Oggi molti si sentono smarriti per la velocità con cui cambiano le tradizioni, i costumi, le ideologie, la morale, le religioni, le comunicazioni via internet e tutto il resto. Non si sa se ci troviamo di fronte ad una civiltà in cambiamento o ad un cambiamento di civiltà. Altri al contrario si sentono orgogliosi perché sembra loro che l'uomo sia diventato il padrone del mondo, del suo destino, capace di forgiare e di rendere attuale attraverso la scienza quanto di utopico e di sognato nel passato. Gli stessi pensatori cattolici parlano di teologia assiale, cioè con spostamento dell'asse di riferimento, di rottura con il passato. Una civiltà è scomparsa o al tramonto, un'altra si è instaurata o sta affacciandosi. Un'esperienza del genere per esempio si è verificata la prima volta nel sesto-quinto secolo avanti Cristo, quando in tutto l'arco dall'Asia, alla Persia, al Medioriente, alla Palestina, alla Grecia, a Roma fece irruzione una grande mole di nuove religioni, culture, filosofie, libri sacri, ed altro. Pensiamo a Budda, Zaratustra, la formazione della Bibbia, filosofi come Platone e Aristotele, la configurazione dell'impero romano. E possiamo dare qualche esempio. Per semplificare chiamiamo cambiamento d'epoca anche se di evoluzione potrebbe in qualche caso trattarsi. E premettendo che l'analisi dei fenomeni non significa sempre giustificazione o accettazione acritica degli stessi da parte nostra.
1) Fine del geocentrismo
Un tempo si sosteneva il geocentrismo e l'antropocentrismo. Cioè la terra al centro dell'universo, l'uomo al centro di tutto. Con due pilastri a sostenere la terra stessa: uno situato allo stretto di Gibilterra, l'altro verso il sorgere del sole. Un mondo creato direttamente da Dio, secondo la Bibbia, circa sette mila anni or sono. Oggi invece siamo passati al cosmo centrismo, al centro vi sta il creato, l'universo, in cui la terra è un granellino, e l'uomo un pulviscolo di stelle. Un mondo che risale a 15 miliardi di anni fa, la vita a 4 miliardi. Cento miliardi di galassie con miliardi di stelle ciascuna, non si sa quante lune e quanti pianeti. Inoltre non si dimentichi che la creazione non è ancora terminata, ma in continuo processo. Sta esplodendo in forma accelerata, ogni giorno muoiono migliaia di astri e altrettanti ne arrivano. Il 70% dell'universo è costituito da energia oscura, di esso conosciamo solo il 4%. Cambiamento d'epoca: l'uomo non è più il padrone del mondo, ma solo il suo inquilino, cui si impone il rispetto della natura e dell'ecosistema.
2) Dal monogenismo al poligenismo.
Monogenismo significa che l'umanità avrebbe origine da una sola coppia di capostipiti (Adamo ed Eva) e questa direttamente creata da Dio. Col fango della terra il maschio, dalla costola di quest'ultimo la femmina. Oggi invece si sostiene il poligenismo, cioè l'umanità proverrebbe da diversi ceppi, in Asia i gialli, in Africa i neri, in Europa i bianchi. Teoria questa condannata nel 1943 da Pio XII, perché verrebbe a negare il dogma del peccato originale compiuto dalla prima coppia. Il poligenismo è un cambiamento d'epoca.
3) Il peccato originale.
Disubbidienza di Adamo ed Eva che mangiarono il frutto proibito e che Dio condannò alla morte e alla sofferenza con tutti i loro discendenti, quindi noi compresi. Oggi si ritiene che il peccato originale sia una descrizione mitica metaforica della Bibbia. Tentativo di spiegazione dei mali nel mondo. Metafora dell'egoismo umano persistente. Anche qui cambiamento d'epoca.
4) Altri mondi abitati
Per la dottrina della chiesa impossibile la vita umana negli altri mondi. Perché se Gesù è venuto sulla terra a salvare i discendenti di Adamo, è impossibile che sia sceso o salito anche altrove in altri mondi. Una sola incarnazione di Gesù, una sola salvezza, una sola religione. Questa teoria era stata ritenuta possibile da Giordano Bruno (1600), ma come eretico mandato al rogo. Oggi scienza e teologia sono possibiliste, anche altri umani possono esistere fra galassie e pianeti. Anche qui cambiamento di pensiero, di modelli.
5) Bibbia e scienza
A differenza della religione la scienza è più umile. Per secoli la rivelazione di Dio era il libro sacro: Bibbia, Veda, Corano. La Bibbia veniva considerata parola di Dio, uscita dalla sua stessa bocca, trascritta dall'autore sacro come dettata da Dio. Miti, leggende, episodi epici, generi letterari, tutto veniva preso alla lettera. Giosuè gridò "fermati o sole" per prolungare alla luce del giorno la sua battaglia? Allora significa che è il sole a girare attorno alla terra. Parola di Dio. E nel caso la scienza (astronomia) dica il contrario, che la terra gira attorno al sole? Galileo va imprigionato quale eretico. Oggi invece si osserva che la prima vera rivelazione di Dio è la natura, la creazione, e quindi la scienza come loro interpretazione. Certo la scienza può sbagliare, non perché Dio la inganna, ma perché l'uomo ne comprende le scoperte attraverso tentativi. Per cui oggi anche senza libri sacri, senza chiesa, ma con telescopio e microscopio l'uomo può dichiararsi "credente", anche solo attraverso le scoperte della scienza. Che poi l'uomo ne faccia cattivo utilizzo, colpa sua e disgraziatamente peggio per lui. Anche in questo caso abbiamo un cambiamento d'epoca.
6) Interventismo e silenzio di Dio nella storia.
Ieri si diceva: "non cade foglia che Dio non voglia". E si aggiungeva che Dio non è solo creatore, ma anche programmatore del mondo. Dio può operare con interventi puntuali, con gesti più o meno miracolosi e mirabolanti. Dio può far piovere e darci il sole anche contro le previsioni meteo. Può fermare un asteroide affinché non piombi sulla terra, sulla testa della gente. Basta la fede e la preghiera. Oggi si è maturato un altro concetto. Dio è sì il creatore del mondo, ma il programmatore ne è l'uomo. Dio sostiene l'evoluzione del cosmo dall'interno di esso, verso un orientamento globale, sostenuto dal suo spirito, cieli nuovi e terre nuove. Dio non programma tutti i dettagli, questi sono in mano alle creature secondo le loro potenzialità. Quindi tsunami, terremoti, inondazioni sono fenomeni di natura, delle sue leggi, sulle quali Dio non interviene. Non fa il tappabuchi. Non salta sul convoglio in corsa a sostituire il manovratore. Anche qui cambiamento d'epoca, altro piano di idee.
7) La morte di Gesù in Croce, come espiazione dei nostri peccati.
Il nostro Dio veniva presentato come adirato con l'umanità a causa del peccato di Adamo. Manda suo figlio sulla terra, a morire sulla croce, per redimere l'umanità, e da questo sangue versato sentirsi risarcito e riconciliato con noi. Come dire, non è stato Giuda o Pilato a mandare Gesù in croce, ma Dio Padre. La descrizione sembra blasfema, ma basta leggere la lettera di Paolo ai Romani e agli Ebrei. D'altronde anche la Messa è sempre stata presentata come la rinnovazione del sacrificio di Gesù sulla croce. Vittima immacolata, offerta ancora ogni giorno e ogni domenica in remissione dei nostri peccati. L'azione di Cristo sostitutiva di quella degli eventuali colpevoli, che siamo noi. La predicazione cristiana ha insistito sempre su aspetti espiatori e sacrificali. Ma oggi si obbietta: la mentalità di Paolo rispecchia quella del suo tempo e delle antiche civiltà. Era abitudine acquistare le grazie del sovrano con donazioni, sacrifici di animali e talora di persone umane, figli inclusi. Ricorda il mito di Abramo che immola il figlio Isacco. Tutto ciò contraddice anche al comportamento di Gesù che curò ogni dolore umano e disse: "misericordia voglio e non sacrifici". Anche qui altro cambiamento di modelli.
8) I morti e la morte
Il culto dei morti è sempre esistito fin dai primordi dell'umanità. Ma un tempo lo si faceva per difendersi da un loro ritorno e dalle loro minacce, più tardi con il Cristianesimo venivano ricordati con il suffragio affinché potessero riposare in pace. Oggi invece si ha paura non del dopo morte, ma della morte. Perciò si tende a rimandarla più tardi possibile con accanito giovanilismo, fitness, sport, escursioni, crociere. Altro cambio di modelli.
9) Matrimonio e sessualità
Nel 1139 al Concilio Laterano lI il matrimonio venne incluso come settimo nella lista dei sacramenti. Sacerdoti celebranti erano i due contraenti con un rito di famiglia e tra famiglie. Ogni popolo vi aveva portato il suo contributo: i romani il consenso, i franconi il contratto. Ma in fondo una realtà sempre di gestione maschilista e a scopo procreativo. La numerosa prole era simbolo di potere e di benedizione divina. La coppia sterile veniva considerata con disprezzo. Il divorzio metteva sulla strada la donna e quindi essa si guardava bene dall'alzare la testa. Ogni atto sessuale veniva permesso solo a scopo dei figli. Sant'Agostino consigliava ai coniugi la preghiera: "Signore non fo faccio per amor mio, ma per amor di Dio". Oggi invece assistiamo ad un enorme spostamento di accenti. L'idea è: meglio l'amore senza matrimonio che il matrimonio senza amore. Da legittimare anche l'unione fra coppie dello stesso sesso perché anche se non si fonda sul matrimonio, si fonda sempre sull'amore. Diminuiscono le unioni dal prete con la stola, e dal sindaco con la fascia tricolore o rossocrociata, aumentano le coppie di fatto. Anche qui un cambio di modello.
10) Schiavitù e libertà dell’uomo.
La schiavitù è esistita da sempre. Presso i romani il padrone aveva sugli schiavi diritto di vita e di morte. Si vendevano al mercato come forza lavoro. Utilizzati per costruire opere faraoniche in Egitto, la Roma imperiale, la Roma dei papi. Anche nel Cristianesimo la schiavitù era legittimata, tant'è che S. Agostino sostiene che gli schiavi sono necessari per l'equilibrio sociale. Il tutto fino al 1926 quando la schiavitù venne abolita dalla Convenzione di Ginevra, anche se continua a resistere qua e là come residuato sociale. Oggi dopo la Carta dell'Onu del 1948 è sancita la dignità dell'uomo, indipendentemente dalla razza, colore, censo, religione. Diritto primo ed inviolabile, sino al punto che se un genitore si permette di dare una sberla al figlioletto, questi può anche denunciarlo alla polizia. Anche qui cambiamento di un'epoca, di un modello. Se volete chiamatela evoluzione e non rottura assiale, ma siamo lì.
11) Bioetica e fine vita
Bioetica significa etica comportamentale o morale nei confronti di certi passaggi obbligati della vita. La nascita, la generazione dei figli, il testamento di fine vita. Si sosteneva che la vita umana era sacra indipendentemente fosse cosciente, incosciente, terminale, vegetativa. Per cui l'aborto veniva considerato omicidio (ancorché S. Tommaso sosteneva che l'embrione riceveva l'anima dopo 40 giorni circa), che la maternità non era un diritto in quanto dipendeva dalle possibilità generative della coppia, che la malattia andava accettata fino alla fine se non altro come espiazione dei propri peccati. Celebre l'intervento di papa Gregorio XVI (1832): "grave disordine morale ricorrere al vaccino per curarsi una malattia infettiva". Oggi più della vita e del rispetto ad essa dovuto, si parla della "qualità" della vita. Perciò se un concepito è malformato, indesiderato o inaccettabile si ricorre all'aborto. Se una coppia sterile desidera un figlio ricorre alla fecondazione in vitro, al seme eterologo, utero in affitto. Se una persona si considera fuori uso, in coma irreversibile, in stato vegetativo permanente, può mettere fine alla sua esistenza o per testamento biologico, o per stacco di spina o per suicidio assistito. Anche qui cambio di modello, di un'epoca.
12) Dogmi e libertà di ricerca.
I dogmi sono dei principi, religiosi o morali, eterni, immutabili validi per tutti gli uomini e per sempre. Quindi religione e scienza si basavano su questi. Estratti dalla Bibbia o dal libro sacro, spesso imposti pure sotto pena di morte. Ogni chiesa ha i suoi dogmi che si sosteneva provenissero da Dio, per esempio la Trinità: "Dio, una natura e tre persone. Gesù una persona due nature (umana e divina). Chiesa società perfetta. La legge di natura è eterna. Paradiso, purgatorio, inferno". Per cui fonte di verità è l'autorità della chiesa. Se essa ti impone di credere che il sole gira attorno alla terra (come citato sopra) la verità è quella e tu sei obbligato ad aderirvi. La verità viene dall'alto. Oggi invece le nuove religioni sono senza dogmi, considerate proposizioni provvisorie, rispecchianti la mentalità dei tempi passati. Nonché anche la filosofia del mondo degli antichi. La verità oggi nasce dal basso, dalla realtà, dal di dentro del mondo. Per cui se essa realtà si permette una discussione nei confronti dell’autorità di un dogma, ad essa si deve la precedenza, facendo ovviamente seguire (non anticipare) un giudizio etico o meno sulle conclusioni. Celebre e incomprensibile l'espressione di S. Ignazio: "se l'autorità della chiesa mi dice che quest'oggetto è bianco, io devo aderirvi anche se in realtà fosse nero." Per questo le religioni hanno causato ritardi e sofferenze. Intelligenza, scienza, coscienza sono oggi in pool position, mentre l'autorità viene posta in seconda fila a discernere Le nuove religioni oggi preferiscono ricercare il senso della vita, anziché precise verità astratte e prefabbricate, provenienti dall'alto e dall'esterno. Oggi non si rifiutano a priori i principi ma si sostiene che i principi, molti o pochi, vanno evoluti e sostituiti con altri principi. Cioè sono modificabili. Anche qui un cambiamento di modelli.
Ho su elencato dodici esempi fra molteplici altri in cui si sono verificati dei cambiamenti di pensiero, di civiltà: due epoche diverse. Fra le due vi può essere un'evoluzione oppure una rottura. Qui non c'interessa il modo. La realtà è che non ci si deve né spaventare, né perdere la fede, né entrare in stato confusionale. A domande diverse, risposte diverse, ma indubbiamente sensate e motivate.
Autore:
Albino Michelin
19.04.2013
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martedì 15 marzo 2016
PAPA FRANCESCO, FORSE È LA VOLTA BUONA
Mercoledì 13 marzo 2013 dai 115 cardinali riunitisi in Conclave nella Cappella Sistina del Vaticano è stato eletto Jorge Mario Bergoglio quale 266° Papa della Chiesa cattolica. Opportuno qui raccogliere le diverse opinioni provenienti da ogni dove e da ogni sito, metterle un po' in ordine e dare una risposta il più oggettiva e motivata possibile. Con il vantaggio di avere del neoeletto un profilo più organico e ordinato. Quali sono state le impressioni espresse all'affacciarsi di questa figura all'ambone della Basilica di S. Pietro? Ovviamente all'inizio tifo da stadio, tablet, telefonini lampeggianti. Poi subito le agenzie stampa e media: il Papa "buona sera", il Papa a tutti "fratelli e sorelle", il Papa del 3° millennio, il Papa dei poveri, il Papa venuto dalla fine del mondo. E avanti su questo tono.
Il profilo anagrafico di Papa Bergoglio
Il padre è un emigrato piemontese (da Portacomaro-Asti) che nel 1929 con la valigia di cartone se ne andò a cercare fortuna in Argentina, come impiegato delle ferrovie. Là ebbe 5 figli. La madre Regina Sivori era pure italiana, di Genova. Jorge Mario è nato il 17 dicembre 1936, si è diplomato come tecnico chimico, si fece sacerdote a 32 anni dopo di essere stato fidanzato con Amalia alla quale disse: "se non ti sposo, mi faccio prete!". Gesuita, studiò in Cile, Spagna, Germania. A 35 anni era già superiore provinciale, cioè capo dei gesuiti della sua nazione. Eletto vescovo di Buenos Aires nel 1992, e cardinale nel 2001. Alla morte di Wojtyla nel 2005 fu il secondo papabile dietro a Ratzinger. Da giovane amava il tango e da sempre è tifoso della squadra calcistica della sua metropoli, il San Lorenzo, con la tessera nr. 88235.
Di buon auspicio le prime impressioni.
Tutte ed in positivo, in modo particolare quella di apertura: "fratelli e sorelle buona sera". A ricordarsi di Wojtyla che nel 1978 si introdusse con tuonante "Sia lodato Gesù Cristo", qui ci si è sentiti in tutt'altro mondo. Non vuole imporsi con messaggio sacrale, ma proporsi come uomo fra gli uomini, un fratello. A dirci quasi che l'essere uomini è prioritario al fatto di essere credenti, praticanti o cattolici del proprio gregge. E poi quel presentarsi come "Vescovo di Roma", ribadito ben quattro volte. Mai pronunciata la parola "Papa, Pontefice, Vicario di Cristo ... ". Non è causale, si ricollega e si radica alla vera professione di fede dei primi Papi, che si definivano vescovi di Roma, quale sede che presiede alla carità universale. Un "Primus inter pares" (primo fra uguali), non il potente cui sottostanno tutti i regni e i sovrani della terra. Si riferisce ai primi padri della chiesa, tipo Ignazio di Antochia che definisce il papato "presidenza dell'amore". Come dire: niente di più moderno che tornare al "genuino" antico.
Al nome Francesco che significato dare?
