mercoledì 18 dicembre 2024

PROIBITO OGNI RUMORE PER GIULIA

È un anno che l’efferato femminicidio di Giulia Cecchettin si è consumato. Filippo Turetta con 75 coltellate si è disfatto della sua ex fidanzata seppellendo in un mucchio di sabbia lasciando nell’orrore tutta l’Italia. Era precisamente l’undici novembre 2023. Era stata la sorella di Giulia, Elena, che chiedeva di fare un po' di rumore. Non basta il silenzio, dobbiamo farci sentire. Dobbiamo urlare la nostra collera ed il nostro dolore, dobbiamo denunciare il patriarcato che si nasconde dietro ad ogni femminicidio. Fare rumore tutti insieme quindi perché il dramma di Giulia non è soltanto un dramma personale ma è la punta dell’eisberg di un problema sistemico, ed il prodotto di una cultura dello stupro come oggetto di possesso a disposizione di chi o persona consumata o semplicemente un narciso che pensa di poter decidere destino il delle donne. Il minuto di silenzio diventa simbolo della lotta contro la violenza di genere. Invocare il silenzio rispettoso quasi che il silenzio rispettoso e parole fossero inconciliabili. E’ difficile capire come tanti adulti possano credere di cosa sia il giusto fare meglio dei ragazzi della ragazzi. Che oggi sanno perfettamente muoversi all’interne di un universo in cui quando si tace si viene cancellati. I giovani sanno meglio di qualunque altro il vero problema che oggi sono le parole che mancano. Sono proprio le parole che mettono ordine nel caos, sono loro che possono disinnescare la violenza che distrugge. Perché quando le parole mancano o si perdono è la brutalità che trionfa. E venne il primo anniversario del femminicidio 11 novembre 2024. Ci si doveva accordare con l’edificio scolastico per suonare una campanella e dare inizio all’evento. Allora tutti gli studenti e studentesse sarebbero stati pronti avrebbero dovuto a far rumore sbattendo sul tavolo chiavi, libri, borracce, righelli. Un tumulto per dimostrare la loro indignazione per una coscienza collettiva. Se non che il preside della scuola del Tito Livio, Luca Piccolo, dove aveva studiato la Giulia e dove a suo tempo era stato anche studente il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, decide di inviare una circolare dichiarando che per il caso Giulia intendeva non concedere il consenso perché l’esperienza poteva essere interiorizzata lo stesso con rispetto per la famiglia e che ciascuno avrebbe potuto accendere una candela a casa sua e lasciarla bruciare per intero. Al che l’indignazione della famiglia, soprattutto del padre Gino e della sorella Elena che avevano intuito trattarsi di un tema politico anziché sociale. Di fatti è intervenuto anche il ministro dell’educazione Valditara che con un’espressione sibillina:” massimo rispetto per quello che fanno le scuole. Non entro in merito” schivando così ogni polemica. Lo sdegno anche del movimento “Bruciamo tutto”, movimento di liberazione dal sistema patriarcale nato dalla rabbia viscerale da tutti provato per il femminicidio di Giulia l’11 -11-23. Sorto proprio in quella circostanza dalla sensibilità di Gloria Carollo quale movimento non violento per ottenere il cambiamento. Inoltre attiviste e attivisti si sono dati appuntamento alle facoltà di lettere e filosofia di Roma e hanno ricordato all’ingresso Giulia imbrattando di nero le panchine rosse, simbolo della violenza di genere. Ma tantissime sono state in Italia le manifestazioni della triste circostanza. Secondo una dichiarazione della L. Boldrini, ex presidente della Camera, sono state 90 le vittime del femminicidio proprio ad un anno di distanza uccise per lo stesso motivo. Le nostre generazioni sembrano incapaci di trovare una direzione che aiuti a superare in questo momento i giovani per entrare nel mondo adulto. Il contesto familiare gioca un ruolo essenziale in questa pubertà anticipata che arriva già a dieci anni e rende difficile la crescita. Da qualche anno quotidiani e media ci riportane affermazione allarmanti sul modo degli adolescenti e dei giovani, violenze, stupri, sopraffazione, suicidi. Sono segnali di un grande malessere che percorre le nuove generazioni che stanno vivendo un grande smarrimento. Perdendo di vista una prospettiva futura i giovani sono costretti a vivere in una dimensione contingente. In questo quadro stiamo assistendo ad un fenomeno nuovo che dovremmo cercare di mettere a fuoco e comprendere. Questi episodi allarmanti di violenza non coinvolgono solo ragazzi e ragazze della maggiore età, ma interessa anche ragazzini e ragazze dell’adolescenza più giovani sui 12.13 anni. Infatti la pubertà, la grande trasformazione corporea e sessuale che prepara la maturità adulta, arriva con grande anticipa rispetto alle generazioni precedenti, esponendo gli adolescenti ad una esperienza difficile da fronteggiare. Quando si acquisiscano queste potenzialità si arrischia di diventare vittime della propria fragilità soprattutto all’interno del proprio gruppo compromettendo la propria vita e quella degli altri. La violenza di genere è un continuum che inizia con i commenti sessisti e arriva fino al femminicidio. La violenza fisica arriva sempre dopo quella verbale e quella psicologica. Può cominciare con una banale “stai zitta” e trasformarsi in una pugnalata. E per questo che non ha senso vietare il rumore e che vietarlo significa avvalorare il cumulo degli stereotipi che che portano ogni tre giorni ad ammazzare una donna al femminicidio. E per questo motivo che Elena Cecchettin aveva raccomandato un minuto di rumore e questo per farsi sentire, uno dei tanti modi per fermare questo genere dii violenze.

