martedì 17 dicembre 2019

CODICE MORALE: SUICIDIO, RIMORSO, PENTIMENTO

Due fra gli innumerevoli casi che succedono possono indurci  ad esplorare il complesso mondo  della nostra coscienza. In un'aula del  tribunale il 29.11.19 un friulano di 38 anni F.M. condannato all'ergastolo dichiarò: "non merito il perdono, ho paura anche di chiederlo vista la gravità di  quanto compiuto". Si riferiva all'omicidio della fidanzata ventenne compiuto due anni prima, dopo il  quale vagò tutta la notte con il cadavere in macchina. Il giorno seguente fu trovato impiccato nel giardino  di casa . Contemporaneamente e  lo stesso giorno  il  settantenne svizzero V.P. da 25  anni  in    carcere  per violenze a donne e bambini, esausto da una vita senza affetto e senza relazioni  umane, fece pressante richiesta alle autorità competenti di  terminare i  suoi giorni con suicidio assistito nelle strutture adeguate dette della dolce morte. Due episodi di rimorso e di  impossibile pentimento dagli  esiti  fatali. Anche il  vangelo ci  riporta qualche caso del   genere: Pietro e  Giuda. Pietro aveva tradito il  maestro spergiurando di non  averlo mai  conosciuto in   vita sua, ma dopo il canto de gallo si ricordò di quanto predetto da Gesù. Uscì dal cortile del pretorio e pianse amaramente. L'altro caso, quello di Giuda, il  quale dopo aver venduto Gesù  per  trenta denari angosciato andò nel  tempio e gettò le trenta monete davanti ai  sacerdoti dicendo: "ho peccato tradendo il  sangue di un innocente". E uscito andò ad impiccarsi. Entrambi sentirono il rimorso del   tradimento compiuto. Il  più grave è quello di Pietro, perché tradire un  amico non è cosa da poco,  forse meno quello di Giuda perché vittima della passione del denaro. Il  primo si pentì, l'altro almeno apparentemente no,  in quanto l'evangelista Matteo calcò forse la mano perché non  godeva buon  sangue verso il  gruppo degli zeloti  di cui l'iscariota faceva parte. Anche se  in  dimensioni diverse rimorso e pentimento sono entrambi due emozioni della sofferenza di  un'anima  che pure noi  forse abbiamo sperimentato o potremmo sperimentare. Talvolta connesse hanno esiti  diversi. Il  rimorso è un disturbo profondo della personalità, legato al  senso di colpa che nasce dalla consapevolezza spontanea o causata dalla pena  sociale di avere  infranto un  codice morale, di  natura religiosa o laica,  poco importa, in cui però si recepisce il  confine fra illecito e lecito. Il rimorso riguarda il passato, ciò che non avremmo dovuto o voluto fare. Il pentimento non va confuso con rimpianto in   quanto questo è un rammarico ed un dispiacere per non   aver potuto o voluto fare qualcosa, che al  presente non può più  tornare. Esempio, quello di  un ragazzo che casualmente incrocia una bella ragazza, vorrebbe fermarla e  chiederle  il  numero del cellulare, ma quella senza avvedersene prosegue per la sua strada. Nel giovanotto resta il rimpianto di un'occasione perduta e irrepetibile. Il rimorso riguarda ciò che abbiamo scritto, il rimpianto ciò che è andato perduto e che ci riempie di nostalgia. Nulla a che vedere con il pentimento, conseguenza di una colpa. Il rimorso conduce solo a se stesso e appare insolubile. Il soggetto si identifica con la propria colpa, bloccato in un tunnel senza via d'uscita. Fortunatamente talvolta può maturare e passare verso un pentimento. In quest'ultimo avviene