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lunedì 14 marzo 2016

CINQUANTENARIO DEL CONCILIO ECUMENICO. 2400 MASCHI, 23 DONNE

Quest'anno 2012 si celebra il cinquantesimo anniversario dell'apertura del Concilio Ecumenico da parte di Papa Giovanni XXIII. L'anniversario di ogni evento del genere nella chiesa cattolica è sempre a doppia valenza: o l'esaltazione di un passato chiuso in se stesso, o la spinta verso un futuro innovatore secondo la logica evolutiva del tempo. In questo contesto può inserirsi l’argomento "La chiesa e le donne nell'ultimo mezzo secolo". In Italia si è interessata ad un'analisi in materia la teologa, tra le pochissime in circolazione, Adriana Valerio. Risulta che nelle sessioni del Concilio i maschi (Cardinali, Vescovi, Prelati, consultori) erano 2400 e le donne 23 (di cui 10 suore e 13 single). Solo uditrici mute, senza diritto di parola. A dire il vero nei primi due anni (1962-1964) le donne in quell'assise non esistevano affatto. Furono il cardinal Suenens primate del Belgio, il Vescovo Albino Luciani (Papa nel 1978), e qualche altro ad esprimere la necessità di aprire l'assemblea anche alle donne. Ma un numero così esiguo di quote rosa fece funzione solo di cosmesi decorativa per tamponare richieste interne e schivare le critiche dall'esterno del mondo femminile e della società laica. Nessun reale peso, né possibilità di porre il punto di vista delle donne sulle questioni via via trattate. Inoltre per non contaminare i padri del Concilio fu apprestata per le poche donne una buvette a parte per bersi il caffè e il cioccolato caldo. Escluse anche dalla sala stampa. Totale separazione, la loro era una presenza sotto controllo. Alla conclusione del Concilio il 7.12.1965, Papa Paolo Vl inviò fra gli altri anche un messaggio alle donne, in cui si separavano le donne come categoria a sé, e riproponeva un modello che rappresentava il femminile nella funzione naturale di custode di una umanità da salvare. Si è messa un pochino la testa fuori dalla finestra: concessione alle donne di leggere in chiesa qualche brano (ma senza aggiungervi spiegazione) e di distribuire la comunione. Ma vada pure, eravamo 50 anni fa. Se oggi ci domandiamo quanto sia cambiato nella chiesa, è triste dover rispondere che troppo poche e marginali sono le novità! Quello che ci torna in mente è piuttosto la mordacchia e il silenziatore imposto dalla gerarchia romana a quelle congregazioni USA che sono state commissariate per aver osato pretendere e in qualche modo mettere in pratica la parità con gli uomini relativamente al sacerdozio femminile. Status quo anche per quanto concerne la presenza istituzionale. Ad esempio gli inquilini del Vaticano sono tutti maschi. Anche l'ultima sfornata di cardinali annovera altri 6 sugli attuali 120 o giù di lì, nessuna donna. E le donne lo potrebbero essere in quanto che per esercitare il ruolo di cardinale non è necessario far precedere o includere il sacerdozio. In definitiva niente è cambiato niente cambia. Lo capiamo bene ai nostri giorni in cui le questioni aperte sono ancora le stesse di quei lontani anni sessanta: regolarizzazione delle nascite, preservativo, aborto, settore sessuale, realtà che vanno a pesare solo sulla vita delle donne. Chiesa di soli maschi, avanti tutta! Non basta cantare la ola ola a queste nozze d'oro, si dovrebbe anche impegnarsi a maturare i diritti delle donne nella chiesa. Perché diciamoci la verità, le 23 donne ai Concilio sono state soltanto una coreografia di facciata.

Autore:
Albino Michelin
19.12.2012

L'INFEDELE GAD LERNER VESTE I PANNI DEL FEDELE

Penosa la trasmissione di lunedì 8 ottobre 2012 "L’infedele" condotta da Gad Lermer e mandata in onda su Rai 3 con la sigla: Speciale La 7 "Di chi è la chiesa". Invitati il cardinal Scola di Milano con altri sette referenti. Un'ora di catechismo d’impronta assai clericale e poco ecclesiale. Con il prelato a mettere continuamente i punti sulle "i" e con uno staff di accompagnatori di marca tradizionalista, eccezion fatta per quel malcapitato prete bolognese, che all'esprimere il desiderio di una chiesa più francescana fu corretto e messo a tacere come un pesce fuor d'acqua. Meraviglia che Rai 3, definita culturale, si sia ingaggiata in una sviolinata elogiativa della gerarchia, facendo passare l'idea che la chiesa prima di tutto non è di tutti, ma in primis appartiene alla casta clericale. E questa sarebbe l'inaugurazione del 50° anniversario del Concilio Ecumenico Vaticano 2°. Meraviglia che un Gad Lerner, riconosciuto e noto per il suo pluralismo, abbia invitato solo referenti appartenenti a movimenti cattolici per nulla innovatori: Comunione e Liberazione, Opus Dei, Legionari di Cristo, Focolarini, Carismatici, Nuovi Orizzonti, ignorando gruppi base, come "Noi siamo chiesa" e tanti altri, dando l'impressione di una trasmissione parziale, se non settaria. Inoltre esclusi tutti i teologi studiosi cattolici di altro pensiero all’interno della chiesa, tipo R. La Valle, M. Vigli, O. Da Spinetoli, F. Scalia, P. Sorge, D. Menozzi, V. Mancuso, V. Bellavite, P. Ricca, G. Franzoni, le teologhe L. Sebastiani, A. Valerio ed altri di statura mondiale come H. Küng. Oppure vescovi benemeriti come Bettazzi, Casale, Nogaro, non sempre allineati e preconciliari. Meraviglia che un Gad Lemer, di estrazione ebraica apertamente conclamata, non abbia aperto l'incontro a rappresentanti di altre confessioni: protestanti, ortodossi, valdesi, ebrei. Lontano da noi l'idea che anche Lerner per amor di carriera si sia rivestito della pelle del camaleonte. Dubita per caso che la Televisione Italiana sia in mano al Vaticano? Comunque una trasmissione più che ossequiante: chiaramente servile. Evitiamo l'espressione "cortigiana". Certamente osannante ai palazzi della Chiesa. Però con i destinatari rimasti sulla loro fame. Il popolo di Dio dopo 50 anni, ancora una volta gregge di pecore che va nutrito fra nuvole d'incenso e retorica autocelebrativa. Se questa è informazione, formazione, cultura religiosa per l'Italia di oggi, deprivati della nostra sete di sapere e di verità non ci resta che rassegnarci. Chi scrive non è un ateo, né un laicista, ma un semplice credente.

Autore:
Albino Michelin
17.10.2012

LA SPIRITUALITÀ DEGLI ATEI

L’affermazione pare una contraddizione, ma solo a prima vista. Se la si considera scevra da pregiudizi e preconcetti non la si troverà così scontata. Anche sul significato del vocabolo “ateo” vi sono molte confusioni e diversità. Ad esempio nulla a che vedere con anticlericale, nel senso che quest’ultimo non rifiuta un rapporto con dio, ma col clero, o perché uscito da esperienze polemiche, o perché lo ritiene un potere autoreferenziale, o perché preferisce fare da sé, cioè andare direttamente a Dio senza intermediari. Ateo ancora nulla a che vedere con “non praticante”. In effetti se per caso ci si mette a discutere con qualcuno che non frequenta i riti, i gruppi di riferimento religioso e gli si appiccica l’etichetta di ateo, lo si vede reagire quasi oltraggiato. Esiste oggi una serie di atei che potremmo definire parziali come quando si sente qualcuno affermare di non credere al Dio del Vecchio Testamento, di non credere al Dio della Bibbia, al Dio di Maometto, di Budda, o degli Indù. Atei in fondo costoro non sono, perché ammettono di avere un rapporto con un essere assoluto, al di sopra delle parti, non categoricamente definito e codificato, come lo vorrebbe a modo suo ogni religione. In effetti potrebbero anche avere loro ragione perché ogni descrizione su Dio in genere non è una definizione, ma una limitazione. E’ un tentativo, quasi inutile, perché il modo migliore per capire Dio forse è il silenzio. Premessa questa precisazione si potrebbero distinguere atei positivi e atei negativi. Anche questa un po’ teorica e libresca. L’ateo positivo sarebbe colui che avrebbe delle prove per dimostrare che Dio non esiste, quello negativo sarebbe chi non ha prove sufficienti per dimostrare che Dio esiste. A suo tempo nel 1200 San Tommaso D’Aquino, dottore universale della Chiesa, tentò di dimostrare l’esistenza di Dio attraverso cinque vie, basate non tanto sulla fede, ma sulla ragione umana. Nella prima spiega ad esempio che in questo mondo tutto è movimento, vedi nell’universo e nella natura creata. Allora ne deduce la necessità di un “motore primo”, di una scintilla iniziale che ne avrebbe dato il via e lo chiama Dio. Pure nella quarta in cui costata che tutte le realtà esistono come ordinate ad un fine, ad esempio la pianta con il fine di produrre sempre lo stesso frutto, pur non essendo intelligente. Oppure la legge di gravità, per cui un sasso lanciato in aria non prende il volo ma tende e cade verso il basso. E conclude che qualcuno tutto abbia dotato e diretto verso un fine. Questo qualcuno egli lo chiama Dio. A 900 anni di distanza lo stesso concetto venne rielaborato da Teilhard de Chardin (+1955), il san Tommaso dei tempi moderni, ed egli apre la frontiera non tanto dal creazionismo fissato da Dio, ma dell’evoluzionismo intelligente, animato dallo Spirito di Dio. Come noto, J.Monod biologo ateo, premio Nobel 1968, è di tutt’altro avviso. Cioè il mondo è frutto del caso, di aggregazioni chimiche, si sviluppa e si mantiene per una necessità intrinseca, istaurata fra le singole parti. Con un’ovvia obbiezione dalla parte opposta, che un biologo non è un tuttologo e non può varcare frontiere e spazi propri di altre discipline complementari. Anche S. Agostino verso il 400 d.C. ha tentato di dare una prova dell’esistenza di Dio chiamata a priori, cioè non potremmo cercare Dio se non avessimo in qualche modo la nozione o il sentimento della sua esistenza. Dio è un’idea innata come esigenza fondamentale del pensiero. Celebre la sua frase: ”inquieto è il cuor nostro finché non risposa in te”. E anche qui i filosofi atei degli ultimi due secoli ribattono che in tal caso Dio sarebbe creato dal nostro bisogno di sicurezza, una proiezione del nostro desiderio, cioè un’illusione consolatoria. In effetti Dio è morto, aggiungeva Nietzsche. Dobbiamo ammettere che lungo la storia della Chiesa gli atei sono sempre stati denigrati e con ostilità financo perseguitati, perché considerati immorali e pericolosi. Ci riferiamo all’editto di Teodosio 385 d.C. il quale prescrive che chi rifiuta di essere cristiano o è uno stolto o un demente, per cui oltre che con la giustizia divina dovrà fare i conti anche con la giustizia umana. Ed è da questo momento che la chiesa cattolica, in precedenza dall’impero romano perseguitata, diventa a sua volta in parte essa stessa persecutrice. Un salto al tempo attuale: Teodosio è il precursore dei nostri contemporanei teocon, cioè dei cattolici ultraconservatori ed intransigenti come i gruppi Opus Dei, Comunione e Liberazione, Legionari di Cristo.ecc.
                                              La fede e la morale degli atei.
Limitiamoci ad un‘analisi dei veri atei convinti, quelli non proselitisti, non polemici, per i quali Dio non esiste, in quanto logicamente non dimostrabile. Le statistiche parlano di un miliardo e duecento milioni su 7 miliardi di abitanti. Una cifra che va presa con le dovute interpretazioni, in quanto al loro interno esiste una galassia di sfumature. In tutti i casi vi è oggi un diverso approccio nei confronti degli atei. Infatti è recente l’uscita di una collana editoriale di studi sulla “Spiritualità senza Dio”, diretta dal sociologo L.Barzano, di cui un interessante saggio “Spiritualità per atei” di Comte-Sponville. In sintesi: che cosa resta quando si rinuncia alla fede. L’ateo alla domanda se esiste Dio risponde: ”non lo so”. Se crede in Dio risponde: ”siccome non so se esista, quindi non ci credo”. Rifiuta la trascendenza (esistenza di un Dio, dell’aldilà) ma crede fortemente nell’immanenza, (nell’aldiquà), con serietà prende e vive oggi, in questo momento le realtà di questo mondo. La fede senza Dio è fedeltà qui. Più che una fede dopo la morte, è un’etica qui, ora. I veri atei, non quelli degli slogan, sostengono di avere una fede addirittura dogmatica nell’aldiquà. Non per il fatto di non credere in Dio rifiutano ad esempio il messaggio evangelico se in Europa, o il messaggio di Maometto se in Arabia, o quello di Budda se in Asia. Se si rinuncia ad un Dio chiaro e definito, non è un motivo per rinunciare a tutti i valori che abbiamo in comune, tramandati nel nostro mondo geografico. Se fossimo nati in Cina, saremmo debitori di altri valori di quelli che abbiamo ereditato in occidente. Fedeltà all’immanenza per l’ateo significa credere nell’universo e in questa umanità, anziché in Dio, ed agire con dogmatico rispetto dell’etica e della moralità. Significa fare il bene per un senso del dovere interiore e non per obbedire a Dio. Gratuita e infondata è l’affermazione di Dostoevskij: ”Se Dio non esiste, tutto è permesso”. Vi sono atei estremamente corretti, di un’etica personale, familiare, sociale ineccepibile, a volte molto più di certi credenti fedeli a Dio e ai santi suoi. L’ateo non spera, perché sostiene che chi spera nell’aldilà non è felice, e chi è felice quaggiù teme di perdere la felicità da un momento all’altro, quindi è sempre o spesso in ansia. L’ateo invece può essere una persona serena nella sua spiritualità. La spiritualità, che molte religioni ignorano o non prendono sul serio (in quanto considerata un hobby e non il fondamento di ogni religione, anzi di ogni fede), è la vita dello spirito, è silenzio, interruzione delle banalità, è mistero, è persino mistica, sospensione del tempo, della nostra conflittualità e schizofrenia interiore, è identità con se stessi, immersione nell’universo come la goccia d’acqua nell’oceano. L’ateo non prega, ma contempla, non si prostra ad adorare gli idoli, ma medita, seduto e rilassato, busto eretto. Il tutto frutto anche di un esercizio fisico, come lo zen, la respirazione, la liberazione dell’energia. Ovviamente come avviene nella spiritualità degli orientali che non credono in un Dio personale, mentre noi occidentali pragmatici e super produttivi, assenti da noi stessi, viviamo sempre con i nervi a fior di pelle e sprecati nelle futilità.
Personalmente io credo nel Dio di Gesù, perché sono stato così educato e ho interiorizzato questa fede. Ma non mi sento superiore a chi fosse nato in altro continente o professasse l’ateismo. Anche se Dio non lo si vede e non lo si tocca, ci credo come esiste la luce che non vedo e non tocco, ma attraverso la quale tutto vedo e tutto tocco. Come esiste l’amore che non si misura e non si pesa, ma che tutto muove e a tutto dà un senso. Non penso che Dio sia morto, sono morte e speriamo moriranno tutte le sue maschere. Però gli atei e l’ateismo hanno pure loro un messaggio che può esserci di riferimento e di riflessione, fino al punto che di un certo ateismo tutti abbiamo bisogno.