Autore: Albino Michelin 5.12.2024
albin.michel@live.com
 

CHE COSA SPERARE OGGI

 Mai tante parole ed espressioni sono state usate lungo il tempo per esprimere la parola “speranza”. Nell’antico concetto: la mente è come un ombrello, fare uno sforzo per aprire la speranza. Col mito di Esiodo più tardi che del mito di Pandora sarebbe rimasta solo la speranza. Fino ai tempi della bibbia quando veniva insegnata essere la chiesa la speranza che unisce il mondo di qua e il mondo di la. E l’insegnamento che saremmo tutti uguali con perché Dio è la speranza che non delude. Che il salmo della speranza è il 127, che si intitola Dio è la forza, mia speranza. Poi il detto popolare che attribuisce alla speranza due figli: la paura ed il coraggio. Che il proverbio popolare esclama: ”chi vive cantando muore sperando“Che nella chiesa delle origini la speranza veniva rappresentata dalla destra che tiene in mano un calice, mentre l’altra brandiva una croce: era il simbolo di una donna vestita di verde con lo sguardo verso il cielo. Che il protettore della speranza è S Gabriele dall’Addolorata, morto giovanissimo di tisi. Che l’ultimo viaggio della speranza è quello dell’emigrante e del profugo. Che la speranza accompagni il malato terminale con una candela simbolo di buon pellegrinaggio nell’aldilà. La storia del pensiero e il valore della speranza non è sempre stato apprezzato, ma sicuramente da sempre se ne discute. In alcuni aspetti della riflessione si è dubitato che la speranza fosse un valore negativo. Che sia un’emozione o un sentimento od altro poco importa, perché in fondo essa è presente nell’esperienza umana fin suo sorgere e qui che la psicologia se ne occupa. Una difficoltà nasce da un dato di fatto. In effetti la speranza viene chiamata la virtù debole fra quella teologali delle fede e della carità, e cioè in quanto essa ha per obbiettivo destinazione oltre tomba. In quanto alla carità e alla fede (che hanno per oggetto Dio) quel poco o tanto che pratichiamo lo si vede. La speranza invece in maggior parte è diretta nell’aldila. Qui non si vede ma si spera. Pero ci interiorizza e fa parte della nostra vita. Con un dogma si crede che Dio ci concede la fede, ma in definitiva ci si fida di lui! Tuttavia per quanto sia un discorso psicologico possiamo benissimo rifarci a Federico Faggin, scrittore di libri sulla coscienza. Egli inizia il suo incipit con una definizione di emozione che racchiude anche la speranza. Sono classificate le emozioni primarie, come la speranza, l’ansia, la tristezza, la rabbia, la suddivisione su certi aspetti secondari. In effetti i libri secondari vengono ritenuti poco psicologici. Per esempio nel suo libro “Gli irriducibili” sostiene che per anni inutilmente è stato tentato di capire come la coscienza e la speranza potessero sorgere a segnali elettrici o biochimici ed ha constatato che segnali elettrici come forza o movimento si, ma mai soltanto emozioni e sentimenti che sono qualitativamente diversi. E la coscienza che fa