venerdì 3 giugno 2016

MARCO PANNELLA: NON CONVERTIAMOLO IN "ARTICULO MORTIS"

Il 19 maggio 2016 è morto Marco Giacinto Pannella all’età di 86 anni, indubbiamente un protagonista della vita politica e civile italiana degli ultimi 60 anni. Ai suoi funerali civili di Piazza Navona al canto del Requiem di Mozart venne omaggiato da tutti i rappresentanti delle associazioni politiche, ovviamente con immancabile ipocrisia, da innumerevoli cittadini, nonché dai carcerati e dai monaci tibetani. Definito il guerriero e il leader dei diritti civili, a lui l’Italia deve molto se tanti di questi son stati acquisiti anche nel nostro paese. Aveva un carattere vulcanico, tumultuoso, aggressivo, logorroico, retorico, sceriffo, giamburrasca, don Chisciotte, mattatore, leonino, protervo, istrionico nella difesa dei valori in cui credeva. Libero, liberale, libertario, libertino. Si lasciava chiamare frocio, drogato, visionario Anticlericale, esibiva a tracolla uno dei tanti slogan:” il clericalismo è una realtà, l’anticlericalismo una necessità.” Le sue battaglie sono a tutti note: introduzione della legge sul divorzio 1974, sull’aborto 1981, da sempre a difesa delle coppie di fatto, ed omosessuali, contro la pena di morte, contro il proibizionismo delle droghe leggere, contro la malagiustizia (lo testimonia la sua difesa a Enzo Tortora), contro ogni guerra, contro le pessime condizioni delle carceri, contro il finanziamento ai partiti, contro il respingimento dei profughi e dei rifugiati politici, contro l’esilio dei Tibetani in India, (ricorda il suo incontro con il Dalai Lama nel 2008 e il suo cagnolino battezzato con nome Tibet), pro aperture verso il Medio Oriente. I suoi bavagli:” cittadini difendete i vostri diritti”, accompagnati da gesti eclatanti, attrazioni da avanspettacolo, come i digiuni della fame e della sete, il bere la propria urina, il vestirsi da babbo natale per distribuire hascisc e canne, tutti gesti bizzarri per affermare però i diritti umani, che per la chiesa erano quasi tutti discutibili. E qui si può rispondere ad esempio che la legge sull’aborto non obbliga le donne ad abortire, ma concede il diritto di non ricorrere alle mammane con il rischi della vita o all’estero per chi ha la grana di auto sovvenzionarsi. Per cui il diritto per tutti, non toglie nulla a me, non diventa un dovere per me, non mi interessa. A Pannella non mancarono le contraddizioni e molti lo definirono incoerente. Come l’aver posto ad europarlamentare nel 1983 Toni Negri delle brigate rosse, nell’87 Ilona Staller pornodiva Cicciolina a Montecitorio, e nel 94 essere passato dalla parte di Berlusconi, che in quanto a diritti difendeva quelli dei propri interessi. Comunque le battaglie giuste restano tali anche se il suo profeta accusava colpi. Una considerazione non ultima che a qualcuno potrebbe sembrare marginale non va taciuta. E’ bastato che Pannella chiudesse gli occhi per l’ultima volta e già uscirono fuori diversi prelati ed ecclesiastici pronti ad insinuare a mezza bocca che il grande mangiapreti si era convertito in articulo mortis. Questa psicosi di inneggiare ad una conversione in extremis non rispetta la dignità di una persona e il diritto di morire atei, sostituendosi a Dio che solo conosce il cuore dell’uomo al di là delle etichette di circostanza, e che nulla ha da spartire con questa bramosia di conversione alla causa cattolica in zona Cesarini, in extremis, come si trattasse del ladrone sulla croce del Calvario. Il tutto lo vorrebbero comprovare con la lettera che il 12 aprile, un mese prima della morte, Pannella scrisse a papa Bergoglio e che qui giova riportare.” Caro Papa Francesco, ti scrivo dalla mia stanza all’ultimo piano vicino al cielo per dirti che ti stavo vicino a Lesbo quando abbracciavi la carne martoriata di quelle donne e di quei bambini, di quegli uomini che nessuno vuole accogliere in Europa. Questo è il Vangelo che io amo e che voglio continuare a vivere accanto agli ultimi, quelli che tutti scartano. In questo tempo non posso più uscire, ma ti sto accanto in tutte le uscite che fai tu. Un pensiero fisso mi accompagna ancora oggi. Spes contra spem. Caro Papa Francesco sono più avanti di te negli anni, ma anche tu ti trovi a vivere spes contra spem. Ti voglio bene davvero. Tuo Marco. Ps: ho preso in mano la croce che portava Mons. Romero e non riesco a staccarmene”. L’espressione latina è una citazione del testo di Paolo ai Romani. Egli ebbe fede sperando contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli e scrive riferendosi ad Abramo. Pannella come Giorgio La Pira la usa per riferirsi all’ottimismo della volontà alla capacità di sperare contro ogni speranza, spinto da un ideale e da una fede. Pannella qui contrappone la vera speranza all’essere speranza. Un Pannella dalle idee vaste e universali, non cattoliche, non religiose, ma profondamente spirituali, cioè con fede nell’immanenza più che nella trascendenza. Ma lasciamolo cosi, ateo, non voliamolo catturare alla causa cattolica. Diversamente ci fa venire alla memoria l’inquisizione del medioevo che quando un eretico veniva bruciato al rogo, gli si presentava un frate incappucciato brandendo un crocefisso e porgendolo o sbattendolo sulla bocca del condannato intimava: “pentiti anima dannata.”
Ci riporta al Conte Benso di Cavour, massone e promotore dell’Unità d’Italia che sul letto di morte nel 1861 si vide una folla di frati pronti a contendergli l’anima lottando contro il diavolo oppure a Renato Guttuso, grande pittore e del 900, comunista, che 15 anni dopo la morte avvenuta nel 1987, un monsignore lo celebrò convertito perché prima di spirare teneva in mano un santino di Teresa del Bambin Gesù. Oppure a Oriana Fallaci (+2006), rissosa anti-islamica, che il vescovo Fisichella disse convertita sul letto di morte perché cercava Dio. Oppure a Indro Montanelli, (+2001) giornalista scrittore da sempre ateo professo, che il Card. Ravasi dichiarò aver sfiorato la conversione. Oppure a qualche direttore di radio cattolica che accalappia il testamento della pia vecchierella moribonda per “le opere buone”. Ci basti pensare a Benedetto Croce, filosofo letterato, (+1952), che considerava ripugnante la strategia dei preti di dare l’assalto all’uomo in pericolo di morte e perciò si tutelò per tempo raccomandando alla moglie cattolica di non approfittare dell’infermità per strappare ad un uomo una parola che da sano non avrebbe mai pronunciato. Appellarsi al proverbio: “quando l’uomo si frustra, l’anima si aggiusta”, potrebbe essere una tentazione di marketing clericale. Di dubbio gusto è stato il regalino della corona del rosario a Pannella in fin di vita da parte di Massimo Gandolfini, promotore del Family-day e del matrimonio tradizionale cattolico fra uomo e donna. Sa di ironia.
La morte di Pannella va rispettata come atea, con il suo funerale civile e con il requiem di Mozart: non facciamoci una kermesse cattolica. Marco continui le sue battaglie. Lo spirito di Dio è molto più grande di quello dei mangiapreti, e degli anticlericali e degli stessi sacramenti in articulo mortis.

Autore:
Albino Michelin
25.05.2016