Bergoglio ha recepito un’istanza latente nel popolo e ha voluto esprimerla appunto con la scelta di Francesco (+1220). Questo papa vorrebbe una chiesa povera, con i poveri e per i poveri, come San Francesco che in giovane età getta le sue vesti davanti al padre Bernardone, commerciante di stoffe, che indossa l'abito dei contadini, gli ultimi del tempo, che si innamora della natura, del creato, di "frate" sole e sorella acqua, degli animali. Con la brama di ricostruire una chiesa cadente sotto i vizi e le ricchezze dell'epoca, ti prende e ti comunica dentro vitamine di novità, pulizia, santità. Non credo che il neopapa si illuda di svendere e sbaraccare il vaticano, Stato Pontificio e tutto il barandam che sta d'intorno. Può cambiare il corso della chiesa, ma con piccoli gesti, segni eloquenti. Anche perché l'entourage della corte pontifica si porta dietro una sclerosi secolare. Nel primo saluto alla folla Bergoglio si è posto a pregare in modo alquanto inconsueto. Preghiera con altri contenuti. Si è messo in ginocchio davanti alla gente (non davanti a Dio o al crocefisso), ha creato momenti di silenzio, ha invitato a pregare per lui e in modo particolare con la benedizione "prego il Signore che attraverso di voi benedica me".
Un cardinale proclama l’indulgenza plenaria. Con quale significato?
Cimelio storico. Se non si sta attenti, si rischia di confondere i credenti anziché formarli. Vorrebbe dire che per la circostanza viene concesso il perdono di tutti i peccati dei presenti e di quelli che stanno alla TV. Da quel momento diventano tutti puliti e santificati. Se meritavano l'inferno adesso, (se morte ne incoglie) vanno tutti in paradiso. Questo è l'unico neo, abra catabra, che la presentazione di Papa Francesco ha dovuto subirsi da un cerimoniale millenario, che a torto identifica il Papa con Dio. Gesti e segni nei primi giorni furono innumerevoli. Che non siano stati studiati a tavolino ed esibiti a scopo pubblicitario? No, sembrano in coerenza con la persona, nessun esibizionismo. Anche in Argentina egli viaggiava in autobus come i popolani, cucinava per se, abitava in un appartamento anziché in episcopio. Nelle cerimonie della settimana santa lavava i piedi ai drogati e malati di Aids. Ed ora come Papa si manifesta quale fu: dopo l'elezione ritorna in bussino con i cardinali all'albergo, paga di persona la permanenza. Per la messa del giorno seguente al cerimoniere che gli presenta la mozzetta di ermellino e la croce d'oro: "questa la metta lei". Sotto la veste bianca spuntano i pantaloni dell'uomo civile, indossa scarpe di cuoio al posto delle rosse Prada, croce pettorale di ferro. Il 19 marzo, primo giorno di pontificato, fa pubblicare al suo portavoce: "inizio del ministero petrino del vescovo di Roma". Abolita l'espressione” intronizzazione”, incoronazione. Parlando con i giornalisti e al sermone nella Chiesa di S. Anna resta in piedi e non seduto in alto sul trono. In piazza tra la gente che saluta, bacia ed abbraccia, benedice pure un cane Labrador, la guida di un non vedente. Questi alcuni dei gesti e segni che hanno colpito il popolo. E nella mentalità di questo spesso segni e gesti sono più importanti delle prediche, delle dottrine, delle parole.
Bergoglio primo papa dall’America del Sud. Inversione di tendenza.
Anzitutto un po' di geocentrismo non disturba, anzi è necessario. II 50% dei cattolici oggi risiede nelle Americhe di cui il 29% nel Sud. La nostra religione ha bisogno di una rappresentanza più decentralizzata. In questo contesto non aveva senso un Papa italiano. Ha un po' disturbato tutto quel tam tam pubblicitario condotto dal salotto di Bruno Vespa, dai canali della TV italiana devota, dalla falange di Comunione e Liberazione in favore del Cardinale Scola di Milano. Al dire dei giornalisti addetti al Conclave (anche se erano esclusi, ma i segreti filtrano sempre), Scola entrò con un pacchetto di 40 voti su 115 cardinali. Ne occorrevano 77, ma a tale quorum italiani ed europei non ci arrivarono, perché gli extraeuropei hanno spostato l'attenzione verso l'altro mondo. E così Bergoglio fu eletto alla quinta votazione con circa un centinaio di sostenitori. Però, come si vede, la politica italiana con i suoi media si era cacciata dentro ancora una volta rompere le uova nel paniere. Con un Papa italiano saremmo rimasti al palo: politica e privilegi!
Un papa più della discontinuità che della continuità.
Solito discorso: di destra, di sinistra, conservatore, riformatore? Speriamo sia un Papa realista, come lo dovrebbe essere ogni prete ed ogni credente. Realista significa attento all'evoluzione della storia, aperto allo spirito del tempo e non abbarbicato alla lettera del passato. Quindi a tempi nuovi risposte nuove, pure premettendo fedeltà alle costanti religiose ed etiche. Alla Tradizione, e non semplicemente alle tradizioni. Si sa che come educazione egli è (stato) rigorista su alcuni aspetti della morale tradizionale: Possibilista alle unioni civili delle coppie gay e ai diritti degli omosessuali, ma contrario ai matrimoni gay, alla contraccezione, al ruolo della donna nella politica. Ma questo non dovrebbe disturbare più di tanto. Cioè avendo manifestato una forma mentis (riferita ai suoi primi interventi papali) aperto alla conciliarità, alla sinodalità della chiesa, è probabile che egli sulla linea del Cardinal Martini lasci, anzi induca a parlare, a studiare i problemi di oggi in vista anche di soluzioni locali. Così dicasi del libero celibato preti, del sacerdozio delle donne, ecc. Finora tutto ciò era sotto catenaccio, impensabile tabù, intoccabile. La vera rivoluzione che ci auspichiamo sia questa: che Papa Francesco, primo fra uguali, lasci parlare la voce di Dio dall'interno di tutti gli uomini e di ogni coscienza.
I punti essenziali del suo messaggio.
Nel quadro dello spirito francescano che intende vivere e proporre le linee portanti sono: "Dio è misericordia, non stanchiamoci di perdonare e di chiedere perdono". "Il potere è servizio e anche il Papa per esercitare il potere deve guardare al servizio umile". "Ai capi di Stato il 19.3.2013: ”Vorrei chiedere per favore a tutti i responsabili di buona volontà che siamo custodi del disegno di Dio iscritto nella natura. Custodi dell'ambiente, degli altri, della famiglia, degli ultimi, dei diversi". Ai giornalisti qualche giorno prima, il 16.3: "Siccome, alcuni di voi non sono credenti, in un momento di silenzio ognuno può chiedere a Dio la benedizione per se stesso". Ciò significa per noi la fine dell'intolleranza religiosa verso gli atei e le altre fedi. Cessa il proselitismo, si inaugura a tutto campo testimonianza, tolleranza, rispetto. Nella messa iniziale bando all'anello d'oro (solo d'argento dorato), la comunione in piazza distribuita dai diaconi e non dal prete pontefice, nessun corteo. A dire che la messa dovrebbe essere meno rituale e ripetitiva più comunicativa, conviviale, creativa. Personalmente mi associo all’opinione espressa da molti teologi e pensatori cattolici, anche se un po' critici come Hans Küng: "la migliore scelta oggi possibile. Il suo nome è simbolo di lotta contro la sopraffazione, il potere, l'ingiustizia. Ci farà scoprire l'umiltà e soprattutto la gioia di essere uomini". Forse è la volta buona.
Autore:
Albino Michelin
28.03.2013
Il profilo anagrafico di Papa Bergoglio
Il padre è un emigrato piemontese (da Portacomaro-Asti) che nel 1929 con la valigia di cartone se ne andò a cercare fortuna in Argentina, come impiegato delle ferrovie. Là ebbe 5 figli. La madre Regina Sivori era pure italiana, di Genova. Jorge Mario è nato il 17 dicembre 1936, si è diplomato come tecnico chimico, si fece sacerdote a 32 anni dopo di essere stato fidanzato con Amalia alla quale disse: "se non ti sposo, mi faccio prete!". Gesuita, studiò in Cile, Spagna, Germania. A 35 anni era già superiore provinciale, cioè capo dei gesuiti della sua nazione. Eletto vescovo di Buenos Aires nel 1992, e cardinale nel 2001. Alla morte di Wojtyla nel 2005 fu il secondo papabile dietro a Ratzinger. Da giovane amava il tango e da sempre è tifoso della squadra calcistica della sua metropoli, il San Lorenzo, con la tessera nr. 88235.
Di buon auspicio le prime impressioni.
Tutte ed in positivo, in modo particolare quella di apertura: "fratelli e sorelle buona sera". A ricordarsi di Wojtyla che nel 1978 si introdusse con tuonante "Sia lodato Gesù Cristo", qui ci si è sentiti in tutt'altro mondo. Non vuole imporsi con messaggio sacrale, ma proporsi come uomo fra gli uomini, un fratello. A dirci quasi che l'essere uomini è prioritario al fatto di essere credenti, praticanti o cattolici del proprio gregge. E poi quel presentarsi come "Vescovo di Roma", ribadito ben quattro volte. Mai pronunciata la parola "Papa, Pontefice, Vicario di Cristo ... ". Non è causale, si ricollega e si radica alla vera professione di fede dei primi Papi, che si definivano vescovi di Roma, quale sede che presiede alla carità universale. Un "Primus inter pares" (primo fra uguali), non il potente cui sottostanno tutti i regni e i sovrani della terra. Si riferisce ai primi padri della chiesa, tipo Ignazio di Antochia che definisce il papato "presidenza dell'amore". Come dire: niente di più moderno che tornare al "genuino" antico.
Al nome Francesco che significato dare?
Bergoglio ha recepito un’istanza latente nel popolo e ha voluto esprimerla appunto con la scelta di Francesco (+1220). Questo papa vorrebbe una chiesa povera, con i poveri e per i poveri, come San Francesco che in giovane età getta le sue vesti davanti al padre Bernardone, commerciante di stoffe, che indossa l'abito dei contadini, gli ultimi del tempo, che si innamora della natura, del creato, di "frate" sole e sorella acqua, degli animali. Con la brama di ricostruire una chiesa cadente sotto i vizi e le ricchezze dell'epoca, ti prende e ti comunica dentro vitamine di novità, pulizia, santità. Non credo che il neopapa si illuda di svendere e sbaraccare il vaticano, Stato Pontificio e tutto il barandam che sta d'intorno. Può cambiare il corso della chiesa, ma con piccoli gesti, segni eloquenti. Anche perché l'entourage della corte pontifica si porta dietro una sclerosi secolare. Nel primo saluto alla folla Bergoglio si è posto a pregare in modo alquanto inconsueto. Preghiera con altri contenuti. Si è messo in ginocchio davanti alla gente (non davanti a Dio o al crocefisso), ha creato momenti di silenzio, ha invitato a pregare per lui e in modo particolare con la benedizione "prego il Signore che attraverso di voi benedica me".
Un cardinale proclama l’indulgenza plenaria. Con quale significato?
Cimelio storico. Se non si sta attenti, si rischia di confondere i credenti anziché formarli. Vorrebbe dire che per la circostanza viene concesso il perdono di tutti i peccati dei presenti e di quelli che stanno alla TV. Da quel momento diventano tutti puliti e santificati. Se meritavano l'inferno adesso, (se morte ne incoglie) vanno tutti in paradiso. Questo è l'unico neo, abra catabra, che la presentazione di Papa Francesco ha dovuto subirsi da un cerimoniale millenario, che a torto identifica il Papa con Dio. Gesti e segni nei primi giorni furono innumerevoli. Che non siano stati studiati a tavolino ed esibiti a scopo pubblicitario? No, sembrano in coerenza con la persona, nessun esibizionismo. Anche in Argentina egli viaggiava in autobus come i popolani, cucinava per se, abitava in un appartamento anziché in episcopio. Nelle cerimonie della settimana santa lavava i piedi ai drogati e malati di Aids. Ed ora come Papa si manifesta quale fu: dopo l'elezione ritorna in bussino con i cardinali all'albergo, paga di persona la permanenza. Per la messa del giorno seguente al cerimoniere che gli presenta la mozzetta di ermellino e la croce d'oro: "questa la metta lei". Sotto la veste bianca spuntano i pantaloni dell'uomo civile, indossa scarpe di cuoio al posto delle rosse Prada, croce pettorale di ferro. Il 19 marzo, primo giorno di pontificato, fa pubblicare al suo portavoce: "inizio del ministero petrino del vescovo di Roma". Abolita l'espressione” intronizzazione”, incoronazione. Parlando con i giornalisti e al sermone nella Chiesa di S. Anna resta in piedi e non seduto in alto sul trono. In piazza tra la gente che saluta, bacia ed abbraccia, benedice pure un cane Labrador, la guida di un non vedente. Questi alcuni dei gesti e segni che hanno colpito il popolo. E nella mentalità di questo spesso segni e gesti sono più importanti delle prediche, delle dottrine, delle parole.
Bergoglio primo papa dall’America del Sud. Inversione di tendenza.
Anzitutto un po' di geocentrismo non disturba, anzi è necessario. II 50% dei cattolici oggi risiede nelle Americhe di cui il 29% nel Sud. La nostra religione ha bisogno di una rappresentanza più decentralizzata. In questo contesto non aveva senso un Papa italiano. Ha un po' disturbato tutto quel tam tam pubblicitario condotto dal salotto di Bruno Vespa, dai canali della TV italiana devota, dalla falange di Comunione e Liberazione in favore del Cardinale Scola di Milano. Al dire dei giornalisti addetti al Conclave (anche se erano esclusi, ma i segreti filtrano sempre), Scola entrò con un pacchetto di 40 voti su 115 cardinali. Ne occorrevano 77, ma a tale quorum italiani ed europei non ci arrivarono, perché gli extraeuropei hanno spostato l'attenzione verso l'altro mondo. E così Bergoglio fu eletto alla quinta votazione con circa un centinaio di sostenitori. Però, come si vede, la politica italiana con i suoi media si era cacciata dentro ancora una volta rompere le uova nel paniere. Con un Papa italiano saremmo rimasti al palo: politica e privilegi!
Un papa più della discontinuità che della continuità.
Solito discorso: di destra, di sinistra, conservatore, riformatore? Speriamo sia un Papa realista, come lo dovrebbe essere ogni prete ed ogni credente. Realista significa attento all'evoluzione della storia, aperto allo spirito del tempo e non abbarbicato alla lettera del passato. Quindi a tempi nuovi risposte nuove, pure premettendo fedeltà alle costanti religiose ed etiche. Alla Tradizione, e non semplicemente alle tradizioni. Si sa che come educazione egli è (stato) rigorista su alcuni aspetti della morale tradizionale: Possibilista alle unioni civili delle coppie gay e ai diritti degli omosessuali, ma contrario ai matrimoni gay, alla contraccezione, al ruolo della donna nella politica. Ma questo non dovrebbe disturbare più di tanto. Cioè avendo manifestato una forma mentis (riferita ai suoi primi interventi papali) aperto alla conciliarità, alla sinodalità della chiesa, è probabile che egli sulla linea del Cardinal Martini lasci, anzi induca a parlare, a studiare i problemi di oggi in vista anche di soluzioni locali. Così dicasi del libero celibato preti, del sacerdozio delle donne, ecc. Finora tutto ciò era sotto catenaccio, impensabile tabù, intoccabile. La vera rivoluzione che ci auspichiamo sia questa: che Papa Francesco, primo fra uguali, lasci parlare la voce di Dio dall'interno di tutti gli uomini e di ogni coscienza.
I punti essenziali del suo messaggio.
Nel quadro dello spirito francescano che intende vivere e proporre le linee portanti sono: "Dio è misericordia, non stanchiamoci di perdonare e di chiedere perdono". "Il potere è servizio e anche il Papa per esercitare il potere deve guardare al servizio umile". "Ai capi di Stato il 19.3.2013: ”Vorrei chiedere per favore a tutti i responsabili di buona volontà che siamo custodi del disegno di Dio iscritto nella natura. Custodi dell'ambiente, degli altri, della famiglia, degli ultimi, dei diversi". Ai giornalisti qualche giorno prima, il 16.3: "Siccome, alcuni di voi non sono credenti, in un momento di silenzio ognuno può chiedere a Dio la benedizione per se stesso". Ciò significa per noi la fine dell'intolleranza religiosa verso gli atei e le altre fedi. Cessa il proselitismo, si inaugura a tutto campo testimonianza, tolleranza, rispetto. Nella messa iniziale bando all'anello d'oro (solo d'argento dorato), la comunione in piazza distribuita dai diaconi e non dal prete pontefice, nessun corteo. A dire che la messa dovrebbe essere meno rituale e ripetitiva più comunicativa, conviviale, creativa. Personalmente mi associo all’opinione espressa da molti teologi e pensatori cattolici, anche se un po' critici come Hans Küng: "la migliore scelta oggi possibile. Il suo nome è simbolo di lotta contro la sopraffazione, il potere, l'ingiustizia. Ci farà scoprire l'umiltà e soprattutto la gioia di essere uomini". Forse è la volta buona.
