sabato 7 settembre 2019

L'ASCENSIONE DI GESÙ AL SETTIMO CIELO

Nel mondo antico si pensava che gli uomini celebri tipo Alessandro Magno dopo la morte venissero divinizzati mediante un’ascesa al cielo, dove raggiungevano l’abitazione degli dei e grandi del passato. Lo storico romano Tito Livio racconta appunto di Romolo, fondatore di Roma, che trovandosi in mezzo ad una tempesta nella palude della Capre scomparve verso il cielo e non fece più ritorno. Però lo stesso storico descrive nella sua narrazione che Romolo è “un dio da dio, nato da dio, re e patrono della città di Roma, invocato con la preghiera per ottenere favori e protezione.” Con meno dovizia di parole lo stesso viene detto dei greci Eraclito, Empedocle, Apollo di Tiana. E nella Bibbia l’autore sacro non è da meno quando (2 Re,2-11) ti va a citare il profeta Elia prima della morte volato o rapito in cielo, in un turbine e non più ritornato in terra. E qui viene spontaneo il collegamento alla Ascensione al cielo di Gesù, raccontata nel Nuovo testamento (At.1,8-11), non sappiamo su quale navicella spaziale, a quale velocità e di quale durata. Il tutto, ovviamente in sintesi, racchiuso nel Credo della Messa ogni domenica quale dogma di fede. Con una diversità: che per i primi citati vi fu solo una partenza con biglietto di andata, mentre per Gesù biglietto di andata e ritorno. In effetti l’evangelista Luca dice nel racconto: Gesù quaranta giorni dopo la Risurrezione, raccolti i suoi sul monte degli ulivi, fu elevato in cielo mentre due angeli in bianche vesti si presentarono e dissero: uomini di Galilea perché state a guardare il cielo? Questo Gesù tornerà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”. Indubbiamente qui l’autore manifesta il tipo di cosmologia o struttura del cosmo mondo studiata e ritenuta acquisita al suo tempo. Il mondo a tre piani: in alto il cielo abitazione dei divini, qui la terra degli uomini, sotto terra, uno scantinato detto sceol dove giacciono in stato di dormiveglia i defunti. E, detto en passant, quando ancora nel credo si recita che Gesù dopo la morte scese agli inferi, si pensava proprio a questo viaggio visita, la cui spiegazione qui non è il caso di affrontare. Da aggiungere che indirettamente l’autore non intendeva raccontare quale tipo di ascensione al cielo, se attraverso il cielo atmosferico dove volano gli uccelli, o a attraverso il cielo siderale dove girano gli astri e le galassie, ma indubbiamente quello superiore dove risiedono i divini, paragonato ad una reggia, con al centro il trono di Dio simile ad un Faraone e alla destra il seggio regale di Gesù, figlio luogotenente, e via via sedie e sgabelli per i santi e beati. Non si banalizza niente se si concede il tutto alla fantasia e alla raffigurazione del tempo, senza troppe inutili elucubrazioni. E qui bisogna spiegarsi. Anche il vecchio catechismo diceva: Dio è in cielo in terra in ogni luogo, egli è l’immenso. E quindi ci si riporta bene al versetto:” del tuo spirito Signore è pieno l’universo.” Perciò non vale la pena scervellarsi per ubicare il sito abitativo di Dio, ci si accontenti di sapere che esiste, ma è troppo vasto per collocarlo, anche perché sono gli umani ad esserci collocati dentro in esso e non viceversa Questo tipo di struttura, di cosmologia, è stato superato dall’ astronomia moderna. Fisicamente Gesù non è mai salito al cielo. La cultura, la mentalità del tempo, la storia delle religioni ci spiegano quanto fosse diffusa da millenni la mitologia dei viaggi celesti, dei paradisi oltre le stelle