Quest'anno 2012 si celebra il cinquantesimo anniversario dell'apertura del Concilio Ecumenico da parte di Papa Giovanni XXIII. L'anniversario di ogni evento del genere nella chiesa cattolica è sempre a doppia valenza: o l'esaltazione di un passato chiuso in se stesso, o la spinta verso un futuro innovatore secondo la logica evolutiva del tempo. In questo contesto può inserirsi l’argomento "La chiesa e le donne nell'ultimo mezzo secolo". In Italia si è interessata ad un'analisi in materia la teologa, tra le pochissime in circolazione, Adriana Valerio. Risulta che nelle sessioni del Concilio i maschi (Cardinali, Vescovi, Prelati, consultori) erano 2400 e le donne 23 (di cui 10 suore e 13 single). Solo uditrici mute, senza diritto di parola. A dire il vero nei primi due anni (1962-1964) le donne in quell'assise non esistevano affatto. Furono il cardinal Suenens primate del Belgio, il Vescovo Albino Luciani (Papa nel 1978), e qualche altro ad esprimere la necessità di aprire l'assemblea anche alle donne. Ma un numero così esiguo di quote rosa fece funzione solo di cosmesi decorativa per tamponare richieste interne e schivare le critiche dall'esterno del mondo femminile e della società laica. Nessun reale peso, né possibilità di porre il punto di vista delle donne sulle questioni via via trattate. Inoltre per non contaminare i padri del Concilio fu apprestata per le poche donne una buvette a parte per bersi il caffè e il cioccolato caldo. Escluse anche dalla sala stampa. Totale separazione, la loro era una presenza sotto controllo. Alla conclusione del Concilio il 7.12.1965, Papa Paolo Vl inviò fra gli altri anche un messaggio alle donne, in cui si separavano le donne come categoria a sé, e riproponeva un modello che rappresentava il femminile nella funzione naturale di custode di una umanità da salvare. Si è messa un pochino la testa fuori dalla finestra: concessione alle donne di leggere in chiesa qualche brano (ma senza aggiungervi spiegazione) e di distribuire la comunione. Ma vada pure, eravamo 50 anni fa. Se oggi ci domandiamo quanto sia cambiato nella chiesa, è triste dover rispondere che troppo poche e marginali sono le novità! Quello che ci torna in mente è piuttosto la mordacchia e il silenziatore imposto dalla gerarchia romana a quelle congregazioni USA che sono state commissariate per aver osato pretendere e in qualche modo mettere in pratica la parità con gli uomini relativamente al sacerdozio femminile. Status quo anche per quanto concerne la presenza istituzionale. Ad esempio gli inquilini del Vaticano sono tutti maschi. Anche l'ultima sfornata di cardinali annovera altri 6 sugli attuali 120 o giù di lì, nessuna donna. E le donne lo potrebbero essere in quanto che per esercitare il ruolo di cardinale non è necessario far precedere o includere il sacerdozio. In definitiva niente è cambiato niente cambia. Lo capiamo bene ai nostri giorni in cui le questioni aperte sono ancora le stesse di quei lontani anni sessanta: regolarizzazione delle nascite, preservativo, aborto, settore sessuale, realtà che vanno a pesare solo sulla vita delle donne. Chiesa di soli maschi, avanti tutta! Non basta cantare la ola ola a queste nozze d'oro, si dovrebbe anche impegnarsi a maturare i diritti delle donne nella chiesa. Perché diciamoci la verità, le 23 donne ai Concilio sono state soltanto una coreografia di facciata.
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Albino Michelin
19.12.2012
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lunedì 14 marzo 2016
L'INFEDELE GAD LERNER VESTE I PANNI DEL FEDELE
Penosa la trasmissione di lunedì 8 ottobre 2012 "L’infedele" condotta da Gad Lermer e mandata in onda su Rai 3 con la sigla: Speciale La 7 "Di chi è la chiesa". Invitati il cardinal Scola di Milano con altri sette referenti. Un'ora di catechismo d’impronta assai clericale e poco ecclesiale. Con il prelato a mettere continuamente i punti sulle "i" e con uno staff di accompagnatori di marca tradizionalista, eccezion fatta per quel malcapitato prete bolognese, che all'esprimere il desiderio di una chiesa più francescana fu corretto e messo a tacere come un pesce fuor d'acqua. Meraviglia che Rai 3, definita culturale, si sia ingaggiata in una sviolinata elogiativa della gerarchia, facendo passare l'idea che la chiesa prima di tutto non è di tutti, ma in primis appartiene alla casta clericale. E questa sarebbe l'inaugurazione del 50° anniversario del Concilio Ecumenico Vaticano 2°. Meraviglia che un Gad Lerner, riconosciuto e noto per il suo pluralismo, abbia invitato solo referenti appartenenti a movimenti cattolici per nulla innovatori: Comunione e Liberazione, Opus Dei, Legionari di Cristo, Focolarini, Carismatici, Nuovi Orizzonti, ignorando gruppi base, come "Noi siamo chiesa" e tanti altri, dando l'impressione di una trasmissione parziale, se non settaria. Inoltre esclusi tutti i teologi studiosi cattolici di altro pensiero all’interno della chiesa, tipo R. La Valle, M. Vigli, O. Da Spinetoli, F. Scalia, P. Sorge, D. Menozzi, V. Mancuso, V. Bellavite, P. Ricca, G. Franzoni, le teologhe L. Sebastiani, A. Valerio ed altri di statura mondiale come H. Küng. Oppure vescovi benemeriti come Bettazzi, Casale, Nogaro, non sempre allineati e preconciliari. Meraviglia che un Gad Lemer, di estrazione ebraica apertamente conclamata, non abbia aperto l'incontro a rappresentanti di altre confessioni: protestanti, ortodossi, valdesi, ebrei. Lontano da noi l'idea che anche Lerner per amor di carriera si sia rivestito della pelle del camaleonte. Dubita per caso che la Televisione Italiana sia in mano al Vaticano? Comunque una trasmissione più che ossequiante: chiaramente servile. Evitiamo l'espressione "cortigiana". Certamente osannante ai palazzi della Chiesa. Però con i destinatari rimasti sulla loro fame. Il popolo di Dio dopo 50 anni, ancora una volta gregge di pecore che va nutrito fra nuvole d'incenso e retorica autocelebrativa. Se questa è informazione, formazione, cultura religiosa per l'Italia di oggi, deprivati della nostra sete di sapere e di verità non ci resta che rassegnarci. Chi scrive non è un ateo, né un laicista, ma un semplice credente.
Autore:
Albino Michelin
17.10.2012
Autore:
Albino Michelin
17.10.2012
LA SPIRITUALITÀ DEGLI ATEI
L’affermazione pare una contraddizione, ma solo a prima vista. Se la si considera scevra da pregiudizi e preconcetti non la si troverà così scontata. Anche sul significato del vocabolo “ateo” vi sono molte confusioni e diversità. Ad esempio nulla a che vedere con anticlericale, nel senso che quest’ultimo non rifiuta un rapporto con dio, ma col clero, o perché uscito da esperienze polemiche, o perché lo ritiene un potere autoreferenziale, o perché preferisce fare da sé, cioè andare direttamente a Dio senza intermediari. Ateo ancora nulla a che vedere con “non praticante”. In effetti se per caso ci si mette a discutere con qualcuno che non frequenta i riti, i gruppi di riferimento religioso e gli si appiccica l’etichetta di ateo, lo si vede reagire quasi oltraggiato. Esiste oggi una serie di atei che potremmo definire parziali come quando si sente qualcuno affermare di non credere al Dio del Vecchio Testamento, di non credere al Dio della Bibbia, al Dio di Maometto, di Budda, o degli Indù. Atei in fondo costoro non sono, perché ammettono di avere un rapporto con un essere assoluto, al di sopra delle parti, non categoricamente definito e codificato, come lo vorrebbe a modo suo ogni religione. In effetti potrebbero anche avere loro ragione perché ogni descrizione su Dio in genere non è una definizione, ma una limitazione. E’ un tentativo, quasi inutile, perché il modo migliore per capire Dio forse è il silenzio. Premessa questa precisazione si potrebbero distinguere atei positivi e atei negativi. Anche questa un po’ teorica e libresca. L’ateo positivo sarebbe colui che avrebbe delle prove per dimostrare che Dio non esiste, quello negativo sarebbe chi non ha prove sufficienti per dimostrare che Dio esiste. A suo tempo nel 1200 San Tommaso D’Aquino, dottore universale della Chiesa, tentò di dimostrare l’esistenza di Dio attraverso cinque vie, basate non tanto sulla fede, ma sulla ragione umana. Nella prima spiega ad esempio che in questo mondo tutto è movimento, vedi nell’universo e nella natura creata. Allora ne deduce la necessità di un “motore primo”, di una scintilla iniziale che ne avrebbe dato il via e lo chiama Dio. Pure nella quarta in cui costata che tutte le realtà esistono come ordinate ad un fine, ad esempio la pianta con il fine di produrre sempre lo stesso frutto, pur non essendo intelligente. Oppure la legge di gravità, per cui un sasso lanciato in aria non prende il volo ma tende e cade verso il basso. E conclude che qualcuno tutto abbia dotato e diretto verso un fine. Questo qualcuno egli lo chiama Dio. A 900 anni di distanza lo stesso concetto venne rielaborato da Teilhard de Chardin (+1955), il san Tommaso dei tempi moderni, ed egli apre la frontiera non tanto dal creazionismo fissato da Dio, ma dell’evoluzionismo intelligente, animato dallo Spirito di Dio. Come noto, J.Monod biologo ateo, premio Nobel 1968, è di tutt’altro avviso. Cioè il mondo è frutto del caso, di aggregazioni chimiche, si sviluppa e si mantiene per una necessità intrinseca, istaurata fra le singole parti. Con un’ovvia obbiezione dalla parte opposta, che un biologo non è un tuttologo e non può varcare frontiere e spazi propri di altre discipline complementari. Anche S. Agostino verso il 400 d.C. ha tentato di dare una prova dell’esistenza di Dio chiamata a priori, cioè non potremmo cercare Dio se non avessimo in qualche modo la nozione o il sentimento della sua esistenza. Dio è un’idea innata come esigenza fondamentale del pensiero. Celebre la sua frase: ”inquieto è il cuor nostro finché non risposa in te”. E anche qui i filosofi atei degli ultimi due secoli ribattono che in tal caso Dio sarebbe creato dal nostro bisogno di sicurezza, una proiezione del nostro desiderio, cioè un’illusione consolatoria. In effetti Dio è morto, aggiungeva Nietzsche. Dobbiamo ammettere che lungo la storia della Chiesa gli atei sono sempre stati denigrati e con ostilità financo perseguitati, perché considerati immorali e pericolosi. Ci riferiamo all’editto di Teodosio 385 d.C. il quale prescrive che chi rifiuta di essere cristiano o è uno stolto o un demente, per cui oltre che con la giustizia divina dovrà fare i conti anche con la giustizia umana. Ed è da questo momento che la chiesa cattolica, in precedenza dall’impero romano perseguitata, diventa a sua volta in parte essa stessa persecutrice. Un salto al tempo attuale: Teodosio è il precursore dei nostri contemporanei teocon, cioè dei cattolici ultraconservatori ed intransigenti come i gruppi Opus Dei, Comunione e Liberazione, Legionari di Cristo.ecc.
La fede e la morale degli atei.
