lunedì 26 agosto 2024

OLIMPIADI DI PARIGI 2024 CENA DI LEONARDO. REAZIONI ALLA BLASFEMIA

Lasciamo la parola ad un filosofo contemporaneo Umberto Galimberti per descrivere il nostro tempo e la nostra epoca. “È inquietante che la nostra società sia tutta protesa ai valori del prodotto e del calcolo. È inquietante che la nostra civiltà non riesca a fare un lavoro filosofico per distinguere e rivalutare ciò che è proprio dell’anima e del corpo, o meglio per il nostro spirito e la nostra mente. È inquietante che la nostra società non dia risalto al senso dell’onnipresente comune ad ognuno di noi. Nel senso del bello, nel senso del dono, nel senso del compassionevole, nel senso del gratuito, nel senso del religioso. E quanti sentimenti sono nella nostra natura di uomo. È lo stesso ad avere assistito ad un dialogo con una signora innamorata della sua arpa e quando le chiese il suo business essa rispose che con l’arpa si fa forfait da fame”. Fa venire in mente l’organizzazione e l’inaugurazione del 26 luglio con cena di Leonardo da Vinci (1495) passata in rassegna sulle acque della Senna di Parigi con una deplorevole discredito del cristianesimo. Ed in questa società della tecnica e del calcolo non è rispettoso del sentimento del bello e del religioso. Forse l’errore è stato sull’identificazione della festa di Dioniso e le baccanti del vino e le omosessuali della birra con la cena del Signore. Se fosse stata organizzata su due battelli diversi ugualmente sul senso del bello, chiaramente mancato ed il rispetto del religioso, avrebbero certo avuto un rifiuto identico. Se le scene non sono citate con precisione, l’ultima cena con le drag queen non sembrano-gradite a tutti. Prima di addentrarci all’organizzazione di Parigi è il senso dell’aspettativa che in essa importante conoscere. In effetti c’è stato un coinvolgimento geo politico mai registrato. Intanto tutta la città era blindata. Macron che parla della cerimonia più bella del mondo, per la festa più bella del mondo, per il paese più bello del mondo. Ma gli Stati Uniti avevano bene gli occhi mirati sulla Francia, per la questione militare dell’Ucraina e Gaza, come gli occhi gli avevano già puntati a Pechino, come ce gli aveva la Germania. Ed il presidente dell’Ungheria Orban che con questa cerimonia essa avesse collaborava alle debolezze ed alla disgregazione dell’occidente. All’interno della cerimonia inaugurale dell’Olimpiade è davvero da incorniciare per la qualità e quantità di sciocchezze proferite dai commentatori. Vi era seduta una signora di stazza copiosa al posto di Gesù, aveva attorno al capo una gigante aureola. Attorniata da uno show di donne e di soubrette, di bambini in sintonia con i giocherelloni. Vi era pure un puffo sdraiato per terra a tipo di crapula. Sul battello mancava il fondo della volta, mancavano i bicchieri, le portate ai commensali. La tavola era colorata di rosso, le persone erano sedici con l’ordine uno-uno-tredici-uno-tre. Piuttosto in ordine confuso. Le reazioni non si sono fatte attendere. In primis quello dei vescovi unitamente a quelli statunitensi l’hanno definito un oltraggio. Lo spettacolo da due miliardi di interessati. Non hanno semplicemente pensato che la celebrazione olimpica andava oltre i gruppi di potere. Non è la Francia a parlare all’inaugurazione ma quanto piuttosto l’emblema di tutta la comunità umana. Lo sport è un’attività dell’umanità nessuno escluso e meravigliosa, che ci rallegra profondamente il cuore degli atleti e degli sportivi. “Il loro scopo fare la guerra teologica” si dira rivolgendosi ai vescovi. Essi possono rispondere che i vescovi sono pure uomini e non sono estranei al mondo. E di tutto ciò che li concerne hanno pure loro il diritto alla parola. Ne succede subito un altro nella persona di Anna Deschamps direttrice della comunicazione di Parigi. Ci scusiamo verso le persone che si sono sentite offese nella cerimonia del 26 giugno. È stata rilanciata la blasfemia da molti sfruttata. Chiediamo scusa a diversi membri delle confessioni religiose. Meglio tardi che mai. È stata la volta del direttore artistico Thomas Jolly. Qui si è capito che la cultura laica è molto diversa da quella religiosa. Si dirà che questa è una stoccata finale, che potrebbe però essere come memoria di un substrato culturale ad un popolo giustamente orgoglioso. “La grandeur de la Patrie “pero va sempre conquistata. Vi sarebbe qualchecosa da imparare da questo evento? Possiamo riavvisarlo in due elementi (1): se mi si anticipa una lettura o una spiegazione di qualche esperienza avvenuta in un passato recente mi si pone l’eventualità che ciò avvenga. Se un nel contempo uno si mette dietro ad un bancone di bar ecco che fa in di ogni erba un fascio. Mette insieme Papa Giovanni, S. Gennaro, Padre Pio da Pietralcina e tutto va nel dispregio comune. (2) Un altro comune elemento e che noi cattolici siamo poveri ed approssimativi nella conoscenza iconografica. La si incontra attraverso la chiesa, attraverso i luoghi di culto, e così succede alle altre attività figurative di qualche museo o cattedrale. Però molti di noi oggi sono con limitata conoscenza della iconografia e così si confonde il Padre eterno, con S. Tommaso, qualche volta con Platone, qualche volta con lo Spirito Santo. Spesso siamo mancanti di quelle quattro idee base per far fronte ad un rituale di tanti pensieri religiosi che qualche volta sono una congerie di devozioni. Ma al di là della cena de Leonardo e la cerimonia dell’inaugurazione del 26 luglio si deve dire che purtroppo non è stata corretta. Ci stiamo privando del senso del bello e del senso religioso come dice bene Umberto Galimberti. La troppa fretta e l’eccessiva mancanza di riflessione ci hanno fatto ancora dire come sempre. ” lascia stare i santi e scherza con i fanti”