dove si pensava abitassero le grandi personalità del passato. Il viaggio al cielo era una delle più importanti costruzioni mitologiche del mondo antico. Non si può continuare oggi a costruire una teologia, un pensiero di fede, una dottrina cattolica sulla mitologia antica. Tante volte si sente parlare nelle chiese e nei santuari anche di Maria che è stata assunta in cielo in anima e corpo, perché se ciò è avvenuto per il figlio Gesù, logico dovrà essere avvenuto per la madre. Ovviamente si tratterebbe di quel tipo di corpo di donna pura ed intatta da qualsiasi rapporto sessuale. Gira e rigira è frutto della penalizzazione della sessualità umana al rango di schifio, quando invece è una realtà creata da Dio, senza qui voler confondere l’uso con l’abuso, fare un trattato di sessuologia o di ogni erba un fascio. Sia per l’ascensione di Gesù come per l’assunzione di Maria ci si deve appellare alla distinzione fra la bibbia della storia e la bibbia della fede. Al sentimento religioso dei credenti, siano essi tradizionalisti o progressisti, nessuno può rubare o interdire il desiderio di identificare il quadro con la cornice, cioè prendere alla lettera il dogma dell’Ascensione o anche quello dell’Assunta, proclamato da Pio XII nel 1950. Però si consentirà ad altri credenti, alla ricerca di motivi fondanti, di distinguere la realtà storico-spirituale dalla sua descrizione coreografica simbolica. L’Ascensione di Gesù va legata direttamente alla risurrezione, e questa direttamente legata alla morte in croce. Quando Gesù prega:” padre nelle tue mani raccomando il mio spirito”, in quel trapasso abbiamo morte-risurrezione-ascensione nello stesso istante. Non è interpretazione tanto peregrina se questo è anche il pensiero di eminenti studiosi tipo Ortensio da Spinetoli, A. Maggi ed altri. Quindi quanto poi viene descritto: tomba vuota, apparizioni, ascensione dopo 40 giorni sul monte degli ulivi sono formulazioni letterarie per far passare alla gente del tempo la realtà: Gesù è il risuscitato da Dio, è il glorificato, l’esaltato, l’innalzato, il celebrato, l’eterno Vivente Si pensi alla nostra metafora che spesso descrive un idolo, una star, un atleta che dopo una performance viene portato in trionfo dai propri fans Ecco l’Ascensione al “settimo cielo” del nostro titolo. I quaranta giorni dopo la Risurrezione che Luca descrive come data dell’ascensione è numero simbolico, come il numero tre, come tutti i numeri della bibbia, e nel nostro caso significa pienezza. Storicamente si sa che la festa dell’ascensione solo nel 300 d.C. al Concilio di Elvira è stata fissata come separata dalla Pasqua. Ma anche qui non ci si deve meravigliare se i credenti hanno creduto opportuno ritmare gli incontri con Gesù nel prosieguo del tempo. Anche nelle famiglie si costata che un genitore o una persona cara viene secondo certi ritmi festeggiata nel suo compleanno, nel suo onomastico, nel suo anniversario di matrimonio, nel suo giubileo di qualche evento. Il plurifesteggiato rimane sempre lo stessa, unica e identica persona Così è avvenuto per le feste del Signore, che da una soltanto, la Risurrezione, si è voluto suddividerle in tante circostanze. Che poi Luca faccia dire agli angeli:” uomini, questo stesso Gesù ritornerà alla fine del mondo”, dipende dal fatto che i molti contemporanei pensavano prossima la fine, addirittura dopo quella generazione. Una realtà che non collima con la promessa di Gesù:” io sarò con voi fino alla fine del mondo”. Gesù ’non è quello che verrà, ma è il Presente, il Vivente.