Limitiamoci ad un‘analisi dei veri atei convinti, quelli non proselitisti, non polemici, per i quali Dio non esiste, in quanto logicamente non dimostrabile. Le statistiche parlano di un miliardo e duecento milioni su 7 miliardi di abitanti. Una cifra che va presa con le dovute interpretazioni, in quanto al loro interno esiste una galassia di sfumature. In tutti i casi vi è oggi un diverso approccio nei confronti degli atei. Infatti è recente l’uscita di una collana editoriale di studi sulla “Spiritualità senza Dio”, diretta dal sociologo L.Barzano, di cui un interessante saggio “Spiritualità per atei” di Comte-Sponville. In sintesi: che cosa resta quando si rinuncia alla fede. L’ateo alla domanda se esiste Dio risponde: ”non lo so”. Se crede in Dio risponde: ”siccome non so se esista, quindi non ci credo”. Rifiuta la trascendenza (esistenza di un Dio, dell’aldilà) ma crede fortemente nell’immanenza, (nell’aldiquà), con serietà prende e vive oggi, in questo momento le realtà di questo mondo. La fede senza Dio è fedeltà qui. Più che una fede dopo la morte, è un’etica qui, ora. I veri atei, non quelli degli slogan, sostengono di avere una fede addirittura dogmatica nell’aldiquà. Non per il fatto di non credere in Dio rifiutano ad esempio il messaggio evangelico se in Europa, o il messaggio di Maometto se in Arabia, o quello di Budda se in Asia. Se si rinuncia ad un Dio chiaro e definito, non è un motivo per rinunciare a tutti i valori che abbiamo in comune, tramandati nel nostro mondo geografico. Se fossimo nati in Cina, saremmo debitori di altri valori di quelli che abbiamo ereditato in occidente. Fedeltà all’immanenza per l’ateo significa credere nell’universo e in questa umanità, anziché in Dio, ed agire con dogmatico rispetto dell’etica e della moralità. Significa fare il bene per un senso del dovere interiore e non per obbedire a Dio. Gratuita e infondata è l’affermazione di Dostoevskij: ”Se Dio non esiste, tutto è permesso”. Vi sono atei estremamente corretti, di un’etica personale, familiare, sociale ineccepibile, a volte molto più di certi credenti fedeli a Dio e ai santi suoi. L’ateo non spera, perché sostiene che chi spera nell’aldilà non è felice, e chi è felice quaggiù teme di perdere la felicità da un momento all’altro, quindi è sempre o spesso in ansia. L’ateo invece può essere una persona serena nella sua spiritualità. La spiritualità, che molte religioni ignorano o non prendono sul serio (in quanto considerata un hobby e non il fondamento di ogni religione, anzi di ogni fede), è la vita dello spirito, è silenzio, interruzione delle banalità, è mistero, è persino mistica, sospensione del tempo, della nostra conflittualità e schizofrenia interiore, è identità con se stessi, immersione nell’universo come la goccia d’acqua nell’oceano. L’ateo non prega, ma contempla, non si prostra ad adorare gli idoli, ma medita, seduto e rilassato, busto eretto. Il tutto frutto anche di un esercizio fisico, come lo zen, la respirazione, la liberazione dell’energia. Ovviamente come avviene nella spiritualità degli orientali che non credono in un Dio personale, mentre noi occidentali pragmatici e super produttivi, assenti da noi stessi, viviamo sempre con i nervi a fior di pelle e sprecati nelle futilità.
Personalmente io credo nel Dio di Gesù, perché sono stato così educato e ho interiorizzato questa fede. Ma non mi sento superiore a chi fosse nato in altro continente o professasse l’ateismo. Anche se Dio non lo si vede e non lo si tocca, ci credo come esiste la luce che non vedo e non tocco, ma attraverso la quale tutto vedo e tutto tocco. Come esiste l’amore che non si misura e non si pesa, ma che tutto muove e a tutto dà un senso. Non penso che Dio sia morto, sono morte e speriamo moriranno tutte le sue maschere. Però gli atei e l’ateismo hanno pure loro un messaggio che può esserci di riferimento e di riflessione, fino al punto che di un certo ateismo tutti abbiamo bisogno.
Autore:
Albino Michelin
29.09.2012
La fede e la morale degli atei.
Limitiamoci ad un‘analisi dei veri atei convinti, quelli non proselitisti, non polemici, per i quali Dio non esiste, in quanto logicamente non dimostrabile. Le statistiche parlano di un miliardo e duecento milioni su 7 miliardi di abitanti. Una cifra che va presa con le dovute interpretazioni, in quanto al loro interno esiste una galassia di sfumature. In tutti i casi vi è oggi un diverso approccio nei confronti degli atei. Infatti è recente l’uscita di una collana editoriale di studi sulla “Spiritualità senza Dio”, diretta dal sociologo L.Barzano, di cui un interessante saggio “Spiritualità per atei” di Comte-Sponville. In sintesi: che cosa resta quando si rinuncia alla fede. L’ateo alla domanda se esiste Dio risponde: ”non lo so”. Se crede in Dio risponde: ”siccome non so se esista, quindi non ci credo”. Rifiuta la trascendenza (esistenza di un Dio, dell’aldilà) ma crede fortemente nell’immanenza, (nell’aldiquà), con serietà prende e vive oggi, in questo momento le realtà di questo mondo. La fede senza Dio è fedeltà qui. Più che una fede dopo la morte, è un’etica qui, ora. I veri atei, non quelli degli slogan, sostengono di avere una fede addirittura dogmatica nell’aldiquà. Non per il fatto di non credere in Dio rifiutano ad esempio il messaggio evangelico se in Europa, o il messaggio di Maometto se in Arabia, o quello di Budda se in Asia. Se si rinuncia ad un Dio chiaro e definito, non è un motivo per rinunciare a tutti i valori che abbiamo in comune, tramandati nel nostro mondo geografico. Se fossimo nati in Cina, saremmo debitori di altri valori di quelli che abbiamo ereditato in occidente. Fedeltà all’immanenza per l’ateo significa credere nell’universo e in questa umanità, anziché in Dio, ed agire con dogmatico rispetto dell’etica e della moralità. Significa fare il bene per un senso del dovere interiore e non per obbedire a Dio. Gratuita e infondata è l’affermazione di Dostoevskij: ”Se Dio non esiste, tutto è permesso”. Vi sono atei estremamente corretti, di un’etica personale, familiare, sociale ineccepibile, a volte molto più di certi credenti fedeli a Dio e ai santi suoi. L’ateo non spera, perché sostiene che chi spera nell’aldilà non è felice, e chi è felice quaggiù teme di perdere la felicità da un momento all’altro, quindi è sempre o spesso in ansia. L’ateo invece può essere una persona serena nella sua spiritualità. La spiritualità, che molte religioni ignorano o non prendono sul serio (in quanto considerata un hobby e non il fondamento di ogni religione, anzi di ogni fede), è la vita dello spirito, è silenzio, interruzione delle banalità, è mistero, è persino mistica, sospensione del tempo, della nostra conflittualità e schizofrenia interiore, è identità con se stessi, immersione nell’universo come la goccia d’acqua nell’oceano. L’ateo non prega, ma contempla, non si prostra ad adorare gli idoli, ma medita, seduto e rilassato, busto eretto. Il tutto frutto anche di un esercizio fisico, come lo zen, la respirazione, la liberazione dell’energia. Ovviamente come avviene nella spiritualità degli orientali che non credono in un Dio personale, mentre noi occidentali pragmatici e super produttivi, assenti da noi stessi, viviamo sempre con i nervi a fior di pelle e sprecati nelle futilità.
Personalmente io credo nel Dio di Gesù, perché sono stato così educato e ho interiorizzato questa fede. Ma non mi sento superiore a chi fosse nato in altro continente o professasse l’ateismo. Anche se Dio non lo si vede e non lo si tocca, ci credo come esiste la luce che non vedo e non tocco, ma attraverso la quale tutto vedo e tutto tocco. Come esiste l’amore che non si misura e non si pesa, ma che tutto muove e a tutto dà un senso. Non penso che Dio sia morto, sono morte e speriamo moriranno tutte le sue maschere. Però gli atei e l’ateismo hanno pure loro un messaggio che può esserci di riferimento e di riflessione, fino al punto che di un certo ateismo tutti abbiamo bisogno.
Autore:
Albino Michelin
29.09.2012
sabato 12 marzo 2016
UN VATICANO PER CHI E PER CHE COSA? CORVI E FUGA DI DOCUMENTI
Questa
faccenda dalla fine gennaio 2012 si è talmente infuocata da occupare ogni
giorno i primi spazi nei Media e TV. Il discorso va affrontato evitando gli
estremismi. Da una parte i crociati, fondamentalisti cattolici per i quali la
chiesa gerarchica ha sempre ragione, va difesa e omaggiata d'incenso.
Dall'altra gli anticlericali, per i quali la chiesa va sempre denigrata. Ci
sono degli scandali? Si analizzi chi li fa, chi li subisce, chi li sfrutta. Vi
sono degli errori? Ebbene, gli errori possono puzzare di fogna o profumare di
bucato. Ma inscenare una canea da entrambe le parti non serve alla verità. Non
ci interessa qui discutere i fatti e gli eventuali sviluppi, fermiamo le
lancette dell'orologio. Facciamo invece qualche considerazione a tutto campo.
Con uno spirito di disagio e di mortificazione interiore, perché la mia e la
nostra chiesa gerarchica tende ad affrontare questi problemi con supponenza,
sorrisi di superiorità, lasciandoci in una rassegnazione cronica nella vita
quotidiana di credenti. Ma dobbiamo anche avvalerci del canone 212,3 del
diritto ecclesiastico che suona: "è diritto e dovere di notificare il proprio
pensiero nella chiesa e di renderlo pubblico". In sintesi: qualche mese fa
Mons. Viganò, autorità del Governatorato vaticano scrive una documentazione al Papa
e al segretario di Stato Cardinal Bertone denunciando corruzione e malaffare
all'interno dei sacri Palazzi, e che fare pulizia è urgente. La notizia esce
con tutti i suoi dettagli e fatta pervenire ai Media. Il Prelato viene
trasferito a Washington nel lontano Usa. Una domanda: se parlò bene perché non
trattenerlo a bonificare l'ambiente, se parlò male perché promuoverlo ad una
sede in capo al mondo? Il tsunami non si arresta. Il 24 maggio Gotti Tedeschi,
presidente dello Jor (Istituto Opere Religione), banca vaticana, viene
sfiduciato e licenziato su due piedi, proprio come un ladro da pollaio. Due
anni fa era stato voluto a quella sede da J. Ratzinger e da T. Bertone.
Ultimamente perdette cotanta protezione perché intendeva, secondo le direttive
europee, allineare la banca alle regole della trasparenza ed inserirla nella
lista dei paesi virtuosi. Il giorno seguente il maggiordomo, cameriere del
Papa, Paolo Gabriele detto "Paoletto", trafuga i documenti privati
della segreteria di Stato e li divulga pure lui ai giornalisti. Mentre Gotti
confessa di temere per Ia sua vita, il Gabriele sconta la pena del furto nelle
galere pontificie. Tutti questi casi, ed altri innumerevoli, vengono raccolti
da G.L. Nuzzi, che ne fa oggetto di dibattito negli "Intoccabili", e
pubblica un libro dal titolo "Sua Santità", al primo posto nel
settore saggistica del tempo. Personalmente non ho letto il volume e non intendo
leggerlo in quanto la vicenda è stata dibattuta in tutti i salotti televisivi e
perché la parabola ascendente o discendente vaticana (dipende dal punto di
vista), dopo il Concilio Ecumenico terminatosi nel 1965, la si può conoscere
attraverso diverse pubblicazioni laiche uscite negli ultimi 50 anni. Esse
dimostrano purtroppo come questa assemblea mondiale dei cattolici sia stata una
bella iniziativa di Papa Giovanni nel 1962, ma con il tempo finita negli annali
dell'archeologia. Se qualche lettore desiderasse ampia documentazione in
materia, che pure a me ha dato sufficienti informazioni, consulti: A) I
Mercanti del Tempio 1998 autore M. Guerino. B) Via col vento, 1999, autore
"I millenari", (gruppo di prelati all'interno del vaticano. C) G.
Galli, 2004 "Finanza bianca". D) G. Ballardini 2011 "Gesù e i
saldi di fine stagione". E) M. Politi, 2011, "J. Ratzinger e la crisi
di un Papato".
Non
identificare il vaticano con la chiesa
Vaticano
deriva da "Vaticinium" e risale al periodo dell'impero romano allorché
i sacerdoti pagani esprimevano i loro vaticini o presagi leggendo il volo degli
uccelli o le viscere degli animali. E ciò avveniva su di un colle accanto ad un
piccolo tempio che all'avvento del cristianesimo fu abbattuto e sostituito da
una cappellina cristiana. Si dice, ma non è documentato che lì sia stato
sepolto l'apostolo Pietro. E così ebbe inizio la permanenza del papato in Roma.
Ma non è dogma di fede che la sede del pontefice debba essere quella, può
venire trasferita anche altrove. In effetti, sappiamo che dal 1309 al 1376 la
residenza della curia papale fu Avignone, città della Francia di proprietà del
Papa stesso. Allorché S. Caterina da Siena scrisse una lettera a Gregorio Xl ingiungendogli
di tornare a Roma, pensava ad una corte papale paradisiaca invece "si
percepiscono fetori di vizi dell'inferno". Parole della santa. Certo se il
Papa fosse rimasto all'estero, la nostra storia avrebbe avuto altro sviluppo.
Ma nulla vieta che oggi la curia vaticana possa trasferirsi al terzo mondo, o
nell'America Latina, dove esiste la concentrazione più alta dei cattolici,
supponiamo a S. Paolo del Brasile. Certo un'utopia, ma pure continuando la
permanenza in Italia, dovrebbe sempre restare valido il principio di Gesù:
"essere in questo mondo, ma non di questo mondo". Cioè di questo
mondo non condividere la logica, la brama del denaro, la sete di potere, gli
intrighi di carriera. Invece a Roma il Vaticano rischia di cedere alla
tentazione del patteggiamento politico, privilegi, esenzioni, invadenza,
teocrazia, cioè imporre il catechismo come legge dello stato. II contenitore di
una chiesa che dovrebbe essere universale, rappresentativa, in ascolto di tutte
le voci ed istanze, rimane invece una chiesa all'italiana, anzi alla romana.