Autore: Albino Michelin 12.08.2024
albin.michel@live.com

CARLO ACUTIS UN SANTO PATRONO ALL'INTERNET

E sono 1726 i santi della chiesa cattolica che ora diventano 1727 più le apparizioni Mariane che al sospetto delle migliori tradizioni sono fluttuanti verso l’alto. Una vera sagra. Fa uno strano effetto questa magia del sacro, quando si pensa che per una certa tradizione noi siamo più affascinati dal sacro e più insensibili all’umano. Questa volta però si può dire che il cardinale di Milano Scola ha voluto lanciare l’idea di fare santo un giovane ragazzo. Egli ha pensato opportuno si trattasse di dare un modello ai giovani sia nel comportamento umano, sia nei valori cui possono fare attenzione. Carlo ha bisogno di un cenno dell’anagrafe. Figlio di Andrea, emigrato italiano a Londra, della borghesia di stato, agente della Vittoria FA, e della madre Angela Salsano, nasce il 3 aprile 1991. Tornò con loro in Italia per l’educazione scolastica, ma all’età di quindici anni morì colpito da una leucemia fulminante dopo breve agonia di tre giorni: era il 2 ottobre 2006. In un sogno fatto alla madre predisse che avrebbe avuto un altro figlio. Infatti nacquero Michele e Francesca. Un piccolo o grande prodigio dopo la sua morte: il 10 ottobre del 2020 un bambino di sei anni guarisce e ciò ha costituito un piccolo o grande passo a vantaggio dell’istituzione chiesa. Fino a qui la sua scarna biografia. Ma quanto fu ricca la sua personalità, intensamente vissuta. Occorre accennare alla sua pratica religiosa. Al mattino la messa, alla sera il rosario, si dedicava alla sua devozione eucaristica, facendo anche delle mostre. Per lui l’eucarestia si presentava come l’autostrada per il cielo. Ma accanto ad essa una profonda sensibilità perché organizzava con il volontariato e con i cappuccini attività tra le missioni. Con il volontariato e la paghetta era tutto per i poveri, organizzava aiuti ai clochard, ai disabili, agli emigrati, tanto ne aveva e tanto spendeva. Egli voleva dire, appunto perché era di famiglia benestante, era importante condividere con i bisognosi. Con passione divideva anche le sue attività normali di tutti i giorni. Era un bel ragazzo e giocava al pallone, amava lo sport, la montagna, il nuoto, suonava il sassofono. Molto applicato all’informatica ed all’internet. Piaceva ai compagni perché viveva quello che diceva. Amava dire che voleva vivere in coppia originale per non morire in fotocopia. Era un influencer di Dio, un simbolo di credente milleannias. Per questo il Papa Francesco, così attento alla pienezza della gioia non effimera, ha dichiarato il 23 maggio 2024 che sarà dichiarato santo il 12 ottobre del 2024. A questo punto vorremmo chiederci: che cosa servono i santi oggi? Sono tanti i risvolti che sarebbe necessario la rivitalizzazione della santità e dei suoi protagonisti. Anzi tutto che ogni popolo ed ogni ambiente ha i suoi santi. Così continueremo ad avere i cattolici che si accampano in Italia, Francia e Germania. La Scandinavia con i suoi razionalisti al nord. L’Arabia Saudita ed i suoi islamici all’oriente. Così in un certo modo si continua a dividere i popoli nei suoi santi. Ma il messaggio di Gesù ha un valore universale, appartiene a tutta l’umanità. I messaggi di Gesù sono un tesoro a cui tutti hanno accesso e di cui tutti devono beneficiare. Nessuna istituzione può arrogarsi il diritto, il monopolio di raggiungere Dio, nell’interpretazione e nella comprensione del suo messaggio. Quindi un Dio che si è fatto più vicino al mondo ed è interprete degli aneliti di ogni mortale. Il che avverrà se vi sono santi che rappresentano il superamento anche dei conflitti religiosi, la loro storicità per diventare un messaggio unitario. Una madre Teresa oggi ha più valore universale che una santa Rosalia con le sue processioni palermitane. A che servono oggi i santi? Altro problema oggi è quello dei miracoli, e che il signore gli fa a chi vuole, quando vuole, e come vuole. E un Dio che sembra un po' razzista. Quando invece Dio desidera che tutti gli uomini arrivino al suo regno. Si pensi poi ad Epidauro, nel secolo quinto a.C. in cui vi era un tempio Asclepiade. Zoppi che guarivano, morti che riprendevano la vita, una vera Lourdes e Mediugorie del tempo moderno. Se oggi in qualche modo è un po' cessato questo prodigio è perché più facilmente di un tempo ci si accorge dell’inganno, e perché la scienza ha fatto celermente i suoi progressi e la sua disamina. A che cosa servono i santi oggi? Oltre a quanto detto si pone un’accusa a Dio, del terremoto e delle sue calamità, quasi che Dio le risolvesse di autorità. Risponde Hans Küng con i teologi che Dio non può fare ritorno sul già deciso. E quindi ad esempio guerra e pace dipendono dalla nostra volontà. A che cosa servono i santi oggi? In quanto a Gesù non si devono attendere prodigi in quanto il vangelo di Giovanni parla di segni e non di miracoli. Gesù non ha fatto storicamente il miracolo delle nozze di Cana, ma voleva dirci che la sua comparsa era segno di gioia. Gesù non ha fatto moltiplicato storicamente i pani ed i pesci, ma ha consigliato ad ogni uomo a condividere affinché tutti avessero il necessario. Gesù non ha storicamente risuscitato Lazzaro dalla tomba ma gli ha comandato di vivere ancora pienamente la sua vita. Gesù faceva del bene e non andava alla caccia del miracolo. Ciò che è importante per Carlo Acuntis è che la sua santificazione sia sobria. Anche le due ciocche di capelli lasciate in reliquia ad Alife (Caserta) non avvenga che, come avvenuto con Padre Pio da Petralcina nel 2008, succedano i casi di cannibalismo religioso e di negromanzia. Scherza con i fanti ma lascia stare i santi.