Autore:
Albino Michelin
29.08.2019

giovedì 5 settembre 2019

IL PROSSIMO TUO: UNA ESPRESSIONE SEMPRE PIÙ AMBIGUA

All’inizio di giugno molta gente nella piazza di Cremona assisteva ad una delle tante assemblee elettorali in vista delle votazione della seconda domenica dello stesso mese. Un giovane di 25 anni si è permesso di alzare una sciarpa con la scritta” ama il prossimo tuo”, frase evangelica che pero ‘ha irritato non poco i fans presenti che l’hanno strattonato e coperto di insulti, calci e ceffoni. Fortuna che tre agenti della polizia hanno interrotto l’aggressione. Il comiziante, si trattava del ministro dell’Interno Matteo Salvini lo schernì: “lasciatelo da solo poverino, fate un applauso al comunista.” E qui si può farci subito qualche considerazione. Ognuno può tenersi l’idea che le proprie opinioni religiose non vadano necessariamente sbandierate, come un tempo si salutava ad alta voce il prete per la strada con Cristo regni oppure sia lodato Gesù Cristo. Però l’incidente di Cremona va contestualizzato. A questo mondo non esistono solo comportamenti più o meno discutibili, ma anche i condizionamenti che li causano. Ora noi viviamo in un tempo di provocazioni gratuite specie da parte del leghista Salvini e dei molti suoi adepti. Il giovane della sciarpa con il logo ”ama il prossimo tuo” probabilmente ne aveva piena l’anima di tutta questa continua faziosità diffusa nei confronti dei diversi, che sta diventando stucchevole e aria fritta, e ha esternato il suo messaggio a favore di un senso civico e di una pacifica convivenza che dovrebbe essere la vocazione e la passione di ogni politico soprattutto di un ministro dell’Interno in un paese sedicente cattolico, ed esso stesso, il su citato ministro, sempre prodigo cabarettista a sventolare bibbia, rosario, crocefisso, sbavando il tutto pubblicamente con i suoi baci, impegolati dai negri emergenti baffi.
 Per quanto concerne il comunista viene in mente un gesto popolare di Gesù, la moltiplicazione dei pani. Iniziativa cui è più vicino Marx (1867) che non il fondatore del capitalismo, lo scozzese A. Smith (1776). Siccome Socrate aveva ragione nel dire che ogni uomo possiede un pezzetto di verità, Marx nell’ipotizzare una società senza classi e di tutti uguali era più vicino al vangelo di Gesù che non il capitalista A. Smith fanatico degli interessi personali ignorando i bisogni dei poveri della terra e dei terzomondisti. Che poi il marxismo nelle sue applicazioni dei vari comunismi sia stato deplorevole non c’è dubbio, ma almeno si salvi il poco buon grano dalla pula. Ora nella moltiplicazione dei pani operata da Gesù, magna carta su cui dovrebbe confrontarsi ogni politico, il nostro compreso, non è che il Signore abbia compiuto qualcosa di mirabolante, trasformandosi in un pastificio o in una cooperativa di fornai. E’ racconto simbolico. In realtà ha semplicemente ma fortemente convinto i presenti a mettere in comune i pani e i pesci che si erano portati da casa consigliandoli a dividerli con chi non aveva nulla. Così dividendo il poco tutti hanno avuto il necessario. A difesa del giovanotto con la sciarpa va affermato che i nostri governanti se invece di cercare nei migranti i colpevoli della disastrata economia nazionale, si adoperassero per diminuire la corruzione degli italiani e di molti cattolici, la mafia, l’evasione fiscale e tutte le furberie avremmo come conseguenza l’abolizione dei ladri faccendieri e l’equa sufficiente distribuzione dei beni fra i 60 milioni dei nostri comuni cittadini. Inoltre, sistemato il comunista, la sciarpa esibiva la scritta “amore del prossimo”. Questo è la radice fondante del nostro vangelo e del cristianesimo, cosa dimenticata da molti cattolici. Verrebbe da dire quali tempi sono questi, quando citare il vangelo e il suo messaggio costitutivo fondante può determinare la reazione furiosa di un gruppo di ultrà del ministro