"Attenti
bambini, arriva Gesù" così la maestra presentò il Vescovo ai ragazzini
durante un'ora di scuola in occasione della visita pastorale in una parrocchia
del Bresciano. In Italia la scuola di Stato è laica in teoria, di fatto resta
ancora privata e confessionale. In un paese delle Marche diverse ore scolastiche
nel dicembre 1996 sono state impiegate a costruire il presepio. A Bitonto
(Bari) è stato fatto obbligo ai bambini della scuola di partecipare "in
quanto scolari" alla processione del patrono e distribuire santini dell'Addolorata
come espressione della cultura e della religiosità popolare. Nella Missione
cittadina dello stesso periodo a Roma i docenti sono stati
"caldamente" invitati a proporsi come teste di ponte fra il quartiere
e la parrocchia. A Lipari (Messina) il prete insegnante di religione nelle
scuole diede questo tema: "I testimoni di Geova: falsari di Dio".
Prima di Pasqua in una parrocchia del comasco i bambini durante l'orario
scolastico si muovevano intruppati e condotti a fare l'ora di adorazione al
Santo Sepolcro. Per la maggioranza è stara un'ora di sport e di boccacce. Tutti
questi episodi sono successi negli ultimi mesi del 96, a fondamento di una
mentalità che continuerà, quando in Italia infuriava la polemica sulle scuole
private e pubbliche, sul diritto di costituire scuole cattoliche, parificate e
sovvenzionate dello Stato. Il 25 aprile 1997 i Vescovi della Sicilia hanno
inviato al Ministero della Pubblica Istruzione una lettera aperta sottoscritta
da docenti, universitari, presidi, insegnanti e da 20.000 genitori, insomma da
tanti i siciliani. In essa si sostiene che "la libertà di educare è un
diritto ed una responsabilità naturale delle persone e delle famiglie singole o
associate. Non è la concessione fatta da uno Stato che si considera unico
gestore della formazione dei giovani". Nessuno ovviamente contesta ai
cattolici il diritto di costruirsi e gestire la loro scuole private, come ai
valdesi, agli evangelici, ai testimoni di Geova, ai marxisti. D'accordo, il
diritto alla libertà deve essere esteso a tutti, senza pretesa di egemonie
culturali o di bottega. D'altra parte lo Stato laico deve rispettare queste
libertà e non deve imporre a tutti la sua laicità abolendo le scuole private,
di qualsiasi estrazione e tendenza esse siano. Il problema però delle scuole
private, in primis della scuola cattolica, è la rivendicazione ad essere in
toto equiparate alle scuole di Stato e debitamente finanziate, fino alle tegole
del tetto. Alla faccia dell’art.33 della Costituzione Qui il discorso cambia.
Mentre da una parte la gerarchia ecclesiastica in questa fattispecie è
monolitica ed univoca nel senso di esigere totale sostegno finanziario, la
comunità ecclesiale italiana invece, cioè il popolo cattolico-credente non è
più dello stesso avviso, ma possibilista su diverse opzioni. Per quest'ultimo
infatti importante è che lo Stato conceda la parificazione (esempio il
riconoscimento degli esami di maturità) e un contributo finanziario. Contributo
è diverso da copertura. Il rispetto verso la laicità dello Stato esige che il
singolo non accolli a lui la spesa delle corone del Rosario, dei bollettini
parrocchiali di devozione varia, dei settimanali esoterici indù, delle varie
sure o commenti del Corano, dei midrash o racconti ebraici. Tutte iniziative
ottime che possono servire anche allo Stato in quanto gli garantiscono più
galantuomini e meno criminali e gli fanno risparmiare polizia, processi e
galere. Però siano i credenti stessi delle varie fedi religiose e scuole
private ad assumersi l'iniziativa e anche gli oneri di fondo. In effetti il
timore di molti cattolici italiani, di quelli adulti e maturi nella fede, è di
ritrovarsi di fronte ad una scuola privata fondamentalista, intollerante con
gli spazi tutti e solo a sua disposizione. Con la recondita intenzione di trasformare lo
stato laico in una repubblica cristiana e di ritornare alla teocrazia di
Gregorio VII. Il pericolo che una scuola cattolica privata sovvenzionata dallo
Stato divenga dogmatismo, censura, chiusura, anziché dialogo e rispetto del
pluralismo. Che si possa servire dello Stato (i fantasmi del mezzo secolo non
sono del tutti scomparsi) per i suoi interessi. D’accordo per uno Stato che
contribuisca finanziariamente alle scuole dei preti e delle suore a patto però
che queste poi rispettino anche certi requisiti. E soprattutto si diano una
regolatina sulle modalità interne di gestire cultura e religione, vedi gli
esempi citati all'inizio. In effetti esiste un sacco di persone in emigrazione,
con messa tutte le mattine e confessioni settimanali nel periodo dell’infanzia,
uscite poi con le tasche talmente piene da piantare li tutto: chiesa, preti,
frati, papa e messa domenicale. Professarsi anticlericali, addirittura cambiare
religione. In effetti un po' dovunque i migliori e più attivi animatori dì
movimenti religiosi contro la chiesa cattolica, sono spesso proprio quelli
usciti dalle scuole dei preti e delle suore. Dopo tante frenetiche sciroppate di
devozioni, di paure del peccato e dell'inferno chi avrebbe il coraggio di darci
torto?
Autore:
Albino
Michelin
31.05.1997
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