Autore: Albino Michelin 02.08.2024
albin.michel@live.com

INCOMINCIARE DA DIO O DALL'UOMO?

I nostri concetti di buono, bello, di compassionevole, di gratuito, di dono da dove provengono? È il concetto di brutto, di antiestetico, di crudele, di egoista da dove provengono? Siamo noi ad inventarli? È un po’ la questione del protone e dell’antiprotone. Alcuni dicono che c’è, altri che non c’è e così si arriva aduna serie di stravaganze e immaginabili ed impossibili. Questa è la questione discutibile dagli antropologi, dalla psicologia del profondo, dalla sociologia. È da quanti si chinano su questi problemi. Qui non facciamo dell’accademia ma un cammino di fede. Primo punto: Dio non lo vediamo, non lo vede nessuno. Talvolta vediamo le sue opere, ma non sempre è detto che riescano visibili. Possono essere anche l’illusione ad abbandonarsi a Dio. Nell’antico testamento si parla di un Dio che esiste nella brezza, di un Dio che viene dal vento, di un Dio che è nel fuoco. Ma nessuno di questi eventi è stato dallo scrittore riconosciuto. Dio è altrove, Dio è oltre. E Gesù Cristo, anche qui non si può che tali concetti derivino da Lui. Perché Gesù è vissuto solo trentatré anni i, e praticamente scomparso, non ha lasciato nulla di scritto. Ne mediatico, ne giornalistico. Documenti degli evangelisti sono stati scritti dal venti al cento anno dopo la sua morte. Negli scritti che riguardano la sua resurrezione nessuna coincidenza. Noi crediamo alla testimonianza di alcuni che l’anno visto ed apprezzato, ma non oltre. È chiaro che su Gesù sono tante prove ma che sulla sua esistenza bisogna avere una carica di fede. Poi esistono la Madonna ed i santi, ma su questo possiamo avere una devozione di vita dal momento che esse od essi sono creature di Dio e in questo caso creano un po' di confusione. Dunque l’origine dei nostri concetti del bene e del male non li potremo derivare da Dio dal momento che fra l’altro duo terzi dell’umanità ancora non sono arrivati a riconoscerlo. Incominciamo dall’uomo. Si può notare che nella vita e nella fede di ogni uomo si possono trovare cose promettenti che vale la pena riconoscere ed altre che vale la pena tralasciare. Ad esempio se dico a mio figlio di non mettere la manina nella corrente elettrica egli eviterà di bruciarsi o qualcosa di peggio. Ma può darsi benissimo che nasca qualcosa di bello anche dal brutto. Fino a scendere ad esempio se faccio uno scontro in macchina ed avessi pure ragione. Cose da galera o di fare il diavolo a quattro. Oppure posso passare ad una benigna composizione, e non farlo più. Chi è l’artefice di quella opera onesta. Da un male (lo scontro) ne è saltata fuori la pacificazione. Alcuni schemi di pensiero sono promettenti per le persone. Per esempio, per restare nel caso del fuoco possiamo anche bruciare la casa oppure invitare una famiglia a mangiare insieme le costine. Perché abbiamo distinto l’ambito morale e quello estetico? È il senso che guida il camminare dell’uomo e il cammino dell’uomo serve ad acquistare senso. Certamente ci sono delle idee innate nell’uomo ma pensare che in questo modo si risolva tutto è utopico. Se per esempio il mercante vuole vendere la figlia al cliente di turno lo si mette in galera in quanto ha rifiutato il ruolo di essere sviluppato primordialmente. Ma è importante sapere di queste cose umane e quindi non c’è bisogno né di un signore del mondo, né di Gesù Cristo, né di Maometto, né del Krishna Indù per portarli all’evidenza, per portarli alla sua esperienza. Nel cammino dell’uomo sono cambiate le sorti della questione. Qui è importante una decisione. Il cammino di Dio lungo la storia non è mai compiuto. Non pensiamo che tutto sia completo e sia completato lungo la storia della vita. Ho incontrato tempo fa una signora la quale mi parlava della sua amica che si era innamorata di un uomo più anziano di lei di trent’anni. Storie, è giusto oppure è sbagliato? Cose che non finivano più. Ora il problema è un altro. Questa signora ha trovato la sua felicità. È importante che lei l’abbia trovata al di là de suo tempo di età, al di là di questo periodo storico, un Dio che gli è stato benevolo. Tutte le età sia dal punto di vista storico, sia dal punto di vista dello sviluppo famigliare, sia dal punto di vista del codice di famiglia o sociale ha una valenza suo provvisorio ed è destinata a mutare con il tempo. Un altro esempio. C’è stato un tempo in cui le auto elettriche facevano furore però inquinavano l’aria e la viabilità. Sarebbe un atteggiamento spirituale quello di dire andiamo avanti, miglioriamo ciò che ci danneggia, ma non è necessario cessare. Allora saltano fuori gli estimatori del tempo passato e parlano della fine del mondo e dei tempi dei nefasti ecologici. Ma basterebbe un atteggiamento spirituale di fiducia nel senso che tutto ha un futuro. La nostra civiltà del progresso è a doppia uscita, in negativo e in positivo. È la volontà spirituale dell’uomo a far si che essa possa essere salvifica. In definitiva si deve credere all’anima umana perché come diceva Gesù” farete opere migliori delle mie”. Credere in un diktat che cade sull’uomo senza apprezzarlo sarebbe un’ingiuria. Ogni religiosità è fine a sé stessa se non valorizza ma l’aspetto spirituale è quello che dà un significato. Varrebbe la pena per la provenienza del lecito e dell’illecito, anziché incominciare da Dio, sarebbe opportuno incominciare dall’uomo. Anche perché S. Vincenzo da Lerino (450 d.C.) lo definisce “l’uomo è la gloria di Dio”.