dell’Interno. Fino a che limite si è gonfiato il sentimento di rivalsa sociale intriso di odio politico se si arriva a interpretare tale messaggio innocente come un’aggressione alla propria identità di partito? Una prima risposta è che quelle parole sono tutt’altro che innocue, proprio perché ribaltano un senso molto comune che si basa sulla inimicizia, sulla “nemicità”, pulsione ostile e xenofoba indirizzata verso l’altro. Del Vangelo la parola più sovversiva e scandalosa è quel prossimo che può essere sia il vicino come il lontano. Comodo e anche facile è sentire come prossimo chi ci è vicino di pensiero, di idee, di interessi: quindi il sovranismo, il populismo, il nazionalismo, il prima gli italiani, il padroni a casa nostra. Comodo sentire come prossimo il tempo presente, il qui ed ora, e quindi l’autogoverno del proprio territorio e della propria gente. Impegnativo invece è accettare come prossimo il lontano, l’Europa, gli organismi e le organizzazioni sovranazionali, le convenzioni internazionali, l’ambientalismo, la salvaguardia del clima, il futuro, l’habitat delle nuove generazioni. Che non devono diventare prossimo, e quindi nostre nemiche, sono tutte le teorie, le dottrine, le religioni che intendono avvicinare l’altro, il distante, da amare come noi stessi. Il richiamo del vangelo può essere interpretato da molti come accusa politica e lo è sul serio. Lo dimostra l’associazione mentale tra il dissenziente della sciarpa e il nostro ministro istigatore di pregiudizi. Ovvio che qui ne va del vangelo e tradurre questo vangelo autentico in politica diventa il grande problema. C’è da aggiungere che oggi la politica per sfregiare gli avversari, e che pure sono il nostro prossimo, si nasconde con violenza sul social. Tanto odio verso tutti: stranieri, donne, omosessuali, disabili, ebrei, musulmani, specie i migranti. Per denigrare chi solidarizza con i migranti si fa abuso del termine buonista, obbiettivo degli intolleranti della tastiera. “Buonista”, aggettivo di conio recente che dovrebbe riguardare l’ostentazione dei buoni sentimenti. Ostentare i buoni sentimenti non ha mai fatto male a nessuno, ostentare l’odio invece sì. Certo non va dimenticata l’obbiezione di chi sostiene che l’amore verso il prossimo comincia dall’amore verso se stessi. Come dice Gesù’: ama il prossimo come te stesso. Quindi se stessi, la propria famiglia, il proprio paese, la propria patria, casa nostra. Non si tratta qui di creare una scappatoia per uscire dal dilemma. Anzitutto se uno ama se stesso non può, non riesce a odiare gli altri. Se si scartano e si buttano a mare gli altri non si ama nemmeno veramente se stessi. Se si nutre rancore verso gli altri non si riesce ad amare se stessi, perché il rancore ammala il cuore, la testa, la famiglia, porta alla vendetta, avvelena e destabilizza il mondo interiore della persona. Il bene al prossimo va fatto non solo perché esso ne ha bisogno, ma perché primieramente ne ha bisogno colui che lo compie. La serenità delle relazioni verso gli altri ci ritorna come serenità verso noi stessi. Strano ma vero, l’amore verso il prossimo porta come conseguenza anche all’amore verso se stessi. Qui viene in mente il mito di Antigone del poeta greco Sofocle (496-406 a. C). Una ragazza condannata a morte dal re Creonte perché si è posta contro la legge, e fedele all’amore fraterno aveva sepolto il corpo del fratello traditore in guerra, quando il cadavere avrebbe dovuto marcire insepolto, mangiato dagli uccelli e dalle fiere. Essa sfidò la legge del potere per amore del sangue, della coscienza, cioè per un valore morale. E prima della esecuzione disse: “sono nata per condividere l’amore e non per condividere l’odio.” Espressione citata 400 anni pima di Gesù, a significare che la legge naturale dell’amore del prossimo è iscritta nel cuore di ogni uomo oltre che sulla sciarpa del giovane cremonese.

