giovedì 15 marzo 2018

TU MI BOCCI IL FIGLIO? E IO TI MENO!

Tempi turbolenti oggi per quanto riguarda la scuola. Qualche decennio fa se prendevi un brutto voto, tornato a casa ti arrivava il resto. Il 10 febbraio 2018 alla Murialdo di Foggia il vicepreside viene aggredito da parte del genitore di un allievo undicenne, che si divertiva ad inciampare i compagni di fila. Con un pugno alla testa l’energumeno padre lo butta a terra, lo tempesta di calci all’addome, lo manda all’ospedale con prognosi di trenta giorni. In un altro istituto un maturando, svogliato e bidone, bullizza e minaccia il preside di rigargli la vettura qualora si permetta di bocciarlo. Siamo alla deriva. Fra i due episodi ci soffermiamo sul primo, perché il più urgente, rapporto genitori-insegnanti. Va premesso che compito dei genitori è garantire le condizioni affinché il ragazzo possa essere inserito in questo percorso e quindi delegare la di lui formazione agli insegnanti. Ma la scuola la frequenta il figlio, mica i genitori. Essi non devono considerarsi né superiori, né inferiori, ma collaboratori del corpo docente. Altra premessa: saper distinguere l’educazione dall’istruzione. Educazione (dal latino educere=tirar fuori) significa conoscere le qualità e le capacità del bambino, rispettarle, farle crescere. Però da un castagno non si può pretendere il vino Valpolicella. Cioè se un bambino dimostra le premesse per diventare un agricoltore non si può sognare di farne un ingegnere. Istruzione invece (dal latino in-struere=portare dentro) significa introdurre il mondo nel figlio, cioè la cultura, la nozionistica, la grammatica, il rapporto relazionale, i valori morali, loro motivazioni. Non si può pretendere che l’istruzione sostituisca l’educazione, o soffochi e distrugga le qualità innate del ragazzo, ma che le curi e le sostenga. Cioè meglio un buon e onesto agricoltore, piuttosto che un cattivo e disonesto telematico. Vi sono tante persone educate anche se con limitate capacità culturali, e tante persone istruite e colte dal comportamento pietoso se non criminale. Altra premessa: l’insegnante non è una professione come tutte le altre, è una vocazione, fatta per amore e con amore, con autorevolezza, non solo per lo stipendio, anche se oggi la situazione sociale ti rende tutto ciò problematico. Oseremmo dire professione più importante di quella del prete, perché questi ha a che fare con il ragazzo a tempo sporadico e rituale, invece il docente tiene un contatto permanente. Certo si può talvolta avere a che fare anche con insegnanti inadeguati e rissosi, incapaci di dialogo e impazienti, ma molto più numerosi sono i casi di genitori invadenti, irrispettosi. Senza con ciò voler condannare sempre i genitori a capri espiatori. Altra premessa: la scuola è anche un’educazione alla comunità, al gruppo, alle relazioni umane, oltremodo necessarie oggi alla nostra società conflittuale ed individualista. Ora succede che dei genitori non considerano la scuola come una istituzione sociale, ma come un giardino privato, in