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Albino Michelin
28.03.2013
RINUNCIA O DENUNCIA? LE DIMISSIONI DI PAPA RATZINGER
Eletto Papa il 19.4.2005 all'età di 78 anni, J. Ratzinger il 28.2.2013 ha dato le sue dimissioni dopo 8 anni quale rappresentante e guida del cattolicesimo, che fra 7 miliardi di persone annovera un miliardo e duecento milioni di adepti circa, cioè un 17% della popolazione mondiale. La quale, come sappiamo, si ripartisce in 42% di asiatici, (20% indiani e 12 % cinesi…), 25% africani, 8% sudamericani, 6% europei (italiani 0,5%), giapponesi 1%, dell’Oceanica 0,5%. Dimissioni che hanno colto tutti in contropiede perché inattese e come un fulmine a ciel sereno. Immediati i commenti da ogni dove, dai giornali, dalla TV, da internet, per cui preferisco in questo articolo alle diverse opinioni dare una risposta, che sembra la più motivata. Le reazioni dei media e della gente furono le più svariate, da un estremo all'altro. Citiamo senz'ordine: Rivoluzionario, storico, epocale, vittima degli intrighi in Vaticano, caduta del mito papale, della papolatria, dell'aureola sacrale, umanizzato il ruolo del Dio in terra, fine dell'infallibilità, la rivincita contro una chiesa in decomposizione, precedente che metterà in crisi i futuri papi, eroico, coraggioso, tramonto di una monarchia astorica, di una teocrazia medioevale, della papocrazia, degli assolutismi. Insomma giudizi quanto mai disparati. Ma quale sarebbe veramente il carattere dell'uomo Ratzinger? E' un tipo pensatore, riflessivo, teologo, studioso, piuttosto riservato, umile, mite schivo dal protagonismo e dagli onori. Lo si vedeva a disagio paludato in quell' abbigliamento, un pulcino nella stoppa. Immaginarsi poi se avesse dovuto portare in testa il triregno, quella specie di anfora con tre corone sovrapposte a significare padre dei re, rettore del mondo, vicario di Cristo “Rompicapo” dei suoi predecessori. E poi, non si dimentichi, è un carattere tedesco. Coerente e conseguente. Educato in un ambiente cattolico, animato anche da una cultura protestante luterana dove si apprende il rispetto verso il cittadino e l'onestà verso la propria professione. K. Guttenberg, ministro dell'istruzione al governo tedesco, qualche anno fa ha dato le dimissioni perché accertato che da giovane aveva copiato la tesi di laurea. Ve lo potete sognare voi un italiano, sia esso prelato o parlamentare, che dia le dimissioni per corrotto o indecoroso comportamento? Nel lungo testo latino delle dimissioni rimane impresso: "dopo la preghiera con Dio ed esaminate le difficoltà fisiche, psichiche, mentali con il prosieguo dell'età, in coscienza ho deciso di rinunciare al mandato". Il valore che questo Papa credente dà alla coscienza personale. Non dice che lo Spirito Santo gli è apparso in forma di colomba, che la beata Vergine gli fece un'apparizione e gli diede un messaggio. No! Niente di sacrale, di culturale, di divino, di mariano. Solo una riflessione che proviene dalla coscienza, l'ultima istanza di ogni scelta e comportamento umano. E qui viene in mente quanto scrisse in gioventù e divulgò nel concilio ecumenico: "Al di sopra del Papa resta la coscienza di ciascuno che deve essere obbedita prima di ogni altra cosa, anche contro le richieste dell'autorità ecclesiastica". Certo, egli parla di coscienza, non di capriccio, non di arbitrio. Obbedire alla coscienza è obbedire a qualcosa di più grandi di sé, in pratica alla ragione (Paolo ai Romani), a Dio. Proprio come suona la Costituzione "Dignitatis Humanae 3c" del Concilio ecumenico 1965.
In questo modo Ratzinger non ha ignorato lo Spirito santo?
Lo Spirito Santo esiste e tutti i cristiani ci credono, ma non tiriamolo in ballo ad ogni piè sospinto e a nostro uso e consumo. Il Salmo dice: "del tuo Spirito, Signore è pieno l'Universo" (e quindi non solo il Vaticano o la Gerarchia della Chiesa). E Paolo nella 2° lettera ai Corinti "Vi sono diversi doni, ma uno solo è lo Spirito di Dio, secondo i servizi, le attitudini, le scelte professionali". Tutti abbiamo lo Spirito Santo e non solo il Papa. La diversità non sta nel ruolo, ma nella capacità di testimonianza. Dopo le sue dimissioni viene lanciato da ogni dove l'appello a pregare lo Spirito Santo perché scelga bene il nuovo Papa. D'accordo, basta però che gli elettori di turno non si vadano a costruire le solite cordate di amicizie e spartizioni. Come in qualche conclave passato dove vennero messi a digiuno, a pane ed acqua, finché non avessero finito con le risse ed eletto un candidato. Ma Gesù non ha fondato la chiesa su Pietro? (Mt. 16,18). Ora se il Papa si dimette la chiesa resta in balia di nessuno. Il 27 febbraio 2013. Ratzinger disse: "la chiesa non è né mia, né nostra, ma è di Cristo". Il fondamento della Chiesa non è il papa ma Gesù. Pietro non rappresenta se stesso, ma ogni credente, e su ogni credente Gesù fonda la sua chiesa. Dal 1378 al 1415 durante lo scisma d'occidente non vi fu nessun Papa, validamente riconosciuto ed eletto, ma tre Papi in guerra fra di loro. Su chi si fondò la chiesa del tempo? Su Gesù e sugli uomini di buona volontà. Il Papa, fa capire Ratzinger con le sue dimissioni, non è né un Dio in terra, né il Vicario di Cristo, ma il primo impegnato testimone della fede nel Signore.
Come la mettiamo con l’infallibilità del papa?
Ratzinger non ha mai usato questo "dogma" nel suo ministero. Anche nel suo libro "Gesù di Nazareth" scrisse che non voleva fare un'opera magisteriale, ma ognuno era libero di contraddirlo. E storicamente non si dimentichi che il dogma in questione non risale a Gesù Cristo ma al 18 luglio 1870 ad opera di Pio IX. Considerando la pressione politica del tempo e l'ansia per la fine dello Stato Pontificio, molti teologi giudicano questo intervento come "legge ad personam". L'infallibilità è data alla chiesa non in riferimento ad una persona, ma alla comunità in quanto tale, allorché in coscienza ritiene fondata e motivata una dottrina ed una decisione. Le dimissioni di Ratzinger a proposito dicono che il dogma dell'infallibilità cade da solo, basta non usarlo.
Il marcio della chiesa.
La pesante e quasi irriverente espressione è proprio sua, non di qualche infedele alla moda. Questo marcio egli non lo sopportava proprio più. Si ricordi la predica del Venerdì Santo 2005: "Quanta sporcizia nella chiesa". Parole sue e non dei soliti vaticanisti M. Politi, GLI. Nuzzi, M. Guarino, F. Pinotti, Gc. Galli, definiti anticlericali dai cattolici integralisti di trincea. Ed ancora Ratzinger: ”nel campo del Signore c’è sempre zizzania.” (11.10.12). Ed ancora: "Dio non è strumento di potere" (17.12.12). Ed infine dopo le dimissioni: "Troppa rivalità nel clero" (13.2.13). Non ci sono solo gli scandali della banca vaticana, ma le circolari del segretario del Governatorato Mons. Viganò a denunciare intrighi, malaffare, cupidigie mondane. Il recente furto dei documenti vaticani papali ad opera del cameriere privato Paolino sono quisquiglie. Indubbiamente il fenomeno della pedofilia nella chiesa è stato devastante con polemiche fra l'onorabilità della stessa da tutelare e il diritto dei bambini da rispettare. Di fronte a tale "baraonda" a Ratzinger non restava che ribadire: "denuncio pubblicamente al mondo questi comportamenti e rinuncio a proseguire".
C’è chi lo ritiene un atto di viltà.
Perché ad esempio Papa Wojtyla è rimasto in carica nonostante tutto fino alla morte. Non è sceso dalla croce. Non tiriamo in ballo la morte di Wojtyla: ha reclamizzato, spettacolizzato, enfatizzato, sacralizzato la sua malattia. Gesù in croce vi è salito da solo e non ha imposto a nessuno di salirvi. Sì, ha detto: "chi vuol venire dietro di me prende la sua croce … ", ma intendeva: "si prenda le sue responsabilità". E la responsabilità di Wojtyla avrebbe dovuto essere quella di scendere dal trono e dimettersi per dare alla chiesa una guida più presente. Non è secondo il vangelo fare la mistica del dolore. Diventa narcisismo e masochismo. Inoltre la Legge della Chiesa, Diritto canonico al nr. 401, stabilisce che i Vescovi dopo i 75 anni devono dimettersi. Non rimanere sul baldacchino fino alla morte. Se questo vale per un vescovo che ha una piccola porzione di territorio, tanto più dovrebbe valere per un Papa incaricato urbi et orbi. A questo punto ovvia una domanda: per il futuro sarebbe opportuno un Papa italiano? Forse no. Primo: per motivi di rappresentanza. La maggior parte dei cattolici si trova in Brasile e fuori d'Europa. Il cattolicesimo italiano è al 5-7%. Dobbiamo passare da un cattolicesimo romano ad un cattolicesimo universale. Che dobbiamo imporre a tutti le fettuccine alla romana? Secondo: per un motivo psicologico. Il carattere italiano è troppo machiavellico, furbesco, politichese, manageriale, affarista, clientelare. Un Papa italiano significherebbe un viavai dal Vaticano al Quirinale e Palazzo Chigi, e dal parlamento un corteo di cortigiani, servili politicanti verso il Vaticano. Speriamo di sbagliarci. Comunque la chiesa ha bisogno di aria pulita, colori diversi, cieli e terre nuove. Secondo lo Spirito di Dio.
Quali le riforme prioritarie per il nuovo papa?
Tutte, secondo l'agenda del Cardinal Martini. Siamo indietro di 200 anni e anche Ratzinger non è riuscito a farne una, eccetto quella ”eclatante” del ritorno alla Messa in latino, e spazio ai gruppi conservazione tipo Opus Dei. Sarà difficile fare delle riforme, in quanto i cardinali elettori sono stati tutti fatti ad immagine e somiglianza di Wojtyla-Ratzinger, cioè conservatori. Ma sorprese, come quella di Giovanni XXIII del 1958 potrebbero essere anche possibili. Comunque la prima riforma da farsi sarebbe quella di una nuova legge elettorale per scegliere il Papa. Attualmente gli elettori sono 117, tutti e solo cardinali, tutti e solo maschi, tutti e solo vecchi. Una oligarchia mascolinogeriatrica. Dov'è la rappresentanza della chiesa, dei giovani, delle donne? Desiderabile quindi una struttura con delle rappresentanze sinodali, scelte nelle varie nazioni del mondo. Seconda riforma, l'abbigliamento. Dimmi come ti vesti e ti dirò chi sei. Decoro e dignità, ma lasciamo mondanità, coreografia, abiti imperiali, camauri, mozzette, triregni, mitrie, tabarri, costumi da carnevale di Venezia. Come ci giudicano i poveri del terzo mondo? E con l'abbigliamento i titoli: Santità, Eminenza, Eccellenza, Monsignore. Non potremmo imparare dal Dalai Lama, rappresentante dei monaci tibetani, così semplice, cosi umano? Terza riforma: quella della curia. In una ditta quando cambia il dirigente si rinnova tutto lo staff. Solo nella chiesa al rinnovo del Papato devono restare tutti i precedenti cardinali, dignitari, prelati, uguali, allo stesso posto, come i nostri parlamentari, attaccati alla poltrona con i denti mascellari? E poi tutta una seria di riforme che rispondono ad: ascoltare i nuovi problemi del mondo e la declericalizzazione della chiesa, e collegialità nell'esercizio dell'autorità. Li conosciamo tutti e non vale la pena ripeterli: coppie di fatto, divorzio, secondo matrimonio, omosessualità, celibato dei preti, sacerdozio delle donne, testamento biologico, ambiente, povertà: un infinito.
Troppe pretese e critiche contro la Chiesa?
Si dimentica che le porte dell'inferno non prevarranno contro di essa! Sembra un discorso forte, ma è fra i più deboli. Certo la Chiesa lungo i secoli ha fatto molto bene all'umanità. Però non dimentichi che molto la sua diffusione è dovuta alle guerre di religione, ai roghi, alle crociate, alle scomuniche, alle conversioni forzate. Nonché peso del potere, della politica, del denaro. Il Cristianesimo che affida alla vittoria storica la conferma pubblica di una verità è in realtà debole perché messo a rischio di venire confutato. Mentre l'ebraismo che non ha gerarchie, non ha sacerdozio, dura da tre mila anni. Mille più del cattolicesimo. L'induismo, buddismo, religioni asiatiche, 2.500 anni, permangono senza guerre di religioni, senza papato, senza Jor e banche vaticane di sorta. L'Islamismo dura da 1400 anni non ha sacerdoti, ma solo dotti del Corano. Le porte dell'inferno non prevalgono non solo contro la Chiesa cattolica, ma neanche contro le altre religioni dove il tutto si tiene con una fede verso il (proprio) Dio Signore del mondo. Continuità e permanenza della chiesa possono costituire un argomento debole, un'arma a doppio taglio. Comunque alla fine le dimissioni di Ratzinger a molti personalmente hanno dato un argomento in più per appartenere a questa Chiesa. Personalmente sono sempre stato un tipo alquanto critico, come si suol dire del "dissenso" sul modo di gestire la chiesa da parte del Vaticano. Un dissenso costruttivo che spero mi accompagnerà anche nel futuro. Onestamente questo di Ratzinger è un atto di fede nel Vangelo e negli uomini. Lo apprezzo, lo ammiro, lo ringrazio: si, perché è molto meglio a ‘sto mondo oggi una medaglia d'oro che cento patacche di latta.
Autore:
Albino Michelin
08.03.2013
In questo modo Ratzinger non ha ignorato lo Spirito santo?
Lo Spirito Santo esiste e tutti i cristiani ci credono, ma non tiriamolo in ballo ad ogni piè sospinto e a nostro uso e consumo. Il Salmo dice: "del tuo Spirito, Signore è pieno l'Universo" (e quindi non solo il Vaticano o la Gerarchia della Chiesa). E Paolo nella 2° lettera ai Corinti "Vi sono diversi doni, ma uno solo è lo Spirito di Dio, secondo i servizi, le attitudini, le scelte professionali". Tutti abbiamo lo Spirito Santo e non solo il Papa. La diversità non sta nel ruolo, ma nella capacità di testimonianza. Dopo le sue dimissioni viene lanciato da ogni dove l'appello a pregare lo Spirito Santo perché scelga bene il nuovo Papa. D'accordo, basta però che gli elettori di turno non si vadano a costruire le solite cordate di amicizie e spartizioni. Come in qualche conclave passato dove vennero messi a digiuno, a pane ed acqua, finché non avessero finito con le risse ed eletto un candidato. Ma Gesù non ha fondato la chiesa su Pietro? (Mt. 16,18). Ora se il Papa si dimette la chiesa resta in balia di nessuno. Il 27 febbraio 2013. Ratzinger disse: "la chiesa non è né mia, né nostra, ma è di Cristo". Il fondamento della Chiesa non è il papa ma Gesù. Pietro non rappresenta se stesso, ma ogni credente, e su ogni credente Gesù fonda la sua chiesa. Dal 1378 al 1415 durante lo scisma d'occidente non vi fu nessun Papa, validamente riconosciuto ed eletto, ma tre Papi in guerra fra di loro. Su chi si fondò la chiesa del tempo? Su Gesù e sugli uomini di buona volontà. Il Papa, fa capire Ratzinger con le sue dimissioni, non è né un Dio in terra, né il Vicario di Cristo, ma il primo impegnato testimone della fede nel Signore.
Come la mettiamo con l’infallibilità del papa?
Ratzinger non ha mai usato questo "dogma" nel suo ministero. Anche nel suo libro "Gesù di Nazareth" scrisse che non voleva fare un'opera magisteriale, ma ognuno era libero di contraddirlo. E storicamente non si dimentichi che il dogma in questione non risale a Gesù Cristo ma al 18 luglio 1870 ad opera di Pio IX. Considerando la pressione politica del tempo e l'ansia per la fine dello Stato Pontificio, molti teologi giudicano questo intervento come "legge ad personam". L'infallibilità è data alla chiesa non in riferimento ad una persona, ma alla comunità in quanto tale, allorché in coscienza ritiene fondata e motivata una dottrina ed una decisione. Le dimissioni di Ratzinger a proposito dicono che il dogma dell'infallibilità cade da solo, basta non usarlo.
Il marcio della chiesa.
La pesante e quasi irriverente espressione è proprio sua, non di qualche infedele alla moda. Questo marcio egli non lo sopportava proprio più. Si ricordi la predica del Venerdì Santo 2005: "Quanta sporcizia nella chiesa". Parole sue e non dei soliti vaticanisti M. Politi, GLI. Nuzzi, M. Guarino, F. Pinotti, Gc. Galli, definiti anticlericali dai cattolici integralisti di trincea. Ed ancora Ratzinger: ”nel campo del Signore c’è sempre zizzania.” (11.10.12). Ed ancora: "Dio non è strumento di potere" (17.12.12). Ed infine dopo le dimissioni: "Troppa rivalità nel clero" (13.2.13). Non ci sono solo gli scandali della banca vaticana, ma le circolari del segretario del Governatorato Mons. Viganò a denunciare intrighi, malaffare, cupidigie mondane. Il recente furto dei documenti vaticani papali ad opera del cameriere privato Paolino sono quisquiglie. Indubbiamente il fenomeno della pedofilia nella chiesa è stato devastante con polemiche fra l'onorabilità della stessa da tutelare e il diritto dei bambini da rispettare. Di fronte a tale "baraonda" a Ratzinger non restava che ribadire: "denuncio pubblicamente al mondo questi comportamenti e rinuncio a proseguire".
C’è chi lo ritiene un atto di viltà.
Perché ad esempio Papa Wojtyla è rimasto in carica nonostante tutto fino alla morte. Non è sceso dalla croce. Non tiriamo in ballo la morte di Wojtyla: ha reclamizzato, spettacolizzato, enfatizzato, sacralizzato la sua malattia. Gesù in croce vi è salito da solo e non ha imposto a nessuno di salirvi. Sì, ha detto: "chi vuol venire dietro di me prende la sua croce … ", ma intendeva: "si prenda le sue responsabilità". E la responsabilità di Wojtyla avrebbe dovuto essere quella di scendere dal trono e dimettersi per dare alla chiesa una guida più presente. Non è secondo il vangelo fare la mistica del dolore. Diventa narcisismo e masochismo. Inoltre la Legge della Chiesa, Diritto canonico al nr. 401, stabilisce che i Vescovi dopo i 75 anni devono dimettersi. Non rimanere sul baldacchino fino alla morte. Se questo vale per un vescovo che ha una piccola porzione di territorio, tanto più dovrebbe valere per un Papa incaricato urbi et orbi. A questo punto ovvia una domanda: per il futuro sarebbe opportuno un Papa italiano? Forse no. Primo: per motivi di rappresentanza. La maggior parte dei cattolici si trova in Brasile e fuori d'Europa. Il cattolicesimo italiano è al 5-7%. Dobbiamo passare da un cattolicesimo romano ad un cattolicesimo universale. Che dobbiamo imporre a tutti le fettuccine alla romana? Secondo: per un motivo psicologico. Il carattere italiano è troppo machiavellico, furbesco, politichese, manageriale, affarista, clientelare. Un Papa italiano significherebbe un viavai dal Vaticano al Quirinale e Palazzo Chigi, e dal parlamento un corteo di cortigiani, servili politicanti verso il Vaticano. Speriamo di sbagliarci. Comunque la chiesa ha bisogno di aria pulita, colori diversi, cieli e terre nuove. Secondo lo Spirito di Dio.