Autore:
Albino Michelin
03.07.2019 

martedì 3 settembre 2019

CON LE DONNE PRETI PAPA BERGOGLIO FRA SCILLA E CARIDDI

 Scilla e Cariddi due paesi tra la Calabria e la Sicilia, al tempo di Omero leggendari mostri marini che controllavano le sponde opposte dello stretto di Messina contendendosi i naviganti. Il binomio è usato oggi per indicare persone che si trovano in difficoltà allorché si tratta di scegliere una fra due soluzioni contrastanti. Nel nostro caso ci riferiamo a Papa Bergoglio che sulla specifica questione donne nella chiesa si trova in una impasse e non da poco: arenato il discorso sulla eventualità del sacerdozio femminile, cioè donna diacono, donna prete. In fin dei conti anche se uomini e donne non sono biologicamente uguali hanno però la stessa dignità. Nello sciopero organizzato dalle donne svizzere venerdì 14 giugno 2019 che come onda viola o lilla si sono riversate nelle piazze elvetiche a centinaia di migliaia molto più numerose che nel precedente e primo sciopero del 1991 è stata reclamata parità di diritti contro ogni forma di discriminazione. A dire il vero non si è visto nell’occasione nessun manifesto e nessun stendardo che reclamasse il diritto “Donne preti”, però anche se la sensibilità laica polare non era coalizzata in questo senso, non vuol dire che la chiesa deve insabbiare il problema per scarso interesse. Gli interessi giusti quando è necessario si possono suscitare con una adeguata cultura e sensibilizzazione. Per cui è giusto chiedersi a che punto sta dopo tante manifestazioni laiche, nonché richieste e proteste da parte di istituti e conventi femminili, il discorso sul sacerdozio femminile. Bergoglio le sue esternazioni se non proprio definitive ma senz’altro orientative non le fa più come i suoi predecessori ex cathedra, ma abitualmente in aereo, ritornando da un paese lontano, e inchiestato dal solito stuolo di giornalisti. Ed è così che il 9 maggio 2019, ancora una volta in aereo e di ritorno dalla Bulgaria, alla sequela di domande sulla questione rispose che “non è possibile fare un decreto sacramentale senza fondamento teologico e storico, non possiamo andare oltre la rivelazione Bibbia e le dichiarazioni dogmatiche perché se il Signore non ha voluto il ministero sacerdotale fra le donne significa che non va.” Tre giorni dopo, rientrato a Roma, consegna alla presidente delle superiori generali delle suore la conclusione della commissione ad hoc che sul ruolo della donna nella chiesa ha lavorato per tre anni. Fino ad un certo punto tutti sembravano d’accordo, cardinali, vescovi, suore, poi ognuno ha avuto le proprie idee. “Comunque hanno lavorato bene” dirà Bergoglio, “il risultato non è un granché ma è un buon passo in avanti. L’argomento non è bene approfondito. La verità si sviluppa con il tempo e noi col tempo capiamo meglio la fede, perché c’è uno sviluppo della coscienza. La rivelazione è in movimento continuo per chiarire se stessa, e anche la natura della coscienza morale. Ad esempio la pena di morte che oggi non è più accettata, 50 anni fa era prassi comune. Diceva Vincenzo da Lerino (IX d.C.) che la fede cresce con gli anni, si allarga con il tempo, si capisce meglio col prosieguo dello stesso. Per questo sul ruolo della donna dobbiamo cercare ancora meglio nella rivelazione. Le risposte nuove devono essere in armonia con la rivelazione. Anche le suore hanno cambiato vestito ma non hanno cambiato il senso delle loro missione e costituzione. La parola chiave è discernimento. Non tutto è bianco e nero, nemmeno grigio, ma tutto è in cammino. Se