Autore:
Albino Michelin
29.09.2012

sabato 12 marzo 2016

UN VATICANO PER CHI E PER CHE COSA? CORVI E FUGA DI DOCUMENTI

Questa faccenda dalla fine gennaio 2012 si è talmente infuocata da occupare ogni giorno i primi spazi nei Media e TV. Il discorso va affrontato evitando gli estremismi. Da una parte i crociati, fondamentalisti cattolici per i quali la chiesa gerarchica ha sempre ragione, va difesa e omaggiata d'incenso. Dall'altra gli anticlericali, per i quali la chiesa va sempre denigrata. Ci sono degli scandali? Si analizzi chi li fa, chi li subisce, chi li sfrutta. Vi sono degli errori? Ebbene, gli errori possono puzzare di fogna o profumare di bucato. Ma inscenare una canea da entrambe le parti non serve alla verità. Non ci interessa qui discutere i fatti e gli eventuali sviluppi, fermiamo le lancette dell'orologio. Facciamo invece qualche considerazione a tutto campo. Con uno spirito di disagio e di mortificazione interiore, perché la mia e la nostra chiesa gerarchica tende ad affrontare questi problemi con supponenza, sorrisi di superiorità, lasciandoci in una rassegnazione cronica nella vita quotidiana di credenti. Ma dobbiamo anche avvalerci del canone 212,3 del diritto ecclesiastico che suona: "è diritto e dovere di notificare il proprio pensiero nella chiesa e di renderlo pubblico". In sintesi: qualche mese fa Mons. Viganò, autorità del Governatorato vaticano scrive una documentazione al Papa e al segretario di Stato Cardinal Bertone denunciando corruzione e malaffare all'interno dei sacri Palazzi, e che fare pulizia è urgente. La notizia esce con tutti i suoi dettagli e fatta pervenire ai Media. Il Prelato viene trasferito a Washington nel lontano Usa. Una domanda: se parlò bene perché non trattenerlo a bonificare l'ambiente, se parlò male perché promuoverlo ad una sede in capo al mondo? Il tsunami non si arresta. Il 24 maggio Gotti Tedeschi, presidente dello Jor (Istituto Opere Religione), banca vaticana, viene sfiduciato e licenziato su due piedi, proprio come un ladro da pollaio. Due anni fa era stato voluto a quella sede da J. Ratzinger e da T. Bertone. Ultimamente perdette cotanta protezione perché intendeva, secondo le direttive europee, allineare la banca alle regole della trasparenza ed inserirla nella lista dei paesi virtuosi. Il giorno seguente il maggiordomo, cameriere del Papa, Paolo Gabriele detto "Paoletto", trafuga i documenti privati della segreteria di Stato e li divulga pure lui ai giornalisti. Mentre Gotti confessa di temere per Ia sua vita, il Gabriele sconta la pena del furto nelle galere pontificie. Tutti questi casi, ed altri innumerevoli, vengono raccolti da G.L. Nuzzi, che ne fa oggetto di dibattito negli "Intoccabili", e pubblica un libro dal titolo "Sua Santità", al primo posto nel settore saggistica del tempo. Personalmente non ho letto il volume e non intendo leggerlo in quanto la vicenda è stata dibattuta in tutti i salotti televisivi e perché la parabola ascendente o discendente vaticana (dipende dal punto di vista), dopo il Concilio Ecumenico terminatosi nel 1965, la si può conoscere attraverso diverse pubblicazioni laiche uscite negli ultimi 50 anni. Esse dimostrano purtroppo come questa assemblea mondiale dei cattolici sia stata una bella iniziativa di Papa Giovanni nel 1962, ma con il tempo finita negli annali dell'archeologia. Se qualche lettore desiderasse ampia documentazione in materia, che pure a me ha dato sufficienti informazioni, consulti: A) I Mercanti del Tempio 1998 autore M. Guerino. B) Via col vento, 1999, autore "I millenari", (gruppo di prelati all'interno del vaticano. C) G. Galli, 2004 "Finanza bianca". D) G. Ballardini 2011 "Gesù e i saldi di fine stagione". E) M. Politi, 2011, "J. Ratzinger e la crisi di un Papato".
                                       Non identificare il vaticano con la chiesa
Vaticano deriva da "Vaticinium" e risale al periodo dell'impero romano allorché i sacerdoti pagani esprimevano i loro vaticini o presagi leggendo il volo degli uccelli o le viscere degli animali. E ciò avveniva su di un colle accanto ad un piccolo tempio che all'avvento del cristianesimo fu abbattuto e sostituito da una cappellina cristiana. Si dice, ma non è documentato che lì sia stato sepolto l'apostolo Pietro. E così ebbe inizio la permanenza del papato in Roma. Ma non è dogma di fede che la sede del pontefice debba essere quella, può venire trasferita anche altrove. In effetti, sappiamo che dal 1309 al 1376 la residenza della curia papale fu Avignone, città della Francia di proprietà del Papa stesso. Allorché S. Caterina da Siena scrisse una lettera a Gregorio Xl ingiungendogli di tornare a Roma, pensava ad una corte papale paradisiaca invece "si percepiscono fetori di vizi dell'inferno". Parole della santa. Certo se il Papa fosse rimasto all'estero, la nostra storia avrebbe avuto altro sviluppo. Ma nulla vieta che oggi la curia vaticana possa trasferirsi al terzo mondo, o nell'America Latina, dove esiste la concentrazione più alta dei cattolici, supponiamo a S. Paolo del Brasile. Certo un'utopia, ma pure continuando la permanenza in Italia, dovrebbe sempre restare valido il principio di Gesù: "essere in questo mondo, ma non di questo mondo". Cioè di questo mondo non condividere la logica, la brama del denaro, la sete di potere, gli intrighi di carriera. Invece a Roma il Vaticano rischia di cedere alla tentazione del patteggiamento politico, privilegi, esenzioni, invadenza, teocrazia, cioè imporre il catechismo come legge dello stato. II contenitore di una chiesa che dovrebbe essere universale, rappresentativa, in ascolto di tutte le voci ed istanze, rimane invece una chiesa all'italiana, anzi alla romana. Quindi vi alloggiano prelati di color nero, giallo, olivastro, con l'obbligo anticipato però di studiarsi l'italiano e lentamente "ragionare" all'italiana. Ma tutto ciò porta alla lunga a conflitti latenti nel suo interno. Che poi la stampa, i talk show, i media parlino di guerra dei coltelli, di cricche, di caste, di intrallazzi, di congiure, di bande, di faide è loro mestiere. Ma il nostro compito non sarebbe quello di perdere tempo a rispondere con le stesse armi, quanto piuttosto di riformarci al nostro interno.
E veniamo al primo punto: il Vaticano è uno Stato. Esatto. La chiesa invece è la comunità universale dei credenti, la cui leadership abbisogna di un territorio e di edifici ad hoc. Ovvio che la chiesa di Gesù esisterebbe anche se vi mancasse la leadership. Ricorda lo scisma d'occidente del 1378-1415, trentasette anni senza papi. Ma spesso noi per comodità di linguaggio identifichiamo vaticano con chiesa. Lo stato del vaticano è sorto nel 1929 con il concordato Pio XI-Benito Mussolini, 44 km quadrati, e circa un migliaio di residenti o poco più. Si chiama Stato, ma è una fictio juris, cioè facciamo finta che sia uno stato. Dipende dalle "convenienze". L'ambiguità fra Stato Vaticano e chiesa andrebbe riformata, se esso vuole essere uno stato deve soggiacere alle leggi di tutti gli altri stati, non fuggire per la tangente con la prerogativa che la chiesa altra legge non ha, se non quella di Dio. E se l'Europa chiede che la banca Jor del Vaticano deve rendere trasparenti i suoi conti, non riciclare denaro sporco o mafioso, esso ha da attenersi. Gotti è stato sfiduciato per questo. Allora la gerarchia faccia un esame di coscienza e metta in ordine conti, bilanci, transazioni ecc. E probabilmente i corvi spariranno. C'è stato quel buon uomo di Papa Luciani, vissuto in Vaticano solo un mese, che aveva intenzione di riformare la situazione finanziaria, perciò Il 28.9.1978 decide di destituire Marcinkus da segretario dello Jor. Il mattino seguente il pontefice viene trovato cadavere. II successore Papa Wojtyla ripromuove Marcinkus a cardinale. II 18.6.1982 Calvi, direttore del Banco Ambrosiano, viene trovato impiccato sotto il ponte di Londra. L'Italia vuole processare Marcinkus, ma il Vaticano non glielo consegna. Finché il 19.6.1989, (dopo 10 anni di intrighi), Wojtyla lo spedisce negli Usa. Perché tanto ritardo? L'articolo 14 del Concordato del 18.2.1984 (Governo Craxi-Vaticano) dice testualmente: ”Lo Stato italiano non può decidere nessuna modifica ai patti (= privilegi finanziari) senza l'approvazione del Vaticano”. Dunque la prima riforma da fare, a tanti anni dal Concilio è abolire questa clausola e lo spirito che le fa da supporto.
                                       Clima di carrierismo nella corte papale.
Altra importante riforma sarebbe quella della curia romana, sia nel reclutamento del personale, sia nella nomina dei vescovi alle singole diocesi. Top segret, il ruolo dei credenti è solo quello di pregare lo Spirito Santo affinché illumini gli alti dicasteri addetti. Anzitutto non viene rappresentata l'universalità della chiesa. (Cattolica significa universale). Risultato alla resa dei conti: troppe cordate, cioè promozioni per via di amicizie. 50 anni fa, forte era la cordata romana: ricorda i cardinali Traglia, Ottaviani, Giobbe, Fumasoni, Biondi ... Più tardi segue la cordata romagnola: Cicognani, Silvestrini, Monguzzi, De Nicolò, Minelli ... Recentemente la cordata piacentina (Nord Italia): Rossi, Casaroli, Oddi, Samoré, Poggi, Tonini. Il 18 febbraio 2012 nel Concistoro, assemblea addetta alle elezioni, abbiamo avuto 22 cardinali di cui 3 possiamo definire della cordata piemontese sull'onda lunga di Mensa, insegnante dell'attuale Cardinal Bertone: si tratta di Calcagno, Bertello, Versali. Su 22 gli italiani sono 7, un 30%, quando i cattolici italiani rappresentano nel mondo il 5-7%. Sempre tendenza verso una chiesa italiana, con metodi italioti. Ovvio che possano emergere conflittualità, come quelle che stanno evidenziandosi: un gruppo di curiali sarebbe per un Ratzinger bis, alla morte dell'attuale, un altro per aprire le finestre al nuovo mondo globalizzato e sempre più internazionale. Sul modello Onu. E per quanto riguarda la scelta dei vescovi delle diocesi: d'onde si raccolgono informazioni? Attraverso canali politici, i cosiddetti Nunzi apostolici, e mai attraverso le parrocchie di base. Nel 1829, ormai due secoli fa, su 646 vescovi diocesani solo 24 erano nominati dalla santa Sede, gli altri dai gruppi dei vescovi della nazione di appartenenza. Come fa un Papa a conoscere e nominare gli attuali 4 mila vescovi del mondo? Di qui si possono capire le reazioni dei fedeli, vedi il caso del vescovo Zurigo-Coira, tuttora soggetto ad infinite discussioni e divisioni. Vedi anche i fischi dei cattolici tedeschi nel Katholikentag di Mannheim 2012, indirizzati verso i vescovi che si limitavano a scuse superficiali in risposta alle penose situazioni attuali. Ed ancora, la scelta dei vescovi non può restare solo nelle mani di qualche gruppo di cattolici tradizionalisti e conservatori. Tutti conosciamo la potenza dell'Opus Dei e di Comunione e Liberazione, sorte per essere presenza cristiana e invece diventati potere e invadenza finanziaria. Nel libro di F. Pinotti, edito nel 2010 "La Lobby di Dio" (Cioè Comunione e Fatturazione, anziché Liberazione) si anticipano le manovre per portare l'arcivescovo di Venezia a Milano, in attesa di lanciarlo nel Conclave come futuro Papa. Ebbene Angelo Scola, ciellino, a Milano ci è arrivato. Ed ora dagli stessi suoi sostenitori si traffica affinché Formigoni, Presidente Regione Lombardia, arrivi alla Presidenza del Governo. Forse con questo non ci arriveranno, stante la sua situazione di indagato, come d'altronde altri di Comunione e Liberazione. Il Concilio Ecumenico del 1965 mirava alla collegialità nella chiesa, invece si è ritornati ad un esercizio monarchico,quasi fra amici degli amici.
                                        E’ questa la chiesa fondata sulla roccia?
Spesso noi cattolici ci ancoriamo dietro ad alcune affermazioni del Vangelo che andrebbero analizzate con un certo distinguo. Per esempio: "Chiesa e Cristianesimo fondati sulla roccia, quindi indistruttibili". Qualcuno potrebbe rispondere: l'induismo è religione più antica del Cristianesimo, 2500 anni, senza mai parlare di roccia fondamento viaggia verso il miliardo di adepti, poco meno del Cristianesimo, eppure anch'esso è indistruttibile. Senza mai nemmeno una crociata od una guerra di conquista. Annoverando anch'esso pure uomini di buona volontà, che non abbia pure questa religione l'assistenza dello Spirito Santo, dal momento che tutti gli uomini sono immagine di Dio? Che ne pensa in definitiva Papa Ratzinger di questo travagliato periodo? Senza identificarlo con la chiesa, non potrebbe questo Vaticano essere fondato sulla sabbia? Al di là dell'entourage che descrive Ratzinger addolorato, affranto, dolente, da sostenere con la preghiera, ecco delle precise inattese affermazioni. Il Venerdì Santo del 2005 Benedetto XVI lamentò: "quanta sporcizia nella chiesa”. Il 18.2.2012 ai neo cardinali fece la predica: ”No ad una chiesa mondana del potere e della gelosia". Il 24.2.2012 ai preti di Roma: "questa vanagloria alla fine è contro di me e non mi rende felice". Ovviamente qui si riferisce ai veleni serpeggianti in curia. Il 27.5.2012: "no alla babele". Tre giorni dopo invece: "ringrazio e dò fiducia incondizionata ai miei collaboratori". Insomma sembra che neanche il Papa oggi sappia da che parte voltarsi. Ostaggio del Vaticano. Per le riforme urgenti forse non sente più il coraggio e le forze. Un augurio sincero comunque gli viene dal suo compagno di studi, di università, di dottorato, di insegnamento universitario, di consultore al Concilio Ecumenico, Hans Küng con il suo ultimo libro del 2011 ''Salviamo la Chiesa". Un invito a leggerlo.