una separazione fra la colpa e l'io, uno spostamento dalla colpa all'io. L'io sente che ha ancora qualcosa da fare, che esistere ha ancora un senso. Nel rimorso si è faccia a faccia con a propria colpa, nel pentimento invece si registra un disagio attivo, di una nuova disponibilità. Il rimorso porta la pena della propria disperazione che non vede vie d'uscita, (primo caso e Giuda) mentre il pentimento intravede l'avvenir e, è convalescenza, un incipit della ritrovata salute interiore e spesso psicosomatica (caso di Pietro). Il rimorso parte dalla consapevolezza del bene e del male, e della loro distinzione, non importa se per una legge morale o religiosa o laica. Complesso invece e multi causale è l'incontro con persone che non hanno nessuna coscienza, oppure dichiarano di avere una propria coscienza, ma senza mai provare nessun rimorso, tanto meno pentimento, pur abbandonandosi ad ogni tipo di corruzione organizzata, malavita, micro o macro criminalità. Magari ostentando grande successo e auto compiacenza. Patologia e fragilità mentale che può diventare seriamente nociva a se stessi e alla comunità umana. Di qui si impone la necessità di un codice morale. Indubbiamente un'osservazione va fatta alla chiesa cattolica per aver fiaccato molte anime a causa del suo terrorismo psicologico, senso nevrotico di colpa, rimorsi e incubi da inferno permanente, ma tutto ciò non toglie la necessità di un codice morale. Ne hanno sentito bisogno tutti i popoli fin dall'antichità e non vi è nessun motivo plausibile a che la modernità l'accantoni come anticaglia inutile. Dal codice di Hammurabi degli antenati babilonesi alle leggi di Mosè con i 10 comandamenti, alle 12 Tavole romane, alla Magna Charta degli Stati moderni, con le loro costituzioni e accordi internazionali. Fino ad oggi non siamo ancora riusciti a promulgare un codice etico internazionale di valori condivisi. Esempio "tutti siamo uguali di fronte alla legge, senza distinzione di razza, di sesso, di religione." Ovvio che non si potrà mai avere perfetta omogeneità stante le diverse tradizioni, come chi utilizza ancora la pena di morte, chi lapida gli omosessuali, chi schiavizza la donna, ma almeno un codice di riferimento ci vorrebbe. Per alcuni può essere la Bibbia, per altri il Corano, per altri il Veda, per altri i pensieri del Budda. Però senza regole che ci aiutino a distinguere il bene dal male il pianeta non è un’aiuola che ci rende tanto felici, ma uno sterpaio da giungla. Specie nel nostro tempo nel quale l'uomo si identifica con il superuomo non di Nietzsche, ma super economico, che non viene apprezzato per la cultura, il buon senso, il senso civico, la solidarietà con i propri simili, ma per la quantità di beni materiali e per la loro sfacciata visibilità. In un mondo in cui si costata una fuga dal reale per vagare nel ipereale. O si comincia con le nuove generazioni dai bambini insegnando loro le regole, i confini fra il bene e il male, l'igiene della coscienza pure con un terapeutico senso di colpa attraverso cui imparare anche a chiedere scusa a se stessi e agli altri, tutte cose che fanno riferimento ad un codice morale. Oppure diamo ragione ai movimenti giovanili di Greta e delle Sardine, i quali pur non sapendo ciò che vogliono, sanno però ciò che non vogliono. Non vogliono un mondo caotico e senza regole come dalla nostra generazione alla loro consegnato

