d'altri" non ha come riferimento il desiderio o la fantasia mentale del sesso. Questo eventualmente lo si potrà desumere da altre considerazioni, ma non dal nono comandamento. Ora una domanda: esiste una ragione storica che spiega in parte questo ostracismo e bando nei confronti del sesso (impersonato in genere nella figura femminile, identificata con satana)? Così radicata nella storia della chiesa da farci venire a tutti un vero complesso e psicosi sessuale? Fino al punto che l'onestà di una persona si giudichi solo nel suo rifiuto del sesso e nell'utilizzo solo per fare bambini?
                                        Sant’Agostino: un’eredità sessuofoba.
Una ragione la c'è, e proviene in massima parte da S. Agostino. Si parla spesso delle sue teorie in merito, ma raramente si studia la sua persona, i suoi trascorsi, la sua educazione, la sua conversione, oppure la sua "involuzione". Scherza con i fanti, si dice, ma lascia stare i santi. Certo i santi hanno avuto qualche lato eroico quindi da imitare, ma non sono tuttologi. Essi pure hanno degli aspetti discutibili, limitati, contradditori. Mica sono Dio in terra. E così è di S. Agostino vescovo di lppona in Africa del Nord verso il 400, definito pure un Santo Padre della chiesa. In gioventù Agostino fu un autentico giovanotto di mondo, a 17 anni ebbe un figlio illegittimo, per 13 anni visse concubino (oggi si direbbe coppia di fatto). Frequentò le scuole della setta di Mani, un filosofo persiano del 250 a-C., per il quale il mondo deriva da 2 principi: quello del male dalle tenebre, quello del bene dalla luce. La materia, fra cui la sessualità, viene generata dal male, principio delle tenebre. Ragion per cui va disprezzata e combattuta. Di qui anche l'espressione "manicheismo". Vuol dire mentalità che il bene stia tutto e solo da una parte ed il male tutto e solo dall'altra. O bianco o nero, mentre la vita e l'etica di comportamento ci insegna che esiste purtroppo tanto grigio. Con questi precedenti culturali e morali, Agostino a 30 anni si converte al cristianesimo. La sua licenziosità sessuale diventa avversione, lotta contro di essa, dalla sessuomania alla sessuofobia. Tutta la fame che prima aveva verso la donna, ora diventa lotta e combattimento contro di essa. Chiediamo scusa per il proverbio apparentemente sacrilego, che però potrebbe avere un pizzico di verità: ”non c’è miglior questorino del ladro”. Quindi Agostino afferma che il rapporto sessuale va tollerato solo per la procreazione. Di fatto i coniugi del tempo iniziarono a pregare: "Signore non lo faccio per piacere mio, ma per amore di Dio". Il piacere del rapporto sessuale era diventato il tramite per la trasmissione del peccato originale, quello di Adamo e di Eva. La loro disobbedienza aveva all'inizio causato morte, dolore, castighi, colpe per tutti i discendenti. Per liberarsi dalla quale il neonato doveva venir battezzato subito dopo il parto. Diversamente in caso di morte di certo non andava in paradiso. Questo concetto diventato prassi secolare fino a qualche anno fa poggiava pure su di un'errata interpretazione della lettera di Paolo ai Romani (5,12). La madre veniva considerata impura (sempre la donna?) e per essere ammessa alla chiesa e al culto doveva dopo 40 giorni farsi benedire e purificare alle porte della chiesa. Per rendere possibile la sacrosanta battaglia contro il sesso la chiesa è ricorsa ad un modello femminile soffuso di celestiale candore. Ed ecco che alle Tre Persone della SS. Trinità (Padre, Figlio, Spirito Santo, tutti al maschile) viene aggiunta una quarta, quella della Vergine Maria. L'icona della nuova Eva, l'ideale della purezza. Essa fonda la sua verginità descritta nei Vangeli dell'infanzia di Gesù in Matteo e Luca: Gesù nasce senza il rapporto sessuale con Giuseppe, padre tutore, dogma definito nel Concilio di Costantinopoli (381): "Gesù incarnato per opera dello Spirito Santo nel seno della Vergine Maria". Si utilizza quindi anche il materiale di certi vangeli apocrifi come quello dello pseudo Matteo. Nel 649 il Sinodo Laterano definirà che Maria fu vergine prima del parto, vergine durante e vergine dopo. E si riporta anche il fatto che allorché la levatrice volle toccare con mano il prodigio, la mano le restò seccata. Di qui la successiva interpretazione dei Vangeli in cui i fratelli e sorelle di Gesù vengono considerati cugini oppure fratellastri e sorellastre. Verso il 1200 nacque una discussione fra Domenicani e Francescani. I Primi con la testa S. Tommaso, dottore della chiesa, sostenevano che Maria era nata come tutti con il peccato originale. Cioè il rapporto sessuale dei suoi genitori, Gioachino ed Anna, aveva trasmesso in lei il peccato di Adamo. I Francescani invece negavano. La chiesa diede ragione a questi ultimi così nel 1854 Pio IX dichiarò il dogma dell'Immacolata Concezione. Esso se ne porta dietro anche un altro. Che stando così le cose, Maria non è morta come tutti i membri del genere umano, ma è stata assunta in cielo in anima e corpo: ed ecco il dogma dell'Assunzione nel 1950. E mentre lungo i secoli è aumentata una certa divinizzazione mariana, è diminuita invece la dignità della donna.