Autore:
Albino Michelin
29.06.2012

QUANDO LE RELIGIONI SONO CREAZIONE DEGLI UOMINI

La domanda che oggi la gente sempre più si pone è a che cosa possa servire una fede e se questa sia ancora necessaria. E che cosa uno si perda disinteressandosi della fede, di una religione, di una chiesa. Senza una religione l'uomo non sarebbe più se stesso? Questa serie di domande nasce da una costatazione. Il mondo continua a migliorare, pure in mezzo a tante contraddizioni, senza riferimento diretto alla fede, anzi sembra a volte opponendovisi. Di qui nasce il sospetto che la religiosità appartenga di più alla nostra struttura psicologica soggettiva che non ad una esigenza oggettiva. Come dire: io credo perché ne ho bisogno e non perché esista un Dio, motivo del mio credere. Si nota cioè che spesso degli individui rimangono fortemente attaccati a convinzioni che, pur non rispondendo a situazioni reali e pure essendo poco ragionevoli, sono per loro una fonte di sicurezza. Così il bambino crede tenacemente al mondo delle favole, dei maghi, degli spiriti, delle streghe, dei Santa Klaus più per la sua struttura mentale che per dati obbiettivi in favore dell'esistenza di questi personaggi. Egli ha tante buone ragioni per credervi e ne riceve tutta una serie di vantaggi, dando per esempio almeno una utile, sebbene provvisoria giustificazione ai suoi desideri, alle sue paure o sensi di colpa. Però con la stessa disinvoltura abbandonerà tutto questo mondo, quando cresciuto si accorgerà che è inutile, ingenuo, perfino di impedimento alla sua maturazione e a scelte più responsabili. Non potrebbe essere altrettanto anche della religione, dei suoi simboli, dei suoi paradisi e inferni? Certo il pensiero tecnico e la cultura industriale sono nella loro natura atei, cioè prescindono se un Dio debba esistere o meno. Il mondo è mondano e solo mondano, il suo destino è affidato alla coscienza e alla responsabilità dell'uomo. Mi permetto di sottolineare coscienza. Nella cultura e nelle scienze egli ha imparato a cavarsela da solo, senza Dio. L'ipotesi Dio qui è più d'impaccio che non di aiuto. La conseguenza di quest'evoluzione è una crisi radicale delle religioni, le quali tutte sono nate e cresciute in un'epoca e ambiente agrario, e perciò venivano considerate necessarie e logiche nella civiltà preindustriale. Qui risiede il motivo di un calo generale della pratica in tutte le religioni istituzionali. Le affermazioni però su elencate necessitano di una certa analisi e distinzione fra Dio, spirito, coscienza da una parte, e fede, religione, chiese, templi, moschee, pagode e dall'altra. Questa confusione fa di ogni erba un fascio e arrischia di gettare l'acqua sporca con il bambino, cioè le espressioni storiche e mutevoli con la sostanza che è il DNA, il senso profondo dell'uomo.
                                          Altro è la religione, altro è la spiritualità.
Probabilmente metà del pianeta ha detto la parola fine alle religioni, in altra metà però si registra una effervescenza ed una rinascita. Vedi movimenti pentecostali, dello Spirito, carismatici, turismo religioso, neobuddisti e meditazioni orientali. Intanto è opportuno sapere che le religioni non esistono da sempre, non esistono nemmeno da quando l'uomo è apparso sulla terra (3 milioni di anni?). Sono di ieri, recenti, giovani. La più antica è l'induismo (pare esista da 4.500 anni), poi l'ebraismo giudaico (da 3.200 anni) su cui si è innescato il Cristianesimo di Gesù (2000 anni). Non dimenticando che secondo il pensiero di alcuni teologi cattolici non si è nemmeno certi se Gesù avesse voluto fondare una religione o un movimento spirituale. E che la prima sia stata opera specifica dell'apostolo Paolo, un autentico organizzatore. Comunque gli antropologi sostengono che le religioni più antiche siano sorte nel periodo della rivoluzione agraria (circa 10-12 mila anni fa), quando dal periodo paleolitico (antica età della pietra) di cacciatori e nomadi si è passati al neolitico di coltivatori e residenti sedentari. Qui l'umanità ha dovuto reinventare se stessa creando dei codici di comportamento che le permettessero di vivere in società con un diritto, una morale, un senso di appartenenza a beneficio della specie. Anche Mosè, il noto legislatore ebreo, si iscrive con i suoi 10 comandamenti in questa logica. In fondo è l'esigenza di senso e di esperienza trascendentale. La spiritualità però è più antica della religione. Appare con l'Homo sapiens (70-100 mila anni fa, oggi si suppone) che appunto coincideva anche con homo spiritualis. Ora l'esistenza della spiritualità sembra possibile solo se la riteniamo come emanazione da Dio, il che potrebbe essere comprovato se stiamo in ascolto della voce dell'universo e del creato. Si intuisce una presenza di Dio nel processo della cosmogenesi, cioè nel farsi evolutivo del mondo. Di un processo si tratta è non di una creazione completa e realizzata. Convinti che tale processo non è forse sempre lineare, si riscontrano involuzioni, progressi, fermate, stop, distruzioni di masse, riprese.
                                  Improbabile che gli uomini siano frutto del caso
Tuttavia guardando a ritroso, il processo rivela una direzione in avanti e verso l'alto. Ammettiamo che molti, pure fior di scienziati, rifiutino una intenzionalità ed una direzionalità dell'universo e parlino di caso. L'eventualità che noi siamo figli del caso esiste ed è di 1 seguito da 48 zeri. In matematica è numero da rompicapo, impronunciabile. Guardando a ritroso, ai 13-14 miliardi di anni seguiti al big-bang, non possiamo negare che vi sia stata una traiettoria ascendente. L'energia si è trasformata in materia, il caos è diventato generativo, la complessità è diventata vita, quindi coscienza, quindi spiritualità. Tutto nell'universo sembra essersi coordinato in maniera da permettere lo sviluppo della vita e della coscienza. La domanda inevitabile: chi ha dato l'impulso iniziale? Il nulla? Ma dal nulla nasce nulla. Segno che qualcuno, o qualcosa l’ha chiamato all'esistenza. Prima del nulla c'era il Mistero: nome che le religioni usano per esprimere ciò che chiamano Dio. L'irrompere dell'aurora, lo sbocciare di un fiore, un bimbo che nasce…. Come si può restare indifferenti? Se non ci è consentito di chiamarle prove, certo però che sono forti indizi a deporre in favore di un impulso vitale dato da un essere superiore. Se c'è un Dio egli ha creato l'universo come sovrabbondanza della sua pienezza. L'universo sta ancora nascendo e la sua espansione significa anche la rivelazione progressiva di Dio. Lo scienziato gesuita Teilhard de Chardin (+1955) sostiene che la materia stessa va spiritualizzandosi e che lo Spirito dell'uomo altro non è che il frutto di un lungo percorso attraverso tappe pazienti. Creato direttamente da Dio? Forse no. Da lui progettato come meta dell'evoluzione ed interprete della creazione, certo o probabile che sì. Quanto sopra è tentativo di dimostrare che lo Spirito dell'uomo ha un rapporto con Dio, mentre invece le religioni sono creazioni nostre. Lo spirito dell'uomo è anteriore e superiore ad esse. Le religioni sono forme storiche, mutevoli, mentre la spiritualità è una dimensione costitutiva dell'essere vissuta sì nelle religioni e nei luoghi sacri, ma anche fuori di esse. Possiamo prescindere dalla religione, ma non dalla dimensione di trascendenza dell'essere umano. Talvolta le religioni possono costituire addirittura un ostacolo a vivere la propria spiritualità. Dalla rivoluzione agraria ad oggi tutte le società sono state a modo loro religiose, rette dalla religione nelle loro strutture culturali e sociali. L'impulso religioso, la forza delle religioni è stato il motore del sistema operativo nella società. Anche nel nostro piccolo mondo, in Italia e in occidente fino al 1500-600 movimenti sociali e rivoluzioni hanno sempre avuto un supporto religioso. Tutto veniva gestito attraverso la sfera religiosa, come rivelazione e volontà di Dio, attribuendo la propria origine a Dio stesso. Ma l'intelligenza e lo spirito dell'uomo, costitutivo del suo io più profondo, ha reagito alle religioni mettendole in crisi con le loro istituzioni, riti, dogmi, obblighi di sottomissione. Alle imposizioni di una morale eterna venuta dall'alto, al controllo del pensiero, alle inquisizioni, condanne a morte e ai roghi, alla pretesa infallibilità dei capi (siano essi i sommi sacerdoti ebraici di ieri, i visir, gli imman, i papi di oggi). Ed ancora ha reagito alle interpretazioni unilaterali della volontà di Dio, proclamata dai vari libri sacri, al premio e castigo di un giudice universale. Sappiamo che di fronte a queste strutture dottrinali e rigide la gente abbandona, o è tentata di abbandonare religioni e luoghi di culto. Sia ben chiaro, non solo cattolici. Non si vuole qui fare un autoesame di coscienza: è un problema trasversale, eccezione fatta per le religioni rimaste agrarie (tipo forse l'animismo africano). O le religioni ritornano a rileggersi, rifondarsi quali espressioni dello Spirito dell'uomo e della sua spiritualità più profonda, oppure arrischiano caduta libera. Per fare un esempio, Spirito e spiritualità rappresentano il tronco, le religioni i rami. Lo spirito sarebbe la costante o il genere che permane, le religioni invece sarebbero le variabili o le espressioni, che potrebbero anche mutare o sparire.
                                   Dalla rivoluzione agraria a quella scientifica
All'inizio abbiamo accennato esservi stata una grossa rivoluzione religiosa con l'avvento della civiltà agraria, qualche decina di millenni di anni fa, la seconda rivoluzione pare stia avvenendo oggi con il passaggio dalla civiltà agraria a quella industriale e postmoderna. Perciò o le religioni si "reinventano" oppure diventano insignificanti. Il cattolicesimo ha intuito la situazione verso il 1960, organizzandosi un Concilio ecumenico. Poi però è tornato al ripensamento, tutti in difesa davanti al portiere. Forse la paura di dare spazio allo Spirito, alla spiritualità dell'uomo. Se in difesa invece non si ripiegherà, le religioni potranno scongiurare la loro fine, o la fuoriuscita di un sempre maggior numero di adepti delusi.