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Albino Michelin
30.11.2019

domenica 15 dicembre 2019

QUELLE PERSONE NORMALI CHE FANNO LA DIFFERENZA

Cartesio filosofo e matematico soleva dire verso il 1620:” penso quindi esisto”. Oggi invece quattro secoli più tardi pare vi sia una voglia quasi maniacale non tanto di pensare quanto di apparire. Di qui il logo:” appaio, quindi esisto”. E’ un fenomeno di massa che si riscontra in tutti gli ambiti della comunicazione, giornali, riviste, tv. In realtà anche se tu non sei nessuno e non conti nulla basta che tu riesca ad infilarti in uno di questi canali e avrai l’universale riconoscimento e consenso. Succede che persino un fattorino dei boss mafiosi o un cuoco dell’ndrangheta se riesce a far capolino da quelle parti diventi pure una star. E tante donne sconosciute nel nostro mondo un po’ patriarcale arrivano a splendere tra i riflettori dei palcoscenici solo perché mogli, fidanzate o figlie di qualche celebre maschio. Non c’è posto per le persone quotidiane e ordinarie. Eppure è qui in questo periodo così voglioso di pettegolezzi, di trasgressioni, di scandali, di malaffare, di mostri sbattuti in faccia che vale la pena contrapporre storie di ordinario eroismo. Persone comuni che grazie alle loro azioni straordinarie si sono trasformate in eroi quotidiani mettendo in pericolo la loro vita per salvare quella degli altri. Per quanto si viva in una cultura di superman, siano reali o di cartapesta, bisogna convincersi che se il mondo va avanti è perché si sostiene sulla gente normale. Leggendo la storia della seconda guerra mondiale si potrebbe pensare che gli Stati Uniti abbiano vinto con tre personaggi: Eisenhower, Mac Arthur, e Patton. Tuttavia tutti sappiamo che a vincere le guerre non sono i generali ma i soldati, i quali lottano e muoiono restando anonimi, e finiscono nel mucchio dei militi ignoti. Pensieri del genere possono saltar fuori anche dal Vangelo di Giovanni quando viene a parlare dell’apostolo Andrea, un tipo dalla biografia scarsa e senza peso specifico. Persona normale, ma è lui che presenta a Gesù suo fratello Pietro, l’uomo che dovrà diventare il leader del gruppo apostolico e sulla bocca di tutti quale iniziatore del papato. Ed ancora in altro caso Andrea indirizza Gesù da un ragazzo dei cinque pani e due pesci perché sfami una moltitudine di esausti. In altra circostanza ancora è Andrea che conduce a Gesù un gruppo di greci, chiamati Gentili e impuri in quanto non riconoscevano la legge di Mosè, affinché il maestro potesse rivelare loro alcuni dei suoi messaggi. Andrea intermediario che agisce sempre come persona normale, ma grazie a lui le cose normali diventano eccezionali. Vale la pena qui collegare e citare qualche caso, fra i tanti sconosciuti e che può costituire un seme di speranza per il nostro tempo. E quindi ci fa capire che non risponde a verità essere il nostro mondo posto nel maligno, come da tanti ecclesiastici paventato, o marcio come da tanti catastrofici apocalittici affermato. Ci si permetta di estrarne alcuni dal florilegio quotidiano. Ramy, ragazzo egiziano musulmano nel marzo del 18 salva una cinquantina di compagni di classe nel pullman andato a fuoco a S. Donato Milanese. Fabio Caramel, veneziano di 26 anni salta una partita di calcio per donare il suo midollo spinale ad una donna gravemente malata. Moustapha Al Aoudi, ambulante arabo, salva a Crotone in Calabria nel novembre 18 la dott.ssa Nuccia Calindro aggredita con un cacciavite da uno sconosciuto. Rosaria Coppola di Napoli nell’autunno del 18 difende in treno un ragazzino del Sri Lanka vittima di aggressioni verbali da parte di un passeggero. La famiglia Crippa del trentino adotta dal 2003 al 2006 otto giovani etiopi rimasti orfani a causa della guerra civile. Un auto con intera famiglia in Abruzzo nell’estate 2012 scivola in un fossato e un marocchino che passa nota la tragedia, si toglie i vestiti, si getta nell’acqua, estrae le tre persone che stavano per affogare. Scappa subito perché clandestino dicendo:” ho fatto solo il mio dovere”. Igor Gnocchi allenatore di una squadra ci calcio giovanile nel bergamasco, a maggio del 2018 ritira dalla competizione tutta la squadra perché un suo giocatore da’ del razzista ad un avversario e si spiega:” nessuna coppa vale la dignità di un ragazzo”. Nella primavera del 19 succede un crollo di una palazzina a Matera, sotto la quale resta in pericolo di vita la cinquantenne A. Portarulo con difficoltà deambulatorie. Vasilec Damian, cinquantenne rumeno disoccupato edile da 11 anni in Italia, la trae in salvo. Un ultimo caso non recente seppur sempre attuale, quello di Gino Bartali (1914-2000), noto campione di ciclismo, meno conosciuto come carattere. Nel maggio 2018 all’inizio del Giro d’Italia in partenza da Gerusalemme viene definito” giusto fra le nazioni” perché nella la guerra 1940-45 salva 800 ebrei nascondendo durante gli allenamenti nel telaio della bici documenti falsificati. Al termine della rischiosa impresa ebbe a dire che il bene si fa ma non si dice e che le medaglie si attaccano sull’anima e non sulla giacca. L’elenco potrebbe bastare, ma sono sufficienti questi pochi casi per sentirsi finalmente uscire dalla palude dell’odio e della malvivenza e respirare un po’ di aria salubre. Non si è voluto qui enfatizzati i casi di generosità degli stranieri, sono solo un’eccezione che conferma la regola. Modelli da seguire indipendentemente dalla nazionalità e cittadinanza. A nessuno di noi mancano i requisiti per svolgere un ruolo di conforto e di solidarietà quando le necessità si presentano. Tanti hanno trovato le parole giuste, al momento giusto, da una persona giusta che li ha fatti scegliere una strada anziché un’altra, determinando addirittura il corso della loro vita. E magari quella era una persona comune, un “andrea” qualunque. La maggioranza di noi non è fatta di generali che vincono le battaglie, di politici che presiedono parate nazionali, di cardinali e vescovi che predicano sul trono, di industriali dirigenti di prestigiose aree produttivei, di giornalisti e conduttori televisivi di pubblica risonanza, ma di gente capace di fare la differenza in un mondo tanto qualunquista e distratto.Tutti possono essere come Andrea, il santo patrono della gente comune.