                                           La donna strumento di Satana.
Essa è stata considerata, è considerata come lo strumento di Satana che porta alla deriva l'umanità verso il vizio sessuale. L'affermazione non ci deve meravigliare più di tanto se anche Papa Wojtyla affermava verso il 1990 che nel matrimonio l'uomo può guardare la propria moglie solo castamente. In conclusione: la storia della chiesa ci presenta in Maria una donna asessuata, a cui tutti possono guardare per sublimare la propria sessualità e vivere in perfetta castità. Ed anche il celibato dei preti, diventato obbligatorio più per motivi economici che non di Vangelo, è possibile imitando Maria, la donna asessuata. E così siamo arrivati a questo punto, che dopo tanti rigorismi, repressioni, angelismi, per una certa qual reazione si e finiti ad un vero "libertinaggio" sessuale. Di sesso e di porno oggi si vive, oggi si muore. La chiesa deve cogliere l'occasione per ristudiare tutto il complesso fenomeno della sessualità umana. Inutile continuare a teorizzare sulla pillola, preservativi, omosessualità, pedofilia, internet, ecc. La sessualità fa parte della spiritualità umana. Non esiste celibato senza sessualità, pure ammettendo che questa possa essere investita in attività ideali e professionali oltre la genialità. Togliere la donna dalla segregazione, dalla marginalità sociale, dall’inferiorità significa diminuire il frutto proibito. E la chiesa può farlo anzitutto dando spazio e diritti alle donne per esempio presso la Curia Romana e in tutte le gerarchie del mondo. Non si può proseguire su questa strada solo con cardinali maschi e celibatari. E poi organizzando un Concilio ecumenico, globale, internazionale in materia, ascoltando anche i contributi di tutte le scienze umane, psicologia e pedagogia in primis. Solo così potremo tentare di raggiungere un equilibrio in un settore umano, come quello della donna e della sessualità, oggi finito alla deriva.

Autore:
Albini Michelin
30.04.2010

venerdì 12 febbraio 2016

CHIESA E PEDOFILIA DEL CLERO: LUNGHI SILENZI, INTERVENTI TARDIVI

La pedofilia, cioè l'abuso sessuale nei confronti dei bambini e dei minorenni è un brutto vizio antico quanto il mondo. È esistito in tutte le epoche, in tutte le civiltà, e anche (purtroppo se pure in percentuale minore) in tutte le religioni. Indubbiamente la diffusione non giustifica la prassi davvero losca ma non deve nemmeno inveire contro le vittime per sentirsi innocenti e più onesti dei profittatori. Non dimentichiamo anche che abusi sessuali sui minori si verificano presso ogni ceto di persone: celibi, sposati, single, omosessuali, genitori, preti, credenti o religiosi, istituti, orfanotrofi, educandati, seminari, scuole, con una frequenza maggiore fra gli uomini che non fra le donne. Ogni giorno compaiono in rete 135 siti per violenza contro i minori. Oggi però più che nel passato stiamo assistendo ad una vera escalation del fenomeno e quello che fa scalpore, indignazione, scandalo è che gli abusi vengono compiuti dal clero e dagli uomini della chiesa cattolica. Anche qui, chiariamo, non è che ciò non si verifichi nelle altre chiese, ma nella cattolica si costata una percentuale maggiore. Il volume trasgressivo nel clero è senz'altro più contenuto che nel mondo laicale (in effetti fra 400 mila preti, circa 3 mila sono attualmente nella lista dei colpevoli o indiziati, cioè meno dell'l %), ma è il tipo di professione che provoca condanne più che violente. Per non evadere dalla cronaca dirompente divulgata in questi mesi, è opportuno anche dare un ragguaglio analitico, numerico delle vittime che negli ultimi dieci anni iniziarono a reclamare giustizia e risarcimenti finanziari per casi subiti da circa mezzo secolo ad oggi. Usa: Fino al 2003 presentate 11 mila denunce contro 4400 religiosi. Si tratta di un numero cumulativo. Si sa che la diocesi di Boston ha dovuto svendere tutti i suoi possedimenti per risarcire le vittime, alcune delle quali oggi anziani. E altre diocesi boccheggiano. In quella nazione le reazioni si sono addirittura coalizzate in gruppi di pressione. In effetti alcuni chiedono che Papa Ratzinger si dimetta e che si presenti in tribunale, causa i silenzi della chiesa. Al che qui si potrebbe anche obbiettare che di pedofilia è responsabile il singolo e non l'istituzione a cui si appartiene. Come se un dipendente della Fiat compisse un omicidio e il tribunale condannasse l'azienda automobilistica al risarcimento o alla prigione. Per obbiettività