Quali le riforme prioritarie per il nuovo papa?
Tutte, secondo l'agenda del Cardinal Martini. Siamo indietro di 200 anni e anche Ratzinger non è riuscito a farne una, eccetto quella ”eclatante” del ritorno alla Messa in latino, e spazio ai gruppi conservazione tipo Opus Dei. Sarà difficile fare delle riforme, in quanto i cardinali elettori sono stati tutti fatti ad immagine e somiglianza di Wojtyla-Ratzinger, cioè conservatori. Ma sorprese, come quella di Giovanni XXIII del 1958 potrebbero essere anche possibili. Comunque la prima riforma da farsi sarebbe quella di una nuova legge elettorale per scegliere il Papa. Attualmente gli elettori sono 117, tutti e solo cardinali, tutti e solo maschi, tutti e solo vecchi. Una oligarchia mascolinogeriatrica. Dov'è la rappresentanza della chiesa, dei giovani, delle donne? Desiderabile quindi una struttura con delle rappresentanze sinodali, scelte nelle varie nazioni del mondo. Seconda riforma, l'abbigliamento. Dimmi come ti vesti e ti dirò chi sei. Decoro e dignità, ma lasciamo mondanità, coreografia, abiti imperiali, camauri, mozzette, triregni, mitrie, tabarri, costumi da carnevale di Venezia. Come ci giudicano i poveri del terzo mondo? E con l'abbigliamento i titoli: Santità, Eminenza, Eccellenza, Monsignore. Non potremmo imparare dal Dalai Lama, rappresentante dei monaci tibetani, così semplice, cosi umano? Terza riforma: quella della curia. In una ditta quando cambia il dirigente si rinnova tutto lo staff. Solo nella chiesa al rinnovo del Papato devono restare tutti i precedenti cardinali, dignitari, prelati, uguali, allo stesso posto, come i nostri parlamentari, attaccati alla poltrona con i denti mascellari? E poi tutta una seria di riforme che rispondono ad: ascoltare i nuovi problemi del mondo e la declericalizzazione della chiesa, e collegialità nell'esercizio dell'autorità. Li conosciamo tutti e non vale la pena ripeterli: coppie di fatto, divorzio, secondo matrimonio, omosessualità, celibato dei preti, sacerdozio delle donne, testamento biologico, ambiente, povertà: un infinito.
Troppe pretese e critiche contro la Chiesa?
Si dimentica che le porte dell'inferno non prevarranno contro di essa! Sembra un discorso forte, ma è fra i più deboli. Certo la Chiesa lungo i secoli ha fatto molto bene all'umanità. Però non dimentichi che molto la sua diffusione è dovuta alle guerre di religione, ai roghi, alle crociate, alle scomuniche, alle conversioni forzate. Nonché peso del potere, della politica, del denaro. Il Cristianesimo che affida alla vittoria storica la conferma pubblica di una verità è in realtà debole perché messo a rischio di venire confutato. Mentre l'ebraismo che non ha gerarchie, non ha sacerdozio, dura da tre mila anni. Mille più del cattolicesimo. L'induismo, buddismo, religioni asiatiche, 2.500 anni, permangono senza guerre di religioni, senza papato, senza Jor e banche vaticane di sorta. L'Islamismo dura da 1400 anni non ha sacerdoti, ma solo dotti del Corano. Le porte dell'inferno non prevalgono non solo contro la Chiesa cattolica, ma neanche contro le altre religioni dove il tutto si tiene con una fede verso il (proprio) Dio Signore del mondo. Continuità e permanenza della chiesa possono costituire un argomento debole, un'arma a doppio taglio. Comunque alla fine le dimissioni di Ratzinger a molti personalmente hanno dato un argomento in più per appartenere a questa Chiesa. Personalmente sono sempre stato un tipo alquanto critico, come si suol dire del "dissenso" sul modo di gestire la chiesa da parte del Vaticano. Un dissenso costruttivo che spero mi accompagnerà anche nel futuro. Onestamente questo di Ratzinger è un atto di fede nel Vangelo e negli uomini. Lo apprezzo, lo ammiro, lo ringrazio: si, perché è molto meglio a ‘sto mondo oggi una medaglia d'oro che cento patacche di latta.
Autore:
Albino Michelin
08.03.2013
COSTANTINO IMPERATORE: LIBERTÀ RELIGIOSA SOLO PER I CRISTIANI (313-2013)
Questa celebrazione del diciassettesimo secolo può collegarsi al discorso del neoeletto Cardinale di Milano, Angelo Scola, pronunciato il 7 dicembre 2012 in occasione della Festa del Patrono S. Ambrogio (Vescovo 374-397 d.C.), il santo che ha fatto inginocchiare l'imperatore romano Teodosio, dopo una sanguinosa rappresaglia contro i Tessalonicesi. Il prelato non si riferì esplicitamente a questo fatto, ma vi si scorge un nesso abbastanza chiaro. Secondo il Cardinale, e in pratica secondo la gerarchia italiana, lo Stato dovrebbe rivedere il senso della laicità, della aconfessionalità, della neutralità. Deve passare da una visione pluralista ad una dimensione apertamente religiosa: alla nascita (contro l'aborto e la procreazione assistita), al matrimonio (contro le unioni di fatto e le registrazioni di coppie gay), al fine vita (contro l'eutanasia e il testamento biologico), all'educazione religiosa (sostegno finanziario alle scuole private cattoliche e insegnamento del catechismo). In pratica la chiesa avrebbe il potere di condizionare la società: neutralità e laicità sono un modello mal disposto. Un passo indietro nei confronti dei predecessori Card. Martini e Tattamanzi. Le reazioni a questo messaggio non si sono fatte attendere, per cui non sembri fuori luogo ricollegarsi al giubileo di Costantino che diede ai cristiani libertà religiosa dopo 3 secoli di persecuzione. Due aspetti ci interessano: 1) Come la chiesa lungo i secoli ha promosso la libertà religiosa e i diritti dell'uomo. 2) Qual è stato il contributo della società laica alla libertà religiosa della chiesa.
Origine delle persecuzioni contro i non cristiani.
Ottant'anni dopo l'editto di Costantino abbiamo una smentita alla rovescia da parte dell'Imperatore Teodosio con un altro editto (392): "Chi rifiuta di essere cristiano o è un demente o è un sovversivo. Perciò oltre che con la giustizia di Dio deve fare i conti anche con la nostra". E di qui la chiesa in passato perseguitata diventerà in parte persecutrice. Si pensi alle solite cose note: alle crociate, ai roghi contro gli eretici, contro le religioni pagane che hanno visto la distruzione di antiche civiltà come dei Maya, Incas, Aztechi, e le conversioni coatte in Sudamerica e in Africa (o battesimo o morte). Perfino a Roma verso il 1860, tempi di Pio IX Papa Re, con i bambini ebrei sottratti alle loro famiglie di origine per farli cattolici. Per non citare documenti pontifici, come quello di Gregorio VI che nel 1832 definì la libertà religiosa un delirio, seguito da altri come quello di Pio IX (1870) e Leone XIII (1888): scomunica per chi si recava a votare dopo l'Unità d'Italia. Per quanto invece concerne il contributo della società civile alla libertà religiosa e ai diritti dell'uomo, onestamente in parte essa va ringraziata. Premessa una distinzione fra laicità (libera chiesa in libero stato) e laicismo (anticlericalismo fondamentalista e viscerale). Si pensi all'illuminismo, movimento filosofico europeo del 1700: spazio al lume dell'intelligenza, libertà d’uso della ragione, della critica, dell'autonomia di pensiero, della dignità della persona. Questo in contrapposizione al detto tradizionale ecclesiastico: "proibito capire, obbligato ubbidire". La rivoluzione francese, nonostante i suoi eccessi, a fine 700 inculcò "fraternità, libertà, uguaglianza". La Convenzione di Ginevra (1926) abolì la schiavitù. Nel 1948 la Carta dell’ONU sancì il diritto di libero pensiero, di religione e di cambiare religione. Da notare che come osservatore vi partecipò pure lo Stato Vaticano che non sottoscrisse però la parità dei diritti uomo-donna. Questo per evitare che la donna facesse ricorso all'aborto o si mettesse in testa di diventare prete come i maschi.
Da “finocchi” ad omosessuali.
E qui si potrebbe inserire un argomento assai dibattuto, nonché dai cattolici ridicolizzato con ironia e sarcasmo: la situazione e lo status degli omosessuali. Una legge del 390, settantasette anni dopo la libertà religiosa, concessa ai cristiani da Costantino, prevedeva la morte al rogo per chi praticava l'omosessualità. Dall'uso di bruciare piante aromatiche nei luoghi per coprire il puzzo della carne deriva il termine dispregiativo "finocchio". L'imperatore d'Oriente Giustiniano (550 d.C.) faceva evirare pubblicamente gli omosessuali col tacito consenso e talvolta aperto sostegno della chiesa. Il penitenziale di Papa Gregorio III (secolo VIII) imponeva l'ostracismo di 160 giorni contro il lesbismo. In Francia il codice prevedeva la castrazione al primo reato, il taglio di un membro al secondo, il rogo la terza volta. La stessa pena era prevista per le donne, ma non si è capito bene cosa succedesse le prime due volte. Da qualche anno gli omosessuali di tutto il mondo scendono in piazza a rivendicare la loro dignità. Che lo facciano in atteggiamenti e fogge carnevalesche e provocatorie può irritare le persone bon ton. Però non si coglie in profondità il grido di liberazione dopo secoli di umiliazione ed una vita da talpe.
Che la società civile in questi anni attraverso leggi di vari parlamenti abbia concesso visibilità, riconoscimento in quanto coppie fondate sull'amore, è stato per loro un ricupero di dignità dovuta. E questo grazie alla società civile, che potrà essere relativista, atea, amorale, ma per lo meno ha dimostrato in questo campo rispetto dell‘"altro". Con ciò non vogliamo tout court affermare che ogni rispetto significhi legittimazione di comportamento. La chiesa ci sta arrivando lentamente. Il primo ottobre 1986 J. Ratzinger, allora Prefetto Dottrina della Fede, scrisse: "va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e azioni violente". Un po' episodico l'intervento, perché si sa che poi si è ritornati ad una campagna denigratoria nei loro confronti, mettendo tutti nello stesso sacco, senza distinguere l'omosessualità innata e quella indotta. Il Cardinal Martini avrebbe fatto un discorso più comprensivo: "non è male in luogo di rapporti omosessuali occasionali che due persone abbiano una certa stabilità e quindi in questo senso lo Stato potrebbe anche favorirli ... ". E il Cardinale di Vienna Schönborn: "in tema di omosessualità si deve anche considerare la qualità di una relazione". Al momento queste sono ancora voci fuori dal coro. Un effetto sicuramente shock è stata l'approvazione delle nozze gay da parte del parlamento inglese agli inizi di febbraio del 2013. Al che Mons. V. Paglia, presidente del Pontificio Consiglio sulla Famiglia, pur ribadendo che questa è una realtà fondata sul matrimonio fra due persone di sesso diverso, ebbe a dire: "Coppie gay, pari dignità di tutti i figli di Dio" e si è augurato che si combatta anche nella chiesa la discriminazione di quella ventina di paesi nei quali l'omosessualità è considerata reato. Insomma una storia a tentoni, un passo avanti e due indietro e rieccoci.
Solo dopo 1.575 anni dal decreto di Teodosio si poté arrivare alla Costituzione "Dignitatis humanae" del 1965: dignità dell'uomo, rispetto delle diversità, della laicità (Concilio Ecumenico). E la chiesa ha dovuto più di una volta rimorchiarsi alle conquiste della scienza e della società civile, salire sull'ultimo vagone per non restare a piedi, cioè tagliata fuori dalla storia. Perciò sull'eterna questione "Chiesa-Stato in Italia" suggerimenti non sarebbero mai inutili. La chiesa dovrebbe evitare di fare l'acchiappatutto, leggi, privilegi, a suo favore. Svincolarsi pure dalle manovre politiche (dal 1994 sostegno aperto per Berlusconi, dal 2012 per Monti). E lo Stato con i suoi politici di turno evitare di fare il portaborse della chiesa. La politica è l'arte del possibile, senza servilismo verso nessuno, ma a vantaggio di tutti: del pluralismo etnico, culturale, dell'onestà, dell'anticorruzione. E questa è già religione, anzi ne è il fondamento.
Autore:
Albino Michelin
15.02.2013
Origine delle persecuzioni contro i non cristiani.
Ottant'anni dopo l'editto di Costantino abbiamo una smentita alla rovescia da parte dell'Imperatore Teodosio con un altro editto (392): "Chi rifiuta di essere cristiano o è un demente o è un sovversivo. Perciò oltre che con la giustizia di Dio deve fare i conti anche con la nostra". E di qui la chiesa in passato perseguitata diventerà in parte persecutrice. Si pensi alle solite cose note: alle crociate, ai roghi contro gli eretici, contro le religioni pagane che hanno visto la distruzione di antiche civiltà come dei Maya, Incas, Aztechi, e le conversioni coatte in Sudamerica e in Africa (o battesimo o morte). Perfino a Roma verso il 1860, tempi di Pio IX Papa Re, con i bambini ebrei sottratti alle loro famiglie di origine per farli cattolici. Per non citare documenti pontifici, come quello di Gregorio VI che nel 1832 definì la libertà religiosa un delirio, seguito da altri come quello di Pio IX (1870) e Leone XIII (1888): scomunica per chi si recava a votare dopo l'Unità d'Italia. Per quanto invece concerne il contributo della società civile alla libertà religiosa e ai diritti dell'uomo, onestamente in parte essa va ringraziata. Premessa una distinzione fra laicità (libera chiesa in libero stato) e laicismo (anticlericalismo fondamentalista e viscerale). Si pensi all'illuminismo, movimento filosofico europeo del 1700: spazio al lume dell'intelligenza, libertà d’uso della ragione, della critica, dell'autonomia di pensiero, della dignità della persona. Questo in contrapposizione al detto tradizionale ecclesiastico: "proibito capire, obbligato ubbidire". La rivoluzione francese, nonostante i suoi eccessi, a fine 700 inculcò "fraternità, libertà, uguaglianza". La Convenzione di Ginevra (1926) abolì la schiavitù. Nel 1948 la Carta dell’ONU sancì il diritto di libero pensiero, di religione e di cambiare religione. Da notare che come osservatore vi partecipò pure lo Stato Vaticano che non sottoscrisse però la parità dei diritti uomo-donna. Questo per evitare che la donna facesse ricorso all'aborto o si mettesse in testa di diventare prete come i maschi.
Da “finocchi” ad omosessuali.
E qui si potrebbe inserire un argomento assai dibattuto, nonché dai cattolici ridicolizzato con ironia e sarcasmo: la situazione e lo status degli omosessuali. Una legge del 390, settantasette anni dopo la libertà religiosa, concessa ai cristiani da Costantino, prevedeva la morte al rogo per chi praticava l'omosessualità. Dall'uso di bruciare piante aromatiche nei luoghi per coprire il puzzo della carne deriva il termine dispregiativo "finocchio". L'imperatore d'Oriente Giustiniano (550 d.C.) faceva evirare pubblicamente gli omosessuali col tacito consenso e talvolta aperto sostegno della chiesa. Il penitenziale di Papa Gregorio III (secolo VIII) imponeva l'ostracismo di 160 giorni contro il lesbismo. In Francia il codice prevedeva la castrazione al primo reato, il taglio di un membro al secondo, il rogo la terza volta. La stessa pena era prevista per le donne, ma non si è capito bene cosa succedesse le prime due volte. Da qualche anno gli omosessuali di tutto il mondo scendono in piazza a rivendicare la loro dignità. Che lo facciano in atteggiamenti e fogge carnevalesche e provocatorie può irritare le persone bon ton. Però non si coglie in profondità il grido di liberazione dopo secoli di umiliazione ed una vita da talpe.
Che la società civile in questi anni attraverso leggi di vari parlamenti abbia concesso visibilità, riconoscimento in quanto coppie fondate sull'amore, è stato per loro un ricupero di dignità dovuta. E questo grazie alla società civile, che potrà essere relativista, atea, amorale, ma per lo meno ha dimostrato in questo campo rispetto dell‘"altro". Con ciò non vogliamo tout court affermare che ogni rispetto significhi legittimazione di comportamento. La chiesa ci sta arrivando lentamente. Il primo ottobre 1986 J. Ratzinger, allora Prefetto Dottrina della Fede, scrisse: "va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e azioni violente". Un po' episodico l'intervento, perché si sa che poi si è ritornati ad una campagna denigratoria nei loro confronti, mettendo tutti nello stesso sacco, senza distinguere l'omosessualità innata e quella indotta. Il Cardinal Martini avrebbe fatto un discorso più comprensivo: "non è male in luogo di rapporti omosessuali occasionali che due persone abbiano una certa stabilità e quindi in questo senso lo Stato potrebbe anche favorirli ... ". E il Cardinale di Vienna Schönborn: "in tema di omosessualità si deve anche considerare la qualità di una relazione". Al momento queste sono ancora voci fuori dal coro. Un effetto sicuramente shock è stata l'approvazione delle nozze gay da parte del parlamento inglese agli inizi di febbraio del 2013. Al che Mons. V. Paglia, presidente del Pontificio Consiglio sulla Famiglia, pur ribadendo che questa è una realtà fondata sul matrimonio fra due persone di sesso diverso, ebbe a dire: "Coppie gay, pari dignità di tutti i figli di Dio" e si è augurato che si combatta anche nella chiesa la discriminazione di quella ventina di paesi nei quali l'omosessualità è considerata reato. Insomma una storia a tentoni, un passo avanti e due indietro e rieccoci.
