La
domanda che oggi la gente sempre più si pone è a che cosa possa servire una
fede e se questa sia ancora necessaria. E che cosa uno si perda disinteressandosi
della fede, di una religione, di una chiesa. Senza una religione l'uomo non
sarebbe più se stesso? Questa serie di domande nasce da una costatazione. Il
mondo continua a migliorare, pure in mezzo a tante contraddizioni, senza
riferimento diretto alla fede, anzi sembra a volte opponendovisi. Di qui nasce
il sospetto che la religiosità appartenga di più alla nostra struttura
psicologica soggettiva che non ad una esigenza oggettiva. Come dire: io credo
perché ne ho bisogno e non perché esista un Dio, motivo del mio credere. Si
nota cioè che spesso degli individui rimangono fortemente attaccati a
convinzioni che, pur non rispondendo a situazioni reali e pure essendo poco
ragionevoli, sono per loro una fonte di sicurezza. Così il bambino crede
tenacemente al mondo delle favole, dei maghi, degli spiriti, delle streghe, dei
Santa Klaus più per la sua struttura mentale che per dati obbiettivi in favore
dell'esistenza di questi personaggi. Egli ha tante buone ragioni per credervi e
ne riceve tutta una serie di vantaggi, dando per esempio almeno una utile,
sebbene provvisoria giustificazione ai suoi desideri, alle sue paure o sensi di
colpa. Però con la stessa disinvoltura abbandonerà tutto questo mondo, quando
cresciuto si accorgerà che è inutile, ingenuo, perfino di impedimento alla sua
maturazione e a scelte più responsabili. Non potrebbe essere altrettanto anche
della religione, dei suoi simboli, dei suoi paradisi e inferni? Certo il
pensiero tecnico e la cultura industriale sono nella loro natura atei, cioè
prescindono se un Dio debba esistere o meno. Il mondo è mondano e solo mondano,
il suo destino è affidato alla coscienza e alla responsabilità dell'uomo. Mi
permetto di sottolineare coscienza. Nella cultura e nelle scienze egli ha
imparato a cavarsela da solo, senza Dio. L'ipotesi Dio qui è più d'impaccio che
non di aiuto. La conseguenza di quest'evoluzione è una crisi radicale delle
religioni, le quali tutte sono nate e cresciute in un'epoca e ambiente agrario,
e perciò venivano considerate necessarie e logiche nella civiltà
preindustriale. Qui risiede il motivo di un calo generale della pratica in
tutte le religioni istituzionali. Le affermazioni però su elencate necessitano
di una certa analisi e distinzione fra Dio, spirito, coscienza da una parte, e
fede, religione, chiese, templi, moschee, pagode e dall'altra. Questa
confusione fa di ogni erba un fascio e arrischia di gettare l'acqua sporca con
il bambino, cioè le espressioni storiche e mutevoli con la sostanza che è il DNA,
il senso profondo dell'uomo.
Altro
è la religione, altro è la spiritualità.
Probabilmente
metà del pianeta ha detto la parola fine alle religioni, in altra metà però si
registra una effervescenza ed una rinascita. Vedi movimenti pentecostali, dello
Spirito, carismatici, turismo religioso, neobuddisti e meditazioni orientali.
Intanto è opportuno sapere che le religioni non esistono da sempre, non
esistono nemmeno da quando l'uomo è apparso sulla terra (3 milioni di anni?).
Sono di ieri, recenti, giovani. La più antica è l'induismo (pare esista da
4.500 anni), poi l'ebraismo giudaico (da 3.200 anni) su cui si è innescato il
Cristianesimo di Gesù (2000 anni). Non dimenticando che secondo il pensiero di
alcuni teologi cattolici non si è nemmeno certi se Gesù avesse voluto fondare
una religione o un movimento spirituale. E che la prima sia stata opera specifica
dell'apostolo Paolo, un autentico organizzatore. Comunque gli antropologi
sostengono che le religioni più antiche siano sorte nel periodo della rivoluzione
agraria (circa 10-12 mila anni fa), quando dal periodo paleolitico (antica età
della pietra) di cacciatori e nomadi si è passati al neolitico di coltivatori e
residenti sedentari. Qui l'umanità ha dovuto reinventare se stessa creando dei
codici di comportamento che le permettessero di vivere in società con un diritto,
una morale, un senso di appartenenza a beneficio della specie. Anche Mosè, il
noto legislatore ebreo, si iscrive con i suoi 10 comandamenti in questa logica.
In fondo è l'esigenza di senso e di esperienza trascendentale. La spiritualità
però è più antica della religione. Appare con l'Homo sapiens (70-100 mila anni
fa, oggi si suppone) che appunto coincideva anche con homo spiritualis. Ora l'esistenza
della spiritualità sembra possibile solo se la riteniamo come emanazione da Dio,
il che potrebbe essere comprovato se stiamo in ascolto della voce dell'universo
e del creato. Si intuisce una presenza di Dio nel processo della cosmogenesi,
cioè nel farsi evolutivo del mondo. Di un processo si tratta è non di una creazione
completa e realizzata. Convinti che tale processo non è forse sempre lineare,
si riscontrano involuzioni, progressi, fermate, stop, distruzioni di masse,
riprese.