non si deve pensare che in Usa i vescovi tendessero tutti a coprire questo malcostume. Un caso esemplare, ma non unico: il vescovo J. Cummins della diocesi di Oakland (California) nel 1981 chiese al Vaticano di esonerare dall'ufficio il sacerdote S. Kiesl, in quanto condannato dal tribunale per violenza sui minori. Il documento rimase senza risposta, così nel settembre del 1982 fu indirizzato direttamente al Card. Ratzinger, prefetto del dicastero ad hoc. Solo nel novembre 85 una missiva: "in faccende così delicate si deve riflettere quali effetti potrebbe produrre sul buon nome e sulla dignità della chiesa". L'esonero avvenne solo due anni più tardi, nove anni dopo la condanna del tribunale. Certo la domanda: "ma l'onore della chiesa vale più dei diritti abusati di un bambino indifeso?". Meraviglia la preoccupazione di tanto look, quando i primi Padri del Cristianesimo non si vergognavano di definire la chiesa: "casta meretrix = casta prostituta), cioè un popolo di Dio con i suoi limiti, peccati, tradimenti che tuttavia non cessa di camminare verso il Signore purificato dagli scandali. Irlanda: 2500 le vittime degli abusi compiuti dal clero fra gli anni 1940-80. Nella sola diocesi di Dublino 46 i preti condannati negli ultimi 30 anni e un centinaio le organizzazione religiose indagate. J.Magee, irlandese, ex segretario di tre papi (Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II) dimissiona a fine marzo 2010, colpevole di aver coperto reati di pedofilia. Norvegia: il vescovo G.Müller ha ammesso gli abusi contro un chierichetto commessi 20 anni fa, risarcito con 60 mila euro. Si è dimesso nel giugno 2009. Germania: Delle 27 diocesi 19 sarebbero coinvolte, 250 i casi accertati fra il 1950-80. Al momento i religiosi indagati sono 14. Il numero, secondo fonti ufficiose della Curia, potrebbero essere 20 volte superiori. La richiesta di indennizzo da parte dei tribunale sarebbe di euro 10 mila per abusato. Olanda: ondata di rivelazioni, 250 denunce pervenute fra il 1959-83, duecento ex allievi presso una scuola salesiana. Svizzera: Una sessantina di segnalazioni negli ultimi 50 anni, dieci casi negli ultimi 7. Alcuni sacerdoti scontano la pena in carcere. Una decina di casi attualmente sotto esame. Italia: A Chievo di Verona dal 1950 all'80 in un istituto di sordomuti 67 piccoli furono abusati da religiosi. Il vescovo dovrà presentarsi in tribunale con il sospetto sulla curia di aver taciuto presunte denunce. L'associazione "Meter" diretta da don Faustino Noto di Palermo segnala un'ottantina di preti coinvolti negli ultimi 10 anni, di cui una quarantina condannati. La chiesa finora aveva deciso di trattare al proprio interno tutta questa problematica, dice E.Caffo, presidente di Telefono azzurro. Un caso finito in Tv: Marco Marchese a 12 anni subì violenze nel seminario di Agrigento da certo don Bruno Poleo e per 4 anni. Nel 2000 si rivolse al vescovo C.Ferraro, che per tutta risposta lo obbligò al silenzio e a non deferire nulla alla magistratura. Nel 2004 il sacerdote fu condannato a due anni di reclusione. Il vescovo citò il Marchese per danni inferti all’immagine chiesa, esigendo 2000 euro di risarcimento. Il prelato dovette ritirare il tutto perché nel 2006 la vittima parlò e svuotò il sacco a ”Mi manda RAI 3” con Gad Lerner il 19.4.2010. Don Fr. Ratti ipotizza che l’Italia è più inguaiata in questi scandali, ma tace perché religiosamente e culturalmente mafiosa, omertosa. Silenzio, perché il rapporto col sacro, leggi prete, è tabù inossidabile, impensabile scalfirlo: il più grave sacrilegio. Una cultura del silenzio che non è servita a nulla, anzi ha gettato ombre oscure sull'istituzione. Ma non vale la pena dilungarsi sui numeri destinati forse ad aumentare. Per completezza giova citare il caso di Padre Marcel Marcial Dellogado, messicano, fondatore dei "Legionari di Cristo", un'istituzione che conta parecchie migliaia di aderenti, 750 sacerdoti, 2.500 seminaristi di 38 nazionalità, 15 università. Deceduto ultraottantenne nel 2008, per oltre una quarantina d'anni abusò di adolescenti, addirittura di due suoi figli avuti da una relazione ventennale con Bianca Estala Lara. Così ammise una sua figlia, oggi di 23 anni. Il cardinale Rivera del Messico Io difese, Papa Wojtyla lo definì: "guida efficace della gioventù". Ritirato dalla circolazione due anni prima della morte. Ma oggi i figli vogliono essere risarciti dal Vaticano e i membri dell'istituzione hanno chiesto che venga addirittura soppressa.