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Albino Michelin
06.11.2019

venerdì 13 dicembre 2019

LETTERA APERTA ALLE DONNE CHE AMANO I PRETI

Al momento siamo punto e a capo. Questo in riferimento al sinodo Pan-amazzonico tenutosi a Roma dal 6 al 27 ottobre 2019. Si conoscevano già all’inizio e da tempo le pressioni arrivate al Papa Bergoglio in occasione di questa assemblea in cui 180 ecclesiastici dovevano decidere anche sulla annosa questione del celibato dei preti, libero e facoltativo e sulla possibilità di ordinare preti anche padri di famiglia, caso comune fra i cristiani protestanti. Argomento già posto sul tappetto al Concilio ecumenico del 1965. Dopo 50 anni ed oltre è stata effettuata anche una votazione consultiva la quale ha dato 128 favorevoli al libero celibato e 41 contrari. Il problema è che la decisione definitiva passa a papa Bergoglio, il quale è molto aperto alle riforme se le contestualizziamo nelle sue espressioni, specie quelle pronunciate a braccio in aereo, ma poi diventa molto trattenuto al momento di procedere alle decisioni. Il tutto dipende dalle minoranze molto aggressive, composte non solo dai chierici dell’istituzione, ma soprattutto dai cattolici fondamentalisti che non cessano di osteggiarlo e di reclamare la sua deposizione in quanto anticristo. Si trova fra due fuochi: quello dei conservatori che capeggiati dal Card. L. Müller minacciano di uscire dalla chiesa se abolisce questa tradizione, quello dei riformisti che capeggiati dal Card. R. Marx ugualmente minacciano scissione se intende mantenere questo obbligo. Un discorso che in fondo sembra abbastanza irrilevante se pensiamo che Gesù, punto referenziale del Cristianesimo e della chiesa, non è stato un misogino cioè non ha obbligato gli apostoli a lasciare le loro mogli. Anche Bergoglio nelle sue consuete aperture a braccio ritornando da un viaggio intercontinentale ebbe ad affermare che il celibato dei preti non è un dogma. Ma, come detto, siamo ancora punto e a capo. Nel ridiscutere, ripensare, rinviare. In questa nebulosa e in attesa di qualche spiraglio vale la pena anche lasciare la parola a persone interessate e toccate dalla vicenda, perché la vivono sulla propria pelle: i preti sposati, le loro mogli, le donne innamorate dei preti. I sacerdoti cattolici nel mondo sono all’incirca 415 mila, in Italia 48 mila. Quelli che hanno lasciato sono 55 mila nel mondo, 5 mila in Italia. Una percentuale variabile sul 12-13 %. Dal 1981 si sono costituiti anche in una associazione chiamata Vocatio, attualmente con 400 aderenti, a significare che essi si sentono totalmente preti anche se sposati, coinvolgendo pure le proprie spose. Costoro vengono definiti con terminologie non del tutto felici, come, spretati, tonaca alle ortiche, traditori, ribelli quando invece si potrebbero elencare fra coloro che hanno cambiato professione. Anche se alcuni cattolici possono obbiettare che il sacerdozio è una vocazione, altri possono con s. Paolo rispondere rovesciando il discorso che invece ogni professione è vocazione e andrebbe vissuta come vocazione. Una chiamata di Dio si tratti di un politico, di un ingegnere, di un operaio, di una cameriera. Qualche anno fa (2014) 26 donne mogli di ex-preti scrissero una lettera al papa sottolineando che la loro situazione era vissuta con grande sofferenza e che i loro mariti si sentivano anche se sposati desiderosi di un servizio a tempo pieno nella comunità cristiana, parrocchia