Autore:
Albino Michelin
09.06.2012

L’ITALIA E’ ANCORA CATTOLICA?

Si chiama "secolarizzazione" il fenomeno secondo il quale la società informa le proprie scelte di vita a comportamenti sempre meno influenzati dalla religione. E' un processo che alcuni anni orsono divideva il mondo a metà, oggi sempre meno. Da una parte il mondo islamico, dove questo processo non è più però in fase regressiva, e dall'altra la società occidentale, di matrice prevalentemente cristiana, dove invece tale processo è in crescita velocizzandosi sempre più. In Italia il fenomeno lo si studia da un decennio attraverso vari enti: la fondazione Critica Liberale, il Dipartimento CGL, la Chiesa Valdese, l'Istat, la Federfarma, l'Isimm, la Conferenza episcopale italiana. In pratica, anche se da diversi punti di vista, questi dati coincidono, per quanto la chiesa tenda a mitigare i risultati, allorché scendono verso il basso. Abbiamo un indice chiaro su come la società tende nel corso del tempo ad orientare le proprie scelte rispetto ai dettami della fede, una chiara tendenza a distanziarsi dalla religione cattolica. Una curva in discesa che si potrebbe così tracciare. Dio si, Cristo un po' meno, Chiesa ancora meno, gerarchia verso i minimi storici. Mentre una ricerca in aumento la si riscontra nel bisogno di un senso della vita, di una fede, di una spiritualità fai da te. II che però non sarebbe del tutto negativo. II pericolo maggiore per i credenti non è il dubbio e il dissenso ma l’indifferenza.
                                                      Le scelte personali
Partiamo da quelle relative ai sacramenti e alla messa. Aumentano gli italiani che rimandano il battesimo dopo il primo anno di vita dei neonati. Ciò ovviamente fa specie se pensiamo che qualche tempo fa i nostri nonni battezzavano i figli nei primi giorni dopo la nascita, se non il giorno della nascita stessa. Complice l'idea intimidatoria di S. Agostino (V° secolo d.C.), per il quale un bambino deceduto senza battesimo si vedeva precluso il paradiso e doveva parcheggiare nel limbo, una specie di anticamera fra premio e punizione eterna. Che Papa Ratzinger abbia abolito il limbo, definendolo opinione superata, è ininfluente alla diminuzione dei battesimi. Nell'ultimo decennio questi sono calati da 515 mila annui a 429 mila, con una perdita di ben 19 punti. In calo le prime comunioni da 553 mila a 428 mila. Cresime da 661 mila a 437 mila. Più netto il calo dei matrimoni, unitamente quelli in chiesa e in civile. Meno 30%. Da 312 mila a 230 mila. Matrimoni concordatari da 257 mila a 144 mila. L'aspetto più drastico è la diminuzione dei matrimoni ecclesiastici in favore del solo rito civile. Quest'ultimo è aumentato da 54 mila a 85 mila coppie. I divorzi invece raddoppiano, passando da 23 mila a 54 mila. Nella sola città di Milano (gli ultimi due anni 2010-11) aumentate del 10% separazioni e divorzi, passando da 8.400 a 9.200. Aumentati del 30% i divorzi consensuali, dove entrambe le parti arrivano ad un accordo senza andare avanti in un oneroso contenzioso giudiziario sui soldi e sui figli. In margine a questo fenomeno già nel 2001 l'allora Cardinale di Milano Martini, cosa che fece scalpore, interrogò il Consiglio Pastorale diocesano sulla possibilità di rileggere la proibizione dei divorziati alla comunione. Favorevoli ad una revisione 78, contrari 2, astenuti 12. Ma con il suo successore, Angelo Scola di estrazione Comunione e Liberazione, si ritornò agli antichi tabù. In effetti il 31.1.12 egli si oppose a ripensare in merito, secondo un invito del Consiglio Presbiterale. Nonostante tale divieto si registrarono 27 astenuti, 7 favorevoli, 13 contrari. Un risultato che non rispecchia certo la sensibilità dei credenti ma il timore delle reazioni del prelato. Altro dato interessante è quello concernente le vocazioni. Diminuite, sempre nell'ultimo decennio, le ordinazioni di sacerdoti da 547 a 405. Mentre crescono diaconi e catechisti laici. Spiegazione semplice: questi possono sposarsi e farsi una famiglia. Sintomo che il celibato ecclesiastico obbligatorio è un ostacolo al farsi prete. L'annuario pontificio registra un lieve aumento di cattolici, preti compresi, per Asia e Africa. Un mezzo gaudio, una leggera compensazione probabilmente temporanea. Con l'avvento del progresso, della globalizzazione, della tecnologia forse anche là subentrerà lo stesso calo. Le messe domenicali registrano ancora una buona platea di canizie e capelli bianchi, ma pure quelli in diminuzione, nonostante l'aumento dell'età della vita. La percentuale di visitatori dai bambini agli anziani si aggira dal 35 al 45%, con lieve oscillazione fra nord e sud. Tengono le messe occasionali, come quelle concomitanti con battesimi, prime comunioni, cresime, funerali. Che la gerarchia ogni tanto annunci trionfalisticamente il ritorno del sacro, alle sante tradizioni, all'obbedienza lascerebbe supporre chiese costantemente straripanti di fedeli e ingorghi da stadio. Il che sarebbe consolante, ma è illusorio.
                                                  L’educazione scolastica.
Conseguenza di quanto sopra non deve stupire in Italia anche il calo di iscritti alle scuole private cattoliche e la diminuzione del numero delle scuole stesse sul territorio. Il calo degli iscritti cattolici è da 11 a 8 mila. Il numero degli studenti da 870 a 640 mila. Ciò dipende anche da un fatto di concorrenza della scuola privata non religiosa, il cui numero invece di istituti e di alunni è in costante crescita. Calano pure gli iscritti laici alle facoltà di teologia e alle università ecclesiastiche, ricadendo così ad una ulteriore clericalizzazione della cultura religiosa. Fatto che ciò non si avvera nelle università straniere.
                                                        Le scelte etiche
Mentre da una parte aumentano consultori familiari e centri difesa della vita e della famiglia da 487 a 2345, diminuiscono invece orfanotrofi e centri di tutela dell'infanzia. Ciò nonostante si nota una cresciuta indifferenza al modello di famiglia proposta dalla chiesa cattolica, così cambia anche il modo di vivere la genitorialità, evidenziato dal crescente ricorso ai metodi anticoncezionali, passato dal 10 al 19% (2003-4). Importante qui è il calo del numero degli aborti, addirittura del 30% (dal 1991 al 2009), dovuto ad una maturità sociale nella scelta in materia di procreazione e al maggior ricorso ai contraccettivi. In merito è sempre da preferire il male minore (=prevenzione della maternità) ad uno peggiore (=interruzione della maternità).
                                                 Presenza della chiesa in TV.
Il "Mistero di Maria", "Santo subito" (K. Wojtyla) e ancora "Beato K. Wojtyla", i "Miracoli del Papa Wojtyla" sono soltanto alcuni dei titoli delle puntate di Porta a Porta, salotto televisivo di Bruno Vespa. La presenza della Chiesa in TV è straripante e incontenibile, lasciando da parte messe domenicali, Angelus del Pontefice, viaggi papali, nel qual caso non c'è spazio per nessuno. Pur possedendo la Chiesa italiana il suo Canale Sky 2000, si arroga il diritto di mettere le mani sulla TV pubblica come e quando essa crede opportuno. Limitandoci solo alle presenze religiose, tipo annuncio o catechesi, essa conta 92% di presenze contro il 3% dell'Islam del 2% di quella ebraica, dell'1 % di quella buddista. A farla da padrona, manco a dirlo, Rai Uno, rete ammiraglia del servizio pubblico, che offre tra "Uno Mattina e Porta a Porta" il grosso della visibilità televisiva nazionale della chiesa cattolica. Terza a discreta distanza è "Matrix". Le tre trasmissioni hanno offerto rispettivamente 58, 28, 14 puntate nel periodo in questione: tutte le altre seguono a distanza siderale. La TV italiana produce un vulnus alle altre religioni esistenti nel territorio, esibendo un tipo di predicazione culturale, che più tradizionale non si può e che emargina tutti coloro che tutto ciò non condividono. E poi il tipo di ecclesiastici selezionati, sempre le stesse facce, nonché le modalità di comunicazione, il genere delle tematiche: voce unica del magistero e dibattiti a soliloquio senza un confronto con teologi laici dal pensiero diverso ed arricchente. Tutto a conclusione scontata. Agli spettatori viene tappata la bocca, così è se vi pare. Da ciò si distanzia alquanto Rai 3 ad esempio con la trasmissione "Uomini e profeti". Ma il resto è TV adulatoria dello status quo e dell'establishment ecclesiastico, selezionatore narcotizzante sui vari problemi. Le rivelazioni di G.L. Nuzzi in gennaio-febbraio 2012 nella trasmissione "Gli Intoccabili" sulla fuga di notizie compromettenti il Vaticano, e il predicozzo di Celentano al Festival di S. Remo sulla chiesa che dovrebbe fare meno politica all'italiana e più la politica di Gesù, ha scatenato un finimondo nei palazzi alti e richiesto pubbliche scuse e ritrattazioni. Nella Tv italiana si preferiscono fiction a vago sfondo pseudoreligioso, retorica devozionale, visione mariane, da Fatima a Medjugorje, piaghe di P. Pio di Pietralcina, conversioni shock, tipo quella della diva C. Koll e del drogadipendente Paolo Brosio. Ma è sconosciuto e sottovalutato il fenomeno dello smisurato scisma sommerso, che coinvolge una parte maggioritaria dello stesso mondo cattolico praticante. E' solo propaganda ripetitiva e scontata, ostacolo all'apprendimento e alla coscienza critica. Si rimane in uno stato di ignoranza pietosa. Con buona pace del pluralismo religioso, che approfondirebbe ogni identità diversa e aprirebbe ad orizzonti più ampi. Spiriti laici talvolta scrivono sulla stampa che la Tv nazionale italiana è pilotata, anzi è monopolio del Vaticano. Si è pure letto che il Cardinal segretario di Stato Bertone ha proposto i suoi "buoni uffici" affinché Marco Simeon e Lorena Leo assumessero la direzione Rai. Possono essere chiacchiere malevole, ma con i tempi che corrono, e la varie implicazioni della chiesa italiana nella politica nazionale, il dubbio potrebbe esser legittimo.
                                                  Finanziamenti alla chiesa
L'8 per mille, contributo dei cittadini erogato dallo Stato alla chiesa, è passato dai 210 milioni del 1991 ai 967 del 2009. Ma in calo nell'ultimo anno. E' una legge trabocchetto stipulata nel 1984 fra Stato-Chiesa per cui a questa vanno devoluti anche contributi di italiani cattolici che non hanno sotto firmato in favore di essa. Ma la tendenza sta invertendosi, perché aumenta il numero di coloro che sottoscrivono per altri destinatari, tipo chiesa valdese o enti a scopo sociale benefico. In definitiva tutti i dati e gli aspetti su citati dimostrano che l'Italia è sempre meno cattolica e più secolarizzata. La chiesa dovrebbe studiare altre forme di approccio per non perdere ulteriormente pezzi per strada, e soprattutto riacquistare credibilità.