                                          La contrapposizione di due blocchi.
Nel marasma di questa situazione si è creato un vero accanimento fra i due fronti: da una parte quello laicale (credenti o meno, vittime degli abusi e loro sostenitori, il popolo degli onesti), e quello clericale (gerarchia e quanti con essa si identificano per la vita e per la morte, nel bene e nel male, nella buona o nella cattiva sorte), rinunciando magari ad una autonomia di giudizio. Da parte del primo blocco giungono proteste sul tipo: "La chiesa protegge sempre se stessa e non i deboli, i carnefici e non le vittime. Questa bufera la chiesa se la merita. Il silenzio sui preti pedofili si aggiunge ai tanti silenzi nei confronti della corruzione politica, della speculazione, dell'evasione fiscale, dell'illegalità”. Altre reclamazioni: la chiesa ci ha scomunicato perché difendiamo l'aborto terapeutico, le coppie di fatto, il testamento biologico, ora noi chiediamo che la chiesa scomunichi se stessa per la sua     omertà sui bambini. Quest'ultimo grido appartiene al gruppo "Scomunicateci", composta da 4 mila aderenti. Lo Spiegel, rivista tedesca intitola "Scheinheilige" (Ipocriti), e l'Espresso settimanale nostrano: "Pedofilia, l'inferno italiano. Dopo anni di silenzio arrivano le denunce". Anche la gente dello spettacolo reagisce a suo modo, come L. Littizzetto satirica, ma qui non tanto, quando si ripromette che il Papa condanni la pedofilia del clero con la stessa grinta con cui condanna il preservativo e la pillola. Si preannunciano anche manifestazioni, prossime, nell’anniversario delle tesi di Lutero, in cui 50 mila fra vittime della pedofilia, familiari, sostenitori, vorrebbero marciare in piazza S. Pietro per le loro rivendicazioni. Sul fronte della chiesa gerarchica (a parte l'intervento di Papa Ratzinger alla chiesa irlandese del 20.3.10 che riportiamo qui sotto), forse sarebbe più consono alla verità ammettere pur qualche responsabilità, anziché atteggiarsi a vittima, martire, perseguitata, chiamando a raccolta il popolo delle facili emozioni. Sentiamo qualche spezzone del capo orchestra Marcello Pera, scrittore, parlamentare della destra cattolica italiana: "E' in corso una guerra campale fra laicismo e cristianesimo. Ignobile intento di colpire il papa, di infangare la sua tonaca bianca, di spegnere il suo sorriso mite e dolce. Pasqua di veleni, calunnie, si vuole distruggere la chiesa. Lobby mondiale contro il papa e la chiesa, peggio dell'antisemitismo. Dagli Usa solo speculazioni. Nemmeno ai tempi dei martiri la chiesa è stata così vilipesa." Ambiguo l'intervento di Padre G. Amorth, esorcista del Vaticano, che ha liberato, si dice, migliaia di persone dal demonio e che qualche settimana fa affermò essersi Satana annidato in Vaticano e ora ti gira il giudizio definendo posseduti da satana coloro che accusano di connivenza la gerarchia della chiesa. Vacci a capire.
                                     Manca il coraggio: ”la verità vi farà liberi”.