cui mio figlio deve essere un fiore privilegiato. Tutti sono uguali ma il mio è più uguale degli altri. E qui subentra il meccanismo della proiezione: mio figlio deve diventare ciò che non sono riuscito a realizzare io, un alter ego: successo, carriera, conquistare il mondo. E per paradosso esistono donne che rifiutano la nascita di un figlio per timore che il loro prodotto non abbia successo nel mondo. Altri genitori diventano degli spazzaneve, il figlio non deve conoscere ostacoli, brutti voti, rampogne, deve avere strada libera, spianata, pulita. Stanno sempre un passo avanti per farci strada, portargli lo zainetto perché non faccia troppa fatica poverino, mai un passo indietro eventualmente per aiutarlo a rialzarsi se cade. Così il figlio iperprotetto non imparerà mai a camminare da solo nella vita, eterno bamboccione, quando non riuscirà dirà che la colpa è sempre degli altri. Come quando il pupo gioca nella squadra calcio dei pulcini se non riesce a fare gol, la mamma darà la colpa all’allenatore. Talvolta una bocciatura può fare anche del bene ad un ragazzo, così si rimboccherà le maniche, moltiplicherà’ le energie per aggredire le difficoltà’ della vita. Un discorso molto importante, specie nell’età dell’adolescenza, quando la scuola può educare alle regole, proporre valori morali e senso civico allo scopo di evitare bullismo e non finire nella baby gang, in una parola sapersi costruire una coscienza e una figura morale. E sempre per restare ai genitori, una particolare attenzione e autocontrollo va fatto ai gruppi del wahtsapp scolastici, in cui fra di essi si raccontano di tutto e di tutti, con giudizi morali e rivendicazioni sotterranee, quinte colonne nei confronti degli insegnanti:” sai la maestra non ha dato la seconda merendina al mio bambino, faccia di m...” Enfatizzano stupidaggini, facezie che diventano tragedie. Creano danni profondi nelle relazioni fra studenti, fra studenti e insegnanti, fra insegnanti e genitori. Urge ricostruire il dialogo, unica forza educativa oggi nella babele dei contrapposti individualismi. Indubbiamente la scuola non è più un’isola felice, fa parte e risente dei contraccolpi di una società di contraddizioni, genitori divisi, violenze in TV, vagabondaggio on line, distrazioni fuori testa con smartfone, disoccupazione, corruzione, criminalità organizzata. Anche i genitori vanno capiti e per loro vanno garantite istituzioni, un patentino di accompagnamento. Ciò non ostante, un augurio: allorché dopo il parto una mamma esce dalla clinica con il suo “cucciolo”, carica di tanti regalini, pacchi di cremine, salviette, latti artificiali, sarebbe auspicabile anche l’omaggio di un kit pedagogico, un piccolo libriccino vademecum che essa nei primi periodi di tranquillità postparto possa leggersi con delle indicazioni essenziali per fare delle giuste scelte in vista della prima infanzia, dell’adolescenza, dell’età adulta. Forse un’utopia. Ma sono queste le utopie e le sfide da affrontare per garantire ai nostri figli un futuro migliore.