Autore: Albino Michelin 25.07.2024
albin.michel@live.com

domenica 25 agosto 2024

PERCENTUALI PATRIARCALI NEI CATTOLICI

 Nonostante la bibbia, ma non a causa della bibbia il patriacalismo è duro a morire. La nostra civiltà mediterranea è in gran parte figlia del cattolicesimo. Un’epoca antica quanto il mondo ma nel cattolicesimo si è continuata nonostante la venuta di Gesù di Nazaret ad annunciare che Dio è padre e madre contemporaneamente, oltre al fatto che Dio è totalmente altro e oltre. La cultura patriarcale è centrale in tanti racconti biblici, nelle legislazioni mosaiche, nelle altre relazioni sociali e famigliari. Centrale che fonda la gerarchia di potere nella quale la donna è sempre sottoposta al maschio. Dobbiamo riconoscere che tale cultura è praticata nella bibbia ampiamente determinante. E tale cultura ovunque affermata è stata da Gesù di Nazaret perlomeno relativizzata. Attraverso la non realizzazione patriarcale di Gesù di Nazaret il consapevole protagonismo femminile nelle prime comunità cristiane si è potuto affermare e le relative emergenti problematiche che ciò comporta. C’è unanimità fra gli studiosi che Gesù avesse discepole al suo seguito, contro ogni consuetudine avevano scelto di seguirlo nel suo ministero itinerante e non l’avevano abbondonato nemmeno sulla croce. E furono depositarie della fede post pasquale per portare agli apostoli il nuovo messaggio. Questa realtà storica della comunità di fede sulla famiglia di sangue, mette radicalmente in questione l’idea gerarchica tradizionale. Esistono due vangeli apocrifi, quelli di Filippo e di Tommaso, così detti per distinguerli dagli evangeli canonici. Cioè Matteo, Marco, Luca e Giovanni e sono una trentina nascosti dalla chiesa. Il caso di Filippo cita un’osservazione a Gesù:” perché Lui ama Maddalena più di tutti noi?” e Tommaso gli contrappone: “Pietro capo della Chiesa ordina di allontanare Maria Maddalena in quanto le donne non sono degne della vita”. Al che Gesù disse: “ecco io la trarrò a me per fare anche di lei simile al maschio, affinché anch’essa possa diventare uno spirito uguale ai maschi. Perché ogni donna che diventerà maschio entrerà nel regno dei cieli”. Questo primato dell’orizzontale (la donna) sul verticale (maschio) ha caratterizzato la formazione non gerarchica delle prime comunità cristiane e la prima partecipazione delle donne in movimenti che nella prima decina di anni hanno visto le missionarie, appostele, predicatrici, profetesse, finalmente incluse nel culto cristiano. Il cammino verso la depatriarcalizzazione nelle comunità cristiane da parte del dato storico è stato fondamentale per la partecipazione delle donne nelle cristianità delle origini. Poi esauritasi l’input di Gesù di Nazaret e l’inevitabile stabilizzazione e con l’inizio della istituzione l’iniziale uguaglianza viene a sbiadire fino a cessare in attesa di nuovi impulsi. Queste tendenze sono molto visibili nei testi di Paolo nel nuovo testamento. Di fatto Paolo resta all’antico, proibisce perfino alle donne di parlare nelle pubbliche assemblee. E per lungo tempo le donne sono rimaste fuori, come gli uomini coniugati e gli omosessuali. Sono passati tanti secoli ed il messaggio di Gesù e di tante persone sensibili in materia va ripreso e portato avanti con alacritudine, anche perché il tempo presente lo consente. Per superare il patriarcato è possibile prima di tutto la responsabilità del linguaggio. D’accordo che tanti argomenti storici sono già noti e di personale conoscenza. Quindi lasciamo stare il mito di Adamo (per cui l’importante essere la moralità della donna), il mito di Sansone, (per cui non vale quando si perde la forza fisica), il mito di Salomone (per cui l’uomo vale per quanto è intelligente e donnaiolo). Va affermato l’importanza del linguaggio che è il primo elemento di rispetto per verso la donna. In effetti si tratta di rompere le abitudini e le istituzioni sociologiche che fondano le relazioni di superiorità ed interiorità in cui i maschi rappresentano il primo posto. Si tratta di respingere l’immagine maschile dominante e centrale anche nell’uso del possesso, nelle manifestazioni di prestigio e mettere in discussione la struttura di tipo patriarcale per una più umana, giusta, facendosi amici della donna. In quanto i rapporti umani e le leggi paritetiche sono ancora assenti. Acconsentire a certo linguaggio, banalizzarlo, usando come clava per sminuire la donna oppure offenderla, è un riconoscere la capacità di non credere alla donna. Corre nel web, a volte anonimo e subdolamente offende fino ad uccidere. Come droni lanciati da lunga distanza che fanno stragi e morti. Oggi la liberazione appartiene e passa attraverso il restauro della parola in umanità e dignità. Il linguaggio include ad esempio il femminile e lo rende visibile ad una riforma. Ci mancano i ruoli ed i compiti per non venire meno a questo richiamo. Abbandonare il linguaggio equivoco della volontà di potenza per assumere anche la categoria della dolcezza e del silenzio sono considerati non solo femminili ma anche desiderabili al sesso femminile. Oggi la liberazione passa attraverso il patriarcato anche per la restituzione della sua umanità e dignità. Il linguaggio è lo specchio di ciò che siamo. Dice il libro dei proverbi: “la parola dolce calma il furore”. Nel maschile e femminile non confluiscono solo fatti biologici e genetici ma anche molteplici elementi relativi al comportamento, alla storia della formazione, alla cultura, alle esigenze varie, a tante circostanze che esigono un senso di adattamento. Ma questo, soprattutto il linguaggio ed il suo modo di espressione, contribuiscono a ricomporre gli aspetti femminili e maschili e contribuiranno per il superamento del patriacalismo.