o gruppi di fede. Nessuna risposta. Sempre sull’argomento vale la pena citare una lettera di Fiorenzo De Molli, milanese, 48 anni, 17 dei quali passati come sacerdote, che a 41 anni ha chiesto al Card Martini, suo vescovo, la dispensa dal celibato, e quindi a malincuore dovette escludersi dal ministero. Nel 2002 ha celebrato il suo matrimonio in chiesa, senza tante pompe e secondo il rituale cattolico. Ecco la sua lettera aperta alle donne:” sono marito e padre di due splendidi figli di 12 e 8 anni. Mi è sempre piaciuto fare il prete, il senso più profondo della mia vita. Ero cosciente al momento dell’0rdinazione e contento di accettare quanto mi veniva proposto. A 24 anni sapevo di volere e intendere. La vita di prete l’ho vissuta da appassionato, dedicato al servizio della gente, specie dei poveri e degli ultimi. Ma la mia esigenza affettiva era col tempo non più in sintonia con il resto della mia vita. Probabilmente in seminario non sono riuscito o non sono stato aiutato a far crescere con realismo la mia affettività. Però la vita ti presenta il conto e non puoi mai dare nulla per scontato, per cui il problema affettivo mi è scoppiato fra le mani. Non ostante il confronto col vescovo e con altri preti i nodi sono rimasti irrisolti e mi sentivo solo. Quando ho incontrato una donna che mi ha scritto e mi ha detto:” io mi sono innamorata di te e tu che fai?” Sono rimasto male con momenti di grande depressione. Ho cercato di capire, di decidere. Ora sono un marito e un uomo felice, ci sono arrivato dopo 40 anni perché prima non ero maturo per una scelta così importante. Sono un papà realizzato, la mia fortuna più grande è di aver trovato una donna forte e determinata che mi ha chiesto” e tu che fai?” Non c’era spazio per sconti, sotterfugi, scorciatoie, doppia vita. Ero chiamato a scegliere, è stata una scelta dura, ma ne valeva la pena. Care donne, chiedete al vostro uomo di cui siete innamorate:” ma tu che fai?” Dategli tutto lo spazio e il tempo perché possa scegliere ciò che è bene per lui e di arrivare ad una scelta la più limpida possibile. Siamo chiamati a vivere alla luce del sole, è un diritto dei preti, un diritto vostro. Sarete sicuramente più felici di quanto non siate adesso. Poi solo se tranquilli e sereni potremo ragionare sul celibato e soprattutto sulla maturità umana e affettiva”. Questa lettera aperta di Fiorenzo arriva veramente alla radice del problema, cioè al celibato obbligatorio o meno del prete. Chi lo desidera e ne è capace faccia il prete celibe e uomo realizzato, chi desidera una famiglia propria faccia il prete sposato. Una risorsa per lui, per la parrocchia, per la chiesa tutta. Per inciso Fiorenzo ex prete sposato non si è dato alla bella vita, ma ha assunto la responsabilità della Casa Carità A. Abriani, servizio sociale di supporto alla persona e alla famiglia. Con il sinodo della Pan amazzonia siamo a sperare in una soluzione almeno differenziata secondo le regioni del nostro globo, ma fra breve. Perché il mondo brucia. Più difficile sarà il sacerdozio per le donne. Perché purtroppo si insiste nell’ identificare l’ideologia patriarcale (la donna è inferiore al maschio) con la teologia (Dio non vuole la donna prete perché inferiore al maschio). Questo sarà l’ultimo tabù o totem da superare. Dio non è misogino, forse la chiesa istituzione un po’ troppo sì. Una speranza: che col tempo la chiesa in questa discriminazione si lasci da Dio convertire.