Solo dopo 1.575 anni dal decreto di Teodosio si poté arrivare alla Costituzione "Dignitatis humanae" del 1965: dignità dell'uomo, rispetto delle diversità, della laicità (Concilio Ecumenico). E la chiesa ha dovuto più di una volta rimorchiarsi alle conquiste della scienza e della società civile, salire sull'ultimo vagone per non restare a piedi, cioè tagliata fuori dalla storia. Perciò sull'eterna questione "Chiesa-Stato in Italia" suggerimenti non sarebbero mai inutili. La chiesa dovrebbe evitare di fare l'acchiappatutto, leggi, privilegi, a suo favore. Svincolarsi pure dalle manovre politiche (dal 1994 sostegno aperto per Berlusconi, dal 2012 per Monti). E lo Stato con i suoi politici di turno evitare di fare il portaborse della chiesa. La politica è l'arte del possibile, senza servilismo verso nessuno, ma a vantaggio di tutti: del pluralismo etnico, culturale, dell'onestà, dell'anticorruzione. E questa è già religione, anzi ne è il fondamento.
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Albino Michelin
15.02.2013
lunedì 14 marzo 2016
L'IPOCRISIA CATTOLICA DEI PARLAMENTARI COMUNIONE E LIBERAZIONE
Venerdì 19 ottobre 2012 alla TV il conduttore G.L. Paragone aprì la rubrica "Piazza Pulita" cantando alla chitarra "Dio è morto", parole di F. Guccini, musica dei Nomadi. Riassumo scegliendo: "Perché è venuto il momento di negare tutto ciò ch'è falsità, le fedi fatte di abitudine e paura, una politica che è solo far carriera ... con gli odi di partito Dio è morto". E subito la serata diede il via al caso Formigoni. Il presidente dalla Regione Lombardia ha sbancato tutto. Tutto marcio o giù di lì. Assessori (5 in galera), consiglieri (una sessantina sotto accusa), una metastasi di corruzione al di là di ogni immaginazione. Lui stesso, Formigoni il divino, sospettato di mani nel sacco, mani sporche sulla fondazione Maugeri e sulla Sanità. Soggiorni di lusso oltremare, uso di yacht ricevuti da P. D'Acco, faccendiere apriporte della Regione. Indette nuove elezioni, ma da quel mondo clientelare di corrotti difficile emergano persone oneste al servizio della cosa pubblica. Comunque si spera sempre bene. Perché e come mai tirare in ballo Formigoni e solo lui? In questo caso c'è un motivo. Roberto Formigoni si è sempre dichiarato cattolico doc, punta di diamante e leader di quel movimento chiamato "Comunione e Liberazione" (CL). Gli adepti conosciuti con il nome di Ciellini. Negli ultimi anni Comunione e Liberazione non conobbe ostacoli. Vero ronzino vincente, ramificazione capillare e sotterranea, una specie di setta potente, influente e soprattutto ricca. Un'ascesa di parlamentari ciellini al PdL. M. Mauri capogruppo a Strasburgo, M. Lupi vicepresidente alla Camera, Gotti Tedeschi Presidente Jor Banca vaticana, Fabi direttore Radio 24, G. Cesana presidente Ospedale Maggiore di Milano, Nicole Minetti assistente sociale di Berlusconi. Chi è amico dei ciellini un posto lo trova sempre. A meno che non sia disabile: allora posto non ce n'è, come avvenuto alla scuola "Piccolo Principe" di Lugano. CL non è la Caritas, non fa nulla per nulla. Al contrario di quanto sosteneva l'on. Andreotti, pure ciellino, il potere sporca e logora chi ce l'ha. Difatti molti di Comunione e Liberazione sono indagati, sospettati, malavitosi. Mica solo A. Saladino, presidente della CL calabrese, condannato per truffa con l’ndrangheta. I ciellini indagati spuntano ogni giorni come i funghi. Non per nulla Carron, il successore di don Giussani, il 1o maggio 2012, scrisse su "Repubblica" che CL da presenza cristiana sta diventando una egemonia cristiana. Quindi, aggiungiamo, un concilio ecumenico sarebbe opportuno, invitando tutti i 30 mila aderenti del movimento a studiare un'inversione di tendenza. Inoltre a riformare la loro stessa cultura politica anche se verso fino 900 a tenere lezioni, conferenze, corsi in materia fu lo stesso attuale Cardinale di Milano A. Scola, da sempre leadership del movimento. Con discepoli di alto profilo, Berlusconi incluso. Formigoni più volte si è difeso alla Tv dichiarando che anche Gesù ebbe il suo Giuda e che non bisogna condannare perciò tutto il movimento. Una differenza ed enorme però la c'è: che l'ambiente di Gesù era sano, quello politico invece, Regione Lombardia compresa è malsano. Ci scusino tutti i ciellini della base, gente comune e in buona fede: il discorso non è per loro. E' per la loro classe dirigente, se da Comunione e Liberazione è diventata Comunione e Fatturazione. E' per questa che mi permetto di aggiungere alle tante litanie cattoliche: "A Comunione et Liberazione libera nos Domine".
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Albino Michelin
01.02.2013
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Albino Michelin
01.02.2013
SUL SACERDOZIO DELLE DONNE DISCORSO SUPERFLUO
Superfluo non nel senso che sia inutile rompersi il cervello, tanto si tratta di una decisione fissata dall'eterno. No, non si tratta di un dogma o di una volontà di Dio, ma semplicemente di una decisione della Chiesa cattolica, cioè di una prassi del tempo. Come prassi del tempo era il fatto che i 12 apostoli fossero tutti ebrei, nonostante in Palestina allora ci fossero già le seconde e terze generazioni di romani, di greci, egiziani, ecc.immigrati. Accusare Gesù di non essere stato multietnico, multiculturale, multilinguistico? Semplice, se Gesù avesse aggregato apostoli extracomunitari si sarebbe trovato di fronte ad un muro. Peggio ancora se si fosse messo in testa di aggregare donne preti in un mondo arrogantemente maschilista. Un buco nell'acqua. Vale la pena invece affrontare la realtà da un altro punto di vista. L'argomento principale che oggi la Gerarchia cattolica adduce per negare il sacerdozio alle donne è il seguente: " ci vuole l'accordo e l'unità di tutta la chiesa cattolica". Diremmo che questo è impossibile, è una scusa, una fuga per la tangenziale. Mentre si constata dalla storia che la Gerarchia ha concesso privilegi, eccezioni, esenzioni nelle esigenze delle diverse mentalità, anche se divergenti dal Vangelo. Il primo esempio lo si veda dal Catechismo della Chiesa cattolica (Autori Wojtyla-Ratzinger 11.10.1992). Al n. 2309 sì parla ancora di "guerra giusta" (quando tutte le guerre sono ingiuste e da condannarsi). Al n. 2266 si accetta la pena di morte (quando ad ogni criminale si dovrebbe dare la possibilità di recupero). Al n. 2315 si parla di regolamentazione nella produzione delle armi (quando ogni arma dovrebbe invece essere bandita). Perché non si condanna tout court guerra, pena di morte e uso delle armi? Non appartengono anche questi ai principi non negoziabili come non negoziabile sarebbe il rispetto della vita dal concepimento alla morte naturale (punti ossessionanti dell'attuale chiesa?). Una risposta possiamo trovarla risalendo al Concilio Ecumenico 1962-65. In una sessione l'episcopato Usa, con a capo il primate Cardinal Spellmann, si è opposto ad una condanna esplicita della guerra, della pena di morte, della costruzione di armi, bomba atomica inclusa. Il noto cardinale definì i soldati americani "Buoni samaritani", specie quelli che andranno a combattere poco dopo in Vietnam. Allora piuttosto che perdere l'America cattolica si introducono queste chiose, queste nuances nello stesso catechismo. Un secondo esempio è quello del vescovo cattolico melchita Zogby, che nello stesso Concilio ottenne la concessione del secondo matrimonio dei divorziati, aggirando la prassi della Sacra Rota. Ed anche qui per non perdere quella chiesa e seguaci si arrivò una eccezione. Per citare l'ultimo esempio: libero matrimonio ai preti cattolici di rito siriaco, armeno, copto, etiope, ecc. Nonché nel Sud Italia nelle Parrocchie di Castroregio, Firmo (CS) e San Paolo degli Albanesi(PZ) perché discendenti di Ucraini e Albanesi che nel 1596 da ortodossi si erano fatti cattolici a condizione che i loro preti potessero sposarsi. Come si vede, eccezioni e privilegi a gogò, un po’ come i buchi del formaggio Emmental. Allora. Unità di tutta la chiesa nei principi essenziali, libertà nella applicazioni legate a situazioni locali. Dipende dunque dalla gerarchia romana soltanto concedere il sacerdozio alle donne. Iniziando eventualmente a forma sperimentale in quelle nazioni in cui l'emancipazione femminile è ormai un dato normale ed acquisito. Non tiriamo sempre in ballo la volontà di Gesù che in quanto alla donna prete non ha mai posto nessun veto. E a proposito congratulazioni alla confessione cristiana vetero-cattolica per averci presentato la prima donna italiana sacerdote, nella persona della siciliana Vittoria Longhitano. Con l’augurio che costituisca un primo passo in questa direzione anche per la chiesa cattolica.
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Albino Michelin
02.01.2013
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Albino Michelin
02.01.2013
sabato 8 agosto 2015
LE GUERRE SI FANNO... PER VENDERE ARMI.
L’affermazione risale a sabato 7 settembre 2013
in occasione della giornata del digiuno contro la guerra in Siria nello
specifico, ma in pratica contro ogni tipo di guerra. L’affermazione completa suona:”
Le guerre non si fanno per motivi di carattere
morale, ma per vendere armi. ” Il messaggio è bruciante, tant’è vero che
stampa e TV diedero un’informazione en passsant.
Le spese militari per la costruzione di armi
nel mondo nel 2013 ammontarono a 1,750 miliardi di dollari, di cui l’8% verso
il Medioriente. Si dirà che i grandi esportatori sono USA, Russia e Co., ma si
preferisce ignorare che verso la Siria al primo posto per il rifornimento di
armi è proprio l’Italia. Nonostante l’articolo 11 della Costituzione che dice: “L’Italia
ripudia la guerra come strumento di violenza e di risoluzione alle controversie
internazionali”. Strano abbinamento,
mentre si organizzano preghiere e digiuni nel contempo si sovvenzionano le
guerre. Si piange perché da noi mancano i soldi per arrivare a fine mese. Però i finanziamenti di oltre cento caccia
bombardieri F-35 a 90 milioni di euro ciascuno per l’ammontare di 17 miliardi
sono stati stanziati dal nostro parlamento senza battere ciglio. La penultima
volta il 23.12.2011 con la sollecitazione del nostro ministro della
Cooperazione internazionale A. Riccardi, fondatore della comunità cattolica di
S. Egidio. L’ultima volta nell’estate scorsa con la promozione del neo ministro
della difesa M. Mauro, esponente di punta di “Comunione e Liberazione”, movimento
cattolico di fedelissimi d’avanguardia, che secondo le dichiarazioni recenti
del 19.11.13, da parte del suo ufficio stampa” non persegue come scopo la
politica del successo e del potere, ma l’educazione cristiana per affrontare le
urgenze con responsabilità in vista del bene comune”. Parole splendide! Ma la
coerenza zoppica. In effetti i due ministri, in modo particolare il secondo, si
sono prodigati in una santa crociata contro l’aborto inducendo i medici, specie
della Lombardia all’obbiezione di coscienza: rifiutare il loro intervento, qualora
ne venissero richiesti. D’accordo che la vita è sacra fin dal concepimento però
non va dimenticato che in Italia negli ultimi 30 anni gli aborti sono diminuiti
del 40%. E l’aborto è una eliminazione del singolo.
Le armi invece sono aumentate in forma esponenziale
e fanno stragi di innocenti innumerevoli e con brutalità. Perché questi
ministri non hanno fatto un gesto di coerenza, l’obbiezione di coscienza
rinunciando al loro mandato? Come non detto: in una trasmissione TV il ministro
Mauro sostenne addirittura la pace armata, cioè se vuoi la pace la devi armare.
Si spera sia stato un lapsus. Però un fondo di ipocrisia è evidente. Che senso
ha per esempio fornire armi alla Nigeria, causare stragi di vite umane e poi
inviarci missionari, suore, medici, assistenti sociali per seppellire i morti o
medicare le ferite dei pochi superstiti? È noto come in questo periodo di crisi
molte fabbriche chiudono i battenti e gli operai restano sul lastrico. Ma da
quando il 3.6.2003 è stata abolita la legge 185, legalizzando il commercio
d’armi, si sono gonfiati i portafogli degli industriali bellici. Cioè le ditte
costruttrici di armi, non sono affatto in crisi. Il produttore Beretta di
Gardone Val Trompia nel bresciano che spedisce le sue armi, (definite leggere
ma non sono pistole di plastica per spruzzare acqua) in tutto il mondo, ha un
futuro garantito. Indubbiamente non c’è da augurarsi che i suoi dipendenti
vengano messi sulla strada, ma un serio progetto per riconvertire le fabbriche
d’armi in altri tipi di produzione sarebbe urgente. E intanto imporre una forte
tassa sul commercio delle armi per finanziare la lotta contro la fame nel
mondo. Nella speranza che cessino o almeno diminuiscano le nostre forniture
alla Spagna, Francia, Cekia, Sudamerica, Kuweit, Arabia, Malesia e verso gli
“stati canaglia”.
Caro Papa Francesco, evangelico il tuo
messaggio. Ma forse mandato al vento. Perché hai a che fare con dei cristiani
che si dicono tali e persino costruttori di pace, mentre sarebbe meglio lo
fossero senza dirlo.
Autore:
Albino Michelin
18.12.2013
venerdì 7 agosto 2015
DALLE FILIPPINE ALLA SARDEGNA: CASTIGHI DI DIO?
Catastrofi
ce ne sono sempre capitate da che mondo è mondo. Chiamateli terremoti, vulcani,
inondazioni, oppure decimazioni di popoli come la peste. Qui non mettiamo in
conto le guerre perché causate dagli uomini, per cui si potrebbe rispondere
“chi è causa del suo mal pianga se stesso”. Nel mese di novembre 2013 abbiamo
avuto due casi, anche se di diverse dimensioni. Nelle Filippine il supertifone
Haijan con qualche migliaio di morti e in Sardegna la bomba d’acqua con quasi
una ventina. Cifra più modesta, che in tutti i casi pone sempre la stessa
domanda. Ed è ovvio che in queste circostanze periscono buoni e cattivi, giusti
e ingiusti, ricchi e poveri, innocenti e colpevoli, forti e deboli, bambini, donne,
anziani. Disgrazie ambientali che lasciano senza riposta. Ma c’è sempre
qualcuno che si arroga il diritto, quale messaggero di Entità superiori, di
dare la sentenza: castighi di Dio! Certo Michele Lonardi recentemente scrive
irritato alla stampa che radio Maria, una fra le tante emittenti cattoliche, attraverso
il suo direttore P. Livio Fanzaga, da sempre, specie dall’ultimo terremoto
avvenuto in Giappone fino ai nostri giorni sentenzia: castighi di Dio. Sulla
linea di intimidazione psicologica e di terrorismo religioso di un ex vescovo
di Rossano Calabro, Orazio Gazzolla, che nel 1909 aveva definito il terremoto
di Messina, con centinaia di migliaia di morti: severo castigo di Dio per i
peccati dei siciliani. Da qualche tempo l’associazione degli atei e agnostici
ha inoltrato una protesta nei confronti del P. Fanzaga, il quale rispose che
loro vorrebbero la dittatura dell’ateismo e dei cornuti. Come sempre elegante e
bene educato questo religioso degli Scolopi. Egli come tutti i fondamentalisti
cattolici si fonda sulla Bibbia del Vecchio Testamento. Al capitolo 26 del
Levitico Dio minaccia gravissime calamità contro i peccatori:” Io vi castigherò
sette volte di più per i vostri peccati.” E al salmo 137 fa scrivere:” beato
che ti renderà quanto ci hai fatto. Beato chi afferrerà i tuoi piccoli e li
sbatterà contro la roccia”! Ovviamente altri interpreti di oggi, più obbiettivi
e documentati, vi diranno che in questi scritti vi sono proiezioni degli autori
che attribuiscono a Dio sentimenti e vendette umane. D’accordo, ma sta di fatto
che anche la Bibbia va reinterpretata, ambientata nella sua “Sitz im Leben”, nel
modo e nel linguaggio del tempo. In effetti Gesù si è espresso ben
diversamente. Nel Vangelo di Giovanni al capo 9 presentandogli un uomo cieco
dalla nascita gli fu chiesto chi avesse peccato per essere venuto al mondo
disgraziato: se lui, se i genitori, i nonni…E Gesù rispose che nessuno aveva
peccato. Quindi né lui, né i suoi progenitori,” né Adamo ed Eva”. In pratica, secondo
il concetto di Gesù, salute e fortuna non sono un premio per i buoni e la
disgrazia non è un castigo per i cattivi. Resta comunque aperto l’interrogativo
sulle calamità naturali. E qui il tentativo di risposta varia secondo la
cultura, la fede, le tradizioni dei singoli. Prima risposta:” Tutto è frutto
del caso, Dio non esiste(Atei)”. Seconda risposta:” Se Dio esiste e non
interviene è un impotente.” Terza riposta” Se Dio esiste e potrebbe intervenire
ma non lo fa, è un crudele.” E qui si inserisce il romanzo di Dostojeski” I
Fratelli Karamazoff” in cui l’autore sostiene che il pianto di un bambino
innocente non verrebbe ripagato dal piano di un eventuale Dio teso a
programmare un’armonia universale futura”. Quarta posizione:” risarcimento
danni”. Dio, offeso dal peccato di Adamo ed Eva, dalla loro ribellione,
ricaduta anche sui loro discendenti, ha voluto essere risarcito mandando sulla
croce suo Figlio innocente, Gesù. Le nostre eventuali sofferenze servono a
completare quelle sue. Così Dio Padre viene placato. Un po’ sulla linea delle
antiche divinità Azteche, che venivano addomesticate cibandosi del cuore cavato
dal petto dei bambini innocenti. E come Dio Padre non ha liberato Gesù dalla
croce, così non libera gli uomini dalle loro sofferenze (Mistica della croce). Quinta
posizione:” legge di natura”. Le calamità naturali, morte dell’uomo inclusa, sono
iscritte nella legge di natura. Dio non interviene ogni momento a cambiare le
leggi della evoluzione. Compito dell’uomo è quello di conoscerle, scoprirle, farle
avanzare anche con il proprio sacrificio. Sesta posizione: “La sofferenza è un
mistero”. Noi non possiamo sondare le vie di Dio. Ci siamo limitati a dare un
elenco meno approssimativo possibile. Se il lettore è un credente si aggreghi
alla posizione su citata di Gesù che non fece teorie sul dolore, ma ha cercato
di superarlo e farlo superare nei limiti del possibile. O alla posizione di molti
teologi cattolici attuali, secondo i quali Dio non ci libera “dalle” calamità e
disgrazie, ma ci accompagna e convive “nella” nostra limitata natura umana.