Autore: Albino Michelin 19.07.2024
albin.michel@live.com

UN DIO VIOLENTO CHE HA CAUSATO LA MORTE DI GESÙ IN CROCE?

 Questo è un punto nodale della chiesa cattolica. Se si va a spiegare ad un bambino che Gesù ha espiato i tuoi peccati, vi dirà che egli non ha compiuto nessun peccato. E se andate spiegare le stesse cose ad un adulto converrà che il padreterno ha compiuto un atto di violenza, se ha imposto una totale espiazione da parte di suo figlio. Vi dirà caso mai il contrario, che Gesù è venuto al mondo per umanizzarci, per riconoscere il bisogno di misericordia da parte sua. Per guarire le infermità di ogni tipo e per fare in questo modo la volontà del Padre celeste. Questo, che possiamo dire uno slancio di Paolo di Tarso, il quale venne a dirci tout court che Gesù è morto per i nostri peccati, morto secondo le scritture (1a Corinti 15), che Cristo è morto per i nostri peccati come un maledetto da Dio (Galati 3 .13). Una specie di massacrato da Dio e quanti passi ancora ce ne riferiscono. Questo concetto medioevale è stato ripreso da un certo Anselmo di Canterbury nel 901. Egli si basa su un’idea del diritto romano per cui se si fa uno sgarbo ad un potente della terra si va a finire con lui nel duellare per espiare un delitto commesso. Ma se si va a finire in Dio infinito, Dio Padre dovrà mandare suo figlio sulla terra a riparare il peccato commesso. È necessaria un’espiazione infinita. Da qui è nata tanta devozione per la conversione dei peccatori insieme al sacrificio di Gesù, così è sorto tanto sacrificio della croce, così è stata inaugurata la messa per la redenzione dei peccati nel mondo. Quando, a dire il vero, Gesù aveva fatto l’ultima cena, cioè la prima messa come convitto intimo di amici commensali. Non era intrisa di vari signore pietà, di ogni specie di colpevolizzazione, ma di lode al signore. Al che sarebbe da rivedere tutta la messa ed suo ambito sacrificale. Di fatto il Concilio di Trento ha approvato e confermato con il numero 615 la inclusione di Anselmo. Ma Papa Ratzinger, che fu un grande teologo e non si è mai badato a lui a sufficienza, nel suo libro del 1968 su ” Cristologia e Soteriologia” ha detto che la teoria della soddisfazione ha condizionato le coscienze ed è una formula meccanica sempre più inaccettabile. Cosi dice che Gesù non è morto per i nostri peccati. Nel catechismo degli adulti, più recente e compilato dalla Conferenza episcopale italiana, se afferma testualmente che l’opera di liberazione di Gesù è stato oneroso, ma che in nessun modo Gesù ha pagato come ad un creditore esoso. Ora anche qui è stato mitigato e non si parla di un Dio che ha riscattato il sacrificio degli umani. È finalmente i teologi di oggi affermano ampiamente che Gesù non è stato ucciso per motivi teologici o per obbedienza ad un diktat di suo Padre, ma è stato messo in croce per motivi di carattere economico o tuttalpiù perdonava i peccati gratuitamente e non per la cassa dei sommi sacerdoti. Per questo è un difficile passaggio di attuazione e di rilettura. Quanti secoli sono passati e come dice il poeta “tu guarda e passa”. Questa teoria precedente rifà ad un concetto preistorico quando Dio ingiunge ad Abramo di sacrificare suo figlio Isacco. Egli salì sul monte ed all’atto di ucciderlo gli si presenta davanti un montone che egli sgozzo con chiaro sollievo. Un mito quello di Isacco che fa coincidere il passaggio da una civiltà agricola ad una semi industriale per cui si è passati ad uccidere il primogenito uomo ad un primogenito di un animale. Può sembrare di più che un’immagine. In effetti, non soltanto nella Fenicia terra contigua alla civiltà biblica, ma anche nell’Africa, in Sardegna, in Sicilia vi era l’usanza di sacrificare il primogenito per affermare la protezione di Dio. Tuttavia qualche volta per una nascita difficoltosa, ma in genere per impetrare la grazia divina. Talvolta questo lo si ritrova negli antichi tofet dedicato al dio Mkl (Moloch), il terrore degli antichi tribali. Di qui un’altra, in cui si arriva facilmente ad una violenza esistita in cielo e quindi anche sulla terra. Allora è conciliabile che vi sia una guerra di religione, una guerra ad esempio fra cattolici ed atei, legittima la guerra contro gli ebrei della Shoa, la guerra dei buoni contro i cattivi, passare per la spada contro l’odio dei malvagi, una guerra del padre contro il figlio, della madre contro la figlia. Ora si sa che Dio, il padre celeste, sarebbe pronto a morire piuttosto lui che fare del male a una persona. Un’altra conseguenza è che per piacere a Dio si doveva cercare sacrificio e croce per tutta la vita, in verità non c’è bisogno di andare a cercarla perché essa è inclusiva nella nostra esistenza, dal mattino alla sera. E viene in mente l’Imitazione di Cristo. È il testo dopo la bibbia più diffuso di tutta la letteratura cristiana. Autori ignoti del 1300 circa. Costituiva la filigrana in cui si doveva svolgere tutta la nostra vita cristiana. Specialmente il motto “agire contro” perché tutto era opera del maligno. E si chiamava il proprio corpo: frate asino, si faceva per tutta la vita confinati sopra una pianta, gettandosi fra le ortiche a scacciare i pensieri di sesso, vero cruccio della mentalità del passato. Si vede che si era allenati per attraversare questo genere di cose. Non occorre essere ossessionati al dolorismo per piacere al signore. Esso ci avvolge giorno e notte e ci penetra. Di conseguenza ecco un’ultima considerazione che sta lontano dal pagano godereccio,” godiamo ogni giorno che doman non c’è certezza.” Ma badare ad ogni giorno in cui può esserci una presenza di disgrazie dietro l’angolo. E quella sublimarla. Sempre ricordiamo un libro significativo “In principio era la gioia”. Siamo fatti per il bello in tutta la sua accezione, la musica, le arti figurative, per romanzi, per la gioia dei figli e dei nipoti, per la fisioterapia, per l’ippoterapia, per la cinofilia, per i diversi test di kinesiologia, per lodare il signore, e vangelo come terapia.