Autore:
Albino Michelin
27.04.2012

LA MADONNA E LE DONNE

Maggio è il mese delle rose, della primavera in fiore, e delle mamme. Il mio intendimento qui non è quello di elogiare questa figura materna quanto piuttosto di rilevare il ruolo che ha avuto il "femminile" nella storia, nelle religioni, nel cristianesimo. Il ruolo che ha e che dovrebbe avere in futuro. Ai nostri giorni il "femminile" si è fatto strada in diversi modi e settori: un po' per concorrenza, un po' per restituirsi il mal tolto. Ma spesso ciò avviene maldestramente. La donna oggi è attiva, cavalcante, rampante, velina, protagonista nei media e nell'internet, manager. Può anche disturbare, perché il troppo storpia. Conviene fare una riflessione oggettiva. Da sempre abbiamo avuto il predominio del maschio (o del maschile) in tutti i settori, anche nel rapporto con la divinità, con Dio. In effetti Dio viene definito "Padre" e nel 1978 quando Papa Luciani, rimasto tale solo per un mese, si peritò di chiamare Dio "madre" venne subito spiazzato perché pochi lo accettarono. Anzi il suo secondo successore Ratzinger mise subito i puntini sugli "i", e ci fece ritornare all'invocazione tradizionale, quella maschilista. Però si farebbe un torto alla verità delle cose, a cominciare dalla preistoria, se continuassimo come maschi a tenere in pugno il mondo e ad interpretarlo secondo il nostro schema unilaterale. Non dimentichiamo che il primo scheletro umano, ritrovato in Etiopia 3 milioni e mezzo di anni fa, appartiene ad una donna, Lucy. Prendiamo la notizia come curiosità, perché col tempo si potrebbe rinvenire uno scheletro maschile di più lunga data. Insopprimibile comunque il fatto che le prime divinità preistoriche, cioè antecedenti di molti anni al cristianesimo e all'origine del mondo (che la Bibbia fa risalire a 5 mila anni fa) erano femminili e purtroppo non maschili. Ad esempio si ha qualche documento sulla Dea Mater, Madre Terra, ma non di un Dio Padre, Creatore. E' il caso anche dei paleoveneti, o veneti antichi, una tribù proveniente dagli indoeuropei, circa 2 mila prima di Cristo, che avevano per divinità suprema una Dea, chiamata Reitia. E quando vi succedettero i romani, sia pure accanto al Dio maschio Giove, vigeva il culto verso un'infinità di divinità femminili che guarivano e sanavano le varie infermità. E quando si diffuse il Cristianesimo, fu il turno di Maria, che al di là di ciò che essa fu storicamente nell'arco della sua vita, nei secoli successivi venne innalzata al ruolo di divinità, anche se dal punto di vista teorico o teologico al vertice rimase posizionato Dio Padre, con le caratteristiche del maschio. E Maria venne decorata di titoli e di dogmi. Nel 431 dopo Cristo Madre di Dio, nel 533 Vergine prima, durante, e dopo il parto. Nel 1854 Immacolata Concezione, cioè concepita senza il peccato originale tramandato da Adamo a tutti i neonati. Nel 1950 Assunta in cielo con anima e corpo. 
                     Le divinità femminili pagane sostituite da quelle cristiane
E sempre per quanto riguardo il cristianesimo, aspetto particolare delle religioni mondiali, lentamente si sono cancellate le divinità greche e romane, confiscato il loro nome, e attribuito pari pari a Maria. Così abbiamo la Madonna dell'acqua (al posto della dea Artemide Diana), la Madonna delle rose, la Madonna dell'Olmo, la Madonna del Frassino, la Madonna del Monte Carmelo. Una miriade di Madonne. Qualche volta anche in contraddizione fra di loro o con il messaggio dell'amore universale fra nemici di un tempo. Come a Montebelluna (Treviso) dove possiamo ammirare un tempio meraviglioso, anni 1920, chiamato Santuario della Madonna delle Vittorie, per celebrare la vittoria degli italiani contro gli austriaci (Guerra del 1915-18). Non si sa però come gli austriaci la vedono questa Madonna, patrona dei vincitori. Ma qui la pietà (o l'empietà?) popolare non va molto per le sottili. E per riprendere il filo storico precedente: a Costantinopoli (oggi Istanbul) le divinità femminili romana Rea e Fortuna furono rase al suolo e sostituite con un tempio alla Madre di Dio. Anche qui si noti, ad una divinità femminile non seguì quella maschile del vero Dio, ma l'esaltazione devozionale verso una donna. E dal 1500 specie dopo la riforma protestante, la varietà delle Madonne si è ancor più moltiplicata. Si può dire che non esiste paese o circondario in cui, leggenda o storia, non si racconti di qualche apparizione mariana, con i relativi santuari fra cui Lourdes, Fatima, Medjugorje, per limitarci ai più noti. Queste espressioni di fede in una donna (nel caso Maria) nasce dal bisogno umano di abbinare il femminile al divino, quasi il disagio di avere a che fare solo con un Dio "maschile". Sintomatico di questo bisogno è quel proverbio di qualche secolo fa: "Dio bastona, Maria perdona". L'istituzione cioè di una specie di patrocinato intermedio fra Dio e l'uomo, il Padre eterno che decreta la condanna, la creatura che si sente perduta. Ma ecco l'intermediaria: Maria che tenta il condono, si adopera per placare Dio e il di lui braccio punitivo attraverso il suo sentimento amoroso. Questo tipo di procedimento, diffusosi dopo la caduta dell'impero romano, si chiama pure clientelismo, specie al popolo italiano molto comune. Di qui anche uno fra i tanti motivi del rilevante culto mariano in Italia. Indubbiamente le cose non vanno così semplificate, il discorso andrebbe molto più in profondità. Cioè l'androcentrismo, ossia la sopravalutazione dell'uomo maschio nel contesto religioso ci spinge a ricorrere al femminile come ammortizzatore. E questo non solo nel Cristianesimo, ci si scusi la ripetizione, ma in tutte le religioni. Apparizioni di "Dee" si registrano dovunque, in ogni parte del globo, pensiamo alla città di Benares in Birmania, luogo sacro degli Indù dove vediamo gli stessi fenomeni e "miracoli" dei nostri santuari. Con ciò si dimostra il solito ritornello: Dio viene accettato a condizione di un supplemento femminile. Lo prova anche ad esempio la Trinità degli Egiziani: Iside, Osiride, Horus. Padre, madre, figlio. Sì è posto una donna madre, accanto ad un maschio padre. Qualcuno lo definisce in modo sommario politeismo. Se è così politeisti lo siamo un po' tutti, anche se come filosofi e teorici tentiamo di spaccare un cappello in quattro e difendere il nostro monoteismo pulito. Pensiamo a tutto il nostro stuolo di Marie e di sante definito dagli agnostici "Pantheon degli idoli".
                              Chi fu veramente Maria dal punto di vista storico.
A questo punto vogliamo meglio restringere le nostre considerazioni alla Maria nel nostro cristianesimo. Partendo cioè da un'analisi storica: chi era la Maria nel suo tempo, nel suo ambiente. Certo allora non si chiamava 'Madonna", poiché questo appellativo dal significato "Mia donna" si rifà dal 1400 in poi. Il nome di nascita era 'Miryam' (goccia d'acqua) che col tempo si tramutò in Maria. Una ragazza ebrea, del popolo, vissuta in un paese povero, Nazareth, “che cosa può venir fuori di buono da Nazareth”, si dicevano i contemporanei di Gesù, sotto un dominio straniero, quello romano. Negli scavi operati recentemente non si è trovato reperti di strade lastricate, nessun rudere di monumenti, quindi Nazareth paese di poco conto. Maria ha vissuto la vita di tutte le coetanee. Aiutava al frantoio dell'olio, al torchio del vino, portava la brocca d'acqua dalla fontana. Ha sperimentato una gravidanza difficile, pellegrina da Nazareth a Betlemme, pure rifugiata in Egitto. Al mattino iniziava con la preghiera, comune a tutte le ragazze "Signore, sia fatta la tua volontà". Questa disponibilità al progetto di Dio è stata interpretata come l'obbligo della donna al silenzio, alla sottomissione, all'ossequio. Le deviazioni di una lettura maschilista della Bibbia. Che Maria fosse un carattere forte, pronta a cambiare il corso della storia e a sollevare a dignità delle donne, lo dimostra nel canto del Magnificat, quando dice: "Il Signore depose i superbi dai troni ed ha innalzato gli umili". Sembra un'anticipazione del femminismo sessantottino di mezzo secolo fa. E nelle nozze di Cana riemerge il suo carattere deciso quando rivolge uno sguardo ed un'ingiunzione a Gesù in un matrimonio, dove venne a finire il vino: "Non hanno più vino” e convinse Gesù ad un intervento (un segno simbolo interpretato come miracolo), per evitare agli sposi una brutta figura. E il coraggio, senza piagnistei e senza strilli di prefiche, di rimanere sotto la croce di Gesù che stava per esalare l'ultimo respiro, dimostra la forza d'animo di stare là dove le situazioni sono drammatiche. E dopo la morte di Gesù, il fatto di accettare il ruolo di animatrice del gruppo apostolico e della prima comunità cristiana testimonia il suo impegno a progettare uomini nuovi. Che lungo i secoli poi i credenti, come detto, l'abbiano adornata di titoli e di dogmi, è perfettamente comprensibile. E' stato il riconoscimento del genio femminile nel cristianesimo e nella chiesa. Di qui la venerazione, l'esaltazione al cielo, il sedere al fianco del risorto suo figlio alla destra di Dio. Per l'intuito dei fedeli essa era riuscita a rendere Dio più femminile.
                        Poco spazio femminile oggi nella chiesa del Signore
Qui la domanda conclusiva: la chiesa lungo i secoli ha dato spazio sufficiente al femminile? Oppure ha continuato con una gestione maschilista dell'istituzione, coprendo tutti gli spazi, in primis quelli del culto? Purtroppo si. Così non solo ci è mancato e continua a mancarci un volto più femminile, con un po' di affettività e di sentimento. Che la nostra chiesa sia stata e lo sia ancor oggi così dogmatica e poco misericordiosa, è anche da addebitarsi all'assenza della donna, alla sua estromissione, costretta portare museruola e mordacchia. Recentemente un gruppo di donne cattoliche inglesi fece la proposta di aggiornare il rito del battesimo. Dall'espressione "Io ti battezzo nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito santo" alla seguente: "Io ti battezzo nel nome del Creatore, Redentore, Consolatore". Respinta dall'apposita Congregazione romana perché l'espressione 'creatore' deve specificarsi con Dio 'Padre', e non lasciare il dubbio di un Dio 'Madre'. Fece molto discutere il caso di quella bambina di 9 anni, che a Recife in Brasile venne violentata dal patrigno e rimase incinta. Un parto difficile, per evitare la morte della madre si dovette procedere all'aborto dei due gemelli. Il Vescovo John Sobrino la colpì di scomunica, mentre il violentatore circola a testa alta e senza un cenno di biasimo. Gli bastò forse confessarsi dal prete in due minuti e tutto si aggiustò. Domanda: sarebbe stato possibile tale castigo se al posto di un vescovo maschio ci fosse stato un vescovo donna? Queste pure sono le conseguenze di una morale solo maschilista. Oggi si discute tanto che la chiesa è in pericolo d'estinzione, causa la mancanza di preti maschi. Un contributo alla soluzione può essere facile: basta permettere il sacerdozio alle donne. Siamo chiari: esiste una proibizione di Dio e di Gesù Cristo, oppure una decisione attinente solo la gerarchia da sempre maschilista? Una questione da affrontare a viso aperto e senza reticenze. Un messaggio conclusivo lo lasciamo alla Madonna, Maria del Vangelo: "non hanno più vino, Gesù". La Madonna e tutte le donne oggi devono prendere la parola e gridarci: "non c'è più acqua in tante parti del mondo, non c'è più pane, non c'è più cultura, non c'è più sanità, non c'è più solidarietà con i paesi poveri, non c'è più misericordia nella chiesa..." Dopo millenni di maschilismo noi uomini registriamo un mezzo fallimento. "Donne, madri, coniugate, o single, il futuro è nelle vostre mani”