qualcuno vuol fare un’altra chiesa è libero”. Lunga la risposta, anche se la coda pare un po’ spazientita Se a questo punto dall’intervista in aereo scendiamo sulla terra vogliamo tirare una conclusione globale, va detto che non se ne può tirare nessuna. Né sì, né no, un ni. Qui te lo affermo e qui te lo nego. Si dribbla Scilla e Cariddi. Qualche osservazione in merito. Certamente è a tutti noto che all’interno della chiesa, sia in alto come in basso, coesistono due correnti abbastanza vistose e contrapposte. La prima decisamente contraria: se Gesù avesse voluto l’ordinazione delle donne lo avrebbe fatto. Se non lo ha fatto è perché l’ha escluso. Sembra filare limpido e chiaro, ma non lo è. Perché la componente contraria vi risponde capovolgendo il tutto: se Gesù avesse voluto escludere le donne lo avrebbe detto. Se non l’ha detto significa che non le ha escluse. Certamente per le donne non è molto simpatico venire a sapere che il codice di diritto ecclesiastico nel 1917 sostiene che il sesso maschile è requisito fondamentale per la validità del sacerdozio. E anche il recente ed ultimo Codice del 1982 al canone 1024 recita: ”riceve validamente la sacra ordinazione esclusivamente il battezzato di sesso maschile”. E questa è la decisione di Papa Wojtyla, il santo subito così difensore della promozione della donna e dei suoi diritti da escluderla definitivamente da questa missione. Un passo indietro addirittura da quanto asserito dal suo predecessore Paolo VI (15.10 1976), che richiedeva necessario il sesso maschile se si trattava di un prete o di un vescovo, ma lasciava aperta la figura del diacono donna, il gradino precedente al sacerdozio. Comunque al di là delle varie accelerazioni in avanti e delle frenate in retromarcia, la commissione pontificia sull’argomento si è autodefinita fase interlocutoria, Scilla Cariddi, in quanto si sente divisa al suo interno, chi osteggia l’apertura perfino verso la donna diacono e chi la reclama. Come ad esempio i vescovi del Sudamerica che chiedono in merito delle soluzioni locali: ogni territorio si gestisca secondo motivazioni e necessità ambientali. Come avviene fra i protestanti che possono godere della presenza femminile con le donne pastoresse preti. Se vogliamo uniformità con tutta la chiesa su questo punto campa cavallo…. Cosa per esempio non avvenuta per il celibato dei preti. Perché per ragioni anagrafiche e di proselitismo noi abbiamo una chiesa cattolica che concede il celibato ai suoi preti di rito orientale e ad alcune parroci delle parrocchie calabresi lucane (Firmo, Castroregio, S. Paolo degli Albanesi). Di questo i cattolici italiani non sono informati, né ci si premura ad informarli si lascia tutto nel nebuloso e nell’ignoranza atavica. Qualcuno teme che la concessione del sacerdozio femminile sia una specie di cavallo di Troia per poi ottenere nella chiesa altre riforme non gradire ai tradizionalisti e ai fondamentalisti. L’energia inesauribile di Papa Bergoglio sui temi della pace, della giustizia nel mondo, della ecologia ambientale è per molti in contrasto con il modo esitante con cui sta gestendo la questione delle donne preti. Una esclusione che rallenta la parità dei diritti donna-uomo in tutti gli altri aspetti della vita sociale. Una sua apertura in materia consentirebbe di accelerare la promozione di pari dignità ad ogni livello. Da augurarsi che sia soltanto una battura d’arresto, perché il sacerdozio femminile in questo periodo di penuria di preti, di calo nella sensibilità religiosa potrebbe essere una grande risorsa.