Autore:
Albino Michelin
11.12.2013
FIGLI DI MAFIOSI: DUE REAZIONI OPPOSTE
Potrebbe essere una dramma di coscienza per i giovani della nostra
generazione il “come” porsi di fronte alla mafia e alla ‘ndrangheta. Tacere?
Adeguarsi? Testimoniare? Collaborare con la giustizia? Fra i tanti casi
abbastanza emblematici, seppure un po’ distanti nel tempo e nello territorio geografico
ci possiamo mettere quello di Rita Atria del 1992 in Sicilia, e quello di
Vincenzo Scerbo del 2012 in Calabria. Il 31 luglio del 1992 mi trovano a
Partanna, vicino a Selinunte in quel di Trapani e sulla piazza del cimitero si
stava iniziando un funerale. Nessuna liturgia in Chiesa, la bara posta sopra un
palco senza fiori, non c’era la banda a suonare l’Ave Maria di Schubert, come
Rita aveva desiderato nel suo diario. A lato un gruppo di donne provenienti da
Palermo con un grande striscione: ”Rita non ha peccato, Rita ha parlato!” C’era
pure il parroco della cittadina don Calogero Russo che fece la sua predica ad
una popolazione muta e diffidente. Si dilungò a parlare di suicidio e di depressione,
un requiem di rito, e tutto finì lì. Che osa era successo? Rita Atria, una
ragazza di Partanna, che annovera ben 11 vie dedicate a forze dell’ordine
uccise dalla malavita, a 11 anni si vide portare in casa la salma di suo padre
crivellato da una cosca rivale, a 16 anni perdette un fratello davanti al bar
centrale di Montevago pure ucciso nello stesso modo. A casa la ragazzina fin
dall’infanzia non aveva sentito parlare d’altro che di delitto d’onore, di
omuncoli, di quaquaraquà. La madre gestiva il tutto con intelligenza e omertà. La
figlia non ne poteva più, e per non essere cacciata di casa, riuscì ad entrare
in un istituto alberghiero di Sciacca. Voleva togliersi da tutto e fare la
cameriera. Andò dal pretore e decise di parlare. Questi temendo per la sua
incolumità la affidò alla protezione giuridica di Paolo Borsellino che la fece
trasferire a Roma in un piccolo appartamento con la cognata, essa pure da tempo
decisa a collaborare con la Giustizia. Sempre sul suo diario si legge:” giovani,
se vogliamo cambiare, ce la possiamo fare. Ma prima la mafia si combatte dentro
di noi e poi nel nostro ambiente, fra siciliani.” Come tutti sappiamo, poco
tempo dopo il giudice Borsellino venne ucciso, ovviamente dalla mafia. Rita si sentì
perduta, senza punto di riferimento, senza appoggio. Il 19 luglio 1992 al
pomeriggio la trovarono morta sul selciato di Via Amelia, gettatasi del
balcone. Aveva 18 anni. A fine luglio 2013 ripassai a Partanna e volli incontrare
l’ex parroco don Calogero, verso i cento anni, per riparlare più pacatamente del
caso. Mi fu impossibile, data la risposta:” i giornalisti hanno infangato già troppo
questo paese. Questa è gente onesta. Famiglie sane che frequentano tutte le
domeniche la chiesa”. Fine del discorso. Me ne andai al cimitero alla tomba di
Rita. Era scomparsa la sua foto, già strappata nottetempo dalla madre la notte
dei morti del 2 novembre 1992, tre mesi dopo il funerale, a cui essa non aveva
voluto partecipare. Però era visibile una piccola insegna scolpita nella
pietra:” La verità vive.” Rimasi in silenzio e in adorazione per qualche
istante.
Il secondo caso riguarda un altro giovane e precisamente
Vincenzo Scerbo di Isola Caporizzuto, provincia di Crotone in Calabria. Sacerdote
novello di 26 anni, che all’inizio luglio 2012 celebrò la sua prima messa nel
Duomo del paese. Qui tutt’altra liturgia, luminarie, ceri, addobbi, concerti
d’organo e di trombe, popolazione festante. Suo nonno pure di nome Vincenzo, accusato
di associazione per delinquere era stato ammazzato dalla ‘ndrangheta, suo padre
Romolo detenuto in carcere da tre anni per estorsione aggravata da metodi
mafiosi e affiliato alla cosca egemone degli Arena. Il sacerdote novello va
all’ambone e ti innesca una filippica inconsueta. Inizia dicendo che vuol
parlare da figlio e non da prete, a favore di suo padre innocente. Il tenero
pretino trascina pure l’altissimo Iddio in questa sua faccenda personale:” Ti
prego Dio affinché la tua giustizia intervenga là dove la giustizia umana di
questo mondo ha mostrato tutta la sua meschinità e la sua grettezza. E anche la
chiesa con i suoi pseudo documenti antimafia non fa certo un servizio alla verità.
Mio padre è innocente!” Il parroco don Edoardo e il sindaco con la fascia
tricolore allibiti e tutta la gente a piangere con lui. Ma poi tutto finisce in
gloria. Non si può negare che anche questo don Vincenzo ebbe in famiglia un
percorso difficile. Ma la risposta è stata diversa: Rita Atria di 18 anni
apprendista alberghiera che esce di casa e si distanzia da un ambiente e lo
condanna. Don Vincenzo di 26 anni, culturalmente e religiosamente preparato,
che lo difende e quindi lo giustifica, strumentalizzando persino chiesa e luogo
sacro. Non interessa il nostro giudizio morale su di loro, quanto quello che
essi ancora rappresentano. Due costumi, due mondi diversi di affrontare la
malavita e la criminalità organizzata. Politica, scuola, chiesa dovrebbero
seriamente interrogarsi su quali strumenti adottare per sanare una piaga che
mette in pericolo il futuro delle nuove generazioni.
Autore:
Albino Michelin
04.12.2013
lunedì 3 agosto 2015
NON RUBARE ALLO STATO PER DARE ALLA CHIESA
Recentemente Papa Bergoglio, con il suo metodo di conversazione più che di documento magisteriale ebbe a dire: la doppia vita di un cristiano e di un prete fa male.” Chi ruba allo stato e dona alla chiesa è corrotto e putrido!” L’espressione è molto forte, tant’è che da parte di qualche giornale e di un ceto di persone abituate ad una morale tradizionale questo Papa sta diventando un po’ scomodo. È la sua logica, quella di ritornare al Vangelo di Gesù. Per secoli si è predicato quasi solo di morale sessuale, ora l’accento ritorna sull’etica sociale, cioè sui rapporti di giustizia e di condivisone fra uomo e uomo. E il Papa coerentemente comincia a sistemare le cose da casa sua: dal Vaticano, cardinali, vescovi, preti e include alla fine tutti i fedeli senza distinzione. L’espressione di questa volta è molto forte ed inusitata. Anche perché per secoli la gente è sempre stata educata a togliersi il pane di bocca per darlo alla chiesa e così guadagnarsi meriti per il paradiso. Conti, baroni, signorotti lasciavano vivere di stenti e nella miseria i loro schiavi, servi della gleba, dipendenti e regalavano proprietà intere alla chiesa. Capitava talvolta che in fin di vita il prete assistesse il moribondo con l’estrema unzione in cambio di un corposo lascito: pure oggi sono circa diecimila i testamenti a favore della chiesa. Non sono mancate certo donazioni a favore di enti pubblici, ricoveri, ospedali, ma in genere casi abbastanza rari. E nemmeno si può generalizzare affermando che la chiesa di tutto questo denaro ricevuto si servisse per costruire mausolei, cattedrali, monumenti salariando gli artisti, gli architetti, e tutta la popolazione gregaria di bassa manovalanza con una retribuzione di pane e formaggio. Ma certo la sensibilità o l’insensibilità era diversa.
Analizzando questo messaggio pare ovvio contenga due aspetti: da una parte nei confronti di persone singole od organizzate che danno alla chiesa, dall’altra la chiesa allorché pretende o pretendesse di ricevere privilegi e denari dallo Stato danneggiando i poveri. Il primo aspetto l’ha recepito anche il procuratore di Reggio Calabria N. Gratteri che nei giorni seguenti lanciò un allarme: ”il papa vuole fare pulizia, ma questo non piace alla ‘ndrangheta” il riferimento anche se non esplicito è sottinteso. Anche Bergoglio ha studiato la storia della chiesa, ed è noto che il cattolicesimo ha conservato nei secoli alleanza con la mafia. Lo stesso Cardinale di Palermo Ruffini asseriva nel 1971 ”meglio la mafia che non il comunismo. ”Mafiosi, camorristi, soci delle varie Sacre Corone sono sempre in prima fila nelle feste del santo Patrono, ne portano a spalla la statua nella pubbliche strade, appendono bigliettoni di euro pesanti alle vesti dorate del simulacro, venerano nei loro covi la statua di P. Pio e una collezione di madonnine. Hanno persino il loro prete confessore, costruiscono chiesette private lungo le strade: fatevi un giro ad esempio nella Valle del Marro in quel di Gioia Tauro accanto alla tenuta confiscata ad un malavitoso e affidata all’associazione” Libera “di don Ciotti. Una splendida cappella privata con tanto di campanile e dedicata a S.Michele Arcangelo che brandisce una spada fiammeggiante” chi e come Dio?”. Mafiosi che hanno figli frati a celebrare il funerale del genitore impallinato dalle cosche rivali. È successo. Mafie che non solo ostentano visibilità religiosa ma sostengono le attività della chiesa con la costruzione di luoghi sacri e attività parrocchiali, ovviamente nel loro interesse, su su fino allo Jor, la Banca Vaticana, in cui riescono (cioè sono finora riusciti) a riciclare tutto il denaro sporco come da loro programma. Ma Papa Bergoglio implicitamente pone anche un’altra domanda. I possedimenti della chiesa potrebbero essere un furto allo Stato e ai cittadini? Il riferimento sarebbe nella logica di altri suoi interventi in argomento. Qualche dato: solo a Roma la Propaganda Fide (Congregazione incaricata per l’evangelizzazione dei popoli) gestisce 725 fabbricati per un valore di 2 miliardi. Il suo tesoro dagli alberghi ai palazzi vale 9 miliardi di patrimonio. Da notare che inquilini sono in genere persone facoltose, manager, attori, spesso con prezzi inaccessibili alla gente media e ai poveri. In Italia il valore patrimoniale dello Stato si aggira sui 6,4 miliardi annui, di cui mille miliardi della chiesa. Esenzione dall’Ici (o tassa consimile) sugli immobili commerciali della chiesa a condizione che all’interno o attiguo sia costruito un piccolo luogo di culto. Nessuno è così pretestuoso pauperista dal negare che anche l’istituzione ecclesiastica non necessiti di strutture per l’esercizio delle sue funzioni e per la carità, però la trasparenza e l’utilizzo che lascia a desiderare e di cui il Papa stesso si preoccupa. Dare a Cesare quello che è di Cesare significa anche dare allo Stato e ai cittadini quello che loro spetta. Pretendere tutto per sé può anche essere un furto. L’altro aspetto della espressione di Bergoglio riguarda i contributi dello Stato alla chiesa: non dovrebbe costituire un’occasione di impoverimento ai cittadini, indipendentemente dalla loro religione. Dal 1870 non vi sono stati rapporti molto idilliaci fra Stato e Chiesa, sempre in riferimento alla cessazione dello Stato Pontificio e all’annessioni dei beni delle regioni ecclesiastiche allo Stato Italiano. Il potere papale possedeva mezza Italia, ma era un potere formatosi nei secoli con i beni, pochi o tanti, di ogni cittadino suddito. Per porre fine alle ostilità nel 1929 fu stipulato un Concordato secondo il quale lo Stato risarciva al Vaticano 5 miliardi di euro (l’equivalente delle lire del tempo). Dal 1984, accordo Craxi-Santa Sede, l’8 per mille di ogni cittadino viene versato alla chiesa, la quale dovrebbe utilizzarlo per lo stipendio ai sacerdoti, personale ecclesiastico, teologi, dipendenti, ecc. Circa 3 miliardi all’anno lo Stato versa alle scuole cattoliche, università cattoliche, radio private cattoliche, con suddivisioni interne. Cioé mezzo miliardo di euro ai quindici mila insegnanti di religione, scelti dal vescovo, pagati dallo Stato. Il privilegio di essere di ruolo, per cui se perdono la cattedra hanno il diritto di precedenza alle altre, a scapito dei precari in attesa. E qui nasce l’obbiezione: perché sovvenzioni solo agli insegnanti cattolici e non anche a quelli di altre religioni? Ed una seconda: l’art.33 della Costituzione lascia a ciascuno la libertà di gestire scuole private senza oneri per lo Stato. Non sarebbe questa una pretesa di privilegi da parte della chiesa a svantaggio del cittadino e della società laica? Un furto? Da aggiungere i contributi dello Stato per i 184 cappellani militari, a stipendio di 4.500 euro mensili e pensione garantita. Il Vescovo militare, con l’onore di Generale d’Armata, 9.500 euro e vitalizio. In totale 10 milioni di euro annui. Aggiungi 9 milioni annui per l’approvvigionamento acque del Vaticano. Indubbiamente papa Francesco con il suo messaggio alludeva anche a tutto questo. Era l’11 novembre 2013, giorno di S. Martino, cavaliere (315-397) che ha diviso il suo mantello con un povero pellegrino. Un esempio della condivisione ugualitaria dei beni possibile da attuarsi anche nel nostro tempo.
Autore:
Albino Michelin
27.11.2013
Analizzando questo messaggio pare ovvio contenga due aspetti: da una parte nei confronti di persone singole od organizzate che danno alla chiesa, dall’altra la chiesa allorché pretende o pretendesse di ricevere privilegi e denari dallo Stato danneggiando i poveri. Il primo aspetto l’ha recepito anche il procuratore di Reggio Calabria N. Gratteri che nei giorni seguenti lanciò un allarme: ”il papa vuole fare pulizia, ma questo non piace alla ‘ndrangheta” il riferimento anche se non esplicito è sottinteso. Anche Bergoglio ha studiato la storia della chiesa, ed è noto che il cattolicesimo ha conservato nei secoli alleanza con la mafia. Lo stesso Cardinale di Palermo Ruffini asseriva nel 1971 ”meglio la mafia che non il comunismo. ”Mafiosi, camorristi, soci delle varie Sacre Corone sono sempre in prima fila nelle feste del santo Patrono, ne portano a spalla la statua nella pubbliche strade, appendono bigliettoni di euro pesanti alle vesti dorate del simulacro, venerano nei loro covi la statua di P. Pio e una collezione di madonnine. Hanno persino il loro prete confessore, costruiscono chiesette private lungo le strade: fatevi un giro ad esempio nella Valle del Marro in quel di Gioia Tauro accanto alla tenuta confiscata ad un malavitoso e affidata all’associazione” Libera “di don Ciotti. Una splendida cappella privata con tanto di campanile e dedicata a S.Michele Arcangelo che brandisce una spada fiammeggiante” chi e come Dio?”. Mafiosi che hanno figli frati a celebrare il funerale del genitore impallinato dalle cosche rivali. È successo. Mafie che non solo ostentano visibilità religiosa ma sostengono le attività della chiesa con la costruzione di luoghi sacri e attività parrocchiali, ovviamente nel loro interesse, su su fino allo Jor, la Banca Vaticana, in cui riescono (cioè sono finora riusciti) a riciclare tutto il denaro sporco come da loro programma. Ma Papa Bergoglio implicitamente pone anche un’altra domanda. I possedimenti della chiesa potrebbero essere un furto allo Stato e ai cittadini? Il riferimento sarebbe nella logica di altri suoi interventi in argomento. Qualche dato: solo a Roma la Propaganda Fide (Congregazione incaricata per l’evangelizzazione dei popoli) gestisce 725 fabbricati per un valore di 2 miliardi. Il suo tesoro dagli alberghi ai palazzi vale 9 miliardi di patrimonio. Da notare che inquilini sono in genere persone facoltose, manager, attori, spesso con prezzi inaccessibili alla gente media e ai poveri. In Italia il valore patrimoniale dello Stato si aggira sui 6,4 miliardi annui, di cui mille miliardi della chiesa. Esenzione dall’Ici (o tassa consimile) sugli immobili commerciali della chiesa a condizione che all’interno o attiguo sia costruito un piccolo luogo di culto. Nessuno è così pretestuoso pauperista dal negare che anche l’istituzione ecclesiastica non necessiti di strutture per l’esercizio delle sue funzioni e per la carità, però la trasparenza e l’utilizzo che lascia a desiderare e di cui il Papa stesso si preoccupa. Dare a Cesare quello che è di Cesare significa anche dare allo Stato e ai cittadini quello che loro spetta. Pretendere tutto per sé può anche essere un furto. L’altro aspetto della espressione di Bergoglio riguarda i contributi dello Stato alla chiesa: non dovrebbe costituire un’occasione di impoverimento ai cittadini, indipendentemente dalla loro religione. Dal 1870 non vi sono stati rapporti molto idilliaci fra Stato e Chiesa, sempre in riferimento alla cessazione dello Stato Pontificio e all’annessioni dei beni delle regioni ecclesiastiche allo Stato Italiano. Il potere papale possedeva mezza Italia, ma era un potere formatosi nei secoli con i beni, pochi o tanti, di ogni cittadino suddito. Per porre fine alle ostilità nel 1929 fu stipulato un Concordato secondo il quale lo Stato risarciva al Vaticano 5 miliardi di euro (l’equivalente delle lire del tempo). Dal 1984, accordo Craxi-Santa Sede, l’8 per mille di ogni cittadino viene versato alla chiesa, la quale dovrebbe utilizzarlo per lo stipendio ai sacerdoti, personale ecclesiastico, teologi, dipendenti, ecc. Circa 3 miliardi all’anno lo Stato versa alle scuole cattoliche, università cattoliche, radio private cattoliche, con suddivisioni interne. Cioé mezzo miliardo di euro ai quindici mila insegnanti di religione, scelti dal vescovo, pagati dallo Stato. Il privilegio di essere di ruolo, per cui se perdono la cattedra hanno il diritto di precedenza alle altre, a scapito dei precari in attesa. E qui nasce l’obbiezione: perché sovvenzioni solo agli insegnanti cattolici e non anche a quelli di altre religioni? Ed una seconda: l’art.33 della Costituzione lascia a ciascuno la libertà di gestire scuole private senza oneri per lo Stato. Non sarebbe questa una pretesa di privilegi da parte della chiesa a svantaggio del cittadino e della società laica? Un furto? Da aggiungere i contributi dello Stato per i 184 cappellani militari, a stipendio di 4.500 euro mensili e pensione garantita. Il Vescovo militare, con l’onore di Generale d’Armata, 9.500 euro e vitalizio. In totale 10 milioni di euro annui. Aggiungi 9 milioni annui per l’approvvigionamento acque del Vaticano. Indubbiamente papa Francesco con il suo messaggio alludeva anche a tutto questo. Era l’11 novembre 2013, giorno di S. Martino, cavaliere (315-397) che ha diviso il suo mantello con un povero pellegrino. Un esempio della condivisione ugualitaria dei beni possibile da attuarsi anche nel nostro tempo.