Quindi vi alloggiano prelati di color nero, giallo, olivastro, con l'obbligo
anticipato però di studiarsi l'italiano e lentamente "ragionare"
all'italiana. Ma tutto ciò porta alla lunga a conflitti latenti nel suo interno.
Che poi la stampa, i talk show, i media parlino di guerra dei coltelli, di
cricche, di caste, di intrallazzi, di congiure, di bande, di faide è loro
mestiere. Ma il nostro compito non sarebbe quello di perdere tempo a rispondere
con le stesse armi, quanto piuttosto di riformarci al nostro interno.
E
veniamo al primo punto: il Vaticano è uno Stato. Esatto. La chiesa invece è la
comunità universale dei credenti, la cui leadership abbisogna di un territorio
e di edifici ad hoc. Ovvio che la chiesa di Gesù esisterebbe anche se vi
mancasse la leadership. Ricorda lo scisma d'occidente del 1378-1415,
trentasette anni senza papi. Ma spesso noi per comodità di linguaggio
identifichiamo vaticano con chiesa. Lo stato del vaticano è sorto nel 1929 con
il concordato Pio XI-Benito Mussolini, 44 km quadrati, e circa un migliaio di
residenti o poco più. Si chiama Stato, ma è una fictio juris, cioè facciamo finta
che sia uno stato. Dipende dalle "convenienze". L'ambiguità fra Stato
Vaticano e chiesa andrebbe riformata, se esso vuole essere uno stato deve
soggiacere alle leggi di tutti gli altri stati, non fuggire per la tangente con
la prerogativa che la chiesa altra legge non ha, se non quella di Dio. E se l'Europa
chiede che la banca Jor del Vaticano deve rendere trasparenti i suoi conti, non
riciclare denaro sporco o mafioso, esso ha da attenersi. Gotti è stato
sfiduciato per questo. Allora la gerarchia faccia un esame di coscienza e metta
in ordine conti, bilanci, transazioni ecc. E probabilmente i corvi spariranno.
C'è stato quel buon uomo di Papa Luciani, vissuto in Vaticano solo un mese, che
aveva intenzione di riformare la situazione finanziaria, perciò Il 28.9.1978
decide di destituire Marcinkus da segretario dello Jor. Il mattino seguente il
pontefice viene trovato cadavere. II successore Papa Wojtyla ripromuove
Marcinkus a cardinale. II 18.6.1982 Calvi, direttore del Banco Ambrosiano,
viene trovato impiccato sotto il ponte di Londra. L'Italia vuole processare
Marcinkus, ma il Vaticano non glielo consegna. Finché il 19.6.1989, (dopo 10
anni di intrighi), Wojtyla lo spedisce negli Usa. Perché tanto ritardo?
L'articolo 14 del Concordato del 18.2.1984 (Governo Craxi-Vaticano) dice
testualmente: ”Lo Stato italiano non può decidere nessuna modifica ai patti (=
privilegi finanziari) senza l'approvazione del Vaticano”. Dunque la prima
riforma da fare, a tanti anni dal Concilio è abolire questa clausola e lo
spirito che le fa da supporto.
Clima di carrierismo nella corte
papale.
Altra
importante riforma sarebbe quella della curia romana, sia nel reclutamento del
personale, sia nella nomina dei vescovi alle singole diocesi. Top segret, il
ruolo dei credenti è solo quello di pregare lo Spirito Santo affinché illumini
gli alti dicasteri addetti. Anzitutto non viene rappresentata l'universalità
della chiesa. (Cattolica significa universale). Risultato alla resa dei conti: troppe
cordate, cioè promozioni per via di amicizie. 50 anni fa, forte era la cordata romana:
ricorda i cardinali Traglia, Ottaviani, Giobbe, Fumasoni, Biondi ... Più tardi
segue la cordata romagnola: Cicognani, Silvestrini, Monguzzi, De Nicolò,
Minelli ... Recentemente la cordata piacentina (Nord Italia): Rossi, Casaroli,
Oddi, Samoré, Poggi, Tonini. Il 18 febbraio 2012 nel Concistoro, assemblea
addetta alle elezioni, abbiamo avuto 22 cardinali di cui 3 possiamo definire
della cordata piemontese sull'onda lunga di Mensa, insegnante dell'attuale Cardinal
Bertone: si tratta di Calcagno, Bertello, Versali. Su 22 gli italiani sono 7,
un 30%, quando i cattolici italiani rappresentano nel mondo il 5-7%. Sempre tendenza
verso una chiesa italiana, con metodi italioti. Ovvio che possano emergere
conflittualità, come quelle che stanno evidenziandosi: un gruppo di curiali
sarebbe per un Ratzinger bis, alla morte dell'attuale, un altro per aprire le
finestre al nuovo mondo globalizzato e sempre più internazionale. Sul modello
Onu. E per quanto riguarda la scelta dei vescovi delle diocesi: d'onde si
raccolgono informazioni? Attraverso canali politici, i cosiddetti Nunzi apostolici,
e mai attraverso le parrocchie di base. Nel 1829, ormai due secoli fa, su 646
vescovi diocesani solo 24 erano nominati dalla santa Sede, gli altri dai gruppi
dei vescovi della nazione di appartenenza. Come fa un Papa a conoscere e nominare
gli attuali 4 mila vescovi del mondo? Di qui si possono capire le reazioni dei
fedeli, vedi il caso del vescovo Zurigo-Coira, tuttora soggetto ad infinite
discussioni e divisioni. Vedi anche i fischi dei cattolici tedeschi nel
Katholikentag di Mannheim 2012, indirizzati verso i vescovi che si limitavano a
scuse superficiali in risposta alle penose situazioni attuali. Ed ancora, la
scelta dei vescovi non può restare solo nelle mani di qualche gruppo di
cattolici tradizionalisti e conservatori. Tutti conosciamo la potenza dell'Opus
Dei e di Comunione e Liberazione, sorte per essere presenza cristiana e invece
diventati potere e invadenza finanziaria. Nel libro di F. Pinotti, edito nel
2010 "La Lobby di Dio" (Cioè Comunione e Fatturazione, anziché
Liberazione) si anticipano le manovre per portare l'arcivescovo di Venezia a
Milano, in attesa di lanciarlo nel Conclave come futuro Papa. Ebbene Angelo
Scola, ciellino, a Milano ci è arrivato. Ed ora dagli stessi suoi sostenitori
si traffica affinché Formigoni, Presidente Regione Lombardia, arrivi alla
Presidenza del Governo. Forse con questo non ci arriveranno, stante la sua
situazione di indagato, come d'altronde altri di Comunione e Liberazione. Il
Concilio Ecumenico del 1965 mirava alla collegialità nella chiesa, invece si è
ritornati ad un esercizio monarchico,quasi fra amici degli amici.
E’
questa la chiesa fondata sulla roccia?
Spesso
noi cattolici ci ancoriamo dietro ad alcune affermazioni del Vangelo che
andrebbero analizzate con un certo distinguo. Per esempio: "Chiesa e
Cristianesimo fondati sulla roccia, quindi indistruttibili". Qualcuno
potrebbe rispondere: l'induismo è religione più antica del Cristianesimo, 2500
anni, senza mai parlare di roccia fondamento viaggia verso il miliardo di
adepti, poco meno del Cristianesimo, eppure anch'esso è indistruttibile. Senza
mai nemmeno una crociata od una guerra di conquista. Annoverando anch'esso pure
uomini di buona volontà, che non abbia pure questa religione l'assistenza dello
Spirito Santo, dal momento che tutti gli uomini sono immagine di Dio? Che ne
pensa in definitiva Papa Ratzinger di questo travagliato periodo? Senza
identificarlo con la chiesa, non potrebbe questo Vaticano essere fondato sulla
sabbia? Al di là dell'entourage che descrive Ratzinger addolorato, affranto,
dolente, da sostenere con la preghiera, ecco delle precise inattese
affermazioni. Il Venerdì Santo del 2005 Benedetto XVI lamentò: "quanta
sporcizia nella chiesa”. Il 18.2.2012 ai neo cardinali fece la predica: ”No ad
una chiesa mondana del potere e della gelosia". Il 24.2.2012 ai preti di
Roma: "questa vanagloria alla fine è contro di me e non mi rende
felice". Ovviamente qui si riferisce ai veleni serpeggianti in curia. Il
27.5.2012: "no alla babele". Tre giorni dopo invece: "ringrazio
e dò fiducia incondizionata ai miei collaboratori". Insomma sembra che
neanche il Papa oggi sappia da che parte voltarsi. Ostaggio del Vaticano. Per
le riforme urgenti forse non sente più il coraggio e le forze. Un augurio
sincero comunque gli viene dal suo compagno di studi, di università, di
dottorato, di insegnamento universitario, di consultore al Concilio Ecumenico,
Hans Küng con il suo ultimo libro del 2011 ''Salviamo la Chiesa". Un
invito a leggerlo.
Autore:
Albino
Michelin
29.06.2012
QUANDO LE RELIGIONI SONO CREAZIONE DEGLI UOMINI
La
domanda che oggi la gente sempre più si pone è a che cosa possa servire una
fede e se questa sia ancora necessaria. E che cosa uno si perda disinteressandosi
della fede, di una religione, di una chiesa. Senza una religione l'uomo non
sarebbe più se stesso? Questa serie di domande nasce da una costatazione. Il
mondo continua a migliorare, pure in mezzo a tante contraddizioni, senza
riferimento diretto alla fede, anzi sembra a volte opponendovisi. Di qui nasce
il sospetto che la religiosità appartenga di più alla nostra struttura
psicologica soggettiva che non ad una esigenza oggettiva. Come dire: io credo
perché ne ho bisogno e non perché esista un Dio, motivo del mio credere. Si
nota cioè che spesso degli individui rimangono fortemente attaccati a
convinzioni che, pur non rispondendo a situazioni reali e pure essendo poco
ragionevoli, sono per loro una fonte di sicurezza. Così il bambino crede
tenacemente al mondo delle favole, dei maghi, degli spiriti, delle streghe, dei
Santa Klaus più per la sua struttura mentale che per dati obbiettivi in favore
dell'esistenza di questi personaggi. Egli ha tante buone ragioni per credervi e
ne riceve tutta una serie di vantaggi, dando per esempio almeno una utile,
sebbene provvisoria giustificazione ai suoi desideri, alle sue paure o sensi di
colpa. Però con la stessa disinvoltura abbandonerà tutto questo mondo, quando
cresciuto si accorgerà che è inutile, ingenuo, perfino di impedimento alla sua
maturazione e a scelte più responsabili. Non potrebbe essere altrettanto anche
della religione, dei suoi simboli, dei suoi paradisi e inferni? Certo il
pensiero tecnico e la cultura industriale sono nella loro natura atei, cioè
prescindono se un Dio debba esistere o meno. Il mondo è mondano e solo mondano,
il suo destino è affidato alla coscienza e alla responsabilità dell'uomo. Mi
permetto di sottolineare coscienza. Nella cultura e nelle scienze egli ha
imparato a cavarsela da solo, senza Dio. L'ipotesi Dio qui è più d'impaccio che
non di aiuto. La conseguenza di quest'evoluzione è una crisi radicale delle
religioni, le quali tutte sono nate e cresciute in un'epoca e ambiente agrario,
e perciò venivano considerate necessarie e logiche nella civiltà
preindustriale. Qui risiede il motivo di un calo generale della pratica in
tutte le religioni istituzionali. Le affermazioni però su elencate necessitano
di una certa analisi e distinzione fra Dio, spirito, coscienza da una parte, e
fede, religione, chiese, templi, moschee, pagode e dall'altra. Questa
confusione fa di ogni erba un fascio e arrischia di gettare l'acqua sporca con
il bambino, cioè le espressioni storiche e mutevoli con la sostanza che è il DNA,
il senso profondo dell'uomo.
Altro
è la religione, altro è la spiritualità.
Probabilmente
metà del pianeta ha detto la parola fine alle religioni, in altra metà però si
registra una effervescenza ed una rinascita. Vedi movimenti pentecostali, dello
Spirito, carismatici, turismo religioso, neobuddisti e meditazioni orientali.
Intanto è opportuno sapere che le religioni non esistono da sempre, non
esistono nemmeno da quando l'uomo è apparso sulla terra (3 milioni di anni?).