Autore: Albino Michelin 02.07.2024
albin.michel@live.com

sabato 8 giugno 2024

PSICOTERAPEUTI E CONFESSORI

Per la psicoterapia sono gli anni del boom, con una grande attenzione a questi fenomeni sociali e per la sua espressione quantitativa e dell’aumento del numero degli utenti. Ora alla psicoterapia non si domanda più solamente di subentrare quando si inceppa il funzionamento normale della persona. Ad essa si ricorre per ottenere un allargamento dell’area dell’esperienza corporea, sensoriale, emotiva, un potenziamento delle capacità espressive, un rafforzamento delle proprie identità e del proprio valore. La psicoterapia insegna a risolvere i conflitti interpersonali, a sciogliere i drammi della vita di coppia, ad allacciare rapporti costruttivi. È diventata ormai una parte costitutiva della nostra cultura, ove si svolge un ruolo socializzante che in passato era riservato alla famiglia, alle istituzioni educative, alla religione. Non si può negare il ruolo sostitutivo che ormai svolge nella nostra vita. La cultura del cambiamento ha trovato nella psicoterapia il suo strumento privilegiato. Ora a questo punto è opportuno un discorso con la confessione, scoperta come amplificazione, psicologia del profondo, verso gli anni 1895 da Freud. Un istituto che per duemila anni ha sostituito la psicoterapia e liberato spesso dal male e ha dato un po' di conforto alle anime inquiete. A fasi alternate ha in quanto confessione dato un alimento constante nel tempo e nello spazio. Si può dire che il credente laico-trova nella confessione la spiegazione del suo sintomo, il fedele-credente trova il suo rapporto con Dio. Ovviamente la psicologia e confessione possono avere un rapporto diverso, ma in parte conciliante. La psicologia è un’ottima confessione perché mette in contatto la propria interiorità. Vi è una certa quale diversità: lo psicoterapeuta conduce per mano il suo paziente per lunghi tratti, il penitente invece ignora il suo confessore perché volutamente di passaggio. Il penitente in genere si confessa a Pasqua quando non c’è tempo per un colloquio o il tempo breve all’inizio della messa. Ma tutto in breve, tutto nell’incognito. Ma può veramente la psicoterapia guarire il malessere della nostra civiltà o si tratta di un cerotto sulla ferita? Ci rendiamo conto che intanto la psicoterapia non è necessariamente al servizio della repressione. Essa ha piuttosto un potenziale critico che favorendo la liberazione delle emozioni e della fantasia apre ad un pensare, un agire, ad un progettare alternativi. Ma soprattutto se si tratta di confessione privata. Ma il problema e se il paziente desidera veramente guarire? Un rapporto dettagliato sulla confessione e psicoterapia è di Gustavo Jung che alla base dei suoi studi dice chiaramente che nel percorso analitico della psiche doveva essere ricercato anche la confessione religiosa. Nello studio si rese conto che molte nevrosi sono legate a questo tipo di domande. Anche nella etimologia “cura delle anime” troviamo le prime tracce nella civiltà greca, se sono presenti nel mondo interiore di Pitagora e dei filosofi greci. Era riconoscere le proprie debolezze e gradualmente trasformarle. Hanno collaborato per la consapevolezza dell’essere umano insegnando una pratica che Freud a torto aveva trattato come pulsioni. I romani appresero questo percorso per alleggerire l’anima confessando i loro peccati. Due mondi che sembrano in opposizione hanno invece molti risvolti in comune. Adesso per