Autore:
Albino Michelin
30.03.2012

CELENTANO CANTANTE E PREDICATORE

Celentano, il cantante è un mestiere che Va alla grande. Canta da Dio. Ma se si mette a fare il predicatore in pubblico, il benefattore dei poveri suscita un vespaio, un mondo di indignazioni. Butta la pietra nello stagno e divide l'Italia in due schieramenti: gli uni contro gli altri chiaramente distinti. È successo al Festival di S. Remo 2012 in occasione delle serate dal 14 al 18 febbraio. La Rai l’ha ingaggiato a ragion veduta. Con il molleggiato, successo e share di ascolti sono garantiti. Infatti il picco di ascolti con lui è arrivato ai 14 milioni. Mai avvenuto. Con l'ingaggio ovvero il maxingaggio di 350 mila euro la serata, il che significa 700 mila euro per la manifestazione in toto. Ma due episodi hanno sollevato una bufera di piazza: l'annuncio che egli destinò l'ammontare in beneficenza: 200 mila a Emergency, e 400 mila da distribuirsi a 25 famiglie povere di sette città, individuate dai rispettivi sindaci. Milano Pisapia, Verona Tosi, Firenze Renzi, Roma Alemanno, Napoli De Magistris, Bari Emiliano, Cagliari Zedda, ribattezzati dal nostro "i magnifici 7". Di sua tasca vi aggiunse la relativa tassa fiscale. Qui dovremmo prendere il toro per le corna, ma un corno per volta. Diamo la priorità a quello della beneficenza conclamata e divulgata. E qui esce la schiera di moralisti, anche per vendicarsi di questo predicatore che ci ha messi tutti a nudo. Costoro ti infilano anche una serie di citazioni evangeliche, dal momento che, fra l'altro, Celentano si definisce un credente adulto. Ne elenchiamo alcune: "Guardate dal praticare le vostre opere buone davanti agli uomini per essere da loro ammirati. Quando dunque fai l'elemosina non suonare la tromba davanti a te come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere dagli uomini lodato ... Quando invece tu fai l'elemosina non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra" (Mt. 6,1-5). Qui un chiaro elogio della privacy. Oppure ancora: "quando tu preghi entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo che è nel segreto" (Mt 16,6). Oppure: "Ciò che è esaltato davanti agli uomini è detestabile davanti a Dio" (Lc 16-15).
        Quando parlare e quando tacere nei gesti di altruismo e della propria fede religiosa.
Citando e controcitando passi della Bibbia ci si potrebbe anche divertire a suon di quiz, ma non si va molto lontano. In effetti, ecco qui alcuni altri brani che sembrano provare tutto l'opposto. "Voi siete la luce del mondo. Non si accende una lampada per metterla sotto il moggio. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre Vostro che è nei cieli” (Mt. 5, 14). Ed ancora: mentre Gesù, stava a mensa giunse una donna con dell'olio profumato e lo versò sul capo del Maestro. Ed egli disse: "Essa ha fatto ciò che era in suo potere. Dovunque in tutto il mondo sarà annunziato il Vangelo, si racconterà pure in suo ricordo ciò che essa ha fatto” (Mc.14,3-10). Ed ancora: un uomo ricco di nome Zaccheo arrampicatosi su di una pianta cercava di vedere Gesù e riuscì ad invitarlo a casa sua. E Zaccheo: "Ecco, Signore io do la metà dei miei beni ai poveri, e se ho frodato qualcuno restituisco quattro volte tanto". Ed ancora: "quanto detto all'orecchio sarà annunziato sui tetti" (Lc. 12,3). Ed infine un brano di Paolo: "in mezzo ad una generazione maligna e perversa, voi risplendete come astri nel cielo" (Fil.2,15). In queste sentenze si passa dalla privacy alla pubblicità. Per non confondere il lettore qui necessita una parentesi. Ogni dato della Bibbia va interpretato nel suo insieme. Volendolo estrapolare ed assolutizzare si può finire in confusione mentale. Bisogna vedere "Chi" ha fatto quella determinata affermazione (Gesù oppure lo scrittore 50 anni dopo la morta di Gesù?). Ed ancora vedere "per chi" l'ha fatta, e "a chi", e in "quale circostanza" (i tedeschi chiamano quest'ultimo: "Sitz im Leben"), cioè contestualizzazione nell'ambiente del tempo degli uditori. E poi altro aspetto: se l'affermazione è rivelazione storica (cioè valida per un certo periodo storico in quanto ne rispecchia usi e costumi) oppure se è rivelazione universale e perenne. Uno fra i tanti esempi: la purificazione delle puerpere, cioè delle donne che avevano partorito e dovevano presentarsi al tempio per liberarsi dall'impurità (Lc. 2,22) oggi non esiste più. Un controsenso pensare ad una madre che dà alla luce un figlio sia sporca ed immorale. Quella era una rivelazione di Dio storica disciplinare, cioè legata a quel pezzo di storia umana. Mentre invece l'amore del prossimo è rivelazione di un messaggio universale, non legato ad un periodo storico, ma trasversale nel tempo e nelle diverse civiltà.
                                              Da Celentano un segnale forte.
E allora quei messaggi, più impropri che tali, pervenuti sul web a biasimo di Celentano che si sarebbe fatto solo pubblicità, che la beneficenza si fa in silenzio, che la carità non va esibita, che della generosità non si fa uno show, vanno tutti analizzati. Perché un aspetto morale è chiaro: inaccettabile l'esibizione della preghiera, della elemosina, del digiuno dettata da un intento promozionale mondano. Ma chi può giudicare se l'intenzione di Celentano fosse quella di farsi propaganda? E ne avrebbe bisogno, proprio lui che già intasca milioni di euro con la vendita delle sue produzioni musicali? Ci sarebbero tanti altri fatti pubblici di cui dubitare a maggior ragione. Magdi Allan che la notte di Pasqua del 22.4.08 si fa battezzare dal Papa in S. Pietro: un giornalista musulmano che si converte in mondo visione, che prima denigrava i cattolici con astio incontenibile ed ora convertitosi al cattolicesimo denigra con altrettanto astio i suoi ex correligionari? Sacramento o autocelebrazione? E Paolo Brosio, folgorato eccellente a Medjugorje, da ateo dello spettacolo che diventa paladino del turismo devozionale mariano sempre con la cinepresa alle calcagna? Questi, o solo questi sarebbero i "testimoni" della fede? Perché quello di Celentano non potrebbe essere un segnale forte in questa società che pensa solo ad evadere il fisco, ai falsi in bilancio, alle bancarotte e quant'altro? Questo gesto brucia il fondoschiena dei nostri politicanti, manager, ministri, parlamentari, qualcuno dei quali arriva a 7 milioni di reddito annui, mentre tanti Lazzari cercano delle briciole sotto la tavola dei loro ricchi epuloni. Facciano anche loro gesti eclatanti in favore dei disoccupati e dei giovani precari. La beneficenza di Celentano ha avuto sì qualche pubblico riconoscimento e giova citarlo. M. Renzi, sindaco di Firenze: "credo che il suo gesto sia molto bello. Firenze ringrazia". Anche Dario Fo, uomo d'arte di estrazione marxista che ha devoluto il premio in denaro del Nobel per sostenere persone con handicap, ha espresso il suo encomio: "conosco l'umanità e la buona fede di Celentano, è l'unica cosa che conta. Il resto lo lascio ai pessimisti, sono gli stessi che non muovono un dito per nessuno". Pensiamo in definitiva che in tutta questa ridda di opinioni rimanga la sostanza, ciò che conta. Il modo poi, se compiuto per apparire o per indurre altri a seguirne l'esempio, qui non ci interessa più di tanto.
                          Un po’ show quando Celentano si mette a predicare
Nel festival di S. Remo 2012 non abbiamo assistito soltanto alla diatriba sulla beneficenza di Celentano ma anche al suo predicozzo contro la chiesa. E tanto per restare all'intento sopra citato di prendere il toro per le corna, questo sarebbe il secondo corno. I suoi strascichi però forse sono destinati a lasciare il segno per diverso tempo. Con lunghe pause, non si sa se studiate per creare suspense ad arte o perché in apnea di pensiero, black out di memoria, così sentenziò il buon Adriano: "La chiesa oggi non parla più del valori della vita, del senso della vita. Ripete solo che siamo nati per morire. Pensa troppo al denaro, al potere, alla politica. E poi ha due giornali cattolici: "Avvenire" dei vescovi e il settimanale "Famiglia Cristiana" che dovrebbero essere chiusi o cambiare testata. Perché fanno la politica dei loro interessi e non la politica di Gesù". Apriti o cielo. In Italia toccare la chiesa è come toccare i fili ad alta tensione. Si resta fulminati. E subito alla riscossa un altro battaglione di opinionisti cattolici "Celentano a S. Remo? Una selva di baggianate, colossali idiozie. Fesserie celentanesche. Predicatore demenziale. Da che pulpito viene la predica. Fa del suo analfabetismo la sua forza". L'agenzia dei vescovi e la Redazione di Famiglia Cristiana protestano alla dirigenza Rai. "Ci attendiamo scuse. Celentano ha dimostrato il vuoto che è dentro di lui. Fine esegeta della morale cristiana, che sfrutta la Tv per esercitare le sue vendette private”. La prima fila dei papaveri a S. Remo alla fine del vaniloquio avrebbero dovuto tirargli addosso ortaggi invece che alzarsi in piedi ad applaudirlo. Capito? Solo la chiesa ha l'incarico di predicare alla gente, ma non la gente viceversa alla chiesa. Perché in questo caso, e specie in questi tempi, qualche osservazione alla chiesa alta, al suo Governatorato vaticano, alla fuga di documenti e contro documenti, alla convivenza di talpe e corvi nel suo seno, alla sua politica di privilegi economici, qualche consiglio le si potrebbe pure dare. La chiesa, secondo Gesù, non è solo maestra ma anche discepola. I suoi prelati non sono intoccabili. Certo conosciamo la solita citazione fondante: "Chi ascolta voi ascolta me"(Lc. 10, 16), rivolta da Gesù agli apostoli. Allora per restare in tema tiriamo fuori un'altra controcitazione Gesù disse: "Ti ringrazio o Padre che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli" (Lc. 10,21 ). Qui Gesù fa intendere che nella chiesa esiste anche un magistero carismatico, di pensiero e di buon senso accanto a quello di governo. E che perciò anche la gente del popolo, non teologa, non laureata in diritto canonico, sente nel profondo del cuore la verità. Se la sente ha anche il dovere di esprimerla. Così cresce la chiesa, cresce l'onestà nel mondo. Celentano cantante, eroe, furbo, farneticante, anticlericale, solidale con i poveri? Ciò che resta del baraccone di S. Remo 2012 è quest'ultimo aspetto: Emergency, e il gruppo di 25 famiglie che, grazie al gesto donazione di 700 mila euro, si sono sentite non solo simbolicamente, ma anche realmente sollevate dalla loro povertà.