Autore:
Albino Michelin
27.11.2013
PARITÀ DEI SESSI: DONNE CARDINALI
L’atteggiamento di Papa Francesco verso la povertà e verso la privazione dei diritti umani risveglia consensi ma anche attese. Ad esempio pure nel campo femminile, a proposito del quale la donna dovrebbe assumere ed esercitare un ruolo più importante nel servizio della chiesa. Nel mondo oggi sono le donne ad essere maggiormente colpite dalla povertà, dalla discriminazione, dalla violenza. E nella chiesa il loro ruolo è molto limitato. La donna sta promovendosi da oggetto a soggetto, ma rimane sempre al momento un soggetto debole. I profeti della Bibbia, Antico Testamento, ponevano sempre attenzione ai poveri, alle vedove, agli orfani. Gesù ha tentato di liberarle dalla soggezione maschile, ma gli scrittori dei vangeli hanno sempre quasi ignorato il ruolo delle donne al suo seguito. Difatti in ogni racconto di qualche importante manifestazione davano dei numeri, aggiungendo ”senza contare le donne e i bambini”. Pure Paolo ha tentato di fare breccia contro il muro maschile, permettendosi di salutare nella sua lettera ai Romani(16) alcune donne come Febe, Prisca, e Giunia chiamandola Apostola. Ma i redattori successivi si sono preoccupati di correggere Giunia in Giunio. Sul femminile, filtro e oscuramento da parte anche dei santi maschi. E’ in riferimento a tutta questa storia inaccettabile che nel mese di settembre scorso la professoressa H.Schuengel di Basilea con altre sue colleghe di Europa ed Usa hanno inviato una petizione a Papa Francesco rivendicando il diritto di una corresponsabilità paritetica nella gestione della chiesa universale. Quindi possibilità di gestire come cardinali i vari dicasteri del Vaticano e diritto alla elezione del papa, ruolo oggi riservato solo ai cardinali maschi. Firmatarie teologhe, suore, monache, abbadesse di monasteri di clausura, addette alle varie branchie della pastorale. In breve giro di giorni un migliaio di sottoscrizioni. Una delle motivazioni: le donne sono maggioranza fra i cattolici, una maggioranza considerata dall’Istituzione chiesa una insignificante minoranza. Esigenza legittima e pienamente ortodossa, la loro. È a tutti noto che Gesù non ha fondato il Cardinalato, né che si sia attorniato di eminenze. ”Chi di voi vuole essere primo, si consideri come ultimo”. I cardinali fino al tempo di Teodosio imperatore (380) erano funzionari civili dello Stato, in genere titolo onorifico. Alla caduta dell’Impero la Chiesa si acchiappò tutte le onorificenze laiche e anche quella di cardinale. Così abbiamo avuto cardinali a capo delle armate, letterati, principotti, uomini di mondo. Papa Sisto V nel 1586 decise che i cardinali venissero eletti solo dopo il compimento dei 22 anni. Non era necessario fossero preti. Quindi non contraddice la storia se oggi la donna diventasse cardinale, pur essendole vietato il sacerdozio. Ruolo che per il momento nemmeno Papa Francesco può permettersi di concedere considerando che il divieto assoluto (addirittura voluto da Dio?) emanato da Woytila è troppo recente. Bisogna attendere del tempo, che queste chiusure si stemperino e che arrivi qualche altro Papa. Per intanto l’assunzione di donne cardinale può già essere posta in atto da oggi. Fa un effetto mica tanto piacevole vedere che la chiesa da sempre è diretta da cardinali solo maschi, solo vecchi, solo celibatari. In cortei di folklore, come fosse una sfilata variopinta di moda, o una fiera delle vanità. Una conduzione d’insieme anche al femminile darebbe maggiore credibilità, competenza, semplicità. Indubbiamente Congregazioni o dicasteri, come quello della Famiglia, dell’educazione, del sociale sono più adatti alla responsabilità e alla sensibilità di una donna. Quello sarebbe il suo posto, non piu’ solo quello di suore portaborse nelle varie segreterie vaticane. Se a Papa Francesco questa riforma riuscisse, verrebbe ulteriormente accolto come profeta di tempi nuovi.
Autore:
Albino Michelin
20.11.2013
Autore:
Albino Michelin
20.11.2013
MARADONA, IL FISCO, IL GESTO DELL'OMBRELLO
Domenica 20 ottobre 2013 nella trasmissione “Che tempo fa” Fabio Fazio invitò Maradona, il pibe d’oro, prodigio del Calcio Napoletano negli anni ’80 e gli pose una domanda sulle sue vicende concernenti il fisco. In effetti risulterebbe evasore di circa una quarantina di milioni. Al che il pibe rispose con il gesto dell’ombrello, una bella pacca sull’avambraccio e …chi se ne fotte. Vien da pensare che gli spettatori reagissero rumoreggiando o fischiando ed invece fu un applauso ed un’ovazione plebiscitaria. Sembra una piccola cosa, ma purtroppo si rivela un tipico costume di molti di noi italiani. I latini dicevano: ”quod licet Jovi ,non licet bovi”. Ciò che è lecito a Giove, non è lecito al bove. Cioè l’uomo ritenuto importante, diremmo l’idolo magico, è fuori da ogni legge e comportamento morale, a lui si concede e si perdona tutto. All’uomo comune non si lascia scappare nulla. Maradona è un caso, ma perché l’abbiamo applaudito? Perché in ognuno dei suoi fans c’è dentro un po’ di Maradona, che vorrebbe evadere altrettanto ma non ci riesce. Quindi trasferisce la sua delusione e la sua brama nell’idolo di turno. Questo episodio ci da l’occasione di aprire a casistiche più importanti e vicine a noi. Fra l’altro alle vicende Berlusconi, l’argomento dell’anno. Senza entrare in merito a valutazioni partitiche di destra, sinistra, centro, il berlusconismo significa successo perché un po’ di Berlusconi è dentro di noi. A noi non sembra vero che un tipo come lui riesca a fare tanti soldi, possieda tante televisioni, proprietà, ville, riesca a farsi tante leggi ad personam e ad aziendam, evada il fisco, metta sotto suo giudizio persino la magistratura. Ma questo è un dio in terra, dice la gente. Lui mi interpreta bene, io mi identifico con lui, lo voto e lo difendo nella buona e cattiva sorte! Indubbiamente è difficile che la massa distingua” consenso” popolare, elettorale, numerico da “senso” morale, che potrebbe anche essere minoritario sul piano statistico ma sarebbe l’unica risorsa sul piano sociale umano oltre che religioso. Certo non ci si deve limitare solo a questo caso, perché tutti a questo mondo hanno il loro idolo, talvolta può essere religioso (anche i santi hanno i loro modelli), economico, può essere un sistema, una razza, un dittatore. Cambiano gli oggetti, ma il sentimento di dipendenza e il desiderio di transfert rimane, perenne ed incancellabile dentro di noi. Indubbiamente si potrebbe anche suggerire ed educarsi a rimanere se stessi, con la propria autonomia interiore. Ma purtroppo noi non siamo sempre solo uno, ma spesso nessuno e centomila. Per limitarci allo stretto ambito politico, è vero che il popolo ha i rappresentanti che si merita, ma è altrettanto vero che è anche la classe politica a formare i cittadini. Per cui il politico, pure lui in certo senso l'idolo magico, non dovrebbe dimenticare il suo effetto trainante sul cittadino, che si sente sempre un gradino inferiore nella scala sociale. Questo vale nel bene e nel male. Quindi anche un leader religioso, chiamiamolo Papa, vescovo, cardinale, clero, vaticano, ecc. ha un potente influsso sull’uomo della strada o sul credente comune. Papa Francesco ne è la dimostrazione. Cominciare da se stessi ad essere onesti è importante ma talvolta è insufficiente. Se comincia un leader è sempre più convincente e vincente. Le parola passano, gli esempi restano. Questa idea è entrata persino nella Costituzione italiana del 27.12.1947 che al nr.54 prescrive: "I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore". In pratica si vuole dire che un politico è tenuto al decoro, alla legalità sociale, al senso civico. Quando il Presidente americano Clinton manifestò qualche rapporto di simpatia verso la segretaria Lewinsky lo dovette confessare in pubblico e chiese scusa in TV. Non campò scuse giustificandosi che nella vita "privata" ogni leader può comportarsi come crede. Per Clinton un cittadino non poteva essere rappresentato da un mentitore. In Svizzera la ministra dell’Interno Kopp, sospetta di aver ignorato il marito banchiere intento a riciclare denaro sporco si dimise. Innumerevoli altri casi con la stessa sorte. J.Schmid, ministra degli esteri e Ch.Hukne, ministro dell’ambiente, entrambi inglesi. F. Barme ministro della Giustizia spagnola. S. Marchara, ministro degli Esteri giapponese, K. Guttenberg, ministro della difesa tedesco (per una quisquiglia, aveva scopiazzato la tesi di laurea vent'anni prima). Tutti costoro, e tanti per la stessa mancanza di "decoro" non si misero a reagire ritenendosi oggetti di ricatto, bersaglio, calunnia, vittima del fumo persecutionis, lordati dal fango della pubblica malignità. Non hanno fatto il gesto dell'ombrello, e chi se ne fotte. No! Fecero fagotto e se ne andarono a casa. E allorché recentemente il parlamentare De Gregorio ammise pubblicamente di aver negoziato voti a vantaggio dell'allora presidente del Governo una signora Onorevole a rimbrottarglielo che le confessioni non si fanno alla TV o nei Talk show, ma dal prete confessore. Religione, sacramenti, confessione? Tutto da rifare, direbbe Gino Bartali. Diego Maradona, pibe d'oro dell'arte pedatoria, di grazia restituisca al fisco quanto di dovere. Lui e tutti gli star dello spettacolo, del gossip, del successo. Tutti i leader di ogni ceto sociale. Così ogni essere umano potrà usufruire di una giusta distribuzione del bene comune.
Autore:
Albino Michelin
15.11.2013
Autore:
Albino Michelin
15.11.2013
UN LINGUAGGIO PUBBLICO IRONICO ED OFFENSIVO
Recentemente è stata posta una domanda a don Mazzi se accetterebbe in comunità‘ Silvio Berlusconi qualora venisse indirizzato ai suoi servizi sociali anziché agli arresti domiciliari. Il religioso rispose che tutto dipendeva dalla disposizione dell’ospite. Accettare una forma di rieducazione nella comunità, anche pulire i WC in caso di bisogno. Male ne incolse perché tutte le TV e i siti del popolo del Centro Destra si elevasse un coro di indignazione per l’offesa ai diritti dell’uomo. Concediamo che il tono non fu molto rispettoso, anzi. Però tutto questo popolo di indignati vede solo la pagliuzza nell’occhio altrui e ignora la trave nel proprio e in quello di molti italiani. Esempi? Alcuni pochissimi dal mucchio. Qualche anno fa un parlamentare del duo Calderoli-Borghezio organizzò un maialino-day per irridere agli islamici che si astengono dal mangiare carne suina. Solo ironia? Nel contempo Bossi e Co. incitavano a sparare contro le carrette del mare che si appressavano alle nostre coste siciliane. Solo ironia? Nella scorsa estate 2013 la signora Dolores Valandro, assessore in un comune padovano, gridò su internet: “ma non c’è proprio nessuno che vada a stuprare la signore Kyenge? (Ministra dell’integrazione.). Solo ironia? A ruota Calderoli: “Ogni volta che vedo quella donna lì mi viene da pensare all’orangutan “Solo ironia? Ma l’inaccettabile è avvenuto sabato 12 ottobre. Mentre a Lampedusa giacevano oltre 300 bare recuperate in mare e si mettevano in salvo decine di bambini profughi con gli occhi smarriti verso il nulla, a Torino veniva organizzata una pubblica manifestazione contro gli immigrati. E anche per l’occasione il solito personaggio con il suo sosia a sbeffeggiare in faccia all’operatore televisivo: “Gli extracomunitari, fuori dai c…“Solo ironia? E Maroni presidente della Regione Lombardia a fargli da amplifon: “immigrati, extracomunitari, rifugiati politici non troveranno mai posto nel nostro territorio“. Solo ironia? All’ex Ministro dell’Interno si potrebbe comunque ribadire come mai circa 40 mila ed oltre frontalieri lombardi varcano ogni giorno la dogana per lavorare nell‘Eldorado Svizzera, “rubando “il lavoro ai cittadini locali? Prima li sistemi a casa sua o a casa nostra e poi li lasci emigrare. Ma gli svizzeri che un po‘ di educazione ce l’hanno non fanno tutta sta caciara e tutte ste sbruffonate contro gli stranieri. Anche in Svizzera 40 anni or sono è stato indetto un referendum per istradare a casa loro gli stranieri, ma nemmeno Schwarzenbach, il promotore dell’iniziativa, bocciata al 53%, fu mai sentito gridare: “italiani stranieri fuori dai c…“ In Italia ci manca il controllo del linguaggio, perché ci manca il senso civico, il rispetto del diverso, o del prossimo, come si suol dire. Prima ancora del catechismo della Chiesa ad insegnare: “Chi è Dio “, si dovrebbe incominciare da “chi è l’uomo “, e fondare una vera coscienza etica. Certo l’espressione di don Mazzi è stata un po‘ troppo sanguigna, ma conosciamo il suo pathos, sappiamo che la sua vita è spesa totalmente per gli ultimi. Se la proposta diventerà realistica, accoglierà Silvio Berlusconi ai suoi servizi sociali con rispetto e senza ironia. Importante che anche lui, l’ex presidente, riconosca e accetti di educarsi, tacitando una volta tanto il vociare scomposto del su ampio discepolato. Per capire e darci l’esempio dopo 20 anni di gestione pubblica che chi rompe paga e i cocci sono suoi.
Autore:
Albino Michelin
06.11.2013
Autore:
Albino Michelin
06.11.2013
MATERNITÀ: UN FIGLIO A TUTTI I COSTI
Oggi nella nostra società europea in riferimento alla famiglia stanno emergendo due tendenze in apparenza contradditorie. Da una parte la diminuzione dei figli a causa anche di una mancata insufficiente politica familiare. Ad esempio il 53 % delle famiglie italiane non hanno figli, il 23% un figlio soltanto. Ieri avere dei figli era una ricchezza, oggi un rischio di povertà. I nostri paesi stanno diventando vecchi, il futuro sarà multietnico e meticcio. Cioè saranno gli stranieri a compensare il nostro deficit anagrafico. D'altra parte siamo di fronte ad un'altra tendenza: quella di avere almeno un figlio ad ogni costo e in qualunque modo. E qui entra in linea di conto la cosiddetta fecondazione assistita o artificiale in vitro, in provetta. E' su questo aspetto che il presente articolo vorrebbe soffermarsi. In merito alla sterilità e alla fertilità qual'era il comportamento delle precedenti civiltà?
Se ci dovessimo attestare soltanto sulla Bibbia, Vecchio Testamento, osserviamo che la numerosa
Figliolanza era un segno della benevolenza e della benedizione di Dio. Non importa se il neonato veniva concepito con una moglie legittima, con una concubina, con una prostituta o una schiava. La sterilità invece era un segno della malevolenza e del castigo di Dio. Abramo, padre di tutti i credenti, andò con la schiava Agar a farsi un (altro) figlio, Ismaele, dal momento che la legittima consorte Sara era diventata sterile. Oggi si parla di procreazione assistita. Nel senso che se una coppia o un componente è sterile, si può sopperire attraverso tecniche artificiali.
In effetti è così. Questa tecnica viene catalogata come bioetica (dal greco) =vita. E significa comportamento morale nei confronti della propria vita. In primo luogo: fisica, anatomica, fisiologica. Di conseguenza questa disciplina comprende: contraccezione, fecondazione, pillola del giorno dopo, utilizzo delle cellule staminali dall'embrione, aborto, clonazione, medicina rigenerativa, chirurgia estetica, testamento biologico, dolce morte, suicidio assistito. Come si vede, gli argomenti sono molteplici ed esigono una trattazione ciascuno a parte. Spesso circolano a proposito delle sigle alquanto complesse.