la differenza fra un robot e gli esseri umani. E per completezza giova qui contribuire con altre definizioni di speranza ”è un‘emozione che si attiva per raggiungere una finalità in contrapposizione alla paura che paralizza ed allontana dagli obiettivi prefissati”. Ed una seconda. “E’ una emozione esistenziale che consiste non nella attesa passiva ma con la fiducia di un esito positivo nella attività che sta per intraprendere. Infine: “è una emozione esistenziale che riveste un reale fondamento con la quale sviluppa nella persona la sua realizzazione  ”Ed in riferimento a quanto si diceva sopra che il simbolo dell’ancora significava nella chiesta primitiva la connessine dei due mondi, il presente ed il futuro. Ebbene, Massime Recalcati, esimio psicanalista italiano, organizzo un coma convegno ad Ancona sul tema:” esisteremo noi dopo la nostra morte’” Egli sostiene che noi siamo immortali ossia la nostra coscienza individuale radicata nel profondo del nostro essere continua ad esistere quando la nostra biologia avrà concluso il suo ciclo. Detto autore tra i più qualificati psicanalisti ha il vantaggio di tentare un approccio fra scienza e fede attraversa la fisica quantistica. Papa Ratzinger rimane sullo stesso concetto ma lo amplia facendo un ideale excursus nell’aldilà. Egli è dell’idea e il nostro mondo futuro sarà una chiesa regno di Dio quindi non individuale ma comunitario. Perciò sarà possibile la nostro preghiera non solo “per” in defunti ma “con” i defunti e vi sarà un reciproco scambio. Ipotesi che sarebbe tutt’altro che utopica, dato che la chiesa parla di una comunione dei santi fra i due mondi. Quello di papa Bergoglio è un altro passo molto interessante. Quando dice che la speranza non va confusa con l’ottimismo. Per un cristiano la speranza è solo Gesù in persona. La speranza è un dono dato da Dio a tutti gli uomini, nessuna discriminazione. Alcuni se le meritano, altri no, questo non è di Dio. Speranza non è di chi solitamente si beve mezzo bicchiere di vino o mezzo vuoto. Quello è semplicemente ottimismo, è ottimismo unico, che può arrivare da tanti messaggi, magari anche da un’indigestione. Ma alla fine come si può alimentare la speranza? Davanti ad una persona sfiduciata e distrutta dalle traversie della vita il problema è che specie in Italia ci si trova ad un genere di tabu a parlare di psicologia, psicologia del profondo, psicosomatica, in genere le parole che iniziano con ”ps”. Il paziente viene a dirvi che matto lui non lo è. La seconda: si sa che la radice della virtù della Speranza è “vir”, quindi maschio, virile. Il che significa che non si devono abbandonare le armi e che la persona mai deve sentirsi abbandonata. Non è il caso di consultar maga Mafalda o i tarocchi o il volo degli uccelli. Si cadrebbe nel mito di Sisifo di A. Camus vivendo e morendo in perpetua rassegnazione e paura. Quando noi siamo fatti per l’amore che nuove sole e altre stelle. Come canta Dante Alighieri nella sua conclusione alla Divina Commedia.