Autore:
Albino Michelin
26.08.2019

domenica 1 settembre 2019

ANCHE LA RELIGIONE HA SUOI PARADIGMI E MODELLI EVOLUTIVI

Non ostante le religioni occidentali registrino oggi un calo di aderenti, esiste però una minoranza che esige risposte critiche e soddisfacenti. Rifugiarsi nel mistero da parte dei ministri del culto e ripetere le storie di nonna berta, con una manata sulle spalle all’ interlocutore di turno, oggi non paga più. Per cui dobbiamo affermare che anche nella religione come nella natura, nell’astronomia, nella società siamo stati, siamo e saremo di fronte al cambiamento di paradigmi. E’ questo un omaggio all’intelligenza umana, e quindi a quel Dio che ce l’ha data. L’argomento nasce da una domanda che più volte si sente circolare. Molti ti chiedono: se Gesù figlio di Dio è Salvatore, ma da che cosa, come, da chi, quando ci ha salvati ci salva, ci salverà? E prima che Gesù venisse al mondo 2 mila anni fa chi ha salvato i nostri antenati? E la gente che oggi e domani non ha mai sentito parlare di Gesù, egli da che cosa la salva? Per evitare dispersione bisogna limitarsi al titolo “Gesù Salvatore”, tralasciando tutti gli appellativi onorifici o identitari come Figlio di Dio, Cristo, Signore ecc. che sono stati definiti nel Concilio di Nicea 325 d.C. Indubbiamente la domanda esige una risposta con la premessa di qualche esempio. Gli uomini della preistoria avevano un paradigma religioso-mitologico. Pensavano che la terra fosse ricoperta da una calotta sferica, su cui vi erano fissate le stelle, residenza delle divinità incaricate al loro movimento e a guidarle nelle autostrade del firmamento. Paradigma-modello mitologico seguito da un altro prescientifico. In effetti Tolomeo astronomo greco (175 d.C.) ebbe un’altra intuizione. Al centro dell’universo ci sta la terra e attorno ad essa ci ruota l’universo. Paradigma chiamato geocentrismo. Ma poi il polacco Copernico(1473-1543), sostenuto anche dal Galilei ti cambia modello. Non la terra al centro dell’universo, ma il sole attorno cui gira la terra con un moto di rotazione e di rivoluzione. Nuovo -modello detto eliocentrismo E qui possiamo aggiungervi quello dell’evoluzionismo. Fino a qualche decennio fa pure la chiesa basandosi sulla Bibbia sosteneva il paradigma del Creazionismo (Dio in un preciso momento circa 6 mila anni fa ha creato la prima coppia umana Adamo - Eva), oggi quasi acquisito invece il paradigma dell’evoluzionismo (Il cosmo da 15 miliardi di anni si è evoluto fino a dare origine alla specie umana). Intuizione sostenuta fra i tanti dal teologo gesuita Teilhard de Chardin. Qui la prima domanda: è cambiato l’universo oppure è cambiato il nostro modo di capirlo e di interpretarlo stante gli strumenti culturali e di pensiero a nostra disposizione? Un altro esempio basato sui cambiamenti sociali: due mila anni fa, anche ai tempi di Gesù, la schiavitù era ritenuta necessaria al servizio della nobiltà, degli imperatori, dei signorotti d’epoca. Nel 1948 con la dichiarazione dell’Onu sui diritti dell’uomo, la schiavitù e il colonialismo sono stati definitivamente aboliti. Che qua e là qualcosa riemerga ancora non toglie la sostanza. Mutato il paradigma-modello sociale. Anche qui la domanda d’obbligo: è cambiata la natura umana o è cambiato il nostro modo di considerare ogni uomo, cui compete rispetto, indipendentemente dalla razza, colore, religione? Ovvia la seconda risposta. E ritorniamo al parametro-modello religioso iniziale:” Gesù salvatore di chi, di che cosa, da che cosa? E qui bisogna spiegare il paradigma-modello che aveva in testa l’apostolo Paolo, specie nella lettera ai romani, rispondente alla mentalità e alla cultura del tempo. Alla comparsa dell’homo sapiens, circa 30 mila anni fa dal paradigma mitologico si è passati a quello religioso prescientifico. Ai primi uomini trovandosi in un mondo pieno di violenze e competizioni è parso naturale riempire questo mistero con un Dio che avrebbe potuto proteggerli. E’ balenata l’idea che fosse necessario sacrificare qualcuno o qualcosa per tenerlo buono.  