Sono di ieri, recenti, giovani. La più antica è l'induismo (pare esista da
4.500 anni), poi l'ebraismo giudaico (da 3.200 anni) su cui si è innescato il
Cristianesimo di Gesù (2000 anni). Non dimenticando che secondo il pensiero di
alcuni teologi cattolici non si è nemmeno certi se Gesù avesse voluto fondare
una religione o un movimento spirituale. E che la prima sia stata opera specifica
dell'apostolo Paolo, un autentico organizzatore. Comunque gli antropologi
sostengono che le religioni più antiche siano sorte nel periodo della rivoluzione
agraria (circa 10-12 mila anni fa), quando dal periodo paleolitico (antica età
della pietra) di cacciatori e nomadi si è passati al neolitico di coltivatori e
residenti sedentari. Qui l'umanità ha dovuto reinventare se stessa creando dei
codici di comportamento che le permettessero di vivere in società con un diritto,
una morale, un senso di appartenenza a beneficio della specie. Anche Mosè, il
noto legislatore ebreo, si iscrive con i suoi 10 comandamenti in questa logica.
In fondo è l'esigenza di senso e di esperienza trascendentale. La spiritualità
però è più antica della religione. Appare con l'Homo sapiens (70-100 mila anni
fa, oggi si suppone) che appunto coincideva anche con homo spiritualis. Ora l'esistenza
della spiritualità sembra possibile solo se la riteniamo come emanazione da Dio,
il che potrebbe essere comprovato se stiamo in ascolto della voce dell'universo
e del creato. Si intuisce una presenza di Dio nel processo della cosmogenesi,
cioè nel farsi evolutivo del mondo. Di un processo si tratta è non di una creazione
completa e realizzata. Convinti che tale processo non è forse sempre lineare,
si riscontrano involuzioni, progressi, fermate, stop, distruzioni di masse,
riprese.
Improbabile che gli
uomini siano frutto del caso
Tuttavia
guardando a ritroso, il processo rivela una direzione in avanti e verso l'alto.
Ammettiamo che molti, pure fior di scienziati, rifiutino una intenzionalità ed
una direzionalità dell'universo e parlino di caso. L'eventualità che noi siamo
figli del caso esiste ed è di 1 seguito da 48 zeri. In matematica è numero da
rompicapo, impronunciabile. Guardando a ritroso, ai 13-14 miliardi di anni
seguiti al big-bang, non possiamo negare che vi sia stata una traiettoria ascendente.
L'energia si è trasformata in materia, il caos è diventato generativo, la
complessità è diventata vita, quindi coscienza, quindi spiritualità. Tutto
nell'universo sembra essersi coordinato in maniera da permettere lo sviluppo
della vita e della coscienza. La domanda inevitabile: chi ha dato l'impulso
iniziale? Il nulla? Ma dal nulla nasce nulla. Segno che qualcuno, o qualcosa l’ha
chiamato all'esistenza. Prima del nulla c'era il Mistero: nome che le religioni
usano per esprimere ciò che chiamano Dio. L'irrompere dell'aurora, lo sbocciare
di un fiore, un bimbo che nasce…. Come si può restare indifferenti? Se non ci è
consentito di chiamarle prove, certo però che sono forti indizi a deporre in
favore di un impulso vitale dato da un essere superiore. Se c'è un Dio egli ha
creato l'universo come sovrabbondanza della sua pienezza. L'universo sta ancora
nascendo e la sua espansione significa anche la rivelazione progressiva di Dio.
Lo scienziato gesuita Teilhard de Chardin (+1955) sostiene che la materia
stessa va spiritualizzandosi e che lo Spirito dell'uomo altro non è che il
frutto di un lungo percorso attraverso tappe pazienti. Creato direttamente da
Dio? Forse no. Da lui progettato come meta dell'evoluzione ed interprete della
creazione, certo o probabile che sì. Quanto sopra è tentativo di dimostrare che
lo Spirito dell'uomo ha un rapporto con Dio, mentre invece le religioni sono
creazioni nostre. Lo spirito dell'uomo è anteriore e superiore ad esse. Le
religioni sono forme storiche, mutevoli, mentre la spiritualità è una
dimensione costitutiva dell'essere vissuta sì nelle religioni e nei luoghi
sacri, ma anche fuori di esse. Possiamo prescindere dalla religione, ma non
dalla dimensione di trascendenza dell'essere umano. Talvolta le religioni
possono costituire addirittura un ostacolo a vivere la propria spiritualità.
Dalla rivoluzione agraria ad oggi tutte le società sono state a modo loro
religiose, rette dalla religione nelle loro strutture culturali e sociali. L'impulso
religioso, la forza delle religioni è stato il motore del sistema operativo
nella società. Anche nel nostro piccolo mondo, in Italia e in occidente fino al
1500-600 movimenti sociali e rivoluzioni hanno sempre avuto un supporto
religioso. Tutto veniva gestito attraverso la sfera religiosa, come rivelazione
e volontà di Dio, attribuendo la propria origine a Dio stesso. Ma l'intelligenza
e lo spirito dell'uomo, costitutivo del suo io più profondo, ha reagito alle
religioni mettendole in crisi con le loro istituzioni, riti, dogmi, obblighi di
sottomissione. Alle imposizioni di una morale eterna venuta dall'alto, al controllo
del pensiero, alle inquisizioni, condanne a morte e ai roghi, alla pretesa
infallibilità dei capi (siano essi i sommi sacerdoti ebraici di ieri, i visir,
gli imman, i papi di oggi). Ed ancora ha reagito alle interpretazioni
unilaterali della volontà di Dio, proclamata dai vari libri sacri, al premio e
castigo di un giudice universale. Sappiamo che di fronte a queste strutture
dottrinali e rigide la gente abbandona, o è tentata di abbandonare religioni e
luoghi di culto. Sia ben chiaro, non solo cattolici. Non si vuole qui fare un autoesame
di coscienza: è un problema trasversale, eccezione fatta per le religioni
rimaste agrarie (tipo forse l'animismo africano). O le religioni ritornano a
rileggersi, rifondarsi quali espressioni dello Spirito dell'uomo e della sua
spiritualità più profonda, oppure arrischiano caduta libera. Per fare un esempio,
Spirito e spiritualità rappresentano il tronco, le religioni i rami. Lo spirito
sarebbe la costante o il genere che permane, le religioni invece sarebbero le variabili
o le espressioni, che potrebbero anche mutare o sparire.
Dalla
rivoluzione agraria a quella scientifica
All'inizio
abbiamo accennato esservi stata una grossa rivoluzione religiosa con l'avvento
della civiltà agraria, qualche decina di millenni di anni fa, la seconda rivoluzione
pare stia avvenendo oggi con il passaggio dalla civiltà agraria a quella
industriale e postmoderna. Perciò o le religioni si "reinventano"
oppure diventano insignificanti. Il cattolicesimo ha intuito la situazione
verso il 1960, organizzandosi un Concilio ecumenico. Poi però è tornato al
ripensamento, tutti in difesa davanti al portiere. Forse la paura di dare
spazio allo Spirito, alla spiritualità dell'uomo. Se in difesa invece non si
ripiegherà, le religioni potranno scongiurare la loro fine, o la fuoriuscita di
un sempre maggior numero di adepti delusi.
Autore:
Albino
Michelin
09.06.2012
09.06.2012
L’ITALIA E’ ANCORA CATTOLICA?
Si
chiama "secolarizzazione" il fenomeno secondo il quale la società
informa le proprie scelte di vita a comportamenti sempre meno influenzati dalla
religione. E' un processo che alcuni anni orsono divideva il mondo a metà, oggi
sempre meno. Da una parte il mondo islamico, dove questo processo non è più
però in fase regressiva, e dall'altra la società occidentale, di matrice
prevalentemente cristiana, dove invece tale processo è in crescita
velocizzandosi sempre più. In Italia il fenomeno lo si studia da un decennio
attraverso vari enti: la fondazione Critica Liberale, il Dipartimento CGL, la
Chiesa Valdese, l'Istat, la Federfarma, l'Isimm, la Conferenza episcopale italiana.
In pratica, anche se da diversi punti di vista, questi dati coincidono, per
quanto la chiesa tenda a mitigare i risultati, allorché scendono verso il basso.
Abbiamo un indice chiaro su come la società tende nel corso del tempo ad
orientare le proprie scelte rispetto ai dettami della fede, una chiara tendenza
a distanziarsi dalla religione cattolica. Una curva in discesa che si potrebbe
così tracciare. Dio si, Cristo un po' meno, Chiesa ancora meno, gerarchia verso
i minimi storici. Mentre una ricerca in aumento la si riscontra nel bisogno di
un senso della vita, di una fede, di una spiritualità fai da te. II che però
non sarebbe del tutto negativo. II pericolo maggiore per i credenti non è il
dubbio e il dissenso ma l’indifferenza.
Le scelte personali
Partiamo
da quelle relative ai sacramenti e alla messa. Aumentano gli italiani che
rimandano il battesimo dopo il primo anno di vita dei neonati. Ciò ovviamente
fa specie se pensiamo che qualche tempo fa i nostri nonni battezzavano i figli
nei primi giorni dopo la nascita, se non il giorno della nascita stessa.
Complice l'idea intimidatoria di S. Agostino (V° secolo d.C.), per il quale un
bambino deceduto senza battesimo si vedeva precluso il paradiso e doveva
parcheggiare nel limbo, una specie di anticamera fra premio e punizione eterna.
Che Papa Ratzinger abbia abolito il limbo, definendolo opinione superata, è
ininfluente alla diminuzione dei battesimi. Nell'ultimo decennio questi sono
calati da 515 mila annui a 429 mila, con una perdita di ben 19 punti. In calo
le prime comunioni da 553 mila a 428 mila. Cresime da 661 mila a 437 mila. Più
netto il calo dei matrimoni, unitamente quelli in chiesa e in civile. Meno 30%.
Da 312 mila a 230 mila. Matrimoni concordatari da 257 mila a 144 mila.
L'aspetto più drastico è la diminuzione dei matrimoni ecclesiastici in favore
del solo rito civile. Quest'ultimo è aumentato da 54 mila a 85 mila coppie. I
divorzi invece raddoppiano, passando da 23 mila a 54 mila. Nella sola città di
Milano (gli ultimi due anni 2010-11) aumentate del 10% separazioni e divorzi,
passando da 8.400 a 9.200. Aumentati del 30% i divorzi consensuali, dove entrambe
le parti arrivano ad un accordo senza andare avanti in un oneroso contenzioso
giudiziario sui soldi e sui figli. In margine a questo fenomeno già nel 2001
l'allora Cardinale di Milano Martini, cosa che fece scalpore, interrogò il
Consiglio Pastorale diocesano sulla possibilità di rileggere la proibizione dei
divorziati alla comunione. Favorevoli ad una revisione 78, contrari 2, astenuti
12. Ma con il suo successore, Angelo Scola di estrazione Comunione e
Liberazione, si ritornò agli antichi tabù. In effetti il 31.1.12 egli si oppose
a ripensare in merito, secondo un invito del Consiglio Presbiterale. Nonostante
tale divieto si registrarono 27 astenuti, 7 favorevoli, 13 contrari. Un risultato
che non rispecchia certo la sensibilità dei credenti ma il timore delle reazioni
del prelato. Altro dato interessante è quello concernente le vocazioni.
Diminuite, sempre nell'ultimo decennio, le ordinazioni di sacerdoti da 547 a
405. Mentre crescono diaconi e catechisti laici. Spiegazione semplice: questi
possono sposarsi e farsi una famiglia. Sintomo che il celibato ecclesiastico
obbligatorio è un ostacolo al farsi prete. L'annuario pontificio registra un
lieve aumento di cattolici, preti compresi, per Asia e Africa. Un mezzo gaudio,
una leggera compensazione probabilmente temporanea. Con l'avvento del
progresso, della globalizzazione, della tecnologia forse anche là subentrerà lo
stesso calo. Le messe domenicali registrano ancora una buona platea di canizie
e capelli bianchi, ma pure quelli in diminuzione, nonostante l'aumento dell'età
della vita. La percentuale di visitatori dai bambini agli anziani si aggira dal
35 al 45%, con lieve oscillazione fra nord e sud. Tengono le messe occasionali,
come quelle concomitanti con battesimi, prime comunioni, cresime, funerali. Che
la gerarchia ogni tanto annunci trionfalisticamente il ritorno del sacro, alle sante
tradizioni, all'obbedienza lascerebbe supporre chiese costantemente straripanti
di fedeli e ingorghi da stadio. Il che sarebbe consolante, ma è illusorio.
L’educazione scolastica.
Conseguenza
di quanto sopra non deve stupire in Italia anche il calo di iscritti alle
scuole private cattoliche e la diminuzione del numero delle scuole stesse sul
territorio. Il calo degli iscritti cattolici è da 11 a 8 mila. Il numero degli
studenti da 870 a 640 mila. Ciò dipende anche da un fatto di concorrenza della
scuola privata non religiosa, il cui numero invece di istituti e di alunni è in
costante crescita. Calano pure gli iscritti laici alle facoltà di teologia e
alle università ecclesiastiche, ricadendo così ad una ulteriore
clericalizzazione della cultura religiosa. Fatto che ciò non si avvera nelle
università straniere.