Autore: Albino Michelin 25.11.2024
albin.michel@live.com

SEI RICHIESTE PER LA RIFORMA DELLA MESSA

Dal 325 dal tempo di Costantino imperatore, quando i preti celebravano la messa che cosa dicevano? Questa è una domanda centrale perciò è stato organizzato alla fraternità estiva di S. Maria di Portosalvo a Palermo dal 18 al 21 2024 uno dei tanti movimenti di riforma della messa. Un tabù che non si dovrebbe toccare, quando però Gesù ha creato un movimento e ogni movimento si sa che richiede un’evoluzione. Se non si risolve non ha senso che si sostituiscano dei pezzi, quando la forma rimane. Ecco alcune riforme che vanno fatte, che nessuno ha mai il coraggio di porre mano ad esse sia dalle gerarchie che dalla base.
Una richiesta di partecipazione.
Una società che sente viva la dimensione della partecipazione politica, civile, sociale, la messa viene spesso vista come una celebrazione autoreferenziale. La messa recepita tutta imbastita sul sacerdote, anche se la figura del sacerdote non esiste nell’ambiente di Gesù, ma quello di spezzare il pane. Certo sul piano teorico non diciamo che l’assemblea e il prete a celebrarla. Il messale romano lo ripete pubblicamente che sacerdote è il celebrante. Una chiesa di soli maschi ed anonimi può avere cittadinanza in una società partecipativa? Ma ciò che rende ancora tutto strano è che celebrante o il sacerdote deve essere imposto dal codice di diritto canonico e di essere di genere maschile e celibe. Sono due requisiti oggi giudicati estremamente discriminanti, contro la dignità della persona e dei diritti umani. Ma c’è un’altra diversità: che il prete viene formato in seminario per essere sacro, cioè separato e diverso. Ciò gli fa appartenere ad una casta. In una società partecipativa la chiesa non è il luogo dove si conserva tabernacolo. È la casa del popolo di Dio dove si salutano e si accolgono i convenuti. Chiudersi in un intimismo spirituale e privato rende tutto estraneo, se non agghiacciante. Infine “fare questo in memora di me” è un impegno per farsi dono a tutti. E invece la nostra messa diventa un momento devozionale orientato verticalmente.
Richiesta di uno strumento libero dal potere.
Dagli studi storici abbiamo appreso le nostre messe sono entrate sono state create come funzionali ad una logica di potere. Non a caso per esempio quando la chiesa entrò con il sistema del quarto secolo furono fissate le dottrine come quella del peccato originale con l’insistenza sul senso di colpa. E la lista dei peccati.
Richiesta di libertà di coscienza.
Un altro segno dei tempi e messo in questione è la problematica della libertà, centrale almeno nei paesi democratici. Le nuove generazioni non accettano di sottoporre la propria coscienza controllo nemmeno delle autorità religiose. Il volere controllare il corpo degli uomini e delle donne è oggi visto come mancanza di cura per la libertà e l’integrità della persona. Come possiamo invitare le persone alla messa quando questo appare una violazione alla libera scelta?
Una richiesta di linguaggio comprensibile
C’è da domandarsi a questo punto un’altra questione, forse più complessa, quella dottrinale. La società di oggi prende in considerazione quando la narrazione è comprensibile. Le narrazioni teologiche sono spesso astratte sui sacrifici o delle espiazioni pure questi sono inaccettabili nella logica dei diritti umani. Esempio del messale: “padre clementissimo noi ti supplichiamo ……………salvaci dalla dannazione eterna. Se il cristianesimo celebra la liturgia come restaurazione di uno stato originario e andato perduto che c’entra con la buona novella portata da Gesù come una narrazione d’amore. “In principio era la gioia” diceva il teologo Fox. È sempre un altro rilievo su questo di sostantivo Oggi ci rendiamo anche conto che in un contesto di critica femministica al patriarcato e al maschilismo anche Dio Padre riferito a Dio crea problemi e ripugna a molti.
Una richiesta di linguaggio credibile.
Credibilità significa acquisire fiducia. In pratica essere credibile significa rispettare gli standard comuni ormai stabiliti dalle comunità internazionali. Una chiesa per esempio che non sa adottare strategie definitive per risolvere lo scandalo della pedofilia o questioni legate all’abuso spirituale delle donne o delle suore non appare credibili. Andrebbero denunciati i fedeli “tu stai sostenendo questo sistema non credibile, quanto meno con il tuo silenzio.”
Richiesta di altre riforme di fondo.
Ci stiamo rendendo conto che la dottrina teologica è di ostacolo per rispondere alla domanda di spiritualità. Eppure esiste nella nostra società. Ma mettersi in dibattito nella dottrina si scatenano delle reazioni inaccettabili. La cattedra di Mosè sembra contare più di tutto. La riforma a volte viene definita come abuso. A questo contribuisce la pressione di un vasto mondo legato al sovranismo. Occorre quindi una certa creatività.
Richiesta di gettare la rete al largo.
Nonostante tutto la chiesa è una riserva del mondo contemporaneo. Oggi gli si riconosce ancora la espressione appassionata dell’apostolo Giovanni:” gettate le reti al largo e troverete” dobbiamo osare.
 