Qui vale la pena dare un contributo al grave fenomeno citando qualche documento del Vaticano da 40 anni a questa parte. Ognuno di essi si ricollega al senso di un antico adagio "si non caste, tamen, caute". Se non sei casto sii almeno cauto. Una prescrizione pontificia del 1517 (!) fissa una tassa per i preti che chiedono il perdono degli abusi sessuali: libbre 291 se compiuti con adulti e 31 con bambini. Il diritto dei minori non entra in considerazione. Nel 1962 il Sant'Ufficio (dicastero della fede), tramite il Cardinale Ottaviani aveva comunicato ai vescovi (Crimen Sollecitationis) l'obbligo del segreto totale sulla pedofilia del clero. La divulgazione punita con la scomunica. Quarant'anni più tardi il 20.5.2001 il Cardinale Ratzinger successore allo stesso Dicastero confermava la disposizione. Questa viene alla luce nel 2003 durante un processo alla corte del Texas (Usa) in cui il Cardinale era stato citato a rispondere. Ma poiché nel 2005 divenne Papa godette dell'immunità in quanto Capo di uno stato straniero. Nel febbraio 2002 sulla Rivista 30 giorni il Cardinal Bertone segretario di stato vaticano prendeva posizione in materia così: "il Vescovo non è obbligato a denunciare al Magistrato il sacerdote che gli confida abusi di pedofilia". Una volta Papa Benedetto XVI però prese posizione chiara e decisa. Non c'importa se costretto dagli eventi o dall'evidenza dei fatti. Il 20.3.2010 nella lettera ai cattolici irlandesi scrive chiedendo scusa agli abusati: "Sento vergogna, rimorso, dolore. Sarete giudicati da Dio e dai Tribunali umani. Nello stesso tempo continuate a collaborare con le autorità civili nell'ambito della loro competenza". L'intervento era già nell'aria e qualche giorno prima il Cardinal Brady nella cattedrale di Dublino aveva chiesto scusa per i silenzi nei confronti dei pedofili. E Mons. Akermann, portavoce dell'episcopato tedesco, aveva ammesso qualche caso di occultamento e insabbiamento. Per tutti va ricordato l'intervento del primate del Belgio A. Leonard: "Dobbiamo restituire dignità a chi è stato sfruttato. Per decenni la chiesa non ha gestito al suo interno il problema pedofilia quando aveva tutte le ragioni evangeliche per vegliare sul rispetto dei bambini. Abbiamo preferito il buon nome e l'onorabilità della chiesa e dei suoi dignitari all'onore dei bambini". Un grande e sincero grazie a questo vescovo. Ma dobbiamo anche ringraziare i non credenti e laici che con la loro sensibilità ci hanno aiutato a capire e intervenire. Noi cattolici dobbiamo evitare il delirio di onnipotenza.
                                                  Cause e rimedi del fenomeno
Anzitutto va presa più in considerazione la sessualità umana anche del clero cattolico. Essa fa parte della persona, non un’opzione da attivare solo per fare bambini. Quindi o la si realizza nell'affetto normale e con il partner, o la si riesce a sublimare verso ideali superiori (arte, religione, solidarietà), oppure la si esprime deviando, tipo pedofilia. Qui non serve la repressione sessuale, serve piuttosto una cura sul disturbo evolutivo della personalità. Più a rischio sono le persone residenti in istituti di solo maschi con religiosi educatori pure maschi e obbligati dal celibato. Perciò inserire educatrici donne, più inclini alla difesa dei bambini, sarebbe anche un contributo alla soluzione. L'assenza del femminile nella chiesa può solo nuocere ad una sana pedagogia. Forse anche il libero matrimonio per i preti potrebbe essere un elemento da riconsiderare. Altro motivo della pedofilia clericale e non solo potrebbe essere l'istinto di potenza. Allorché uno non riesce o non può condividere la sua sessualità con un adulto in dialogo, può finire verso un debole, il minore che non sa reagire, e l'aggressore può esprimere tutto il suo sadismo di possesso. Il motivo per cui poi queste "storie" sono saltate fuori soltanto ora può avere una spiegazione. Ieri la sessualità era un tabù, non se ne doveva parlare. Per di più ogni tipo di trasgressione in materia veniva livellata: sesso extraconiugale, sesso omosessuale, masturbazione, pedofilia, tutto veniva rubricato entro una cassetta postale: "Peccato impuro". Oggi la sessualità è stata detabuizzata, quasi a esercizio ginnico o sportivo. Però con un salto qualitativo. Se esercitata con adulto consenziente non fa problema sul piano etico-civile, se con un bambino viene ritenuta inaccettabile, considerata atto di violenza di fronte ad un indifeso. Il primo aspetto può essere un degrado etico, il secondo invece è un progresso etico, anche se prima della chiesa qui ci è arrivato il mondo laico. Sul piano dell'intervento sociale sono da sostenere e incoraggiare diverse iniziative messe già in atto da alcune chiese nazionali. Obbligo di deferire il pedofilo alla giustizia civile (e qui andrebbe ridiscusso l'istituto della confessione al canone 983 che impone l'obbligo del segreto). La chiesa tedesca ha istituito un numero verde per denunce di molestie. Qualcosa di simile in Italia, diocesi di Bolzano. In Svizzera la presidente della Confederazione D. Leuthard sostiene la messa in atto di una lista nazionale di preti pedofili, come già esiste per gli insegnanti delle scuole. Il Codice penale non fa differenza prete o laico. Tutto si sta rivelando, qualcosa si muove nel rispetto dei minori. Non meravigliamoci se l'espressione "prete pedofilo" è diventata oggi gergale. Da una parte si può capire che il Papa oltre alla chiara presa di posizione abbia aggiunto "non lasciarsi intimorire dal chiacchiericcio contro la chiesa". Però dall'altra essa deve avere anche l'umiltà e la sincerità di non fare del vittimismo gridando al complotto e condannando l’esigenza di bonifica come complicità degli atei, tesa a denigrare la "santa" chiesa di Dio.