Jung il processo è caratterizzato con la prima forma: la confessione del paziente, ed i segreti che la tormentano. Il tacere fa male a se stessi. La seconda fase e la chiarificazione ed il paziente ne prende consapevolezza. Terza fase l’educazione o assunzione del comportamento. Quarta fase: trasformazione dove il paziente constata il risultato. Oggi si parla spesso di depressione, narcisismo, dipendenze sessuali, anoressia, bulimia. In fondo sono evoluzione patologica degli antichi vizi, come superbia, accidia, gola, lussuria. Possono dare reciproci benefici adeguando l’uomo alla modernità ma ricordandoli da dove provengono. E che il culto dell’ego oggi estremizzato conduce al malessere. Molti vedono nella religione cristiana peccati di castrazione, paura e altri insegnamenti. Anche qui si possono conoscere molte forme di idolatria. Che dire della divinità creata quotidianamente dai mass-media: campioni sportivi, cantanti, attori adorati come modelli. Al cinema siamo bombardati da super dotati, da fans scatenati che vivono sull’adorazione di Lady Gagà o di un Spiderman. A questi idoli si rivolgono preghiere laiche, nell’errata convinzione che possano lenire il nostro malessere. Ma il problema è se il paziente desidera essere guarito. Lo diciamo per la seconda volta. La vita umana è sempre concepita come una tendenza, un volere ossia essere pronti a parole non ha alcun valore, tutto dipende dalla volontà. La grande diffusione degli psicofarmaci ha prodotto una grande quantità di pazienti. Il problema per esempio nasce per telefono quando si invita il proprio partner, i genitori di fronte ai figli, o un ragazzo di fronte ad una ragazza. Citiamo per caso il nome di una giovine donna che è stata indotta per telefono ad uno psicoterapeuta. Una giovine donna, impiegata in un ufficio, soffriva di gravi nevrosi ossessiva: l’ossessione del lavoro, lavarsi il collo, la fobia di frammenti di vetro e via dicendo. L’intera sfera della vita intima soggiaceva al tabù ed era preda di gravi angosce. Il matrimonio rischiava di sfasciarsi e lei stessa di finire in una clinica. Nel primo sogno compariva una donna che affermava maliziosamente: sei sposata con il nostro parroco. L’educazione gretta, sessuofobica contribuiva la sua parte a far sì che ella vivesse essendo sposata come se vivesse da nubile. Ci vollero due anni di analisi faticosa per mettere in grado questa donna di poter scacciare questa ombra di nubile. Ma alla fine si seppe che era stata la madre, che suo malgrado l’aveva indotta, senza che lei lo sapesse, e che lei sarebbe ugualmente guarita senza troppi fastidi. Altro caso quando un convivente avrebbe bisogno di cura psicologica. Il caso di Gesù quando incontra la sorella di Lazzaro. “Marta, Marta tu ti affanni e ti preoccupi di troppe cose”. Una sola cosa è necessaria. Ritroviamo qui l’unica cosa veramente importante e Marta distratta com’è, non riesce assolutamente a vedere. Questo zelo eccessivo in lavori domestici, così spesso non necessari, è un modo tipicamente femminile di rifugiarsi nella esteriorità ed in realtà una forma di evasione. Perché consente di sottrarsi ad un compito più importante, quello di diventare ciò che si può e quindi si deve essere. Nell’impegno di costruire la propria identità, all’impegno di farsi una individualità. L’agitazione e l’orgasmo non permetterebbero nessun trattamento mentale. Con questo tipo di società si può pensare che psicoterapia o confessioni saranno sempre necessari.