Le
scelte etiche
Mentre
da una parte aumentano consultori familiari e centri difesa della vita e della
famiglia da 487 a 2345, diminuiscono invece orfanotrofi e centri di tutela
dell'infanzia. Ciò nonostante si nota una cresciuta indifferenza al modello di
famiglia proposta dalla chiesa cattolica, così cambia anche il modo di vivere
la genitorialità, evidenziato dal crescente ricorso ai metodi anticoncezionali,
passato dal 10 al 19% (2003-4). Importante qui è il calo del numero degli
aborti, addirittura del 30% (dal 1991 al 2009), dovuto ad una maturità sociale
nella scelta in materia di procreazione e al maggior ricorso ai contraccettivi.
In merito è sempre da preferire il male minore (=prevenzione della maternità)
ad uno peggiore (=interruzione della maternità).
Presenza
della chiesa in TV.
Il
"Mistero di Maria", "Santo subito" (K. Wojtyla) e ancora
"Beato K. Wojtyla", i "Miracoli del Papa Wojtyla" sono
soltanto alcuni dei titoli delle puntate di Porta a Porta, salotto televisivo
di Bruno Vespa. La presenza della Chiesa in TV è straripante e incontenibile,
lasciando da parte messe domenicali, Angelus del Pontefice, viaggi papali, nel
qual caso non c'è spazio per nessuno. Pur possedendo la Chiesa italiana il suo
Canale Sky 2000, si arroga il diritto di mettere le mani sulla TV pubblica come
e quando essa crede opportuno. Limitandoci solo alle presenze religiose, tipo
annuncio o catechesi, essa conta 92% di presenze contro il 3% dell'Islam del 2%
di quella ebraica, dell'1 % di quella buddista. A farla da padrona, manco a
dirlo, Rai Uno, rete ammiraglia del servizio pubblico, che offre tra "Uno
Mattina e Porta a Porta" il grosso della visibilità televisiva nazionale
della chiesa cattolica. Terza a discreta distanza è "Matrix". Le tre
trasmissioni hanno offerto rispettivamente 58, 28, 14 puntate nel periodo in
questione: tutte le altre seguono a distanza siderale. La TV italiana produce
un vulnus alle altre religioni esistenti nel territorio, esibendo un tipo di
predicazione culturale, che più tradizionale non si può e che emargina tutti
coloro che tutto ciò non condividono. E poi il tipo di ecclesiastici
selezionati, sempre le stesse facce, nonché le modalità di comunicazione, il
genere delle tematiche: voce unica del magistero e dibattiti a soliloquio senza
un confronto con teologi laici dal pensiero diverso ed arricchente. Tutto a
conclusione scontata. Agli spettatori viene tappata la bocca, così è se vi
pare. Da ciò si distanzia alquanto Rai 3 ad esempio con la trasmissione
"Uomini e profeti". Ma il resto è TV adulatoria dello status quo e
dell'establishment ecclesiastico, selezionatore narcotizzante sui vari
problemi. Le rivelazioni di G.L. Nuzzi in gennaio-febbraio 2012 nella
trasmissione "Gli Intoccabili" sulla fuga di notizie compromettenti
il Vaticano, e il predicozzo di Celentano al Festival di S. Remo sulla chiesa
che dovrebbe fare meno politica all'italiana e più la politica di Gesù, ha scatenato
un finimondo nei palazzi alti e richiesto pubbliche scuse e ritrattazioni. Nella
Tv italiana si preferiscono fiction a vago sfondo pseudoreligioso, retorica
devozionale, visione mariane, da Fatima a Medjugorje, piaghe di P. Pio di
Pietralcina, conversioni shock, tipo quella della diva C. Koll e del drogadipendente
Paolo Brosio. Ma è sconosciuto e sottovalutato il fenomeno dello smisurato
scisma sommerso, che coinvolge una parte maggioritaria dello stesso mondo cattolico
praticante. E' solo propaganda ripetitiva e scontata, ostacolo
all'apprendimento e alla coscienza critica. Si rimane in uno stato di ignoranza
pietosa. Con buona pace del pluralismo religioso, che approfondirebbe ogni identità
diversa e aprirebbe ad orizzonti più ampi. Spiriti laici talvolta scrivono
sulla stampa che la Tv nazionale italiana è pilotata, anzi è monopolio del
Vaticano. Si è pure letto che il Cardinal segretario di Stato Bertone ha
proposto i suoi "buoni uffici" affinché Marco Simeon e Lorena Leo assumessero
la direzione Rai. Possono essere chiacchiere malevole, ma con i tempi che
corrono, e la varie implicazioni della chiesa italiana nella politica nazionale,
il dubbio potrebbe esser legittimo.
Finanziamenti alla chiesa
L'8
per mille, contributo dei cittadini erogato dallo Stato alla chiesa, è passato
dai 210 milioni del 1991 ai 967 del 2009. Ma in calo nell'ultimo anno. E' una
legge trabocchetto stipulata nel 1984 fra Stato-Chiesa per cui a questa vanno
devoluti anche contributi di italiani cattolici che non hanno sotto firmato in
favore di essa. Ma la tendenza sta invertendosi, perché aumenta il numero di
coloro che sottoscrivono per altri destinatari, tipo chiesa valdese o enti a
scopo sociale benefico. In definitiva tutti i dati e gli aspetti su citati dimostrano
che l'Italia è sempre meno cattolica e più secolarizzata. La chiesa dovrebbe
studiare altre forme di approccio per non perdere ulteriormente pezzi per
strada, e soprattutto riacquistare credibilità.
Autore:
Albino
Michelin
27.04.2012
LA MADONNA E LE DONNE
Maggio è il mese delle rose, della primavera in fiore, e
delle mamme. Il mio intendimento qui non è quello di elogiare questa figura
materna quanto piuttosto di rilevare il ruolo che ha avuto il
"femminile" nella storia, nelle religioni, nel cristianesimo. Il
ruolo che ha e che dovrebbe avere in futuro. Ai nostri giorni il
"femminile" si è fatto strada in diversi modi e settori: un po' per
concorrenza, un po' per restituirsi il mal tolto. Ma spesso ciò avviene
maldestramente. La donna oggi è attiva, cavalcante, rampante, velina,
protagonista nei media e nell'internet, manager. Può anche disturbare, perché
il troppo storpia. Conviene fare una riflessione oggettiva. Da sempre abbiamo
avuto il predominio del maschio (o del maschile) in tutti i settori, anche nel
rapporto con la divinità, con Dio. In effetti Dio viene definito
"Padre" e nel 1978 quando Papa Luciani, rimasto tale solo per un
mese, si peritò di chiamare Dio "madre" venne subito spiazzato perché
pochi lo accettarono. Anzi il suo secondo successore Ratzinger mise subito i
puntini sugli "i", e ci fece ritornare all'invocazione tradizionale,
quella maschilista. Però si farebbe un torto alla verità delle cose, a
cominciare dalla preistoria, se continuassimo come maschi a tenere in pugno il
mondo e ad interpretarlo secondo il nostro schema unilaterale. Non
dimentichiamo che il primo scheletro umano, ritrovato in Etiopia 3 milioni e
mezzo di anni fa, appartiene ad una donna, Lucy. Prendiamo la notizia come
curiosità, perché col tempo si potrebbe rinvenire uno scheletro maschile di più
lunga data. Insopprimibile comunque il fatto che le prime divinità
preistoriche, cioè antecedenti di molti anni al cristianesimo e all'origine del
mondo (che la Bibbia fa risalire a 5 mila anni fa) erano femminili e purtroppo
non maschili. Ad esempio si ha qualche documento sulla Dea Mater, Madre Terra,
ma non di un Dio Padre, Creatore. E' il caso anche dei paleoveneti, o veneti
antichi, una tribù proveniente dagli indoeuropei, circa 2 mila prima di Cristo,
che avevano per divinità suprema una Dea, chiamata Reitia. E quando vi
succedettero i romani, sia pure accanto al Dio maschio Giove, vigeva il culto
verso un'infinità di divinità femminili che guarivano e sanavano le varie
infermità. E quando si diffuse il Cristianesimo, fu il turno di Maria, che al
di là di ciò che essa fu storicamente nell'arco della sua vita, nei secoli
successivi venne innalzata al ruolo di divinità, anche se dal punto di vista
teorico o teologico al vertice rimase posizionato Dio Padre, con le
caratteristiche del maschio. E Maria venne decorata di titoli e di dogmi. Nel
431 dopo Cristo Madre di Dio, nel 533 Vergine prima, durante, e dopo il parto.
Nel 1854 Immacolata Concezione, cioè concepita senza il peccato originale
tramandato da Adamo a tutti i neonati. Nel 1950 Assunta in cielo con anima e
corpo.
Le divinità femminili
pagane sostituite da quelle cristiane
E sempre per quanto riguardo il cristianesimo, aspetto
particolare delle religioni mondiali, lentamente si sono cancellate le divinità
greche e romane, confiscato il loro nome, e attribuito pari pari a Maria. Così
abbiamo la Madonna dell'acqua (al posto della dea Artemide Diana), la Madonna
delle rose, la Madonna dell'Olmo, la Madonna del Frassino, la Madonna del Monte
Carmelo. Una miriade di Madonne. Qualche volta anche in contraddizione fra di
loro o con il messaggio dell'amore universale fra nemici di un tempo. Come a
Montebelluna (Treviso) dove possiamo ammirare un tempio meraviglioso, anni
1920, chiamato Santuario della Madonna delle Vittorie, per celebrare la
vittoria degli italiani contro gli austriaci (Guerra del 1915-18). Non si sa
però come gli austriaci la vedono questa Madonna, patrona dei vincitori. Ma qui
la pietà (o l'empietà?) popolare non va molto per le sottili. E per riprendere
il filo storico precedente: a Costantinopoli (oggi Istanbul) le divinità
femminili romana Rea e Fortuna furono rase al suolo e sostituite con un tempio
alla Madre di Dio. Anche qui si noti, ad una divinità femminile non seguì
quella maschile del vero Dio, ma l'esaltazione devozionale verso una donna. E
dal 1500 specie dopo la riforma protestante, la varietà delle Madonne si è
ancor più moltiplicata. Si può dire che non esiste paese o circondario in cui,
leggenda o storia, non si racconti di qualche apparizione mariana, con i
relativi santuari fra cui Lourdes, Fatima, Medjugorje, per limitarci ai più
noti. Queste espressioni di fede in una donna (nel caso Maria) nasce dal
bisogno umano di abbinare il femminile al divino, quasi il disagio di avere a
che fare solo con un Dio "maschile". Sintomatico di questo bisogno è
quel proverbio di qualche secolo fa: "Dio bastona, Maria perdona".
L'istituzione cioè di una specie di patrocinato intermedio fra Dio e l'uomo, il
Padre eterno che decreta la condanna, la creatura che si sente perduta. Ma ecco
l'intermediaria: Maria che tenta il condono, si adopera per placare Dio e il di
lui braccio punitivo attraverso il suo sentimento amoroso. Questo tipo di
procedimento, diffusosi dopo la caduta dell'impero romano, si chiama pure
clientelismo, specie al popolo italiano molto comune. Di qui anche uno fra i
tanti motivi del rilevante culto mariano in Italia. Indubbiamente le cose non vanno
così semplificate, il discorso andrebbe molto più in profondità. Cioè
l'androcentrismo, ossia la sopravalutazione dell'uomo maschio nel contesto
religioso ci spinge a ricorrere al femminile come ammortizzatore. E questo non
solo nel Cristianesimo, ci si scusi la ripetizione, ma in tutte le religioni.
Apparizioni di "Dee" si registrano dovunque, in ogni parte del globo,
pensiamo alla città di Benares in Birmania, luogo sacro degli Indù dove vediamo
gli stessi fenomeni e "miracoli" dei nostri santuari. Con ciò si
dimostra il solito ritornello: Dio viene accettato a condizione di un
supplemento femminile. Lo prova anche ad esempio la Trinità degli Egiziani: Iside,
Osiride, Horus. Padre, madre, figlio. Sì è posto una donna madre, accanto ad un
maschio padre. Qualcuno lo definisce in modo sommario politeismo. Se è così
politeisti lo siamo un po' tutti, anche se come filosofi e teorici tentiamo di
spaccare un cappello in quattro e difendere il nostro monoteismo pulito.
Pensiamo a tutto il nostro stuolo di Marie e di sante definito dagli agnostici
"Pantheon degli idoli".
Chi fu veramente
Maria dal punto di vista storico.
A questo punto vogliamo meglio restringere le nostre
considerazioni alla Maria nel nostro cristianesimo. Partendo cioè da un'analisi
storica: chi era la Maria nel suo tempo, nel suo ambiente. Certo allora non si
chiamava 'Madonna", poiché questo appellativo dal significato "Mia
donna" si rifà dal 1400 in poi. Il nome di nascita era 'Miryam' (goccia
d'acqua) che col tempo si tramutò in Maria. Una ragazza ebrea, del popolo, vissuta
in un paese povero, Nazareth, “che cosa può venir fuori di buono da Nazareth”,
si dicevano i contemporanei di Gesù, sotto un dominio straniero, quello romano.