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Albino Michelin
31.10.2019

mercoledì 11 dicembre 2019

COLONIZZAZIONE NON È EVANGELIZZAZIONE


È un’espressione tipica di Papa Bergoglio quando il 6 ottobre 19 disse:” quante volte il dono di Dio è stato imposto, quante volte c’è stata colonizzazione anziché evangelizzazione”. Certamente è una riflessione sul metodo piuttosto che sulla sostanza. Però non bisogna sottovalutare il messaggio. Se pensiamo all’America del 1500 dobbiamo subito anticipare che la religione non è arrivata sulle tre caravelle di Cristoforo Colombo. Vi è una presenza di Dio in tutte le popolazioni e relative culture anche in quelle precolombiane e preconizzate perché da sempre l’uomo, secondo un antico adagio è “capax Dei”, capace di Dio. Come dicevano già S. Giustino (160 d. c.): ”la rivelazione di Dio ha sparso i suoi semi in tutto l’universo” dall’inizio del mondo sia nella saggezza indiana come nella civiltà dei maya e degli aztechi. Dio è tanto grande da aver permesso ad ogni gruppo umano una visione di versa di lui. E’ talmente infinito che nessun gruppo umano può vantare il privilegio di esaurirne la percezione. E’ comunque fuori discussione che in passato la diffusione del Cristianesimo sia avvenuta mediante i colonizzatori che adottarono diversi metodi: sradicare totalmente i riti dei residenti o assimilarli, o sostituirli o piuttosto di niente accettare la contaminazione reciproca attraverso l’inculturazione. Caso abbastanza noto quello della religione romana, che i cristiani definivano pagana perché praticata da coloro che vivevano nei pagi, cioè nelle campagne. Dove i romani aveva posto le loro divinità a protezione del territorio, ad esempio Dana nelle selve e nelle acque, oppure Cerere a salvaguardia delle biade, i cristiani spazzavano via sostituendole con Maria Vergine delle acque e S. Isidoro patrono del raccolto. Ugualmente successe con il pantheon che riuniva tutti gli dei romani: la chiesa per impulso del re francese Luigi il Pio (835 d.C.) ripulì il monumento introducendo la festa di tutti i santi del primo novembre .E siccome fra i celti irlandesi scozzesi del nord si celebrava la festa detta pagana di Halloween (in inglese tutti i santi) in cui le popolazioni festeggiavano il ritorno per un giorno alla vita dei propri morti, la chiesa operò anche colà la sua sostituzione aggiungendo il 2 novembre quale giorno dedicato alla commemorazione dei defunti. Per inciso la sostituzione non ebbe molto effetto se oggi noi costatiamo che Halloween fa capolino da tutte le parti insieme con la celebrazione cattolica per la grande gioia dei bambini che si travestono con maschere spesso macabre per disturbare la gente, mentre gli adulti preferiscono esporre alle finestre zucche a teschio illuminato da un cero. Si trattò di sostituzioni indolori. Ma con gli attivi dal 1400 in poi specie ad opera di spagnoli, portoghesi, olandesi ed altri si ebbero delle vere colonizzazioni ed imposizioni della religione propria dei conquistatori. Persino l’obbligo del battesimo, con lo slogan: o battesimo o morte. Da parte degli indigeni talora vi furono delle resistenze perché estraneo a loro il linguaggio dei dogmi cattolici. Significativa la traduzione del Padre nostro in cui si dovette rivedere la formula” venga il tuo regno”. Incomprensibile per i locali la parola regno, non entrava nella loro tradizione. Si dovette tradurre con:” Signore, risuoni il tuo tamburo dentro la foresta.” Grammaticalmente uno strafalcione, ma senso perfettamente esatto perché rispondente alla cultura Indios. Colonizzatore o missionario non può portare in quegli ambienti vergini tout court la propria teologia romana senza tener conto delle sfumature locali. Nel caso su citato si tratta di contaminazione o combinazione interculturale. E quando nel 1635 a Guadalupe nel Messico apparve la Madonna non si presentò con l’abbigliamento europeo o del suo paese natale Nazareth ma con quello di una morenita, meticcia, grande mantello colorato, per di più incinta. E nella sua narrazione al veggente Diego parlando di Dio usò il linguaggio locale chiamandolo Tialoc, tipico degli Aztechi. Anche in questo caso un automatico adeguamento, anche se forzato, del Cristianesimo alle tradizioni locali. In altre situazioni invece la cultura del luogo venne osteggiata da parte dei colonizzatori causando pure delle guerre e martirio a diversi missionari spesso considerati fiancheggiatori degli occupanti. Per cui oggi è auspicabile tendere alla evangelizzazione nel senso su accennato di “interculturazione”, cioè incorporare alcuni elementi propri dei destinatari, senza per questo dimenticare il messaggio essenziale del Cristianesimo. Se si vuole ad esempio evangelizzare il Benin, paese africano di 11 milioni di abitanti, bisognerebbe tener conto della loro religione vudu, dalle origini ancestrali quanto l’umanità. Al di là di ciò che noi chiamiamo superstizioni potrebbero darci il senso di Dio come spirito universale che anima ogni cosa, il rapporto con la comunità dei defunti. Non hanno solo gli stregoni, l’uccisione della gallina, la reincarnazione. D’altronde a pensarci bene, quale differenza nella sostanza fra i nostri santi, i nostri sacrifici per ottenere la benevolenza del cielo, il nostro purgatorio? Pare che in fondo nell’inconscio collettivo ci troviamo tutti sulle stesse realtà con nomi e piccoli dettagli diversi. Lo stesso dicasi dei paesi orientali, tipo India. Giusto evangelizzare, ma opportuno sarebbe anche essere dagli induisti evangelizzati. Perché un po’ di spiritualità, di meditazione, di silenzio interiore noi così pragmatici sul fare, sul produrre, sul guadagnare, così stressati dalla tecnologia qualcosa avremmo pure da imparare. Senza dimenticare che oggi la preoccupazione principale nel nostro mondo planetario l’evangelizzazione consisterebbe nel portare promozione umana e dignità a tutti coloro che dai colonizzatori con la conversione al Cristianesimo hanno subito schiavitù, confische e miseria.

