giovedì 28 marzo 2019

CENERI E QUARESIMA: DAL MASOCHISMO ALL'OTTIMISMO

Che nel tempo passato fosse elementare prescrizione sanitaria o tradizione culturale o un obbligo religioso purificare il proprio fisico, e rigenerarlo attraverso un controllo alimentare per iniziare adeguatamente la stagione e l’anno che si approssimava è cosa a tutti nota. E nel Medioevo attorno all’anno mille è stato codificato dalla chiesa cattolica il mercoledì delle ceneri quale inizio della quaresima: tempo di austerità anche qui per ricaricare nuove energie specie sul piano religioso.  Quaresima che significa dal latino quadragesima “Quarantesimo giorno” prima di pasqua. Che poi si tratti di quaranta giorni, giorno più o giorno meno, dipende anche dalle variazioni di calendario, un po’ come il ramadan musulmano. Questo periodo lo si fa risalire ai quaranta giorni durante i quali Gesù prima di iniziare la vita pubblica si ritirò nel deserto per essere tentato dal diavolo. IL numero 40 non va preso alla lettera ma come multiplo di 4 a significare i punti cardinali, totalità e completezza. Gesù ha voluto completare il suo stage, apprendistato, scelta di vita, ritirandosi per un periodo di riflessione allo scopo di decidere definitivamente sul suo futuro, quale profeta del regno di Dio. Il secondo motivo ”per essere tentato da diavolo”, al di là della descrizione avventurosa, significa la sua preoccupazione di non cadere nella tentazione di prendere una strada facile, cioè spinto da interessi materiali, di potere, di culto dell’immagine. Nessuna scelta autolesionista tant’è vero che rifiutò di aggregarsi al predicatore itinerante cugino Giovanni Battista che si dedicava di più allo sciopero della fame e a saziarsi ingoiando cavallette. Come rifiutò di entrare nel gruppo degli Esseni, votati al digiuno e alla penitenza corporale. Per Gesù era importante la lucidità di pensiero e la illuminazione interiore. Che il controllo alimentare sul cibo sia necessario per non appesantire e non ottundere la freschezza dell’intelletto e dello spirito anche questo ognuno di noi lo può sperimentare. Il corrispondente periodo della quaresima per i cattolici inizia con il rito delle ceneri che vengono poste sul capo al termine del carnevale, giorno come il venerdì prepasquale sottoposto a rigido digiuno e astinenza dalle carni. In effetti i veneziani lo chiamano il mercoledì della renga, cioè dell’arringa, un pesce che essi nel 500 importavano dai mari del nord, e c’è chi ancora mangia per l’occasione polenta e renga. Ma è il senso e il significato di questo rito che andrebbe reinterpretato nel nostro tempo, in cui il controllo dieta sugli alimenti ti viene imposto dal medico in qualsiasi periodo, indipendentemente dalla quaresima e dai precetti della chiesa E in diverse parrocchie c’è ancora chi tira fuori la condanna, citata nel mito della creazione biblica: ”polvere sei e polvere ritornerai” (Gen.3,19). Fermarsi qui niente di più macabro e nichilista.  In alcune altre magari si aggiunge anche un brano di Marco: convertitevi e crete al vangelo (1,16), decisamente più accettabile. Il rispetto verso st stessi e verso il prossimo ci insegna a non umiliarsi e a non umiliare chicchessia. Tutti si conosce bene la cupezza di innumerevoli espressioni della Bibbia, sezione Antico Testamento, prima di Gesù. Qui alcune: Tu Signore fa ritornare l’uomo in polvere (Salmo 90,3). Tutto ritorna nella polvere (Qo 3,20). Di cenere mi nutro come di pane (Salmo 102,10). Ti ho ridotto in cenere sulla terra (Ez.28,18). Secondo questi e tanti altri testi saremmo tutti terra da pipe. E vi sono chiese in cui quel mercoledì si ascoltano ancora tali confortanti epiteti.  Ma fortunatamente in altre ci arrivano già altri messaggi di speranza sulla linea di Gesù, il quale non ha mai predicato che l’uomo è polvere e cenere, anche se a scopo prevenzione ha parlato del fuoco dell’inferno (linguaggio da interpretare). Però non ha mai sottoposto il suo corpo a macerazioni, ma frequentato piuttosto momenti di aggregazione nei banchetti.  E stranamente si è tramandata dopo Gesù in modo poco lineare la religiosità della colpa e della sofferenza, con invito pressante a battersi il petto, a percorrere la via dell’espiazione. Gesù non chiede che il peccato sia scontato ma riconosciuto. Perciò invita a risorgere dalla cenere, alzarsi e camminare, la vita è sempre lì davanti all’uomo. Questa esperienza deve essere l’inizio della trasformazione. Inutile piangere sul latte versato, importante è vivere e aiutare gli altri a vivere. La colpa non la si espia, la si redime attraverso il bene da compiere. ”Siate perfetti come il padre vostro”. Il peccato non è un offesa a Dio, ma a se stessi. Tanto è vero che Gesù non invita mai a chiedere perdono a Dio, ma ai fratelli.  Pentimenti e rimorsi riguardano il passato, mentre Dio guarda avanti, il suo perdono non è un colpo di spugna verso il passato, ma un colpo d’ala verso il futuro.  In questa ottica va cambiato anche il senso delle ceneri: la natura non spreca nulla, in tutto offre del positivo tale da promuovere la dignità dell’uomo.  La cenere serve a tanti scopi: pulire la casa, lucidare l’acciaio e la gioielleria, fare la lisciva, è fertilizzante, concime, si sparge tra i fiori per allontanare le lumache. Il fuoco brucia, pulisce, rigenera. Con la terra bruciata sulla cenere rinasce e risorge la nuova vegetazione. Una persona mi lascia scritto su WhatsApp quanto va a pennello al caso:   ”Padre Anatolio si avvicinò ad un giovane che si avviava a ricevere le ceneri con sguardo compunto per fare ammenda dei suoi peccati e ricordarsi di essere polvere. Il monaco dopo la cerimonia lo invitò ad una caldaia e gli mostrò un grande cumulo di cenere da dove aveva preso quella ricevuta sul capo. Gli spiegò che con le ceneri si concima la terra, il segno di Dio che non cessa mai di credere negli uomini.  Egli ci concima come terra buona affinché possiamo portare frutto. E un campo che si prepara a fiorire può essere triste?” S’incontra nel vangelo un versetto di Giovanni: ”la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno recepita” (1,5). Noi della cultura occidentale figli dell’Europa cristiana si dovrebbe fare più attenzione all’ambivalenza dei simboli e non recepire sempre e solo il loro lato negativo, come nel caso del giovane di P. Anatolio, il lato negativo del tutto è vanità delle vanità, del masochismo. Spazio invece all’ottimismo, alla purificazione interiore, alla rigenerazione spirituale, quale esperienza di risurrezione anticipata.

Autore:
Albino Michelin
01-03-2019