Autore:
Albino Michelin
16.04.2010

PERCHÉ ACCUSARE DIO DEL MALE NEL MONDO?

Recentemente una signora di origine friulana S.C., lettrice del Settimanale “Rinascita”, mi telefonò desiderando un'opinione su di una affermazione così espressa: "l'evoluzione del mondo è possibile solo a prezzo della sofferenza. Così come il lavoro è possibile solo a prezzo della fatica. La sofferenza non è Dio che la vuole". Aggiunse che tale affermazione viene citata nel libro: "L'anima e il suo destino" di Vito Mancuso. Intanto c'è da complimentarsi che emigrati italiani si dedichino a questo tipo di letture, assai lontane dai gossip in circolazione. Un libro, sul fronte opposto del romanzo "Codice da Vinci" che tutti i credenti dovrebbero leggere. Siccome l'argomento "male, dolore, sofferenza ... " è antico quanto il mondo non è che si possa risolvere in un articolo di stampa. Si può comunque sempre dare un'indicazione orientativa in base alle riflessioni degli studiosi e degli illuminati contemporanei. Per semplificare il linguaggio usiamo l'espressione "male" in senso inclusivo. Cioè essa può includere il male metafisico (quello che deriva dalla finitudine e dalla provvisorietà del mondo), il male fisico (dalla fame, alle malattie, alle guerre) e male morale (quello lacerante nel cuore dell'uomo) secondo i versi del Leopardi: "se a ciascuno l'interno affanno si vedesse in fonte scritto, quanti che invida fanno ci farebbero pietà". Quella del male è una domanda eterna. Si nasce piangendo, si muore nell'angoscia. E la domanda noi la poniamo sempre a Dio, il che non è esatto. Qualche tempo fa a Lamon, località del bellunese, in una conversazione sul tema una signora mi rispose che il male del mondo viene dal peccato originale. Adamo ha disobbedito a Dio, ha mangiato la mela e così si è causato la morte per sé e per tutti i discendenti. Al che risposi che le antenate delle pecore di quel paese non avevano compiuto nessun peccato originale, eppure le pecore oggi muoiono lo stesso anche loro. Dobbiamo fare attenzione di non usare troppo facilmente frasi fatte come se fossero ricette per ogni soluzione. Nella morte delle pecore Dio non c'entra nulla e perché dovrebbe entrarci in quella degli uomini? Il filosofo Epicuro, due secoli prima di Cristo, diceva: Se Dio può sconfiggere il male del mondo e non lo fa allora è un insensibile. Se lo vuole ma non può, significa che è un impotente, una nullità. E A. Camus, scrittore del secolo scorso, affermava: "mi rifiuto sino alla morte di credere in una creazione divina dove i bambini sono torturati". E Sartre a ruota: "il male rende assurdo il mondo e l'esistenza di un supposto creatore". Non occorrono ulteriori citazioni, il male è un po' lo zoccolo duro degli agnostici e degli atei. Non si può credere in un Dio che i cristiani predicano come buono e misericordioso e poi permette sciagure e stragi degli innocenti.
                                                    La Mappa mondiale dei mali.
Oggi il mondo è diventato più piccolo, in quanto attraverso le tecniche mediali conosciamo tutto di tutti. Ma è diventato anche più grande perché non si riesce a trovare risposte univoche ad un pluralismo di civiltà pervenute alla nostra conoscenza. Quali sono i luoghi del male e in quali contesti si evidenzia? Oceania (Australia, Nuova Zelanda, Stati insulari) oltre 30 milioni di abitanti. Rischio di effetto serra per i cambiamenti climatici e conseguente esodo di popolazioni. Si alza il livello del mare con pericoli incombenti. Territorio che preannuncia sinistri eventi futuri: nel 2050 si prevedono nel mondo 150 milioni di profughi ambientali. Asia, dove convivono due Cine, due Indie, due Giapponi. Spaventoso il divario fra ricchi e poveri. Corruzioni, tangenti, mafia, violazione dei diritti umani. Condizioni di lavoro disumane. Nelle campagne aumento dei suicidi. Discriminazioni contro le minoranze etniche, razziali, religiose. Turismo sessuale, decenni svendute come prostitute. Commercio degli organi umani. Devastazioni ecologiche. Africa, il continente di tutti i mali. Catastrofi naturali, pandemie, carestie. Traffici di armi e droghe. Il continente più ricco di materie prime e più indebitato. Corruzioni dei governanti, guerre tribali, masse di emigrati alla ricerca di un rifugio politico, milioni di malati d'Aids. America Latina, latifondismo scandaloso a spegnere il grido: "la terra è di tutti". Migrazioni interne, bambini ninos della strada, favellas, baraccopoli. Teologia della liberazione tra fame, sette religiose, stregoni, diavoli e macuba. Mettiamoci anche El Salvador, terra vulcanica causa delle scollature nelle placche continentali. Alcolizzati per disoccupazione, migliaia di storpiati dalle guerre, politiche di dominio e di assimilazione. Canada, abusi culturali contro gli aborigeni. Abusi sessuali e pedofilia. Europa, i mali del nostro continenti li conosciamo tutti perché li viviamo nella nostra pelle. Disumanizzazione, sfruttamento economico, tecnicismo, perdita dell'anima.