Autore: Albino Michelin 22.10.2024
albin.michel@live.com
 

martedì 10 dicembre 2024

DIO PATRIA FAMIGLIA

 Dio, patria, famiglia, sono diventati oggi uno slogan in cui i partiti dell’estrema destra dovrebbero fare una certa circospezione e rispetto a parlarne. Se volessimo fare l’origine diremmo che c’è stata una mutilazione da parte di Benito Mussolini il 19 settembre 1919 che ha tradotto il motto di Giuseppe Mazzini (1805-1872) da “DIO, UMANITA’, PATRIA. FAMIGLIA “in Dio, patria, famiglia”. Per quanto fosse un libero pensatore egli di fatto sosteneva che oggi Dio con umanità andava adorato per sottrarsi alla prepotenza degli uomini. Con la preghiera venga il tuo regno sul mondo. Per la patria auspicava leggi uguali per tutti. Per la famiglia parola del cuore affinché fosse rispettata la donna. Ci interessa di meno se sia stata una furbata o una frode del gerarca per negare le ragioni della sua universalità. Interessa di meno se il nostro vagheggiasse la gloria imperiale della monarchia romana fatta di littorio, fascio di bastoni con un’ascia per il cittadino turbolento. Attualmente non va oltre a qualche “bella ciao” e di qualche manganellata dall’altra parte. Per quanto si nasconde sempre il fuoco sotto la cenere. Restiamo per un istante sul quadrinomio diventata ipnotico trinomio (DIO PATRIA FAMIGLIA) e qui viene stravolto il significato. Viene abolita l’introduzione di umanità, di una fratellanza universale, di un cattolicesimo ecumenico stile Paolo di Tarso. Bisogna andare a rileggere le radici della bibbia ove si tratta della fondazione del genere umano e l’origine patriarcale. E ci si accorgerà che il mondo va a rilento, né ci si può attendere una accelerazione improvvisa. Ci sono state affermazioni delle estreme destre fra i paesi sudamericani, nei paesi Balcani e negli Anglosassoni tradotti nelle proprie lingue. E inizialmente per alcune dittature che avevano creduto opportuno fare con la chiesa una certa non belligeranza e che chiamavano il nostro gerarca come l’uomo della provvidenza e Franco il Caudillo benedetto dal Signore. All’inizio della bibbia si parla sullo sfruttamento della terra e degli esseri sulla terra. Sulla proliferazione incontrollata dell’uomo. Sulla soggezione della donna che non è nominata da Dio, ma da Adamo con la nominazione che da il potere sulle cose. Sul patto tra Dio ed il maschio di turno, con i padri della patria Noè Abramo e Mosè. Sulla centralità delle famiglie come origine del clan. Sulla falsa promessa che non ci sarebbe stato alcun diluvio, mentre il riscaldamento globale è già un nuovo diluvio. Sul razzismo verso i discendenti di Cam. Sui Neri che devono essere schiavi dei Bianchi. E colui per cui la patria doveva essere appannaggio dell’uomo e la famiglia umana fosse una fraternità fra tutti gli esseri fu crocifisso. Per analizzare più da vicino parliamo di Dio. Fra tutti sono convinti che esiste un Dio solo? Ne esiste uno diverso per ogni interpretazione della sacra scrittura. Nemmeno all’interno di una sola religione ne esiste uno soltanto. Pensiamo che il Dio vendicatore di padre Fanzaga e del cardinale Viganò sia lo stesso del misericordioso papa Bergoglio o del cardinale Becciu ed amici dei burocrati di Curia? In quanto alla patria: confini di chi vince o di chi perde che vanno e vengono a secondo per esempio dell’Istria. Dove fino a ieri l’Italia si chiamava la patria, sicché bisognava essere uccisi ed uccidere per l’Italia. Ma ora si chiama Jugoslavia sicché bisogna essere uccisi ed uccidere per la Jugoslavia. Lo stesso slogan, Dio Patria Famiglia meccanicamente ripetuto da chi ha paura e deve aggregarsi ad una identità è la fede di coloro che vogliono la guerra. La stessa affermazione è citata dai loro nemici ortodossi. Non c’è cosa migliore del paradosso. La storia è piena di questi documenti e reperti fino dai tempi antichi quando si parla di Patria da parte di Mileto, fondatore della colonia dell’Egeo, e quella di Socrate messo a morte per le leggi della patria. Ed oggi si vive secondo la cultura del tempo: quella presunta unitaria e stereotipata del Mulino Bianco, o di quella fondata sull’amore e rispetto non propriamente conforme al dettame religioso? E qui sarebbe importante conoscere il messaggio di Gesù di Nazaret al proposito. Al ché bisognerebbe interrogare i teologi. Nel senso che egli è molto più profondo nei riguardi del Padre Suo. Non usa e non abusa di Dio per bloccare le coscienze, e per limitare lo spirito di iniziativa, per complessi di colpa difficilmente da guarire. Dio è colui che non toglie la vita ma la dà. La patria simboleggia il luogo sacro, in cui si protegge l’abitante, educato ai valori che contano, da nessun nativo messo al bando. Allorquando Gesù dice:” vi cacceranno in galera, vi flagelleranno, vi trarranno davanti ai governatori” (Luca 21.16). Gesù precisava l’ora della propria morte ma difendeva i suoi cittadini costretti ad abbondonare la patria. La Famiglia: e qui Gesù va allo scoperto “i genitori tradiranno i loro fratelli e parenti e gli metteranno a morte” (Matteo 10.21) anche il luogo basato sull’amicizia può diventare un covo di insoddisfatti. Ed è qui che egli propone di fare un passo verso DIO Padre, un REGNO, una COMUNITÀ. Meta verso cui mirare anche se di lungo cammino. Spesso viene oggi in discussione “questi valori sacri non negoziabili e indistruttibili e per i quali varrebbe la pena dare la vita”, a che cosa si dovrebbe pensare? A Dio fonte della vita ma sconosciuto. Alla patria che annega i suoi figli nel mare. Ad una famiglia che sparge inutilmente il sangue delle proprie spose e figlie…Così declinabile DIO-PATRIA-FAMIGLIA non sono più valori ma crimini.

