Al momento siamo punto e a capo. Questo in riferimento al sinodo Pan-amazzonico tenutosi a Roma dal 6 al 27 ottobre 2019. Si conoscevano già all’inizio e da tempo le pressioni arrivate al Papa Bergoglio in occasione di questa assemblea in cui 180 ecclesiastici dovevano decidere anche sulla annosa questione del celibato dei preti, libero e facoltativo e sulla possibilità di ordinare preti anche padri di famiglia, caso comune fra i cristiani protestanti. Argomento già posto sul tappetto al Concilio ecumenico del 1965. Dopo 50 anni ed oltre è stata effettuata anche una votazione consultiva la quale ha dato 128 favorevoli al libero celibato e 41 contrari. Il problema è che la decisione definitiva passa a papa Bergoglio, il quale è molto aperto alle riforme se le contestualizziamo nelle sue espressioni, specie quelle pronunciate a braccio in aereo, ma poi diventa molto trattenuto al momento di procedere alle decisioni. Il tutto dipende dalle minoranze molto aggressive, composte non solo dai chierici dell’istituzione, ma soprattutto dai cattolici fondamentalisti che non cessano di osteggiarlo e di reclamare la sua deposizione in quanto anticristo. Si trova fra due fuochi: quello dei conservatori che capeggiati dal Card. L. Müller minacciano di uscire dalla chiesa se abolisce questa tradizione, quello dei riformisti che capeggiati dal Card. R. Marx ugualmente minacciano scissione se intende mantenere questo obbligo. Un discorso che in fondo sembra abbastanza irrilevante se pensiamo che Gesù, punto referenziale del Cristianesimo e della chiesa, non è stato un misogino cioè non ha obbligato gli apostoli a lasciare le loro mogli. Anche Bergoglio nelle sue consuete aperture a braccio ritornando da un viaggio intercontinentale ebbe ad affermare che il celibato dei preti non è un dogma. Ma, come detto, siamo ancora punto e a capo. Nel ridiscutere, ripensare, rinviare. In questa nebulosa e in attesa di qualche spiraglio vale la pena anche lasciare la parola a persone interessate e toccate dalla vicenda, perché la vivono sulla propria pelle: i preti sposati, le loro mogli, le donne innamorate dei preti. I sacerdoti cattolici nel mondo sono all’incirca 415 mila, in Italia 48 mila. Quelli che hanno lasciato sono 55 mila nel mondo, 5 mila in Italia. Una percentuale variabile sul 12-13 %. Dal 1981 si sono costituiti anche in una associazione chiamata Vocatio, attualmente con 400 aderenti, a significare che essi si sentono totalmente preti anche se sposati, coinvolgendo pure le proprie spose. Costoro vengono definiti con terminologie non del tutto felici, come, spretati, tonaca alle ortiche, traditori, ribelli quando invece si potrebbero elencare fra coloro che hanno cambiato professione. Anche se alcuni cattolici possono obbiettare che il sacerdozio è una vocazione, altri possono con s. Paolo rispondere rovesciando il discorso che invece ogni professione è vocazione e andrebbe vissuta come vocazione. Una chiamata di Dio si tratti di un politico, di un ingegnere, di un operaio, di una cameriera. Qualche anno fa (2014) 26 donne mogli di ex-preti scrissero una lettera al papa sottolineando che la loro situazione era vissuta con grande sofferenza e che i loro mariti si sentivano anche se sposati desiderosi di un servizio a tempo pieno nella comunità cristiana, parrocchia o gruppi di fede. Nessuna risposta. Sempre sull’argomento vale la pena citare una lettera di Fiorenzo De Molli, milanese, 48 anni, 17 dei quali passati come sacerdote, che a 41 anni ha chiesto al Card Martini, suo vescovo, la dispensa dal celibato, e quindi a malincuore dovette escludersi dal ministero. Nel 2002 ha celebrato il suo matrimonio in chiesa, senza tante pompe e secondo il rituale cattolico. Ecco la sua lettera aperta alle donne:” sono marito e padre di due splendidi figli di 12 e 8 anni. Mi è sempre piaciuto fare il prete, il senso più profondo della mia vita. Ero cosciente al momento dell’0rdinazione e contento di accettare quanto mi veniva proposto. A 24 anni sapevo di volere e intendere. La vita di prete l’ho vissuta da appassionato, dedicato al servizio della gente, specie dei poveri e degli ultimi. Ma la mia esigenza affettiva era col tempo non più in sintonia con il resto della mia vita. Probabilmente in seminario non sono riuscito o non sono stato aiutato a far crescere con realismo la mia affettività. Però la vita ti presenta il conto e non puoi mai dare nulla per scontato, per cui il problema affettivo mi è scoppiato fra le mani. Non ostante il confronto col vescovo e con altri preti i nodi sono rimasti irrisolti e mi sentivo solo. Quando ho incontrato una donna che mi ha scritto e mi ha detto:” io mi sono innamorata di te e tu che fai?” Sono rimasto male con momenti di grande depressione. Ho cercato di capire, di decidere. Ora sono un marito e un uomo felice, ci sono arrivato dopo 40 anni perché prima non ero maturo per una scelta così importante. Sono un papà realizzato, la mia fortuna più grande è di aver trovato una donna forte e determinata che mi ha chiesto” e tu che fai?” Non c’era spazio per sconti, sotterfugi, scorciatoie, doppia vita. Ero chiamato a scegliere, è stata una scelta dura, ma ne valeva la pena. Care donne, chiedete al vostro uomo di cui siete innamorate:” ma tu che fai?” Dategli tutto lo spazio e il tempo perché possa scegliere ciò che è bene per lui e di arrivare ad una scelta la più limpida possibile. Siamo chiamati a vivere alla luce del sole, è un diritto dei preti, un diritto vostro. Sarete sicuramente più felici di quanto non siate adesso. Poi solo se tranquilli e sereni potremo ragionare sul celibato e soprattutto sulla maturità umana e affettiva”. Questa lettera aperta di Fiorenzo arriva veramente alla radice del problema, cioè al celibato obbligatorio o meno del prete. Chi lo desidera e ne è capace faccia il prete celibe e uomo realizzato, chi desidera una famiglia propria faccia il prete sposato. Una risorsa per lui, per la parrocchia, per la chiesa tutta. Per inciso Fiorenzo ex prete sposato non si è dato alla bella vita, ma ha assunto la responsabilità della Casa Carità A. Abriani, servizio sociale di supporto alla persona e alla famiglia. Con il sinodo della Pan amazzonia siamo a sperare in una soluzione almeno differenziata secondo le regioni del nostro globo, ma fra breve. Perché il mondo brucia. Più difficile sarà il sacerdozio per le donne. Perché purtroppo si insiste nell’ identificare l’ideologia patriarcale (la donna è inferiore al maschio) con la teologia (Dio non vuole la donna prete perché inferiore al maschio). Questo sarà l’ultimo tabù o totem da superare. Dio non è misogino, forse la chiesa istituzione un po’ troppo sì. Una speranza: che col tempo la chiesa in questa discriminazione si lasci da Dio convertire.
Autore
Albino Michelin
31.10.2019
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