Una mappa questa del male nel mondo che viene guardata però con memoria selettiva. Si preferisce ricordare sempre e solo le tragedie dei ricchi: I' 11 settembre 2001 con le Torri Gemelle di New York (3-4 mila morti), I' 11 maggio 2004 con l'attentato di Madrid. Ma i bombardamenti in Afghanistan, il milione e duecentomila morti in Iraq in continuo aumento chi ama ricordarli? Il dolore dei poveri non ha calendario.
                                                           Le nostre colpe
Le statistiche dicono che oggi 850 milioni di persone patiscono la fame, senza contare qualche miliardo sotto la soglia di povertà. 50 mila i decessi giornalieri di bambini: uno ogni 5 secondi. A Bombay India ogni mattina salme scheletriche di bambini vengono raccolte dai camion della spazzature. Nel 1984 (un caso fra centinaia) 20 mila persone morirono causa la rottura di una fabbrica chimica di pesticidi. Quattordici milioni sono i malati di Aids nel mondo, buona parte segnati dalla morte. Un cittadino Usa vale lo stipendio e la dignità di 50 haitiani. Nell'America centrale una donna per ogni maglietta guadagna 29 centesimi di dollaro, che la Nike, suo datore di lavoro, incassa 45 dollari. Il mondo è pieno di Rosarno e di Castelvolturno, con le loro rivolte degli extracomunitari, ridotti a vivere da topi e con i topi. 250 milioni sono i bambini sottoposti a sfruttamento nel lavoro. Il sequestro di un uomo bianco non vale la tortura di mille congolesi. In una partita di calcio il costo di 22 giocatori arriva anche a 700 milioni di dollari, 30 milioni per ogni esperto della pedata, smaccata ostentazioni di ricchezza da parte del mondo possidente, insulto ai poveri. Nostra consolazione, che moretti e meticci si dilettino ad assistere ai campionati mondiali di calcio, ai carnevali di Rio e di Venezia e applaudire il Papa in Tv, così si distraggono dai morsi della fame. Per 500 anni quasi metà della terraferma fu costituita di colonie in mano agli occidentali, circa 600 milioni di persone. Considerata terra di nessuno subì saccheggi e deportazioni. E non è che ci sia mai passato per la testa il dovere di restituire. Si dirà che il colonialismo è scomparso. Non è vero, è stato rimpiazzato da un neocolonialismo, cioè controllo politico ed economico sotto la morsa dell'indebitamento. La costruzione di un missile costa quanto sfamare migliaia di persone, ma noi si preferisce il missile. Gli aiuti ai paesi terzo mondo da parte dei paesi occidentali sono addirittura diminuiti del 25%. Solo fra 150 anni si riuscirà a ridurre della metà la fame nel globo, nonostante le frottole dei 185 capi di Stato. All'interno di questo scenario noi spendiamo migliaia di milioni per ansiolitici, per dimagrire, per rifarci i seni e i glutei, per la pornografia, per le crociere di lusso. Il dolore nel mondo anziché diventare ira profetica e reazioni fattiva rimane solo curiosità. Il fotografo Kevin Carter è stato premiato nel 1974 dal New York Times per una foto ritenuta "originale": Bimba sudanese ridotta a scheletro si trascina verso un dispensario, crolla a terra, esausta. Un avvoltoio le vola accanto per cibarsi di lei. E' stato un momento di gloria per quel fotografo catturare una tale immagine. Poco più tardi Carter preso da rimorso per non aver fatto nulla per salvare la bambina, si tolse la vita. Di tutto questo strazio umano che abbiamo sopra descritto su chi ricade la colpa se non sul nostro egoismo? A che serve buttare sempre la colpa su Dio?
                                 La religione buddista ha qualcosa da insegnarci.