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Albino Michelin
23.10.2019

martedì 10 dicembre 2019

IL GRIDO DELL' AMAZZONIA PER UNA SPIRITUALITÀ DEL CREATO

Quando gli antichi romani non riuscivano ad invadere un territorio inesplorato registravano sulla loro carta geografica:" hic sunt leones" qui ci sono i leoni. La stessa cosa potremmo dire oggi di molti contemporanei i quali dell'Amazzonia sono quasi totalmente ignari. Per cui vale la pena entrare in merito con una breve presentazione del territorio e dell'evento sinodo svoltosi dal 6 al 27 ottobre 2019, cioè un'assemblea in cui si sono dati convegno i rappresentanti dei vescovi del mondo. Preparato da tempo, ma ritornato di attualità causa gli innumerevoli incendi, circa 83 mila soltanto dallo scorso gennaio. Papa Bergoglio ideatore dell'assise, autore dell'enciclica "Laudato sì" a difesa dell'ecologia, e dell’ambiente ebbe a dire ai convenuti:” i roghi sono contro Dio “. Per cui una riflessione non sarebbe fuori luogo. Il nome Amazzonia deriva dalla guerra tribale che nel 1542 gli spagnoli condussero contro gli indigeni, la maggioranza donne, che in riferimento alle mitiche guerriere dell'antica Grecia furono chiamate amazzoni, perché per tirare l'arco si amputavano il seno. Siamo nel sud America, territorio con 6 milioni di km2, con una superfice oltre metà Europa e 18 volte superiore all'Italia. Stato federale che lambisce e si incunea in 9 paesi: Brasile, Bolivia, Columbia, Equador, Perù, Venezuela, Surimna, e le due Guyana, 34 milioni di abitanti di cui 3 di indigeni, appartenenti a 390 etnie, afrodiscendenti, coloni, contadini, con una maggioranza che si sposta verso i centri e le città. La più grande foresta fluviale del mondo, un bacino idrografico che rappresenta una delle maggiori riserve di bioverde dal 30 al 50% della flora e fauna nel mondo, 20% dell'acqua dolce non congelata, più di un terzo dei boschi primari, importante fonte di ossigeno per tutta la terra. Gli abitanti vivono in rapporto vitale con le varie popolazioni e le acque dei fiumi a seconda dei movimenti ciclici di inondazioni e siccità. Le ricchezze delle foreste e dei fiumi minacciate da enormi interessi economici esterni, deforestazione indiscriminata, contaminazione di acque e di laghi, fuoriuscite di petrolio, estrazioni minerarie, produzione incontrollata di droga, traffico di donne e bambini a scopo sfruttamento, aumento di monossido e biossido di carbonio causato dagli incendi. Quadro sintetico che si presta però ad una interpretazione ampliata e ad   riflessione sul creato. Tutto il nostro mondo si tiene con tutto. Abbiamo già avuto e continuiamo a subire fenomeni sempre più globali di riscaldamento e inquinamento dell'ambiente, da Cernobyl del 1986, con 41 decessi senza contare le conseguenze, e tanti altri fenomeni attuali come la nostra llva di Taranto, la Miteni del Veneto e una serie di incontaminazioni ambientali. Da non sottovalutare fenomeni come il riscaldamento dell'ambiente, del clima, come le manifestazioni Greta-giovanili. Qui bisogna cambiare passo, capovolgere i nostri rapporti non solo con l'Amazzonia, ma nei confronti della terra tutta, del cosmo, della natura, dell'universo creato. Non considerare più il creato in un rapporto egoistico e. provinciale, bisogna passare "dall'egologico all'ecologico". Le nostre religioni devono dare più spazio alla spiritualità nei confronti della terra come fecero s. Benedetto, s. Francesco e diversi ordini religiosi del passato. Ci siamo fossilizzati troppo su una religione dualistica, "caduta-redenzione". Cioè: Adamo ha peccato, tutti siamo peccatori, è venuto Gesù a redimerci dalla