Negli scavi operati recentemente non si è trovato reperti di strade lastricate,
nessun rudere di monumenti, quindi Nazareth paese di poco conto. Maria ha vissuto
la vita di tutte le coetanee. Aiutava al frantoio dell'olio, al torchio del
vino, portava la brocca d'acqua dalla fontana. Ha sperimentato una gravidanza
difficile, pellegrina da Nazareth a Betlemme, pure rifugiata in Egitto. Al
mattino iniziava con la preghiera, comune a tutte le ragazze "Signore, sia
fatta la tua volontà". Questa disponibilità al progetto di Dio è stata
interpretata come l'obbligo della donna al silenzio, alla sottomissione,
all'ossequio. Le deviazioni di una lettura maschilista della Bibbia. Che Maria
fosse un carattere forte, pronta a cambiare il corso della storia e a sollevare
a dignità delle donne, lo dimostra nel canto del Magnificat, quando dice: "Il
Signore depose i superbi dai troni ed ha innalzato gli umili". Sembra
un'anticipazione del femminismo sessantottino di mezzo secolo fa. E nelle nozze
di Cana riemerge il suo carattere deciso quando rivolge uno sguardo ed
un'ingiunzione a Gesù in un matrimonio, dove venne a finire il vino: "Non
hanno più vino” e convinse Gesù ad un intervento (un segno simbolo interpretato
come miracolo), per evitare agli sposi una brutta figura. E il coraggio, senza
piagnistei e senza strilli di prefiche, di rimanere sotto la croce di Gesù che
stava per esalare l'ultimo respiro, dimostra la forza d'animo di stare là dove
le situazioni sono drammatiche. E dopo la morte di Gesù, il fatto di accettare
il ruolo di animatrice del gruppo apostolico e della prima comunità cristiana
testimonia il suo impegno a progettare uomini nuovi. Che lungo i secoli poi i credenti,
come detto, l'abbiano adornata di titoli e di dogmi, è perfettamente comprensibile.
E' stato il riconoscimento del genio femminile nel cristianesimo e nella
chiesa. Di qui la venerazione, l'esaltazione al cielo, il sedere al fianco del
risorto suo figlio alla destra di Dio. Per l'intuito dei fedeli essa era
riuscita a rendere Dio più femminile.
Poco spazio femminile
oggi nella chiesa del Signore
Qui la domanda conclusiva: la chiesa lungo i secoli ha dato
spazio sufficiente al femminile? Oppure ha continuato con una gestione
maschilista dell'istituzione, coprendo tutti gli spazi, in primis quelli del
culto? Purtroppo si. Così non solo ci è mancato e continua a mancarci un volto
più femminile, con un po' di affettività e di sentimento. Che la nostra chiesa
sia stata e lo sia ancor oggi così dogmatica e poco misericordiosa, è anche da addebitarsi
all'assenza della donna, alla sua estromissione, costretta portare museruola e
mordacchia. Recentemente un gruppo di donne cattoliche inglesi fece la proposta
di aggiornare il rito del battesimo. Dall'espressione "Io ti battezzo nel
nome del Padre, del Figlio, dello Spirito santo" alla seguente: "Io
ti battezzo nel nome del Creatore, Redentore, Consolatore". Respinta
dall'apposita Congregazione romana perché l'espressione 'creatore' deve specificarsi
con Dio 'Padre', e non lasciare il dubbio di un Dio 'Madre'. Fece molto
discutere il caso di quella bambina di 9 anni, che a Recife in Brasile venne
violentata dal patrigno e rimase incinta. Un parto difficile, per evitare la
morte della madre si dovette procedere all'aborto dei due gemelli. Il Vescovo
John Sobrino la colpì di scomunica, mentre il violentatore circola a testa alta
e senza un cenno di biasimo. Gli bastò forse confessarsi dal prete in due
minuti e tutto si aggiustò. Domanda: sarebbe stato possibile tale castigo se al
posto di un vescovo maschio ci fosse stato un vescovo donna? Queste pure sono
le conseguenze di una morale solo maschilista. Oggi si discute tanto che la
chiesa è in pericolo d'estinzione, causa la mancanza di preti maschi. Un
contributo alla soluzione può essere facile: basta permettere il sacerdozio
alle donne. Siamo chiari: esiste una proibizione di Dio e di Gesù Cristo,
oppure una decisione attinente solo la gerarchia da sempre maschilista? Una
questione da affrontare a viso aperto e senza reticenze. Un messaggio
conclusivo lo lasciamo alla Madonna, Maria del Vangelo: "non hanno più
vino, Gesù". La Madonna e tutte le donne oggi devono prendere la parola e
gridarci: "non c'è più acqua in tante parti del mondo, non c'è più pane,
non c'è più cultura, non c'è più sanità, non c'è più solidarietà con i paesi poveri,
non c'è più misericordia nella chiesa..."
Dopo millenni di maschilismo noi uomini registriamo un mezzo fallimento.
"Donne, madri, coniugate, o single, il futuro è nelle vostre mani”
Autore:
Albino Michelin
30.03.2012CELENTANO CANTANTE E PREDICATORE
Celentano,
il cantante è un mestiere che Va alla grande. Canta da Dio. Ma se si mette a
fare il predicatore in pubblico, il benefattore dei poveri suscita un vespaio,
un mondo di indignazioni. Butta la pietra nello stagno e divide l'Italia in due
schieramenti: gli uni contro gli altri chiaramente distinti. È successo al
Festival di S. Remo 2012 in occasione delle serate dal 14 al 18 febbraio. La
Rai l’ha ingaggiato a ragion veduta. Con il molleggiato, successo e share di
ascolti sono garantiti. Infatti il picco di ascolti con lui è arrivato ai 14
milioni. Mai avvenuto. Con l'ingaggio ovvero il maxingaggio di 350 mila euro la
serata, il che significa 700 mila euro per la manifestazione in toto. Ma due
episodi hanno sollevato una bufera di piazza: l'annuncio che egli destinò
l'ammontare in beneficenza: 200 mila a Emergency, e 400 mila da distribuirsi a
25 famiglie povere di sette città, individuate dai rispettivi sindaci. Milano
Pisapia, Verona Tosi, Firenze Renzi, Roma Alemanno, Napoli De Magistris, Bari
Emiliano, Cagliari Zedda, ribattezzati dal nostro "i magnifici 7". Di
sua tasca vi aggiunse la relativa tassa fiscale. Qui dovremmo prendere il toro
per le corna, ma un corno per volta. Diamo la priorità a quello della
beneficenza conclamata e divulgata. E qui esce la schiera di moralisti, anche
per vendicarsi di questo predicatore che ci ha messi tutti a nudo. Costoro ti
infilano anche una serie di citazioni evangeliche, dal momento che, fra l'altro,
Celentano si definisce un credente adulto. Ne elenchiamo alcune: "Guardate
dal praticare le vostre opere buone davanti agli uomini per essere da loro
ammirati. Quando dunque fai l'elemosina non suonare la tromba davanti a te come
fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere dagli uomini
lodato ... Quando invece tu fai l'elemosina non sappia la tua sinistra ciò che
fa la tua destra" (Mt. 6,1-5). Qui un chiaro elogio della privacy. Oppure
ancora: "quando tu preghi entra nella tua camera, chiudi la porta e prega
il Padre tuo che è nel segreto" (Mt 16,6). Oppure: "Ciò che è
esaltato davanti agli uomini è detestabile davanti a Dio" (Lc 16-15).
Quando parlare e quando tacere nei gesti di altruismo e della propria
fede religiosa.
Citando
e controcitando passi della Bibbia ci si potrebbe anche divertire a suon di
quiz, ma non si va molto lontano. In effetti, ecco qui alcuni altri brani che
sembrano provare tutto l'opposto. "Voi siete la luce del mondo. Non si
accende una lampada per metterla sotto il moggio. Così risplenda la vostra luce
davanti agli uomini perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al
Padre Vostro che è nei cieli” (Mt. 5, 14). Ed ancora: mentre Gesù, stava a
mensa giunse una donna con dell'olio profumato e lo versò sul capo del Maestro.
Ed egli disse: "Essa ha fatto ciò che era in suo potere. Dovunque in tutto
il mondo sarà annunziato il Vangelo, si racconterà pure in suo ricordo ciò che
essa ha fatto” (Mc.14,3-10). Ed ancora: un uomo ricco di nome Zaccheo
arrampicatosi su di una pianta cercava di vedere Gesù e riuscì ad invitarlo a
casa sua. E Zaccheo: "Ecco, Signore io do la metà dei miei beni ai poveri,
e se ho frodato qualcuno restituisco quattro volte tanto". Ed ancora:
"quanto detto all'orecchio sarà annunziato sui tetti" (Lc. 12,3). Ed
infine un brano di Paolo: "in mezzo ad una generazione maligna e perversa,
voi risplendete come astri nel cielo" (Fil.2,15). In queste sentenze si
passa dalla privacy alla pubblicità. Per non confondere il lettore qui
necessita una parentesi. Ogni dato della Bibbia va interpretato nel suo
insieme. Volendolo estrapolare ed assolutizzare si può finire in confusione
mentale. Bisogna vedere "Chi" ha fatto quella determinata affermazione
(Gesù oppure lo scrittore 50 anni dopo la morta di Gesù?). Ed ancora vedere
"per chi" l'ha fatta, e "a chi", e in "quale
circostanza" (i tedeschi chiamano quest'ultimo: "Sitz im Leben"),
cioè contestualizzazione nell'ambiente del tempo degli uditori. E poi altro
aspetto: se l'affermazione è rivelazione storica (cioè valida per un certo
periodo storico in quanto ne rispecchia usi e costumi) oppure se è rivelazione
universale e perenne. Uno fra i tanti esempi: la purificazione delle puerpere,
cioè delle donne che avevano partorito e dovevano presentarsi al tempio per
liberarsi dall'impurità (Lc. 2,22) oggi non esiste più. Un controsenso pensare
ad una madre che dà alla luce un figlio sia sporca ed immorale. Quella era una
rivelazione di Dio storica disciplinare, cioè legata a quel pezzo di storia
umana. Mentre invece l'amore del prossimo è rivelazione di un messaggio
universale, non legato ad un periodo storico, ma trasversale nel tempo e nelle
diverse civiltà.
Da
Celentano un segnale forte.
E
allora quei messaggi, più impropri che tali, pervenuti sul web a biasimo di
Celentano che si sarebbe fatto solo pubblicità, che la beneficenza si fa in
silenzio, che la carità non va esibita, che della generosità non si fa uno
show, vanno tutti analizzati. Perché un aspetto morale è chiaro: inaccettabile
l'esibizione della preghiera, della elemosina, del digiuno dettata da un
intento promozionale mondano. Ma chi può giudicare se l'intenzione di Celentano
fosse quella di farsi propaganda? E ne avrebbe bisogno, proprio lui che già
intasca milioni di euro con la vendita delle sue produzioni musicali? Ci
sarebbero tanti altri fatti pubblici di cui dubitare a maggior ragione. Magdi
Allan che la notte di Pasqua del 22.4.08 si fa battezzare dal Papa in S.
Pietro: un giornalista musulmano che si converte in mondo visione, che prima
denigrava i cattolici con astio incontenibile ed ora convertitosi al
cattolicesimo denigra con altrettanto astio i suoi ex correligionari?
Sacramento o autocelebrazione? E Paolo Brosio, folgorato eccellente a
Medjugorje, da ateo dello spettacolo che diventa paladino del turismo devozionale
mariano sempre con la cinepresa alle calcagna? Questi, o solo questi sarebbero
i "testimoni" della fede? Perché quello di Celentano non potrebbe
essere un segnale forte in questa società che pensa solo ad evadere il fisco,
ai falsi in bilancio, alle bancarotte e quant'altro? Questo gesto brucia il
fondoschiena dei nostri politicanti, manager, ministri, parlamentari, qualcuno
dei quali arriva a 7 milioni di reddito annui, mentre tanti Lazzari cercano
delle briciole sotto la tavola dei loro ricchi epuloni. Facciano anche loro
gesti eclatanti in favore dei disoccupati e dei giovani precari. La beneficenza
di Celentano ha avuto sì qualche pubblico riconoscimento e giova citarlo. M.
Renzi, sindaco di Firenze: "credo che il suo gesto sia molto bello.
