domenica 22 ottobre 2017

PAPA GIOVANNI XXIII PATRONO DEGLI ESERCITI: UN OLTRAGGIO ALLA MEMORIA

Una bella chicca al Papa buono. Da alcuni decenni in chiesa non si recita più il "Santo Dio degli eserciti, perché tradotto nel più accettabile "Dio dell'universo", meno guerresco. Adesso è il turno di Papa Giovanni. Si tratta di un decreto firmato il 17.6. u.s.daI Cardinale Guinea-africano Sarah, presidente ultra conservatore del dicastero Vaticano del culto. Pare che lo stesso Papa Francesco ne fosse all'oscuro e nemmeno il segretario di Stato Parolin ne fosse informato. E il 12 settembre il Vescovo Generale del Corpo d'Armata S. Marcianò consegnò il decreto ufficialmente alla Ministra della Difesa Pinotti e alle autorità militari in un’assemblea ufficiale. E così Papa Roncalli (1881-1963) lo vedremo venerato d'ora in poi con l'elmetto in testa e il kalashnikov a tracolla. E' vero che nel 1901 all'età di 20 anni Giovanni Roncalli, seminarista a Bergamo, prestò servizio nel Regio Esercito italiano a sostituire il fratello Zaverio per necessità di lavoro nei campi. Ma dopo un anno si congedò abbandonando l'uniforme. E' vero che il 23.4.1915 allo scoppio della prima guerra mondiale viene richiamato in servizio e destinato all'ospedale di Bergamo come cappellano militare, condizionato e obbligato dal clima interventista del tempo, come di fatto avvenne anche a don Primo Mazzolari, parroco di Bozzolo nel Mantovano e difensore di pace. Ma alla fine della belligeranza se ne tornò alla vita ecclesiale esprimendo in pubbliche omelie profonda avversione alla guerra. Conosciamo tutti il suo percorso di pace fino al 1958 quando fu eletto papa, e apprezziamo l'evoluzione umana e spirituale che ha fatto di quest'uomo un pastore da oltre mezzo secolo emblema della pace e del rifiuto di ogni guerra. Né si può dimenticare il contributo singolare del 1962 per scongiurare il pericolo di un conflitto mondiale atomico fra Usa e Urss superando la crisi dei missili nella questione Cuba. E il contributo al primo disgelo nella guerra fredda ricevendo nel 1963 Rada figlia di Kruscev, l'allora potente segretario del partito russo. Verso la fine del suo papato emanò l'enciclica "Pacem in terrìs", in cui auspica il disarmo integrale condannando la guerra anche "giusta" quale fenomeno assurdo, alieno dalla ragione, come dire, roba da matti. Gli organi della Curia Romana in alcuni periodi del suo successore Wojtyla tornarono purtroppo a legittimare il mercato delle armi. Ricorda la denuncia di P. Zanotelli, mandato per castigo fuori dai piedi, al confino nel Kenya a catechizzare i bambini dell'asilo. Ora con questo decreto lo si vorrebbe tirare per la manica e giustificare la nostre guerre umanitarie e bombardamenti intelligenti in Kosovo(1999), in Afghanistan(2001), in Iraq (2003), in Libia(2011). Le reazioni da ogni parte, comprese quelle del mondo cattolico, non tardano. Questa uscita della Congregazione del culto non passa inosservata, anche perché prende in contropiede l'opinione pubblica, curia vaticana, e molti del clero compresi. Il Cardinal Bassetti, presidente dei vescovi italiani, dichiara di essere stato tenuto totalmente all'oscuro. C'è chi suppone un piccolo golpe al papa e una lezioncina per le sue aperture non molto condivise. Il vescovo Ricchiuti, presidente della Pax Christi: "assurdo umiliare papa Giovanni a patrono degli eserciti per legittimare le pazze spese militari dell'ltalia, 23 miliardi di euro per il 2017, una decisione che non rappresenta il sensus fidelium, la sensibilità dei fedeli, il buon senso. R. Nogaro, vescovo emerito di Caserta: "mi indigna questa vituperazione, fa orrore questa speculazione sulla sua immagine." Lo storico S. Tanzanella: "Il Generale vescovo Marciano' ha fatto un gesto sconsiderato arruolando Papa Giovanni alla protezione delle forze armate, oggi che il mondo è diventato un focolaio di guerre". Lo storico della chiesa A. Melloni rincara: "decreto tecnicamente nullo e politicamente una vendetta, complotto meschino e ingenuo". E P. Ramondo della Comunità di S. Egidio:" Ribaltare il ruolo. Opportuno che questo papa fosse stato proclamato patrono degli operatori di pace, di tanti giovani che svolgono servizio civile nelle zone di conflitto per abbattere muri e costruire ponti." Come conclusione pratica un discorso di fondo andrebbe fatto sulla presenza, il ruolo, il finanziamento pubblico dei cappellani militari. In Italia ne abbiamo 205 e con stipendi dorati, di veri nababbi. Il nostro Governo ha stanziato 30 milioni per il triennio 2017-19. E 3 milioni per le pensioni. In dettaglio un cappellano militare prende 4.100 euro di stipendio mensile. Se ne va in pensione con 3 mila euro al mese. Con aumenti secondo i gradi, di sottotenente, tenente, colonnello, ecc. Aggiungi retribuzioni varie, benefit, vitalizi. Il Vescovo militare poi, paragonato al Generale d'Armata, udite udite, il su citato Marciano', intasca 9.500 euro al mese e con la tredicesima arriva a 124 mila euro annui alla faccia dei pensionati, dei disoccupati, dei profughi. Mai un'osservazione critica si è levata dai cattolici devoti e dai nostri politici, mai un cenno di riforma. Leghisti, Cinque stelle, Pd, Fi. e Co. Dio ce ne guardi, ovvia la genuflessione deferente e bacia mano alla chiesa per garantirsi poltrona e carriera. La religione in Italia strumento di potere. Molti cittadini sensibili, praticanti o meno, inviano petizione al papa perché annulli l'insensata decisione, il decreto del Cardinale Sarah. Recentemente l'attuale Papa Francesco ebbe a dire:" non ci servono preti con i gradi." Ma neanche lui può di punto in bianco cambiare una legge del 1961 e anni successivi che equipara il sacerdote in divisa agli ufficiali dell'esercito. Papa Giovanni XXlll lasciamolo così com'è nella memoria popolare: l'hanno fatto anche santo. Resti per tutti il Papa buono, ma non mettiamogli l'elmetto in testa e il kalashnikov tra le mani.