In pratica sono due: a) Fivet fecondazione in vitro fiala e trasferimento degli embrioni; b) ISCI: iniezione nella cellula uovo (femminile) dello sperma. Si effettuano 5 passaggi: 1) Vengono prelevati dalla donna degli ovociti; 2) In una fiala o provetta vengono uniti agli spermatozoi del partner o donatore; 3) Avviene la fecondazione; 4) Dopo due giorni l'embrione è pronto per l'utilizzo; 5) Viene impiantato nell'utero dell'aspirante mamma ed inizia la gravidanza. Chi e perché si ricorre a questa tecnica? Anzitutto chi prende atto della propria sterilità. Una volta si pensava che la "colpa" fosse sempre della donna. Invece oggi risulta che su 100 casi, 40% si tratta di maschi e altrettanti di femmine. Quindi pari e patta. Pare che una coppia su sei risulti sterile. E poi l'età avanzata: Nel 1980 le donne partorivano a 26 anni, oggi la media si è elevata sopra i 30. Infine un 20% si tratta di omosessuali e lesbiche. Gli esperti parlano di fecondazione omologa e fecondazione eterologa. Che significa?
Omologa quando questa tecnica viene effettuata da due coniugi della stessa coppia. Ad esempio il marito lavora all'estero o si trova arruolato alle armi: invia la fiala del suo seme alla legittima consorte per il relativo impianto nell'utero. La legge italiana questo lo permette (la chiesa no, come di seguito spiegheremo).
Eterologa quando questa tecnica si effettua fra uomo e donna estranei alla coppia. In questo caso esiste anche la banca del seme, in cui la fiala porta un numero e contrassegno, in tale deposito i gameti restano anche congelati e utilizzati dagli interessati a tempo da loro creduto opportuno. Oppure anche utilizzati come embrioni a scopo scientifico e di ricerca. In Italia vietata l'eterologa con la Legge 40. Nella fecondazione eterologa è consentito conoscere il nome del donatore? Dipende dalle legislazioni dei vari paesi. La fecondazione eterologa è permessa dovunque eccetto in Italia, Polonia, Irlanda. Ricordiamo che nel 2005 in Italia è stato indetto un referendum, bocciato perché non raggiunse il quorum. Come noto ne conseguì una polemica senza precedenti, dovuta al fatto che quella volta (come spesso) la chiesa ci ha messo del suo con l'allora Cardinal Ruini che ha consigliato tutti di disertare le urne e andare al mare. Soliti boicottaggi controproducenti, allorché preferibile sarebbe stato informare la coscienza dei fedeli e poi lasciarli liberi di decidere. In quanto al riconoscimento del donatore biologico, questo non è concesso in Spagna, Francia, Belgio (e ovviamente in Italia, Polonia, Irlanda dove tale tecnica non è consentita).
Da quando esiste la fecondazione in provetta e chi ne fu l'inventore? Nel 1978 l'inglese Robert Edwards (1927-2013), premio Nobel 2010, ne fu l'iniziatore. Il primo figlio della provetta fu una bambina, Louise Brown nata il 25.7.1978. Oggi donna adulta, normale, con due figli nati da gravidanza altrettanto normale. Da allora nel mondo sono nati 5 milioni di bambini. In Italia 10 mila all'anno, di cui tre mila i genitori turisti o nomadi dell'amore, costretti ad emigrare all'estero, molti nella vicina Svizzera con un saldo da 4 a 1O mila euro. Il numero di 3 mila figli dell'eterologa sono circa pari ai bambini adottati. In Danimarca il 4% dei neonati sono figli di questa tecnica causa l'avanzata età delle madri. La fecondazione artificiale non comporta dei rischi? Relativamente. Nella gravidanza normale le complicazioni sono del 6% circa, in quella tecnica circa 10%. Probabilmente i rischi in futuro saranno minori, causa anche la diagnosi preimpianto, con la possibilità di conoscere prima dell'impianto nell'utero le condizioni di salute dell'embrione. Da considerare poi i parti bigemellari (al 20%) e i trigemellari (1%).
Ora al di là di queste premesse scientifiche qual è la posizione della chiesa cattolica in merito?
Al presente la prassi della chiesa, incluse le diverse convinzioni ritenute da un buon numero di teologi cattolici, è la seguente: sacralità della vita umana, la vita è sacra dall'inizio alla fine. Di conseguenza rispetto della natura, della legge naturale, in quanto iscritta da Dio. Se ne conclude che il rapporto sessuale è consentito solo fra coniugi legittimi, uniti dal sacramento celebrato alla presenza di un suo ministro, a scopo di procreazione. Se questa non la si desidera allora si convive in castità, o attraverso rapporti secondo le regole di Ogino Knaus o del metodo della temperatura basale. Per la chiesa la fecondazione in vitro, sia omologa come eterologa, è olocausto in provetta, delirio di ventre femminile. Il figlio deve essere concepito dall'amplesso amoroso e non per vie sostitutive o fabbricato altrove. La fecondazione assistita è una modalità contro la natura della coppia, della sessualità, dell'amore. La prima proibizione pontificia risale al 1948 ad opera di Pio XII. La seconda nel 1987 nell'enciclica 'Donum vitae' (dono della vita) per mano di Papa Wojtyla. Però per completare il quadro va detto che nel 1978 il Cardinal Luciani poco prima di venire eletto Papa, fece gli auguri a Louise Brown, la prima bambina concepita in provetta, benedicendo perché ogni vita proviene da Dio. E il Cardinal Martini (ma non solo lui) più volte ebbe a ridire che su questi problemi frontiera si lasci studiare, discutere, dialogare. Esiste una cultura sotterrate e carsica in merito cui si deve pure prestare attenzione. Come si vede, si cammina sul filo del rasoio da entrambi le parti.
Al di là della dottrina cattolica e delle implicanze religiose, non emerge anche una serie di interrogativi concernenti il diritto? Indubbiamente, e qui il discorso si fa più complesso. C'è il diritto dei genitori o di una coppia di avere un figlio, sì. Ma è questo un diritto assoluto, come ad esempio il diritto alla salute, alla cultura, ecc.? Siamo sullo stesso piano? Un altro diritto è quello del bambino. Certo mettere al mondo un figlio quando lo si desidera ardentemente è un'esperienza meravigliosa. Però lui come si sentirà? Non andrà alla ricerca del padre biologico? Non sarà soggetto a frustrazioni? Per un bambino cercare il padre "non genitore" potrebbe anche essere fonte di delusione. E la tutela del bene del bambino? Come quando ad esempio vi sono due madri biologiche e due genitori sociali affettivi. Due-tre genitori e una culla? Come, caso avvenuto: quello di una mamma ufficiale priva di organi riproduttivi, una sorella che vi presta l'ovulo, una terza che fa da madre surrogata. Certo sul fronte dei diritti i nati dalla fecondazione eterologa sono figli della donna che li partorisce e del padre che li riconosce. Pacifico sulla carta, un po' meno sul piano dei sentimenti. E poi ci sono i diritti del genitore donatore. Non potrebbe questi vantare una paternità reale se non altro per l'emergere dentro di sé di sentimenti genitoriali? E le conseguenze dell'utero in affitto? In definitiva quale sarebbe l'opinione dei genitori che vivono nella loro pelle questa esperienza?
Un caso per tutti, abbastanza significativo. Nella notte di San Silvestro 2012-13 nella clinica di Padova è nata una bambina figlia di due ragazze omosessuali, quindi concepita in provetta. Sul polso destro il braccialetto della madre biologica, su quello sinistro il braccialetto della partner, in funzione di padre. La loro opinione? "Vi sono tanti bambini figli di coppie normali, benedetti e battezzati, che poi vengono venduti, maltrattati, lasciati sulla strada, tirati su senza affetto. Altri scelti dal mucchio degli orfanotrofi, figli di chi sa chi, presi solo come gingilli, poi abbandonati a se stessi da genitori divorziati. Noi invece, due lesbiche, ci vogliamo bene, educheremo con tanto affetto questa nostra bambina, le insegneremo una strada, si farà e ci farà onore". Espressioni queste che potrebbero mettere in crisi tanti genitori biologici. La fecondazione in vitro sia omologa come eterologa è destinata senz'altro ad aumentare in futuro. Avremo tanti figli della provetta. La difficoltà sta non tanto come ignorare ma come affrontare questa eventualità, un'altra vera sfida del duemila.
Autore:
Albino Michelin
24.05.2013
Se ci dovessimo attestare soltanto sulla Bibbia, Vecchio Testamento, osserviamo che la numerosa
Figliolanza era un segno della benevolenza e della benedizione di Dio. Non importa se il neonato veniva concepito con una moglie legittima, con una concubina, con una prostituta o una schiava. La sterilità invece era un segno della malevolenza e del castigo di Dio. Abramo, padre di tutti i credenti, andò con la schiava Agar a farsi un (altro) figlio, Ismaele, dal momento che la legittima consorte Sara era diventata sterile. Oggi si parla di procreazione assistita. Nel senso che se una coppia o un componente è sterile, si può sopperire attraverso tecniche artificiali.
In effetti è così. Questa tecnica viene catalogata come bioetica (dal greco) =vita. E significa comportamento morale nei confronti della propria vita. In primo luogo: fisica, anatomica, fisiologica. Di conseguenza questa disciplina comprende: contraccezione, fecondazione, pillola del giorno dopo, utilizzo delle cellule staminali dall'embrione, aborto, clonazione, medicina rigenerativa, chirurgia estetica, testamento biologico, dolce morte, suicidio assistito. Come si vede, gli argomenti sono molteplici ed esigono una trattazione ciascuno a parte. Spesso circolano a proposito delle sigle alquanto complesse.
In pratica sono due: a) Fivet fecondazione in vitro fiala e trasferimento degli embrioni; b) ISCI: iniezione nella cellula uovo (femminile) dello sperma. Si effettuano 5 passaggi: 1) Vengono prelevati dalla donna degli ovociti; 2) In una fiala o provetta vengono uniti agli spermatozoi del partner o donatore; 3) Avviene la fecondazione; 4) Dopo due giorni l'embrione è pronto per l'utilizzo; 5) Viene impiantato nell'utero dell'aspirante mamma ed inizia la gravidanza. Chi e perché si ricorre a questa tecnica? Anzitutto chi prende atto della propria sterilità. Una volta si pensava che la "colpa" fosse sempre della donna. Invece oggi risulta che su 100 casi, 40% si tratta di maschi e altrettanti di femmine. Quindi pari e patta. Pare che una coppia su sei risulti sterile. E poi l'età avanzata: Nel 1980 le donne partorivano a 26 anni, oggi la media si è elevata sopra i 30. Infine un 20% si tratta di omosessuali e lesbiche. Gli esperti parlano di fecondazione omologa e fecondazione eterologa. Che significa?
Omologa quando questa tecnica viene effettuata da due coniugi della stessa coppia. Ad esempio il marito lavora all'estero o si trova arruolato alle armi: invia la fiala del suo seme alla legittima consorte per il relativo impianto nell'utero. La legge italiana questo lo permette (la chiesa no, come di seguito spiegheremo).
Eterologa quando questa tecnica si effettua fra uomo e donna estranei alla coppia. In questo caso esiste anche la banca del seme, in cui la fiala porta un numero e contrassegno, in tale deposito i gameti restano anche congelati e utilizzati dagli interessati a tempo da loro creduto opportuno. Oppure anche utilizzati come embrioni a scopo scientifico e di ricerca. In Italia vietata l'eterologa con la Legge 40. Nella fecondazione eterologa è consentito conoscere il nome del donatore? Dipende dalle legislazioni dei vari paesi. La fecondazione eterologa è permessa dovunque eccetto in Italia, Polonia, Irlanda. Ricordiamo che nel 2005 in Italia è stato indetto un referendum, bocciato perché non raggiunse il quorum. Come noto ne conseguì una polemica senza precedenti, dovuta al fatto che quella volta (come spesso) la chiesa ci ha messo del suo con l'allora Cardinal Ruini che ha consigliato tutti di disertare le urne e andare al mare. Soliti boicottaggi controproducenti, allorché preferibile sarebbe stato informare la coscienza dei fedeli e poi lasciarli liberi di decidere. In quanto al riconoscimento del donatore biologico, questo non è concesso in Spagna, Francia, Belgio (e ovviamente in Italia, Polonia, Irlanda dove tale tecnica non è consentita).
Da quando esiste la fecondazione in provetta e chi ne fu l'inventore? Nel 1978 l'inglese Robert Edwards (1927-2013), premio Nobel 2010, ne fu l'iniziatore. Il primo figlio della provetta fu una bambina, Louise Brown nata il 25.7.1978. Oggi donna adulta, normale, con due figli nati da gravidanza altrettanto normale. Da allora nel mondo sono nati 5 milioni di bambini. In Italia 10 mila all'anno, di cui tre mila i genitori turisti o nomadi dell'amore, costretti ad emigrare all'estero, molti nella vicina Svizzera con un saldo da 4 a 1O mila euro. Il numero di 3 mila figli dell'eterologa sono circa pari ai bambini adottati. In Danimarca il 4% dei neonati sono figli di questa tecnica causa l'avanzata età delle madri. La fecondazione artificiale non comporta dei rischi? Relativamente. Nella gravidanza normale le complicazioni sono del 6% circa, in quella tecnica circa 10%. Probabilmente i rischi in futuro saranno minori, causa anche la diagnosi preimpianto, con la possibilità di conoscere prima dell'impianto nell'utero le condizioni di salute dell'embrione. Da considerare poi i parti bigemellari (al 20%) e i trigemellari (1%).
Ora al di là di queste premesse scientifiche qual è la posizione della chiesa cattolica in merito?
Al presente la prassi della chiesa, incluse le diverse convinzioni ritenute da un buon numero di teologi cattolici, è la seguente: sacralità della vita umana, la vita è sacra dall'inizio alla fine. Di conseguenza rispetto della natura, della legge naturale, in quanto iscritta da Dio. Se ne conclude che il rapporto sessuale è consentito solo fra coniugi legittimi, uniti dal sacramento celebrato alla presenza di un suo ministro, a scopo di procreazione. Se questa non la si desidera allora si convive in castità, o attraverso rapporti secondo le regole di Ogino Knaus o del metodo della temperatura basale. Per la chiesa la fecondazione in vitro, sia omologa come eterologa, è olocausto in provetta, delirio di ventre femminile. Il figlio deve essere concepito dall'amplesso amoroso e non per vie sostitutive o fabbricato altrove. La fecondazione assistita è una modalità contro la natura della coppia, della sessualità, dell'amore. La prima proibizione pontificia risale al 1948 ad opera di Pio XII. La seconda nel 1987 nell'enciclica 'Donum vitae' (dono della vita) per mano di Papa Wojtyla. Però per completare il quadro va detto che nel 1978 il Cardinal Luciani poco prima di venire eletto Papa, fece gli auguri a Louise Brown, la prima bambina concepita in provetta, benedicendo perché ogni vita proviene da Dio. E il Cardinal Martini (ma non solo lui) più volte ebbe a ridire che su questi problemi frontiera si lasci studiare, discutere, dialogare. Esiste una cultura sotterrate e carsica in merito cui si deve pure prestare attenzione. Come si vede, si cammina sul filo del rasoio da entrambi le parti.
Al di là della dottrina cattolica e delle implicanze religiose, non emerge anche una serie di interrogativi concernenti il diritto? Indubbiamente, e qui il discorso si fa più complesso. C'è il diritto dei genitori o di una coppia di avere un figlio, sì. Ma è questo un diritto assoluto, come ad esempio il diritto alla salute, alla cultura, ecc.? Siamo sullo stesso piano? Un altro diritto è quello del bambino. Certo mettere al mondo un figlio quando lo si desidera ardentemente è un'esperienza meravigliosa. Però lui come si sentirà? Non andrà alla ricerca del padre biologico? Non sarà soggetto a frustrazioni? Per un bambino cercare il padre "non genitore" potrebbe anche essere fonte di delusione. E la tutela del bene del bambino? Come quando ad esempio vi sono due madri biologiche e due genitori sociali affettivi. Due-tre genitori e una culla? Come, caso avvenuto: quello di una mamma ufficiale priva di organi riproduttivi, una sorella che vi presta l'ovulo, una terza che fa da madre surrogata. Certo sul fronte dei diritti i nati dalla fecondazione eterologa sono figli della donna che li partorisce e del padre che li riconosce. Pacifico sulla carta, un po' meno sul piano dei sentimenti. E poi ci sono i diritti del genitore donatore. Non potrebbe questi vantare una paternità reale se non altro per l'emergere dentro di sé di sentimenti genitoriali? E le conseguenze dell'utero in affitto? In definitiva quale sarebbe l'opinione dei genitori che vivono nella loro pelle questa esperienza?
Un caso per tutti, abbastanza significativo. Nella notte di San Silvestro 2012-13 nella clinica di Padova è nata una bambina figlia di due ragazze omosessuali, quindi concepita in provetta. Sul polso destro il braccialetto della madre biologica, su quello sinistro il braccialetto della partner, in funzione di padre. La loro opinione? "Vi sono tanti bambini figli di coppie normali, benedetti e battezzati, che poi vengono venduti, maltrattati, lasciati sulla strada, tirati su senza affetto. Altri scelti dal mucchio degli orfanotrofi, figli di chi sa chi, presi solo come gingilli, poi abbandonati a se stessi da genitori divorziati. Noi invece, due lesbiche, ci vogliamo bene, educheremo con tanto affetto questa nostra bambina, le insegneremo una strada, si farà e ci farà onore". Espressioni queste che potrebbero mettere in crisi tanti genitori biologici. La fecondazione in vitro sia omologa come eterologa è destinata senz'altro ad aumentare in futuro. Avremo tanti figli della provetta. La difficoltà sta non tanto come ignorare ma come affrontare questa eventualità, un'altra vera sfida del duemila.
Autore:
Albino Michelin
24.05.2013
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