Firenze ringrazia". Anche Dario Fo, uomo d'arte di estrazione marxista che
ha devoluto il premio in denaro del Nobel per sostenere persone con handicap,
ha espresso il suo encomio: "conosco l'umanità e la buona fede di
Celentano, è l'unica cosa che conta. Il resto lo lascio ai pessimisti, sono gli
stessi che non muovono un dito per nessuno". Pensiamo in definitiva che in
tutta questa ridda di opinioni rimanga la sostanza, ciò che conta. Il modo poi,
se compiuto per apparire o per indurre altri a seguirne l'esempio, qui non ci
interessa più di tanto.
Un po’ show quando Celentano si mette a
predicare
Nel
festival di S. Remo 2012 non abbiamo assistito soltanto alla diatriba sulla
beneficenza di Celentano ma anche al suo predicozzo contro la chiesa. E tanto
per restare all'intento sopra citato di prendere il toro per le corna, questo
sarebbe il secondo corno. I suoi strascichi però forse sono destinati a
lasciare il segno per diverso tempo. Con lunghe pause, non si sa se studiate
per creare suspense ad arte o perché in apnea di pensiero, black out di memoria,
così sentenziò il buon Adriano: "La chiesa oggi non parla più del valori
della vita, del senso della vita. Ripete solo che siamo nati per morire. Pensa
troppo al denaro, al potere, alla politica. E poi ha due giornali cattolici:
"Avvenire" dei vescovi e il settimanale "Famiglia
Cristiana" che dovrebbero essere chiusi o cambiare testata. Perché fanno
la politica dei loro interessi e non la politica di Gesù". Apriti o cielo.
In Italia toccare la chiesa è come toccare i fili ad alta tensione. Si resta fulminati.
E subito alla riscossa un altro battaglione di opinionisti cattolici
"Celentano a S. Remo? Una selva di baggianate, colossali idiozie. Fesserie
celentanesche. Predicatore demenziale. Da che pulpito viene la predica. Fa del
suo analfabetismo la sua forza". L'agenzia dei vescovi e la Redazione di
Famiglia Cristiana protestano alla dirigenza Rai. "Ci attendiamo scuse.
Celentano ha dimostrato il vuoto che è dentro di lui. Fine esegeta della morale
cristiana, che sfrutta la Tv per esercitare le sue vendette private”. La prima
fila dei papaveri a S. Remo alla fine del vaniloquio avrebbero dovuto tirargli
addosso ortaggi invece che alzarsi in piedi ad applaudirlo. Capito? Solo la
chiesa ha l'incarico di predicare alla gente, ma non la gente viceversa alla
chiesa. Perché in questo caso, e specie in questi tempi, qualche osservazione
alla chiesa alta, al suo Governatorato vaticano, alla fuga di documenti e
contro documenti, alla convivenza di talpe e corvi nel suo seno, alla sua politica
di privilegi economici, qualche consiglio le si potrebbe pure dare. La chiesa,
secondo Gesù, non è solo maestra ma anche discepola. I suoi prelati non sono
intoccabili. Certo conosciamo la solita citazione fondante: "Chi ascolta
voi ascolta me"(Lc. 10, 16), rivolta da Gesù agli apostoli. Allora per
restare in tema tiriamo fuori un'altra controcitazione Gesù disse: "Ti
ringrazio o Padre che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai
rivelate ai piccoli" (Lc. 10,21 ). Qui Gesù fa intendere che nella chiesa
esiste anche un magistero carismatico, di pensiero e di buon senso accanto a
quello di governo. E che perciò anche la gente del popolo, non teologa, non
laureata in diritto canonico, sente nel profondo del cuore la verità. Se la
sente ha anche il dovere di esprimerla. Così cresce la chiesa, cresce l'onestà
nel mondo. Celentano cantante, eroe, furbo, farneticante, anticlericale,
solidale con i poveri? Ciò che resta del baraccone di S. Remo 2012 è
quest'ultimo aspetto: Emergency, e il gruppo di 25 famiglie che, grazie al
gesto donazione di 700 mila euro, si sono sentite non solo simbolicamente, ma
anche realmente sollevate dalla loro povertà.
Autore:
Albino
Michelin
09.03.2012
DON VERZÉ, L’ELOGIO DELL’AMBIGUITÀ
Scrivere
al riguardo è difficile ed anche rischioso. Significa davanti a quest'uomo,
prete-manager, affrontare le sfide dell'ambiguità. Spregiudicato imprenditore o
servo dei poveri? Fondatore di un ospedale e di una università di eccellenza
con indirizzo scientifico-moderno, o amico dei potenti interessati e protettore
dei ricercatori cattolici più spericolati? Ideatore di un'opera grandiosa o
liquidatore di un immenso patrimonio umano? Santo o peccatore? Questi e molti
altri gli interrogativi che si pongono dopo il crack bancarotta di un miliardo
e mezzo di euro, registrato negli ultimi mesi e dopo il suicidio del suo vice o
braccio destro M. Cal, avvenuto nell'estate 2011. Don Verzé per l'ospedale San
Raffaele di Milano era tutto. Fondatore, presidente, padreterno, anche se a
copertura aveva costituito una fondazione chiamata i "Sigillini",
Monte Tabor. E' morto alla fine del 2011, in coincidenza con la scadenza della
messa all'asta dell'opera, da cui si era totalmente dimesso qualche settimana
prima, e che poi è passata al miglior offerente, certo Rotelli, che con i suoi
350 milioni ha spiazzato l'offerta del Vaticano, banca Jor, fermatasi ai 250
milioni. Si sa che Verzé era malato di cuore, come in pratica quasi tutti i novantenni,
dato che la vecchiaia è già una malattia per se stessa. Ma forse quella frase,
rivoltagli da un infermiere, suo amico sincero da un quarantennio, incontrandolo
per l'ultima volta nei corridoi: "si vergogni", deve essergli stata fatale.
Per non fare di ogni erba un fascio tentiamo di distinguere l'opera, il
manager, il carattere. Lunedì 2 gennaio ebbi l'occasione io stesso di partecipare
ai funerali celebrati al suo paese natale, Illasi in provincia di Verona,
situato fra le colline del vino Soave. Ciò mi ha permesso di raccogliere
materiate di prima mano, oltre a quello già in possesso dalle numerose
informazioni apparse sui media.
Ospedale San Raffaele, opera di
avanguardia.
Estimatore,
confidente, complice con Berlusconi da oltre 40 anni, Don Verzé progettò la
costruzione di un'opera sanitaria all'avanguardia accanto a Milano 2, terreno
acquistato dal futuro capo del Governo per ampliare il suo potentato economico.
L'ospedale San Raffaele è un polo di eccellenza, primo in Italia e fra i primi
in Europa per cura, assistenza, ricerca. Vedi l'impulso alle ricerche sulle
cellule staminali, le espressioni simpatizzanti per l'eutanasia, l’apertura
verso i preservativi allo scopo di ridurre l'Aids e le malattie infettive, la
frequentazione con persone di pensiero ritenute atee, tipo M. Cacciari, E.
Severino ed altre: posizioni tutte in conflitto con la gerarchia cattolica. E
qui si può anche collegare la sfuriata, come al solito folkloristica di Sgarbi,
che all'uscita del funerale sul sagrato della Piazza si fece il suo immancabile
show: "Don Verzé va messo nella categoria dei santi. Ha creduto fermamente
che la fede non è in contrasto con la scienza. Ha fatto solo del bene, ha
salvato migliaia di persone, ha diffuso valori umani e cristiani evitando che
la chiesa diventasse proprietaria dell'Opera (Comunione e Liberazione), e
quindi si assumesse il controllo delle idee e ne impedisse lo sviluppo".
Detto per la cronaca, il panegirico show si trasformò in una rissa fra il tribuno
Sgarbi e l'abitante del luogo certo Soarin, sedata per l'intervento delle Forze
dell'ordine. Ma anche questo predicozzo indirettamente dimostra la qualità e la
bontà dell'opera. Quanto a Don Verzé manager, qui il discorso si fa più
complesso e intrigante. Questo prete è morto nel pieno di una bufera
giudiziaria. Si tratta, come noto, di un buco di un miliardo e mezzo di euro
accumulato dalla sua fondazione. Come e a che scopo, ancora non è chiaro.
Alcuni misteri l'indagato se li sarà portati nella tomba. Se risponde al vero
che spesso il nostro comportamento è anche legato alle nostre origini, allora
va detto che la famiglia Verzé era da tempo immemorabile lo zoccolo duro ed
antico di Illasi. Benestante e possidente, la sorella più vecchia Maria aveva
sposato certo Pasqua, nobile Conte di Bisceglie. Fra le tombe nel cimitero di
Illasi ve ne sono due monumentali riservate alla sua genealogia con persone di
spicco, per quanto si tratti di paese agricolo. Il nostro Luigi Maria (secondo
nome di battesimo Maria) è nato in questo ambiente un po' con l'istinto di
primo della classe, dell'eroe. Un emergente, chiamato da Dio a compiere
mirabilia.
Prete
non per fame, ma per fama
Divenne
segretario di Don Calabria, il prete veronese dei poveri, per i poveri e con i
poveri, che recentemente fu fatto santo. Questi preconizzò a Don Luigi di
andare a Milano, che là avrebbe fatto opere di grande successo. A Milano dopo
gli anni 50 del secolo scorso, un po' cavallo di razza e poco incline alla
disciplina, fu sospeso tramite le competenti autorità dall'esercizio del
sacerdozio. Ma il cavallo di razza cominciò ad intrecciare relazioni con ogni
tipo di gente che conta, anche spericolata e di indubbia serietà. Volle fondare
e costruire un grande impero sanitario: il San Raffaele. Una cupola più ampia
di quella di S. Pietro, ed una gigantesca statua dell'Angelo Raffaele più alta
della Madonnina di Milano. Il denaro, almeno così sembra, entrava a palate.
L'istituto sanitario era tutto uno sfolgorio, perché il fondatore predicava: “i
poveri sono Gesù. Ora Gesù abita nei calici, nei tabernacoli d'oro. Così deve
essere l'ospedale: l'abitazione d'oro per i sofferenti.” Il discorso in se
stesso calza bene. Però non tutto l'oro andava nella direzione annunciata. Don
Verzé si acquistò un aereo personale da 20 milioni di euro, in Brasile e in
Sudamerica si comperò delle ville per ospitare amici e gente di mondo. Una
esibizione di grande sfarzo. E già da anni per questo fu ritenuto un
megalomane, cioè maniaco di cose straordinarie. Nel 2007 ebbe luogo a Lavagno,
paese del veronese vicino ad Illasi, la posa della prima pietra del Quo Vadis,
un istituto d'avanguardia di benessere, cerimonia a cui parteciparono
Berlusconi (che Don Verzé definiva l'uomo della Provvidenza), il futuro
ministro Maroni (rappresentante di Bossi), Totò Cuffaro, presidente della
Regione siciliana e poi in carcere per favoreggiamento a Cosa nostra. Di qui si
intuiscono le sponsorizzazione del nostro prete. In paese nel giorno dei
funerali si poté raccogliere anche qualche Amarcord. Come la testimonianza di
un ex titolare di un distributore di benzina del luogo che riferiva essere Don
Verzé un fanatico appassionato d'auto di grossa cilindrata. Facendosi riguardo
di circolare con la Ferrari, si era acquistato una Mercedes dentro la quale l’amico
Enzo Ferrari di Maranello vi introdusse per regalo il motore della
"Rossa". Oppure, come ebbe a dire Armando Zambaldo, ex maratoneta
olimpico, ancora in piazza dopo il funerale: "un uomo che ha sempre
preferito frequentare i ricchi per farsi finanziare i suoi progetti, ma certo
che costruire un albergo per i parenti dei malati a 120 euro la notte non è
proprio una scelta da poveri". Indubbiamente i funerali sono stati uno
specchio della sua attività manageriale. Il prete manager è rimasto un re nudo.
Certo la parrocchiale era stipata da una folla innumerevole, ma praticamente
nessuno dei suoi fans era presente. Fanno eccezione M. Cacciari, che fra
l'altro ebbe un intervento infelice allorché tirò in ballo Don Milani:
"che senso ha avere le mani pulite se si tengono sempre in tasca". Ma
il concetto del prete di Barbiana era un altro, cioè che le mani si devono
sporcare ma non perché si cede alle lusinghe della parte meno onesta della
società. Per completare la lista delle presenze: partecipò pure V. Sgarbi come
sopra detto, Cinzia Confisco senatrice del PDL, e qualche amministratore di
grado subalterno. Mentre al mattino nella camera ardente a Milano, avevano
fatto omaggio F. Fazio ex ministro della Sanità, il cantante Albano Carrisi, il
comico B. Pozzetto.
Ai funerali assenti tutti i vip
Ma
gli altri potenti che hanno stregato Milano e l'Italia, di cui Verzé fu
complice dov'erano? Nessuno si è fatto vedere. Mancava Berlusconi, gran padrino
del San Raffaele fin dalla fondazione, l'amico del cuore da mezzo secolo. Mancava
la figlia Barbara laureatasi nell'Istituto del prete Manager, mancava R.