Un limite della teologia cattolica è quello di non confrontarsi con le teologie e dottrine delle altre religioni. Si pensa che la nostra vada bene per tutte, che tute debbano accettarle. Mai ci è passato per la mente che anche noi dovremmo imparare dalle altre teologie. Ad esempio i buddisti della Tailandia che nel tsunami del 26.12.2004 avevano perso tutto, interrogati, ci si è accorti che per loro non esiste il problema del male secondo la nostra mentalità. Non hanno l'idea di un Dio onnipotente che ama o castiga a secondo dei casi. Per i buddisti tutto, compresa la vita umana, tutto è effimero e passeggero. Per loro il mondo non è né buono né cattivo: la sapienza sta nel veder e accettare le cose come sono. La sofferenza consiste nel non-accettare la realtà. Questo rifiuto essi lo chiamano ignoranza, (che non ha nulla a che vedere con l'analfabetismo o la mancanza di cultura libresca). Il male per il buddismo è l'ignoranza, cioè gli uomini diventano prigionieri delle loro brame dando ad esse valore assoluto, e al proprio "io" la supremazia su tutto. Quanto noi chiamiamo diritti umani essi chiamano ignoranza. Bisogna liberarsi da essa, cioè dai propri desideri smodati, dal proprio io centro dell'universo e allora si otterrà la sapienza illuminazione. Dottrina difficile da accettare per noi occidentali, incentrati come siamo sul "valore della persona". Però assumere un po’di questa sana indifferenza, secondo alloro meditazione mentale, può essere curativo anche per noi. D'altronde non dice pure Gesù: "chi vuole seguirmi, rinunci a se stesso?" Un equilibrio fra le due concezioni renderebbe un buon servizio in merito.
                             Mondo in evoluzione: il suo prezzo è la sofferenza.
E qui abbiamo l’obbiezione classica: "ma Dio non poteva creare un mondo diverso, senza metterci in questa situazione di rischio? II rischio di sismi, di incidenti, di guerre, di cattivo uso della nostra libertà? Discorso ozioso. Intanto se Dio è onnipotente, non Io è in tutti i sensi. Per esempio Dio non può fare un cerchio quadrato, ed un ferro di legno. Dio non poteva creare un mondo infinito e perfetto, se no creava un doppione di se stesso, in concorrenza. Invece Dio ha fatto il mondo affinché sia in continua evoluzione. Ad esempio terremoti e sismi, maremoti e tsunami ci dicono che la terra è ancora in cammino. Certo immane disgrazie per chi sì trova coinvolto. Ma anche qui va fatto un ragionamento: il terremoto in Turchia del 1999 ha causato 17 mila morti, per lo più poveri, perché non erano state rispettate le norme edilizie. Il disastro ha qualcosa di positivo perché provoca l'intelligenza e la sensibilità dell'uomo: studiare il sottosuolo.
Così oggi noi sappiamo con una certa previsione che entro 40 anni 47 capitali del mondo potrebbero subire un sisma (di cui 8 in Italia: Udine, L'Aquila, Terni, Campobasso, Potenza, Napoli, Reggio Calabria, Messina). Il che significa che attraverso la sofferenza (=attenzione, studio...) abbiamo maturato un'evoluzione, nel caso come conoscenza. E qui si pone un interrogativo: in Turchia ad Istanbul in 50 anni si è passati da un milione a 10 milioni di abitanti, causa l’assenza di criteri sismici. Vale la pena in futuro arrischiare? Piantare abitazioni dovunque e senza criteri geologici? Quanto dolore e sofferenza si potrebbe risparmiare.
Se Dio ha voluto un mondo in evoluzione bisogna darci da fare con lo sviluppo delle scienze. Nel medioevo quando arrivava la peste aumentavano processioni, apparizioni mariane, penitenze, ma la peste continuava. Oggi attraverso le scoperte della medicina molte malattie sono scomparse. Ne arriveranno altre? Ovvio, il mondo è in continua “sofferenza”. L’ha intuito anche Paolo nella sua lettera ai Romani(8,22). Ma non bisogna demordere. E qui ci possiamo confluire nel messaggio cristiano. Dio ha creato il mondo come "finitudine", cioè non perfetto, ci vuole pazienza, mediazione del tempo, oltre al quale "Dio sarà tutto in tutti". Se dopo questo discorso ci permettiamo una conclusione cristiana, allora l'atteggiamento di Gesù ci darebbe una mano. Quando si è trovato di fronte ai sofferenti non ha mai fatto teorie, moralismi, non ha dato spiegazioni sull'origine della malattia: ha guarito e incoraggiato. Incontrando il cieco, alcuni hanno chiesto a Gesù chi aveva peccato, se i genitori o gli ascendenti. E Gesù rispose: "nessuno ha peccato, questo avvenne perché si manifestasse la gloria di Dio". Frase un po' sibillina. Forse voleva dire: affinché si manifesti la solidarietà fra il prossimo. A coloro che si lamentano infine perché Dio ci ha messo al mondo e in una mare di guai, si potrebbe rispondere: "perché le coppie oggi continuano a mettere al mondo figli? Non potrebbero risparmiare loro rischi e dolore?" Ci risponderebbero: "li mettiamo al mondo perché essere, esistere, è sempre meglio che non essere, non esistere". Allora la pensano anche loro come Dio, come Gesù, cioè che il dolore ed il male non avranno alla fine l’ultima parola. A patto che ci si metta anche del nostro per quella molta parte di relazioni fra uomini che ci concerne: aiutati che il ciel t’aiuta.

Autore:
Albino Michelin
26.03.2010