Autore
Albino Michelin
09.03.2018

mercoledì 14 marzo 2018

DALLA MADDALENA DELLA BIBBIA ALLE MADDALENE DELLA STORIA

Maria Maddalena è una santa che si festeggia il 22 luglio, cui sono state lungo i secoli dedicate chiese, parrocchie, confraternite, feste, fiere. Milioni di bambine battezzate con il suo nome, centinaia di monache entrate in convento mutando il loro nome di ragazza con il suo. Senza citare tutte le varianti e di persona e di luogo, come Magda, Maida, Marlene, ecc. Per restare al Vangelo le Marie sono tante, almeno cinque, a cominciare dalla madre di Gesù, alla sorella di Lazzaro e di Marta, alla prostituta che entrata in un banchetto di Simone non esita di versare l’unguento profumato sui piedi di Gesù, suscitando indignazione e morbosità fra i maschi presenti. Per non citare opere d’arti figurative e letterarie sulla Maddalena, sempre con sentimento di ammirazione o di compassione. Come il romanzo “Codice da Vinci” un thriller del 2003 autore Dan Brown, 8 milioni di copie, tradotto in 44 lingue, sia pure finalizzato al botteghino, dove l’autore rifacendosi anche al Vangelo (apocrifo=messo in disparte) secondo S. Tommaso, la chiama compagna del Salvatore, Cristo la amava più di tutti gli altri discepoli, che offesi reagivano: ”perché la ama più di noi?”, soleva spesso baciarla sulla bocca, (al tempo usanza per indicare comunione spirituale), Gesù l’ aveva sposata ed aveva avuto dei figli. Sì, opera di fantasia, non ricostruzione fedele degli eventi storici. Oppure da citare anche il film ”L’ultima tentazione di Cristo” di Martin Scorsese, 1988, in cui Gesù sfiduciato e morente dice alla Maddalena sotto la croce: ”Ma va, chi me la va fare questa vita, andiamo a farci una famiglia”. E così Gesù scende e si dedica ad una vita più normale. Anche qui arte e fantasia che non corrispondono alle narrazioni canoniche. O infiniti dipinti dai più adeguati al testo biblico, come la Maddalena penitente del Tiziano (1533), ai più espressivi della proiezione erotica degli artisti. Vedi quello di Leonardo da Vinci, 1498, in cui il personaggio alla destra di Gesù non sarebbe il giovane e celibe apostolo Giovanni ma la Maddalena, vedi quello di G. Cagnacci 1650, pretesto biblico per raffigurare il corpo della giovane discinta e seducente, fino alla prostituta e santa spudorata che piaceva agli uomini. Nella Maddalena abbiamo tutti i volti della molteplicità, dalla sirena al genio femminile. Fra tante fantasie è doveroso rifarsi al testo evangelico, con eventuali interpretazioni, ma sulla base di questo. Maria Maddalena proviene da Magdala, alla lettera toponimo che significa Torre dei pesci, paese di pescatori, costiero sul lago di Tiberiade. L’evangelista Luca (8,2) parla di quella Maria liberata da sette demoni. E qui senza entrare in merito all’esistenza o meno di (Satana= avversario) o demonio, alla sua origine dalla letteratura persiana del sesto secolo a. C., sappiamo che al tempo allorché una persona soffriva di malattie sconosciute alla medicina e quindi incurabili, la si definiva posseduta da Satana o dal demonio. E se per caso o per prodigio tale infelice veniva guarita la si segnalava come liberata da Satana. E che se poi addirittura si parlava di liberata da 7 demoni, si entrava nella simbologia del tempo, cioè il numero 7 significava totalità, e quindi che la persona veniva liberata da tutte la sue sofferenze, tante e pesanti, e magari cacciate in un branco di porci, cioè allontanate dalla persona afflitta. Nemmeno qui è il caso di disquisire se Gesù era esorcista nel senso etimologico del vocabolo o un guaritore, pieno della energia di Dio e che anche lui usasse il linguaggio comune della gente, senza complicati ragionamenti, di difficile comprensione per quel tempo. Ecco perché l’interpretazione di oggi, più approfondita da studi storici di psicologia e psicoterapia, parla di Maria Maddalena come di una ragazza sofferente, depressa, forse vittima di delusione amorosa, di un amore malcorrisposto, quello che ha distrutto e distrugge molte donne profondamente innamorate, toccata fino a disturbare la sua integrità mentale. E Gesù la libera da questa situazione, le da’ forza, coraggio, nuove prospettive, la riprogetta. E si sa di quanto le donne sono capaci quando prendono una decisione, percorrono una nuova strada. Che Maddalena si sia sentita pervasa da una profonda amicizia verso Gesù può stare nella logica della vita, anzi dimostra la forza dell’amicizia quando è condivisa e costante. Entra subito a far parte del gruppo delle donne che accompagnano per le strade e assistono il Messia, fino a sfidare tutto e tutti e anche gli stessi crocifissori sotto il patibolo. E qui significativo è il quadro del Masaccio 1426, Maria in ginocchio dà le spalle allo spettatore, raccolta in sé stessa e nel suo dolore, assente dagli astanti, in una sensazione di impotenza. Ma nella Risurrezione di Gesù Maria è la prima persona a cui il Maestro appare, ancora prima che agli apostoli, per annunciare a tutti che egli è vivo e proclamare la buona novella, fino ad essere definita oggi l’Apostola degli apostoli. E anche in questo caso non ci interessa la disquisizione se l’apparizione fu una visione esteriore o interiore, ci interessa la forza dirompente e inspiegabile di questa donna. Di minor conto è quindi la sua figura poliedrica passata alla storia, se devozionale, se carismatica, se redenta, se prostituta, se erotica, troppo spesso funzionale agli interessi della proiezione maschile e in parte della chiesa di soli maschi composta. Ciò non toglie nulla a questa donna, alla sua grandezza e alla sua tenacia morale, nulla toglie alle donne del nostro tempo, alle loro capacità e ai valori di cui possono essere portatrici.

Autore
Albino Michelin
06.03.2018