colpa originale, noi dobbiamo con il sacrificio e l'ascesi guadagnarci la salvezza eterna. Conseguenza: fuggire da questo mondo, stare alla larga. Modello troppo parziale, individualista ed egoista. Ma il nostro rapporto con il cosmo e con il mondo come lo sistemiamo? La creazione è interdipendenza, la nostra spiritualità consiste nel sentircene parte. Nel creato tutto è in reciproca connessione. Niente può avere sussistenza con sé stesso se non vive in connessione con ogni altra realtà. La connessione è all'origine e alla base di tutto, perché tutto è energia spirituale e noi ne facciamo parte, noi apparteniamo alla terra e al creato. Arroganza il pensare e agire come se la terra e il cosmo ci appartenessero, non siamo inquilini ma gestori e parte integrante. Non possiamo abusarne per i nostri intendimenti, fantasie, interessi. Non è possibile vivere, almeno oggi non lo è più, sentendoci estranei a qualsiasi processo cosmico. Due persone che siedono dentro la stessa stanza nel giro di 30 minuti si scambiano il vapore acqueo. Fare un respiro profondo significa respirare un po’ delle stesse molecole d’aria che Gesù ha respirato sulla croce. Interdipendenza e connessione con tutto, nulla si crea nulla si distrugge. Se un terreno viene troppo sfruttato con l’uso eccessivo di fertilizzanti smette di produrre, è la sua risposta alla nostra ingordigia e violenza. Ogni km2 di terreno contiene particelle provenienti da ogni altro km2. Le catastrofi ambientali sono una punizione al nostro peccato ecologico. Non andiamo a pregare o incolpare Dio. Spiritualità del creato significa che l’uomo deve nutrire verso di esso gli stessi sentimenti che nutre o dovrebbe nutrire verso gli umani: gioia, fiducia, attenzione, compassione, armonia. Se si pensa alla bramosia di accaparramento delle terre e delle risorse cui stiamo assistendo, all’acquisto del suolo altrui da parte della mega multinazionali, commettiamo una ingiustizia profonda verso il creato. Il diluvio dell’inquinamento non ci porterà alla fine del mondo, ma alla fine di questo mondo forse sì. Ci vuole più compassione verso la terra, specie per quest’unica risorsa dei paesi sottosviluppati. La parola ebraica compassione deriva da una precedente che significa utero. Non è un caso che in tutte le immagini religiose della compassione nell’occidente come nell’oriente la compassione sia unita alla generatività del grembo materno. La terra, il cosmo è la nostra madre. Detto con più immediatezza, siamo tutti e tutto nella stessa barca. Papa Bergoglio anche se osteggiato dai potentati dei grossi monopoli, perché troppo orizzontale verso la terra e poco verticale verso il cielo, ha avuto una grance sensibilità dello stilare l’enciclica ”Laudato sii” a difesa della nostra casa comune. E qui non va dimenticato il grande contributo dato dai pionieri della teologia della liberazione sorta in Sudamerica specie con il domenicano Gutierrez nel 1973 e merito di innumerevoli teologi anche se espulsi dalla chiesa per intervento di papa Woytjla come il francescano L. Boff, Sono stati il granello di senape evangelico che hanno fatto crescere la pianta della spiritualità cosmica: sono i martiri della verità. Ma come scrivevano i santi padri del terzo secolo:" il sangue dei martiri è seme dei cristiani" Anche la chiesa dovrebbe chiedere scusa e ringraziare questi martiri, nostri contemporanei, che essa stessa ha causato. Ricordare per non ripetere. Con la rivalutazione dell'Amazzonia e della nostra madre terra. Il cristianesimo oggi ricupera un po’ della sua spiritualità dimenticata.

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Albino Michelin
10.10.2019