Autore:
Albino Michelin
09.03.2012

DON VERZÉ, L’ELOGIO DELL’AMBIGUITÀ

Scrivere al riguardo è difficile ed anche rischioso. Significa davanti a quest'uomo, prete-manager, affrontare le sfide dell'ambiguità. Spregiudicato imprenditore o servo dei poveri? Fondatore di un ospedale e di una università di eccellenza con indirizzo scientifico-moderno, o amico dei potenti interessati e protettore dei ricercatori cattolici più spericolati? Ideatore di un'opera grandiosa o liquidatore di un immenso patrimonio umano? Santo o peccatore? Questi e molti altri gli interrogativi che si pongono dopo il crack bancarotta di un miliardo e mezzo di euro, registrato negli ultimi mesi e dopo il suicidio del suo vice o braccio destro M. Cal, avvenuto nell'estate 2011. Don Verzé per l'ospedale San Raffaele di Milano era tutto. Fondatore, presidente, padreterno, anche se a copertura aveva costituito una fondazione chiamata i "Sigillini", Monte Tabor. E' morto alla fine del 2011, in coincidenza con la scadenza della messa all'asta dell'opera, da cui si era totalmente dimesso qualche settimana prima, e che poi è passata al miglior offerente, certo Rotelli, che con i suoi 350 milioni ha spiazzato l'offerta del Vaticano, banca Jor, fermatasi ai 250 milioni. Si sa che Verzé era malato di cuore, come in pratica quasi tutti i novantenni, dato che la vecchiaia è già una malattia per se stessa. Ma forse quella frase, rivoltagli da un infermiere, suo amico sincero da un quarantennio, incontrandolo per l'ultima volta nei corridoi: "si vergogni", deve essergli stata fatale. Per non fare di ogni erba un fascio tentiamo di distinguere l'opera, il manager, il carattere. Lunedì 2 gennaio ebbi l'occasione io stesso di partecipare ai funerali celebrati al suo paese natale, Illasi in provincia di Verona, situato fra le colline del vino Soave. Ciò mi ha permesso di raccogliere materiate di prima mano, oltre a quello già in possesso dalle numerose informazioni apparse sui media.
                                   Ospedale San Raffaele, opera di avanguardia.
Estimatore, confidente, complice con Berlusconi da oltre 40 anni, Don Verzé progettò la costruzione di un'opera sanitaria all'avanguardia accanto a Milano 2, terreno acquistato dal futuro capo del Governo per ampliare il suo potentato economico. L'ospedale San Raffaele è un polo di eccellenza, primo in Italia e fra i primi in Europa per cura, assistenza, ricerca. Vedi l'impulso alle ricerche sulle cellule staminali, le espressioni simpatizzanti per l'eutanasia, l’apertura verso i preservativi allo scopo di ridurre l'Aids e le malattie infettive, la frequentazione con persone di pensiero ritenute atee, tipo M. Cacciari, E. Severino ed altre: posizioni tutte in conflitto con la gerarchia cattolica. E qui si può anche collegare la sfuriata, come al solito folkloristica di Sgarbi, che all'uscita del funerale sul sagrato della Piazza si fece il suo immancabile show: "Don Verzé va messo nella categoria dei santi. Ha creduto fermamente che la fede non è in contrasto con la scienza. Ha fatto solo del bene, ha salvato migliaia di persone, ha diffuso valori umani e cristiani evitando che la chiesa diventasse proprietaria dell'Opera (Comunione e Liberazione), e quindi si assumesse il controllo delle idee e ne impedisse lo sviluppo". Detto per la cronaca, il panegirico show si trasformò in una rissa fra il tribuno Sgarbi e l'abitante del luogo certo Soarin, sedata per l'intervento delle Forze dell'ordine. Ma anche questo predicozzo indirettamente dimostra la qualità e la bontà dell'opera. Quanto a Don Verzé manager, qui il discorso si fa più complesso e intrigante. Questo prete è morto nel pieno di una bufera giudiziaria. Si tratta, come noto, di un buco di un miliardo e mezzo di euro accumulato dalla sua fondazione. Come e a che scopo, ancora non è chiaro. Alcuni misteri l'indagato se li sarà portati nella tomba. Se risponde al vero che spesso il nostro comportamento è anche legato alle nostre origini, allora va detto che la famiglia Verzé era da tempo immemorabile lo zoccolo duro ed antico di Illasi. Benestante e possidente, la sorella più vecchia Maria aveva sposato certo Pasqua, nobile Conte di Bisceglie. Fra le tombe nel cimitero di Illasi ve ne sono due monumentali riservate alla sua genealogia con persone di spicco, per quanto si tratti di paese agricolo. Il nostro Luigi Maria (secondo nome di battesimo Maria) è nato in questo ambiente un po' con l'istinto di primo della classe, dell'eroe. Un emergente, chiamato da Dio a compiere mirabilia.
                                               Prete non per fame, ma per fama
Divenne segretario di Don Calabria, il prete veronese dei poveri, per i poveri e con i poveri, che recentemente fu fatto santo. Questi preconizzò a Don Luigi di andare a Milano, che là avrebbe fatto opere di grande successo. A Milano dopo gli anni 50 del secolo scorso, un po' cavallo di razza e poco incline alla disciplina, fu sospeso tramite le competenti autorità dall'esercizio del sacerdozio. Ma il cavallo di razza cominciò ad intrecciare relazioni con ogni tipo di gente che conta, anche spericolata e di indubbia serietà. Volle fondare e costruire un grande impero sanitario: il San Raffaele. Una cupola più ampia di quella di S. Pietro, ed una gigantesca statua dell'Angelo Raffaele più alta della Madonnina di Milano. Il denaro, almeno così sembra, entrava a palate. L'istituto sanitario era tutto uno sfolgorio, perché il fondatore predicava: “i poveri sono Gesù. Ora Gesù abita nei calici, nei tabernacoli d'oro. Così deve essere l'ospedale: l'abitazione d'oro per i sofferenti.” Il discorso in se stesso calza bene. Però non tutto l'oro andava nella direzione annunciata. Don Verzé si acquistò un aereo personale da 20 milioni di euro, in Brasile e in Sudamerica si comperò delle ville per ospitare amici e gente di mondo. Una esibizione di grande sfarzo. E già da anni per questo fu ritenuto un megalomane, cioè maniaco di cose straordinarie. Nel 2007 ebbe luogo a Lavagno, paese del veronese vicino ad Illasi, la posa della prima pietra del Quo Vadis, un istituto d'avanguardia di benessere, cerimonia a cui parteciparono Berlusconi (che Don Verzé definiva l'uomo della Provvidenza), il futuro ministro Maroni (rappresentante di Bossi), Totò Cuffaro, presidente della Regione siciliana e poi in carcere per favoreggiamento a Cosa nostra. Di qui si intuiscono le sponsorizzazione del nostro prete. In paese nel giorno dei funerali si poté raccogliere anche qualche Amarcord. Come la testimonianza di un ex titolare di un distributore di benzina del luogo che riferiva essere Don Verzé un fanatico appassionato d'auto di grossa cilindrata. Facendosi riguardo di circolare con la Ferrari, si era acquistato una Mercedes dentro la quale l’amico Enzo Ferrari di Maranello vi introdusse per regalo il motore della "Rossa". Oppure, come ebbe a dire Armando Zambaldo, ex maratoneta olimpico, ancora in piazza dopo il funerale: "un uomo che ha sempre preferito frequentare i ricchi per farsi finanziare i suoi progetti, ma certo che costruire un albergo per i parenti dei malati a 120 euro la notte non è proprio una scelta da poveri". Indubbiamente i funerali sono stati uno specchio della sua attività manageriale. Il prete manager è rimasto un re nudo. Certo la parrocchiale era stipata da una folla innumerevole, ma praticamente nessuno dei suoi fans era presente. Fanno eccezione M. Cacciari, che fra l'altro ebbe un intervento infelice allorché tirò in ballo Don Milani: "che senso ha avere le mani pulite se si tengono sempre in tasca". Ma il concetto del prete di Barbiana era un altro, cioè che le mani si devono sporcare ma non perché si cede alle lusinghe della parte meno onesta della società. Per completare la lista delle presenze: partecipò pure V. Sgarbi come sopra detto, Cinzia Confisco senatrice del PDL, e qualche amministratore di grado subalterno. Mentre al mattino nella camera ardente a Milano, avevano fatto omaggio F. Fazio ex ministro della Sanità, il cantante Albano Carrisi, il comico B. Pozzetto.
                                                    Ai funerali assenti tutti i vip
Ma gli altri potenti che hanno stregato Milano e l'Italia, di cui Verzé fu complice dov'erano? Nessuno si è fatto vedere. Mancava Berlusconi, gran padrino del San Raffaele fin dalla fondazione, l'amico del cuore da mezzo secolo. Mancava la figlia Barbara laureatasi nell'Istituto del prete Manager, mancava R. Formigoni, presidente della Regione Lombardia, il "presidentissimo vergine di Comunione e Liberazione". Non c'era Daccò, faccendiere ciellino, cioè pure membro di "Comunione e Liberazione", il movimento catto-tradizionalista, che ovunque mette piede dove sente olezzo di denaro: assente giustificato perché in carcere. Mancava Pio Pompa mandato da don Luigi al Sismi, servizio segreto militare. Mancavano tanti amici del S. Raffaele, eccetto la sua badante. Mancavano tutti i soci in odore di camorra che hanno contribuito a costruire l'ospedale. Quando la barca affonda è meglio girare al largo e che i morti seppelliscano i loro morti. Quale differenza fra questo funerale e quello di Giorgio Bocca, scrittore marxista, pure di 91 anni, deceduto qualche giorno prima. Nella chiesa di S. Vittore c'era la Milano migliore, quella che non si è mai piegata ai potenti, ai corrotti, ai corruttori, ai bancarottieri di professione. Ateo? Non credente? Ma lineare! Per quanto riguarda il carattere di Don Verzé mi pare più che sufficiente ed indicativo estrarre alcuni punti della predica tenuta alle esequie dal vescovo di Verona, Mons. G. Zenti. "Di Don Luigi prete manager si è detto di tutto, anche fuori delle righe, senza clemenza. Del fango se n'è buttato troppo. Ma senza di lui non sarebbe nata quella struttura d'eccellenza, il San Raffaele. Don Verzé forse debordava, ma ai malati voleva dare tutto. Per loro amore ha compiuto degli eccessi. Solitario come tutti i geni, ma anche disposto a riconoscere di aver esagerato. Mistico con una fede radicata nell'Eucarestia. Detestava la mediocrità. Il 16 dicembre nell'ultima lettera mi scrisse che come Gesù stava portando la sua croce". Ci sembra un ritratto rispettoso del defunto. In quanto poi all'ultima espressione varrebbe la pena essere più cauti, cioè la pretesa di paragonarsi a Gesù. Ma per lui era ovvio, uscito dalla scuola di Berlusconi, il quale dopo ogni furbata, dopo ogni citazione ai vari processi annunciava in Tv a reti unificate che anche lui era vilipeso, diffamato, messo in croce come Gesù. La Croce, il nome di Dio e dei santi a paravento dei propri interessi. Don Verzé venne tumulato in una delle due cappelle del cimitero di Illasi, riservate alla fondazione Monte Tabor. Si presume verrà trasferito nella tomba dietro l'altare della Madonna nella chiesa interna all'ospedale S. Raffaele. Esposte solo due ghirlande: quella della Moratti, ex sindaco di Milano e quella dei Siggillini. Appoggiata sulla lastra una piccola targa con la dicitura: "Sacerdote Professore Don Luigi Maria Verzé, Medico come Gesù". Indubbiamente la sua opera in favore della Sanità non si discute. Discutibile resta la domanda se il fine giustifica i mezzi, leciti o meno. Sì, perché il buco di un miliardo e mezzo era pure di proprietà dei poveri. Un augurio: che l'Opera rimanga e si sviluppi soprattutto a beneficio dei malati e degli indigenti. Ma nella trasparenza!