Autore:
Albino Michelin
21-10.2017

venerdì 20 ottobre 2017

IO VENETO IN SVIZZERA SUL REFERENDUM "AUTONOMIA VENETA" DEL 22.10.2017

Lungo la strada Cadorna che porta da Bassano sul Monte Grappa al km.10 in un’enclave fra le rocce detta Costalunga sono visibili tre colonne mozze con relative dediche, la prima ai soldati caduti nella guerra mondiale 1915-18, la seconda ai caduti civili, la terza agli escursionisti. Nel mese di settembre u.s. ignoti hanno fatto sparire la bandiera italiana, quale simbolo testimone della memoria storica, e vi hanno issato il gonfalone di S. Marco, ovvero la bandiera veneta. Dopo qualche giorno tale drappo à stato rimosso e ripristinato il tricolore. La convivenza dei due vessilli non era ovviamente sostenibile, troppe le contraddizioni soprattutto in un luogo come il Monte Grappa, dove l’eroismo e il sangue versato non ha fatto distinzione fra popolo italiano e popolo veneto. Non si vuole qui mettere in discussione il valore e l’importanza a dei simboli regionali, locali o personali. Io pure indosso una calzetta bianca ed una rossa quale simbolo del Vicenza calcio con cui parte di me stesso si identifica. Ma ogni cosa al suo posto. Noi veneti non dobbiamo dimenticare che, per quanto la prima guerra mondiale abbia avuto come teatro il territorio del nostro Nordest, però per la causa, giusta o sbagliate che fosse, sono morti anche soldati piemontesi, abruzzesi, siciliani senza distinzione. Noi veneti dovremmo farci una visitina ai vari sacrari militari, monumenti ossari esistenti. Come Redipuglia (Gorizia), 100 mila sepolti, con incisa su ogni loculo la scritta ”presente”. Non sono soltanto veneti, ma italiani. Asiago(Vicenza), ossario con 55 mila caduti (di cui 35 mila raccolti dal vicino Ortigara). Monte Grappa (Vicenza-Treviso-Belluno) con 22.950 caduti, non solo veneti, ma italiani. Monte Pasubio(Vicenza), 13 mila caduti. Montello (Treviso), ossario con 10 mila caduti non solo veneti, ma italiani. Caporetto (oggi Kobarid in Slovenia) ossario con 7 mila caduti, non solo veneti ma italiani. Tralasciamo gli ossari considerati minori. Memoria storica dovrebbe insegnarci un po’ di prudenza e di rispetto per non finire sempre a dividere l’Italia con chiassate di osteria. Sono partito un po’ da lontano a trattare l’argomento però nel subconscio di noi veneti esiste questa diffidenza, in effetti in troppi abbiamo applaudito quando il guru del nostro partito preferito nel 2001 ha gridato ad una signora dalle finestre della Serenissima: ”la bandiera italiana la butti nel cesso”. Certo, rispetto per chi vota al referendum e rispetto sul risultato che ne conseguirà. Come nulla da eccepire sulla legge regionale riferentesi all’obbligo di esporre nei luoghi pubblici anche la bandiera veneta. Però dovremmo farci pure un esamino di coscienza sul linguaggio usato nei confronti di chi non è dei nostri. Non si vorrebbe ritornare al 1960 quando una poesia stilata da uno dei nostri in Svizzera iniziava con la prima strofa: ”o Gesù dagli occhi buoni fai morire tutti i terroni” O altre espressioni piu’ recenti: “Gli stranieri sulle panchine di