Autore: Albino Michelin 27.05.2024
albin.michel@live.com

FISICA QUANTISTICA E PROSPETTIVE POST-TEISTICHE NELLA SPIRITUALITÀ ATTUALE

Premesso che Dio è sempre stato un assillo dell’umanità, da quando egli veniva considerato come divinità il Dio Sole, da quando veniva recepito come una galassia disseminata nei cieli, da quando Galileo Galilei è venuto a dirci essa è il centro di rotazione cui si muovevano nove pianeti, le modalità di espressione e dell’immagine di Dio è molto cambiata. E siamo arrivati alla fede teista: da Theos (foto del dio tradizionale) alla post-teismo: (dall’immagine del dio più attuale) quella post-teista del pensiero della spiritualità moderna. Diciamo subito che ci sono oggi due correnti che andrebbero sottoposte ad una disamina attenta. Perché la fisica quantistica sostiene la scoperta di subatomi, particelle piccolissime che vanno quasi a smaterializzarsi fino al punto di perdersi nella spiritualità, sicché possiamo dire che noi siamo esseri spirituali con una componente fisica ed essere fisici con una componente spirituale. Questo discorso benché prosegua nella sua strada assai complicata, tuttavia manifesta che la fede ha forse trovato un confronto con la scienza fino a dirci che in opposizione ad essa non è mai stata. Il post-teismo è invece una verità più accessibile alla nostra pelle, quella che maggiormente risalta nella nostra società. Essa consiste in una deriva o delusione che ha messo in crisi la nostra Chiesa nelle sue più profonde fondamenta. È il nostro modo di concepire Dio, il nostro modo di rapportarci con Lui. Dio è in alto, noi siamo in basso. Di fatto egli si chiama trascendente e noi immanenti. Dio nella soprannatura e noi nella sotto natura. Noi si raccoglieva quello che Dio mandava o permetteva: in caso di siccità con la pioggia e in caso di uragani inviando il solleone. La malattia in caso di cattiverie del genere umano, e tante benedizioni nel caso che si farebbe giudizio. Il Dio trascendente è di un altro abbigliamento: la barba bianca, vestito diafano che gratificava i bambini con le caramelle, ed i bambini cattivi con il diavoletto che turbava i loro sonni. Questo è il vero dualismo e questa teoria non esiste più. Dio padre nell’alto dei cieli che si fa pregare e noi in una valle di lacrime ha subire ogni tormento. Questo dualismo che fa Dio in cielo e noi in terra: quello tradizionale praticato finora. Il discorso oggi diventa realtà: da quando il vecchio Giobbe si vedeva condannato in un letamaio si mise a strepitare contro Dio. Da quando la peste nel 1347, nel giro di tre anni riesce a spazzare via una popolazione complessiva di 80 milioni di abitanti, circa un terzo dell’umanità, fino alla pandemia recente che se non ha fatto gli stessi disastri va ringraziata la medicina. E poi si pensiamo alle guerre, gli omicidi, alle torture ai bambini non nati e a quelli deceduti con morte prematura. Bisogna riconoscere che molte, la maggioranza delle disgrazie di oggi sono volute perché noi lo vogliamo. Sarebbe risolto quasi tutto con la condivisione dei beni sulla terra, con il cessare degli armamenti, con il darsi una regola morale per tutti gli esseri umani. Ed il mondo si aggiusterebbe in gran parte. E questo dualismo mai capito finora, perché una grande quantità di rimedi sarebbe in mano nostra. Ed è quello che porta anche molta gente all’ateismo, all’agnosticismo ed al cielo che sarebbe vuoto. È l’immagine di Dio che noi ci siamo portati dietro da quando il mondo è mondo. È un Dio antropomorfico, un Dio dalle vestigia umane. Invece è il nostro Dio, un Dio totalmente altro. Si scambia con un Dio creatore che è tutto vero, con un Dio interventista, che probabilmente è in parte falso. Ed ecco qui allora che va bene la trasformazione di un Dio teista del passato a un Dio post-teista del futuro. Che vuol dire un Dio al di là delle religioni. Ci spiace che la parola trans abbia oggi un significato equivoco. Ma Trans all’origine significa oltre Dio, secondo l’immagine purtroppo errata che ci siamo fatti nel mondo passato. Indubbiamente Gesù ci ha detto di pregare senza mai stancarci, la preghiera sarà esaudita in ogni caso. Ci ha detto di pregare perché possiamo cambiare noi stessi, la nostra coscienza, il nostro mondo interiore e tutto andrà bene. Ed in effetti Lui ha deciso che la pace fra gli uomini dipende da noi. È qui c’è un salto da fare, dalla proposta teistica, procedere nella post-teistica. Noi siamo una manifestazione di Dio, come tutto lo è. Noi una manifestazione di Dio come lo dice il vangelo di Giovanni. Ma sulla terra noi dobbiamo guadagnarci la pagnotta con la nostra responsabilità. E qui va integrato oggi anche il concetto di provvidenza. Gesù dice che anche i capelli del nostro capo sono contati e guardate gli uccelli dell’aria che gli mantiene il Padre Vostro. Anche questo vuol dire che Dio è creatore ma non interventista. Egli ama l’uomo, è indulgente, capisce il nostro anelito. Se il teismo non serve più perché era un modo di concepire Dio nel passato, è perché è giusto che ci sia il post-teismo attuale. La chiesa rivivrà secondo il passato che dovrà essere evoluto, perché Dio cammina con le gambe del mondo, e perché il mondo è la precisa manifestazione di Dio. Siamo in un mondo in trasformazione. Su questo aspetto fare attenzione ad un equivoco. Il pensare che all’origine tutto fosse perfetto e che dopo la caduta del peccato originale tutto fosse decadenza, con la venuta di tutti i mali del mondo. Di fatto questo era un pensiero anche di San Tommaso che partiva da un principio statico, il principio era la perfezione e poi è venuto tutto il male del mondo. Noi siamo invece in fase di dinamismo e che tutto attraverso la storia avrà il suo compimento. Noi non siamo decaduti per colpa del peccato di origine ma siamo chiamati ancora al bello e ancora al divenire. Per questo abbiamo detto poco fa che Dio non è un interventista, ma senz’altro un attendista, anche se la parola è male usata, che attende il lungo processo della storia, affinché tutta l’umanità sarà con Dio, in quanto sua manifestazione e trasfigurazione.

Autore: Albino Michelin 20.05.2024
albin.michel@live.com