Formigoni, presidente della Regione Lombardia, il "presidentissimo vergine
di Comunione e Liberazione". Non c'era Daccò, faccendiere ciellino, cioè
pure membro di "Comunione e Liberazione", il movimento
catto-tradizionalista, che ovunque mette piede dove sente olezzo di denaro:
assente giustificato perché in carcere. Mancava Pio Pompa mandato da don Luigi
al Sismi, servizio segreto militare. Mancavano tanti amici del S. Raffaele,
eccetto la sua badante. Mancavano tutti i soci in odore di camorra che hanno
contribuito a costruire l'ospedale. Quando la barca affonda è meglio girare al
largo e che i morti seppelliscano i loro morti. Quale differenza fra questo
funerale e quello di Giorgio Bocca, scrittore marxista, pure di 91 anni,
deceduto qualche giorno prima. Nella chiesa di S. Vittore c'era la Milano
migliore, quella che non si è mai piegata ai potenti, ai corrotti, ai
corruttori, ai bancarottieri di professione. Ateo? Non credente? Ma lineare!
Per quanto riguarda il carattere di Don Verzé mi pare più che sufficiente ed
indicativo estrarre alcuni punti della predica tenuta alle esequie dal vescovo
di Verona, Mons. G. Zenti. "Di Don Luigi prete manager si è detto di
tutto, anche fuori delle righe, senza clemenza. Del fango se n'è buttato
troppo. Ma senza di lui non sarebbe nata quella struttura d'eccellenza, il San
Raffaele. Don Verzé forse debordava, ma ai malati voleva dare tutto. Per loro
amore ha compiuto degli eccessi. Solitario come tutti i geni, ma anche disposto
a riconoscere di aver esagerato. Mistico con una fede radicata nell'Eucarestia.
Detestava la mediocrità. Il 16 dicembre nell'ultima lettera mi scrisse che come
Gesù stava portando la sua croce". Ci sembra un ritratto rispettoso del
defunto. In quanto poi all'ultima espressione varrebbe la pena essere più
cauti, cioè la pretesa di paragonarsi a Gesù. Ma per lui era ovvio, uscito
dalla scuola di Berlusconi, il quale dopo ogni furbata, dopo ogni citazione ai
vari processi annunciava in Tv a reti unificate che anche lui era vilipeso,
diffamato, messo in croce come Gesù. La Croce, il nome di Dio e dei santi a
paravento dei propri interessi. Don Verzé venne tumulato in una delle due
cappelle del cimitero di Illasi, riservate alla fondazione Monte Tabor. Si
presume verrà trasferito nella tomba dietro l'altare della Madonna nella chiesa
interna all'ospedale S. Raffaele. Esposte solo due ghirlande: quella della
Moratti, ex sindaco di Milano e quella dei Siggillini. Appoggiata sulla lastra
una piccola targa con la dicitura: "Sacerdote Professore Don Luigi Maria
Verzé, Medico come Gesù". Indubbiamente la sua opera in favore della
Sanità non si discute. Discutibile resta la domanda se il fine giustifica i
mezzi, leciti o meno. Sì, perché il buco di un miliardo e mezzo era pure di
proprietà dei poveri. Un augurio: che l'Opera rimanga e si sviluppi soprattutto
a beneficio dei malati e degli indigenti. Ma nella trasparenza!
Autore:
Albino
Michelin
27.01.2012
martedì 10 novembre 2015
NEO MINISTRO RICCARDI: NON C'INDURRE IN CONTRADDIZIONE!
"Una bella squadra cui auguro buon lavoro". Così ha salutato il
Cardinal T.Bertone, Segretario di Stato Vaticano, la compagine di Governo
presentata da Mario Monti il 16 novembre 2011. Un'accoglienza che non stupisce
considerando come la chiesa sia riuscita ad inserire molti suoi uomini nei
ruoli di primo piano. Super cattolico è lo stesso Monti che il 18 novembre si
premurò a correre a Fiumicino per salutare il Papa in partenza per il Benin. Anche se, prova tecnica di
"laicità", ha dato al Pontefice solo la mano senza genuflessione e
senza bacio dell'anello, come a suo tempo aveva fatto Scalfaro con Papa Wojtyla
scandalizzando un po' mezzo mondo cattolico. Bacio dell'anello e profusioni cui
invece è tornato l'ex capo di Governo Berlusconi. E’ una bella “squadra
cattolica”: basta citare C. Passera, ministro dello sviluppo, L. 0rnaghi
rettore dell'Università cattolica di Milano, ministro dei beni culturali, R.
Balduzzi esponente dell'Azione cattolica ministro della sanità, F. Profumo
ministro dell'istruzione, P. Severini ministro della Giustizia, A. Catricalà
sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Ma in modo particolare A.
Riccardi, ministro della Cooperazione internazionale, icona di pace e
fratellanza fra i popoli, fondatore della comunità di Sant'Egidio. Ovvio che
tutta la stampa cattolica abbia intonato i suoi osanna. Come Famiglia Cristiana:
"Monti uomo giusto al posto giusto". Avvenire: "Stagione di
speranza", Olivero presidente delle Acli: "esecutivo convincente".
Insomma ministri cattolici doc, in maggioranza vicini all'Opus Dei e a
Comunione e Liberazione (movimento catto-fondamentalista). Ci mancava solo M.
Lupi, ventilato quale ministro dell’istruzione, e poi saremmo stati al top
ciellino. In ogni caso è più facile oggi alla gerarchia cattolica dettare l'agenda
al nuovo Governo.
La
delusione dei gruppi di solidarietà
Ciò che in tutto questo quadro ci lascia perplessi e legittima i nostri
interrogativi è il ruolo del ministro Andrea Riccardi. Non vorremmo che tutta
la nostra ammirazione, fino a qualche mese fa tributatagli, si sciogliesse come
neve al sole dopo il suo annuncio fatto il 23 dicembre seguente. Probabilmente
il ministro della difesa sarebbe stato a ciò più indicato, il portavoce più
opportuno, anche se in materia assai discutibile. Invece questo compito se lo
assunse e se ne incaricò il nostro Riccardi, ministro per la cooperazione
internazionale e per l'integrazione fra i popoli. Cioè al termine della
riunione del Consiglio dei Ministri del 23 dicembre diede l'annuncio
dell'approvazione del decreto concernente i rifinanziamenti della
"Missione" militare all'estero. Non ci risulta che Riccardi si sia
opposto o abbia sollevato problemi di coscienza. E così ci troviamo di fronte
all'ennesimo bluff o papocchio della politica italiana. Nuovi bandisti banda
vecchia, vecchia musica di sempre. Ambiguità, incoerenza. E' andato deluso
quindi l'appello delle organizzazioni non governative italiane impegnate nella
solidarietà internazionale che denunciavano con forza i continui tagli alla
cooperazione e allo sviluppo da un lato e l'ingiustizia degli stanziamenti per
le armi e per le "missioni" militari dall'altro. Il loro ministro ha
confermato e benedetto tutto: nessuna riduzione alle missioni all'estero delle
forze armate: non si toccano. Acquisto di 131 aerei F-35, cacciabombardieri,
macchine di morte, aerei di attacco a 150 milioni di euro ciascuno per
l'ammontare di 17 miliardi. Programma più costoso della storia d'Italia
repubblicana senza nessun ripensamento. Incostituzionale ed insensato. Contro
la costituzione che permette solo armi di difesa, e controsenso dal momento che
viviamo in tempi di austerità. Nonché assurdo produrre armi investendo enormi
capitali mentre il grido dei poveri, interi popoli ci raggiunge sempre più
disperato. Con la comunità di S. Egidio però le cose si complicano. Ogni anno
il primo gennaio vengono organizzate le marce della pace in tutta Italia (nel
2012 a Milano, Genova, Firenze, Terni, Napoli, Roma) concludendo in Piazza S.
Pietro per ascoltare il messaggio del Papa nella giornata mondiale della Pace.
Ma Finmeccanica, ecco un'altra contraddizione, la prima industria armiera
italiana, nelle settimane scorse anche al centro di episodi di corruzione che
hanno coinvolto i suoi massimi vertici, è da sempre uno dei principali sponsor
del progetto Dream, un programma di prevenzione e lotta contro l'Aids avviato
dalla S. Egidio nel 2002 e oggi attivo in molti paesi dell'Africa. Finmeccanica
vende armi, ma poi tramite anche S. Egidio e Riccardi si rifà il trucco finanziando
progetti sanitari in quegli stessi territori e può scrivere con orgoglio nel
suo sito internet: "La solidarietà non ha confini né geografici, né
politici, né religiosi". Ma non c'è solo Finmeccanica fra gli sponsor del
movimento A. Riccardi. Finanzianti le sue attività tutta una lista di banche
"armate" che sostengono l'export di armi italiane e programmi
internazionali di riarmo. In passato inoltre la fondazione S. Egidio è stata
finanziata dalla Nestlé, quando la multinazionale era sotto il boicottaggio
internazionale per la violazione del codice di commercializzazione del latte in
polvere. Armi e solidarietà. Solidarietà con i soldi delle armi "Solidarietà
armata". Diceva Bonhoeffer: "le armi uccidono anche se non vengono
usate.” Allora perché Riccardi non si adopera all'interno del Governo affinché
questo prenda coscienza dell'assurdità di seguire una tale strada cercando
piuttosto altre di radicalmente alternative? E' questo che chiede il mondo del
volontariato e della solidarietà cui ci si vanta di appartenere?
Dove e quando l’obbiezione di
coscienza?
Non si vuole pensare che anche al Ministro Riccardi come a tanti politici
italiani il potere dia alla testa. Belle idee, sane contestazioni, legittime
battaglie che subito vengono dimenticate o addomesticate appena ci si siede
sulle poltrone parlamentari, sugli scranni del potere. Coerenza vorrebbe che si
avesse il coraggio di opporsi con l'obbiezione di coscienza. E questo va detto
specialmente al fondatore di S. Egidio, assertore, accalorato difensore della
vita umana dal concepimento alla morte. Nemico aperto senza se e senza ma
contro l'aborto. Le madri che interrompono la gravidanza sono tutte delle
"Erode che compiono una nuova strage degli innocenti". Di conseguenza
più volte si è schierato contro i medici che praticano l'aborto, colpevolizzandoli
perché dovrebbero optare per l'obbiezione di coscienza, e nonostante la legge
lo consenta, rifiutarsi di compiere l'eccidio dei feti e degli embrioni.
Il giardino degli
angeli. E la piazza di cadaveri accatastati?
A Roma il 4 gennaio 2012 nel cimitero
Laurentino è stato inaugurato uno spazio di 600 metri quadrati riservato per la
sepoltura dei feti abortiti e chiamato il "Giardino degli Angeli".
Non ci sembri una digressione al tema. Riteniamo sì che il feto sia un essere
umano (anche se S. Tommaso, dottore della Chiesa dal 1200 a tutt'oggi riteneva
che prima del quarto mese di· gravidanza non si tratti di embrione umano e
quindi di persona); ma esseri umani lo sono altrettanto le persone già nate,
quelle già uscite dal grembo materno, con qualsiasi età, dieci, venti,
cinquant'anni ... anzi ci azzardiamo di affermare che tali persone sono diverse
da quelle esistenti nell'utero materno. Da un punto di vista non qualitativo,
ma certo quantitativo. Nel senso che l'uccisione sotto le bombe o conseguenti
inquinamenti di esseri già dotati di autocomprensione, di autoriflessione, di
relazioni sociali, nel possesso delle proprie facoltà psichiche e intellettuali
fa soffrire molto di più di un feto abortito, perché lascia dietro di se una
serie di strazi, di dolore, in eredità anche ad altri, senza numero, come
genitori, figli, familiari, parenti amici. Vogliamo paragonare un aborto alle
centinaia di torturati, mutilati, morti che lascia sul campo un
cacciabombardiere F- 35? E sempre per parlare di coerenza: gli aborti in
Italia, dopo l'entrata in vigore della legge, sono diminuiti del 40% e tendono
a diminuire sempre di più man mano che avanza la cultura del preservativo. Non
ci pronunciamo qui sulla liceità o meno del metodo, affermiamo solo che per
molta gente è preferibile un male minore (preservativo) che non un male
maggiore (aborto). Ma anche su ciò il Ministro Riccardi non conviene. Gli
conviene invece sostenere i finanziamenti a strumenti di guerra e di morte che
colpiscono poi soprattutto innocenti, civili, incolpevoli. Ed è a questo punto
che ci chiediamo perché Riccardi abbia accettato il ruolo di Ministrò della
Cooperazione, perché non dia le dimissioni. O l'una o l'altra. O per la pace o
per la guerra. Ma è deplorevole continuare in contraddizione con se stessi è
con gli altri.
Autore:
Albino Michelin
17.02.2012
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