Autore: Albino Michelin 15.09.2024
albin.michel@live.com

LA COSCIENZA, FRA CONSAPEVOLEZZA E PESSIMISMO

Parlare di coscienza è come sempre affrontare il mistero complesso ed universale della storia sia recente che passata. In pratica vi è il salto dualistico del materialismo in cui si spiega il fenomeno che essa proviene dai neuroni quindi un prodotto della materia che con essa morirà, o invece il tentativo di dare una risposta più globale. Vi sono i primi che vi diranno contro essere la religione oppio del popolo, e che siamo un tubo digerente, e che la vita dell’uomo è una favola narrata da un imbecille. Ma vi è anche chi trascende questa opinione limite con argomenti altrettanto che confinano l’ultimo argomento. Il più recente di costoro è che batte la via degli scienziati è Federico Faggin, in California, laureato in tecnologia e recentemente premiato dal presidente Mattarella. Prima di accedere al suo pensiero dobbiamo limitare un po’ il piano della coscienza, tralasciando le varie particolarità. La coscienza in neurologia, che cura il coma, la coscienza psicologica che si adopera sull’inconscio e sullo sdoppiamento della personalità, la coscienza psichica in quanto concerne il rapporto con il mondo, la coscienza etica che distingue il bene dal male, l’etica a quella filosofica ed a quella di classe. Lasciamo questo discorso a parte. Ne qui ci soffermiamo sulla dichiarazione del 19 luglio 2024 che anche gli animali hanno una coscienza, in dipendenza di un décalage fra un cavallo ed un mollusco, però c’è un problema di linguaggio, che l’uomo parla e l’animale no ed allora c’è un handicap biologico. Altra è la distinzione fra anima e corpo, che l’anima sarebbe il sostegno del corpo, mentre lo spirito sarebbe la parte più nobile dell’anima. Evitiamo tanta complessità e ci rimettiamo come nasce, come si sviluppa, a quali disturbi va incontro e ci fermiamo sull’autocoscienza. La coscienza e l’autocoscienza si definisce come consapevolezza di se, degli altri, dell’ambiente che ci circonda. Il filone preliminare è già presente nella donna incinta, ed attraverso il cordone ombelicale. C’è sempre una maggior relazione e formazione del neonato. Nel cervello abbiamo una corteccia ed è la sede della nostra attività mentale. Una prima tappa è il bambino al di sotto dei tre anni. Già all’inizio del concepimento: è qui che possiamo innestare le ricerche del nostro Faggin. E si riferisce a Francesco Redi di Arezzo del 1623, famoso biologo del tempo che andava dicendo “vivum ex vivo”. Non può nascere un essere dotato di vita da un altro essere inanimato. Cioè da un sasso non può nascere una coscienza. Faggin ha pubblicato due libri con una esposizione. Prima categoria è quella cognitiva o conoscenza che deriva dalla perfezione di un mondo fisico, il gusto del cibo, il profumo di una rosa, il suono della musica, il senso del colore. La seconda categoria riguarda le emozioni come la curiosità, l’amicizia, la compassione, la fiducia, la paura, la rabbia, la