Autore:
Albino Michelin
27.01.2012

martedì 10 novembre 2015

NEO MINISTRO RICCARDI: NON C'INDURRE IN CONTRADDIZIONE!

"Una bella squadra cui auguro buon lavoro". Così ha salutato il Cardinal T.Bertone, Segretario di Stato Vaticano, la compagine di Governo presentata da Mario Monti il 16 novembre 2011. Un'accoglienza che non stupisce considerando come la chiesa sia riuscita ad inserire molti suoi uomini nei ruoli di primo piano. Super cattolico è lo stesso Monti che il 18 novembre si premurò a correre a Fiumicino per salutare il Papa in partenza per il Benin.  Anche se, prova tecnica di "laicità", ha dato al Pontefice solo la mano senza genuflessione e senza bacio dell'anello, come a suo tempo aveva fatto Scalfaro con Papa Wojtyla scandalizzando un po' mezzo mondo cattolico. Bacio dell'anello e profusioni cui invece è tornato l'ex capo di Governo Berlusconi. E’ una bella “squadra cattolica”: basta citare C. Passera, ministro dello sviluppo, L. 0rnaghi rettore dell'Università cattolica di Milano, ministro dei beni culturali, R. Balduzzi esponente dell'Azione cattolica ministro della sanità, F. Profumo ministro dell'istruzione, P. Severini ministro della Giustizia, A. Catricalà sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Ma in modo particolare A. Riccardi, ministro della Cooperazione internazionale, icona di pace e fratellanza fra i popoli, fondatore della comunità di Sant'Egidio. Ovvio che tutta la stampa cattolica abbia intonato i suoi osanna. Come Famiglia Cristiana: "Monti uomo giusto al posto giusto". Avvenire: "Stagione di speranza", Olivero presidente delle Acli: "esecutivo convincente". Insomma ministri cattolici doc, in maggioranza vicini all'Opus Dei e a Comunione e Liberazione (movimento catto-fondamentalista). Ci mancava solo M. Lupi, ventilato quale ministro dell’istruzione, e poi saremmo stati al top ciellino. In ogni caso è più facile oggi alla gerarchia cattolica dettare l'agenda al nuovo Governo.
                                               La delusione dei gruppi di solidarietà
Ciò che in tutto questo quadro ci lascia perplessi e legittima i nostri interrogativi è il ruolo del ministro Andrea Riccardi. Non vorremmo che tutta la nostra ammirazione, fino a qualche mese fa tributatagli, si sciogliesse come neve al sole dopo il suo annuncio fatto il 23 dicembre seguente. Probabilmente il ministro della difesa sarebbe stato a ciò più indicato, il portavoce più opportuno, anche se in materia assai discutibile. Invece questo compito se lo assunse e se ne incaricò il nostro Riccardi, ministro per la cooperazione internazionale e per l'integrazione fra i popoli. Cioè al termine della riunione del Consiglio dei Ministri del 23 dicembre diede l'annuncio dell'approvazione del decreto concernente i rifinanziamenti della "Missione" militare all'estero. Non ci risulta che Riccardi si sia opposto o abbia sollevato problemi di coscienza. E così ci troviamo di fronte all'ennesimo bluff o papocchio della politica italiana. Nuovi bandisti banda vecchia, vecchia musica di sempre. Ambiguità, incoerenza. E' andato deluso quindi l'appello delle organizzazioni non governative italiane impegnate nella solidarietà internazionale che denunciavano con forza i continui tagli alla cooperazione e allo sviluppo da un lato e l'ingiustizia degli stanziamenti per le armi e per le "missioni" militari dall'altro. Il loro ministro ha confermato e benedetto tutto: nessuna riduzione alle missioni all'estero delle forze armate: non si toccano. Acquisto di 131 aerei F-35, cacciabombardieri, macchine di morte, aerei di attacco a 150 milioni di euro ciascuno per l'ammontare di 17 miliardi. Programma più costoso della storia d'Italia repubblicana senza nessun ripensamento. Incostituzionale ed insensato. Contro la costituzione che permette solo armi di difesa, e controsenso dal momento che viviamo in tempi di austerità. Nonché assurdo produrre armi investendo enormi capitali mentre il grido dei poveri, interi popoli ci raggiunge sempre più disperato. Con la comunità di S. Egidio però le cose si complicano. Ogni anno il primo gennaio vengono organizzate le marce della pace in tutta Italia (nel 2012 a Milano, Genova, Firenze, Terni, Napoli, Roma) concludendo in Piazza S. Pietro per ascoltare il messaggio del Papa nella giornata mondiale della Pace. Ma Finmeccanica, ecco un'altra contraddizione, la prima industria armiera italiana, nelle settimane scorse anche al centro di episodi di corruzione che hanno coinvolto i suoi massimi vertici, è da sempre uno dei principali sponsor del progetto Dream, un programma di prevenzione e lotta contro l'Aids avviato dalla S. Egidio nel 2002 e oggi attivo in molti paesi dell'Africa. Finmeccanica vende armi, ma poi tramite anche S. Egidio e Riccardi si rifà il trucco finanziando progetti sanitari in quegli stessi territori e può scrivere con orgoglio nel suo sito internet: "La solidarietà non ha confini né geografici, né politici, né religiosi". Ma non c'è solo Finmeccanica fra gli sponsor del movimento A. Riccardi. Finanzianti le sue attività tutta una lista di banche "armate" che sostengono l'export di armi italiane e programmi internazionali di riarmo. In passato inoltre la fondazione S. Egidio è stata finanziata dalla Nestlé, quando la multinazionale era sotto il boicottaggio internazionale per la violazione del codice di commercializzazione del latte in polvere. Armi e solidarietà. Solidarietà con i soldi delle armi "Solidarietà armata". Diceva Bonhoeffer: "le armi uccidono anche se non vengono usate.” Allora perché Riccardi non si adopera all'interno del Governo affinché questo prenda coscienza dell'assurdità di seguire una tale strada cercando piuttosto altre di radicalmente alternative? E' questo che chiede il mondo del volontariato e della solidarietà cui ci si vanta di appartenere?
                                      Dove e quando l’obbiezione di coscienza?
Non si vuole pensare che anche al Ministro Riccardi come a tanti politici italiani il potere dia alla testa. Belle idee, sane contestazioni, legittime battaglie che subito vengono dimenticate o addomesticate appena ci si siede sulle poltrone parlamentari, sugli scranni del potere. Coerenza vorrebbe che si avesse il coraggio di opporsi con l'obbiezione di coscienza. E questo va detto specialmente al fondatore di S. Egidio, assertore, accalorato difensore della vita umana dal concepimento alla morte. Nemico aperto senza se e senza ma contro l'aborto. Le madri che interrompono la gravidanza sono tutte delle "Erode che compiono una nuova strage degli innocenti". Di conseguenza più volte si è schierato contro i medici che praticano l'aborto, colpevolizzandoli perché dovrebbero optare per l'obbiezione di coscienza, e nonostante la legge lo consenta, rifiutarsi di compiere l'eccidio dei feti e degli embrioni.
                            Il giardino degli angeli. E la piazza di cadaveri accatastati?
 A Roma il 4 gennaio 2012 nel cimitero Laurentino è stato inaugurato uno spazio di 600 metri quadrati riservato per la sepoltura dei feti abortiti e chiamato il "Giardino degli Angeli". Non ci sembri una digressione al tema. Riteniamo sì che il feto sia un essere umano (anche se S. Tommaso, dottore della Chiesa dal 1200 a tutt'oggi riteneva che prima del quarto mese di· gravidanza non si tratti di embrione umano e quindi di persona); ma esseri umani lo sono altrettanto le persone già nate, quelle già uscite dal grembo materno, con qualsiasi età, dieci, venti, cinquant'anni ... anzi ci azzardiamo di affermare che tali persone sono diverse da quelle esistenti nell'utero materno. Da un punto di vista non qualitativo, ma certo quantitativo. Nel senso che l'uccisione sotto le bombe o conseguenti inquinamenti di esseri già dotati di autocomprensione, di autoriflessione, di relazioni sociali, nel possesso delle proprie facoltà psichiche e intellettuali fa soffrire molto di più di un feto abortito, perché lascia dietro di se una serie di strazi, di dolore, in eredità anche ad altri, senza numero, come genitori, figli, familiari, parenti amici. Vogliamo paragonare un aborto alle centinaia di torturati, mutilati, morti che lascia sul campo un cacciabombardiere F- 35? E sempre per parlare di coerenza: gli aborti in Italia, dopo l'entrata in vigore della legge, sono diminuiti del 40% e tendono a diminuire sempre di più man mano che avanza la cultura del preservativo. Non ci pronunciamo qui sulla liceità o meno del metodo, affermiamo solo che per molta gente è preferibile un male minore (preservativo) che non un male maggiore (aborto). Ma anche su ciò il Ministro Riccardi non conviene. Gli conviene invece sostenere i finanziamenti a strumenti di guerra e di morte che colpiscono poi soprattutto innocenti, civili, incolpevoli. Ed è a questo punto che ci chiediamo perché Riccardi abbia accettato il ruolo di Ministrò della Cooperazione, perché non dia le dimissioni. O l'una o l'altra. O per la pace o per la guerra. Ma è deplorevole continuare in contraddizione con se stessi è con gli altri.

Autore:
Albino Michelin
17.02.2012