Treviso? Pim, pum, pam, e farli fuori come leprotti”. Oppure sulla Kyenge, ministra dell’integrazione: ”Un orangutan”. Oppure sulle carrette del mare: ”sparare a vista, uno, cento, mille di meno. Peccato che poi il mare tocca a noi ripulirlo”. I rom? “Feccia della terra”. Oppure ironia: ”ogni anno il maialino day in onore dei negri musulmani”. La parole sono pietre, questo linguaggio dell’insulto è per troppi di noi pane quotidiano. E anche un esamino di coscienza dovremmo farcelo sulla nostra tanto decantata moralità ed onestà. Il Veneto annovera lo scandalo Mose, la famosa diga lagunare, una cucciolata di arresti, una maxi tangentopoli con milioni di frodati fra la povera gente, sufficienti a sistemare pensionati e profughi per un mese ed oltre, una metastesi di furbastri, il nostro governatore Galan in galera. E il recente crack delle banche venete con migliaia di clienti a bagnomaria? E l’inquinamento delle falde acquifere? Altro che un esamino di coscienza. E non tiriamo in ballo il Veneto bianco, sacrestia d’Italia. Come nella recente dichiarazione del governatore Zaia del 4 ottobre u.s.: ”sono cattolico, frequento la messa…Il papa pensi alle anime, io penso ai corpi. ”Ad ognuno la sua cultura, il nostro si legga il vangelo quando Gesù di fronte ai malati non se la svignava dicendo: ”io penso all’anima, al corpo ci pensi Cesare Augusto imperatore romano”. Noi veneti imbevuti di atavico clericalismo siamo astuti e abilissimi a strumentalizzare la religione a scopo politico. Con ciò, beninteso, non vogliamo minimizzare il valore delle nostre critiche e richieste al Governo centrale: lo Stato italiano approfitta troppo dei veneti: ”Veneto polenton, laora e tasi”. Tasse esorbitanti che finiscono a Roma, e scendono a regioni che ne approfittano per pigrizia e corruzione. Insegnanti, docenti, magistrati del Veneto che si vedono sorpassare dai loro simili del sud con minor meritocrazia e spediti avanti per busterelle, spintarelle, amicizie facili. E’ vero, o almeno in parte. Però la moralizzazione avverrebbe anche cambiando il nostro metodo nello scegliere i nostri rappresentanti al governo, cioè non veneti che pensino solo al proprio orticello, padroni a casa nostra, ma anche con una concezione etica a tutto campo, di impegnarsi per tutta la nazione, evitando così la frammentazione d’interessi e la concorrenza di partito. Lavorando per il bene comune globale se ne avvantaggiano anche le situazioni regionali e locali. Aldi là di tutti questi motivi, ovvio che la mia posizione è quella dell’astensione. Non per propaganda o supponenza, ma perché vivendo in Svizzera e all’estero noi veneti siamo a contatto con italiani di ogni regione, specie del sud, che lavorano, onesti, si sono fatti una vita con tanti sacrifici e anche inconsciamente sarebbe un affronto, una discriminazione sbandierare loro in faccia la nostra autonomia veneta. Come italiani ci sentiamo una famiglia. Con l’augurio che il Veneto possa raggiungere le sue legittime aspirazioni scuso la mia assenza presso il seggio di Bassano del Grappa che mi ha inviato la cartolina d’invito.

Autore:
Albino Michelin
20.10.2017