tristezza, l’orgoglio, l’ostinazione, l’invidia, l’avidità e così via. La terza è costituita dal pensiero. La quarta contiene i sentimenti spirituali, di amore intenso disinteressato, il sentimento di unità con l’universo, con una persona trascendente più grande di noi, ne ineffabili esperienze mistiche riportate nel corso dei secoli. È un’esperienza non clonabile, non sono secondo Faggin trasferibili da una persona ad un’altra, resta nell’interiorità e nell’intimità. Infine la nostra anima verrebbe assunta dai neuroni ed infine ritornerebbe donde era partita. Questa è la conclusione provvisoria come nessuna lo è sulla ricerca della ricerca sulla fisica quantitativa. Nulla di apodittico e nessuna lo è sulla ricerca del passato nei riguardi della origine della coscienza. E si basa ovviamente sulla quantità infinitamente più piccola dell’atomo attuale. Si ipotizza che l’immagine del sub atomo che essa confina totalmente con l’elemento spirituale della materia che coincide con essa. Ci interessa questa volta come si sviluppa la coscienza. Essa potrebbe andare dalla cura del respiro al superamento della depressione, del pessimismo e della misoginia. Esso per forza di cose comprende l’aspetto fisico e mentale e spirituali nel contempo. Un respiro profondo e tranquillo è quello che ti ricrea l’organismo ,una giusta alimentazione è quella che ti crea un benessere, una passeggiata all’aria aperta quella che ti garantisce una belle ossigenazione e ti invita alla meditazione, cosa purtroppo rara nel nostro ambente, non tante per portarci da noi gli orientali quanto per ricuperare il più profondo io e senza del quale non è possibile conoscere sé stesso, massima antica della malattia della coscienza e si arriverebbe al superamento di quello che si potrebbe chiamare la malattia dello spirito. Ed abbiamo il pessimismo sempre a considerare gli avvenimenti continuamente in modo sfavorevoli. Inguaribile, anche tu sei un inguaribile. Tutto è fallimento. Non avete, c è salvezza. Delle volte è congenito, talvolta è una persona che vuole farsi del male o qualche volta c’è un modo di farsi perdonare e quindi avrebbe bisogno di una cura di ottimismo. Casi difficili quando si tratta di una lunga durata. Ed abbiamo anche persone infelici costantemente malati tutta la vita. Senz’altro un Giacomo Leopardi è uno di questi. Nel suo capolavoro “Il sabato del villaggio” non vi è traccia di passione per le vita. E’ un caso limite. Non si può essere lieti quando tutto ti gioca storto. Infine sul sadismo o misantropia che trova il suo fascino attraverso il dolore, quello proprio e quello degli altri. Questo è un aspetto abbastanza inusitato ma non troppo. Si sa Gide ha scritto un libro per celebrare nel 1950 un ragazzo morto per l’ebbrezza di essere travolto dal treno. E non ci si dimentichi che tra Scilla e Cariddi, fra consapevolezza e pessimismo, la coscienza deve rimanere vigile per trovare un suo sano equilibrio.

Autore: Albino Michelin 07.10.2024
albin.michel@live.com