domenica 4 settembre 2016

BIKINI E BURKINI: RIEMERGE IL MASCHILISMO

Con tutti i problemi che ci assillano nell’estate 2016, come la disunione europea, il Brexit, i profughi del mare di cui 2.500 annegati nei primi 5 mesi, con il terremoto del Centro Italia ad accumulare morti e disagi, toh che dalla Francia si alza anche un polverone sul bikini e burkini, e tutta l’Italia a fare da bordone. Burkini si, burkini no, con il tentativo di farlo scivolare sul piano politico e su quello religioso fra cristiani europei e arabi musulmani. Soprattutto dopo che alcuni sindaci hanno emesso ordini di multare le donne che nelle loro spiagge indossino il burkini. Sui nomi e loro origine conosciamo tutto: bikini è un costume femminile considerato sconvolgente dagli arabi, e deriva da Bikini, isola corallina giapponese, dove si iniziarono le prime esplosioni della bomba atomica, in occasione della seconda guerra mondiale. Burkini è un costume che copre tutto il corpo ed inaugurato recentemente in Australia usato dalle musulmane, cui per completezza va aggiunto il facekini, costume per proteggere il volto dalle abbronzature invasive e indossato dalle cinesi. Per prima cosa va fatta chiarezza dal punto di vista religioso in quanto molti si appellano alla Bibbia e alla 1a lettera di Paolo ai Corinti (11,3-10) da una parte, o al Corano(sura,2,228) dall’altra. S.Paolo sostiene una gerarchia piramidale. La donna è sottoposta all’uomo, l’uomo è sottoposto a Cristo, Cristo è sottoposto a Dio. La donna deve coprirsi il capo in segno di accettazione dell’autorità maschile. La donna che prega a capo scoperto manca di rispetto all’uomo perché è come se fosse rasata. Se una donna non vuole coprirsi si tagli i capelli. Ma se per lei questo è una vergogna, allora si copra. Non è l’uomo che deriva dalla donna, ma la donna dall’uomo, essa è la gloria dell’uomo. Non è l’uomo fatto per la donna, ma la donna per l’uomo. L’uomo invece quando prega non deve coprirsi il capo perché egli è l’immagine e la gloria di Dio. L’Islam con il Corano ripresenta la medesima impostazione. Affermata chiaramente la supremazia dell’uomo sulla donna e che gli uomini si situano su un gradino più alto, sostiene che gli uomini sono preposti alla donna perché essi donano un parte dei loro beni per mantenerle. Le disobbedienti vanno ammonite, lasciate sole nei loro letti e battute. Ma se ubbidiscono non si maltrattino. E in paradiso donne belle e giovani saranno sempre a diposizione dei credenti maschi. Di qui come in S. Paolo discende il tipo di abbigliamento da indossare e a cui deve conformarsi il corpo femminile. L’abbigliamento non è quindi una questione di tradizione e di buon gusto ma un obbligo di sottomissione alle decisioni dell’uomo. Dietro al bikini, burkini e a qualsiasi velo in testa in primo luogo c’è l’idea che la donna è inferiore all’uomo e a lui sottomessa. E anche in chiesa per 1950 anni la donna fu obbligata a portare il velo. In un certo senso l’abbigliamento delle suore cattoliche ha la stessa origine. Soltanto che l’islam tende a fare suore tutte le donne. Cristianesimo e Islamismo sono strumento di oppressione contro le donne? Il primo in parte lo è stato, il secondo lo è ancora. Ma da quando le legislazioni laiche dichiararono uguali diritti uomo-donna, allora anche in occidente e nella chiesa la donna timidamente iniziò a togliersi il velo, le gonne ampie a nascondere le forme, i bustini rigidi ad proteggersi il seno. Ovvio che da parte cattolica si leverà qualche obbiezione: “ma come S. Paolo fa questi discorsi? Allora la bibbia non è più parola di Dio?”. La risposta può essere semplice. Va distinta l’ideologia dalla teologia. L’ideologia è quando si cita un’usanza del tempo e la si considera irriformabile, teologia quando si afferma che quella usanza è volontà di Dio e rivelazione divina. Ma in questo caso, come nel nostro, è anche l’evoluzione e i segni dei tempi a dare il loro giudizio morale. Tocca quindi alle donne decidere in libertà se andare in spiaggia in bikini, burkini o facekini. Che una sia araba, europea, nera, bianca, suora, zoccola, dei pezzi di stoffa che coprono il suo corpo decide lei. E per libertà non va inteso fare ciò che si vuole, ma cioè che è giusto, liberare il proprio corpo dalle decisioni del maschio è sempre un bene, come ogni liberazione dalla schiavitù. Che poi ci debba entrare anche una riflessione morale, come ad esempio il significato del pudore, senz’altro: ma questo deve essere il frutto di una riflessione di coscienza comune, paritetica fra uomo e donna. Che le autorità francesi o di qualsiasi stato quindi in nome del presunto adeguarsi ai “valori” dell’occidente e all’emancipazione vadano a proibire il burkini nelle spiagge è un gratuito attacco alla comunità araba, un pretesto per fomentare guerre contro l’islam, un saldo-conti contro gli attentati terroristici dell’Isis,(di cui la stragrande maggioranza degli arabi non ha nulla da spartire), una rivalsa inconscia che ci riporta al medioevo, un rigurgito di nostalgie virili e autoritarie nei confronti della donna o un po’ di tutto questo. Che il burka e il niqab, che negano il volto femminile alla società vengano proibiti per legge è cosa logica, è un diritto dovere di ciascuno esibire e mostrare il proprio volto. Il resto può chiamarsi zuffa per il controllo del corpo femminile e questo è il punto in cui siamo agli inizi del 2000 inoltrato, non ostante una congerie di gravi problemi planetari da cui non riusciamo a venirci fuori.

Autore
Albino Michelin
02.09.2016