Anche perché pure gli stessi autori del Genesi, della Bibbia, del peccato originale non sentendosi di dare a Dio la colpa di tutto quel casino, compresi i dolori del parto, l’hanno data al primo uomo e coppia umana. Quindi ecco il paradigma modello religioso: bisognava placare Dio nei primi tempi con sacrifici anche umani (vedi quello di Isacco-Abramo), poi di animali proporzionali al peccato, infine col sacrificio in croce dello stesso figlio di Dio. “Dio non ha risparmiato il proprio figlio, ma lo ha dato in sacrificio per noi tutti (Paolo ai Rom.8,32). Il quale Paolo non ha avuto nessuna colpa o merito ragionando con la mentalità tribale, e popolare del tempo. Di questo non dobbiamo meravigliarci perché anche oggi a distanza di due millenni dalla scomparsa di Gesù siamo nella logica del sacrificio della croce, in quella del “Salvatore” che ha pagato per tutti, anche per i peccati delle future generazioni. Ma Gesù non è venuto per morire in croce, quanto piuttosto per fedeltà alla vocazione di Dio, quella di instaurare il regno di Lui sulla terra a costo anche di giocarsi la vita. Come di fatto è avvenuto. Come di fatto può capitare a ciascuno di noi che è sulla terra non tanto per soffrire, quanto per essere fedele ai doni di Dio e umanizzare questo mondo. Ma ciò può costare impegno e sacrificio, che talvolta è incidente di percorso, tal’ altra un passaggio obbligato. La messa quindi non è il sacrificio della croce, ma come una moviola che ci porta indietro fermandosi su alcuni punti essenziali per la nostra vita. Il paradigma interpretativo è mutato. Di qui la domanda: è cambiata la religione, il Cristianesimo, lo scopo del crocefisso o il nostro modo di intenderlo? Chiara la risposta. Non si annulla niente, ma si trasforma dal di dentro la comprensione della religione in riferimento al cambiamento d’epoca e di cultura. Gesù però non ri-muore, non viene ri-crocefisso. Abbiamo qui il passaggio dal paradigma sacrificale per i nostri peccati a quello di “Gesù Salvatore modello esemplare” per i nostri comportamenti. Indubbiamente la logica di interpretare la nostra religione, la storia del Cristianesimo e di tutte le religioni con l’evoluzione dei paradigmi epocali eviterebbe tanta confusione e abbandoni. Ad esempio dal 1500 abbiamo il paradigma cattolico contro quello protestante, vale la pena continuare a litigare così? E un paradigma di cambiamento oggi estremamente attuale è quello di Papa Francesco. Al di là del fatto di chi lo cita come eretico e di chi perde la pazienza perché non accelera adeguate riforme di fondo, se sia rivoluzionario o codardo, però propone un nuovo paradigma in conformità al cambiamento d’epoca: l’uomo al centro del nostro interesse, il suo ambiente ecologico, la terra casa di tutti, l’attenzione alle civiltà e alle migrazioni, il divario fra i pochissimi ricchi che detengono le risorse ed una infinità di poveri, il commercio delle armi, una chiesa meno dogmatica e più aperta alla reinterpretazione del suo ruolo, un approccio meno prevenuto fra cristianesimo e musulmanesimo, e tanto altro. Nessuna catastrofe in vista perché lo Spirito di Dio (Giov.16,13) ci accompagna e ci rivelerà lentamente ciò che ancora non riusciamo a capire: un nuovo paradigma-modello di “Gesù Salvatore” Ciò va detto non tanto per cercare il dissenso o il consenso della maggioranza quanto per trovare un senso agli interrogativi della esistenza umana che molta gente oggi spesso si pone.

Autore:
Albino Michelin
24.08.2019