Improbabile che gli
uomini siano frutto del caso
Tuttavia
guardando a ritroso, il processo rivela una direzione in avanti e verso l'alto.
Ammettiamo che molti, pure fior di scienziati, rifiutino una intenzionalità ed
una direzionalità dell'universo e parlino di caso. L'eventualità che noi siamo
figli del caso esiste ed è di 1 seguito da 48 zeri. In matematica è numero da
rompicapo, impronunciabile. Guardando a ritroso, ai 13-14 miliardi di anni
seguiti al big-bang, non possiamo negare che vi sia stata una traiettoria ascendente.
L'energia si è trasformata in materia, il caos è diventato generativo, la
complessità è diventata vita, quindi coscienza, quindi spiritualità. Tutto
nell'universo sembra essersi coordinato in maniera da permettere lo sviluppo
della vita e della coscienza. La domanda inevitabile: chi ha dato l'impulso
iniziale? Il nulla? Ma dal nulla nasce nulla. Segno che qualcuno, o qualcosa l’ha
chiamato all'esistenza. Prima del nulla c'era il Mistero: nome che le religioni
usano per esprimere ciò che chiamano Dio. L'irrompere dell'aurora, lo sbocciare
di un fiore, un bimbo che nasce…. Come si può restare indifferenti? Se non ci è
consentito di chiamarle prove, certo però che sono forti indizi a deporre in
favore di un impulso vitale dato da un essere superiore. Se c'è un Dio egli ha
creato l'universo come sovrabbondanza della sua pienezza. L'universo sta ancora
nascendo e la sua espansione significa anche la rivelazione progressiva di Dio.
Lo scienziato gesuita Teilhard de Chardin (+1955) sostiene che la materia
stessa va spiritualizzandosi e che lo Spirito dell'uomo altro non è che il
frutto di un lungo percorso attraverso tappe pazienti. Creato direttamente da
Dio? Forse no. Da lui progettato come meta dell'evoluzione ed interprete della
creazione, certo o probabile che sì. Quanto sopra è tentativo di dimostrare che
lo Spirito dell'uomo ha un rapporto con Dio, mentre invece le religioni sono
creazioni nostre. Lo spirito dell'uomo è anteriore e superiore ad esse. Le
religioni sono forme storiche, mutevoli, mentre la spiritualità è una
dimensione costitutiva dell'essere vissuta sì nelle religioni e nei luoghi
sacri, ma anche fuori di esse. Possiamo prescindere dalla religione, ma non
dalla dimensione di trascendenza dell'essere umano. Talvolta le religioni
possono costituire addirittura un ostacolo a vivere la propria spiritualità.
Dalla rivoluzione agraria ad oggi tutte le società sono state a modo loro
religiose, rette dalla religione nelle loro strutture culturali e sociali. L'impulso
religioso, la forza delle religioni è stato il motore del sistema operativo
nella società. Anche nel nostro piccolo mondo, in Italia e in occidente fino al
1500-600 movimenti sociali e rivoluzioni hanno sempre avuto un supporto
religioso. Tutto veniva gestito attraverso la sfera religiosa, come rivelazione
e volontà di Dio, attribuendo la propria origine a Dio stesso. Ma l'intelligenza
e lo spirito dell'uomo, costitutivo del suo io più profondo, ha reagito alle
religioni mettendole in crisi con le loro istituzioni, riti, dogmi, obblighi di
sottomissione. Alle imposizioni di una morale eterna venuta dall'alto, al controllo
del pensiero, alle inquisizioni, condanne a morte e ai roghi, alla pretesa
infallibilità dei capi (siano essi i sommi sacerdoti ebraici di ieri, i visir,
gli imman, i papi di oggi). Ed ancora ha reagito alle interpretazioni
unilaterali della volontà di Dio, proclamata dai vari libri sacri, al premio e
castigo di un giudice universale. Sappiamo che di fronte a queste strutture
dottrinali e rigide la gente abbandona, o è tentata di abbandonare religioni e
luoghi di culto. Sia ben chiaro, non solo cattolici. Non si vuole qui fare un autoesame
di coscienza: è un problema trasversale, eccezione fatta per le religioni
rimaste agrarie (tipo forse l'animismo africano). O le religioni ritornano a
rileggersi, rifondarsi quali espressioni dello Spirito dell'uomo e della sua
spiritualità più profonda, oppure arrischiano caduta libera. Per fare un esempio,
Spirito e spiritualità rappresentano il tronco, le religioni i rami. Lo spirito
sarebbe la costante o il genere che permane, le religioni invece sarebbero le variabili
o le espressioni, che potrebbero anche mutare o sparire.
Dalla
rivoluzione agraria a quella scientifica
All'inizio
abbiamo accennato esservi stata una grossa rivoluzione religiosa con l'avvento
della civiltà agraria, qualche decina di millenni di anni fa, la seconda rivoluzione
pare stia avvenendo oggi con il passaggio dalla civiltà agraria a quella
industriale e postmoderna. Perciò o le religioni si "reinventano"
oppure diventano insignificanti. Il cattolicesimo ha intuito la situazione
verso il 1960, organizzandosi un Concilio ecumenico. Poi però è tornato al
ripensamento, tutti in difesa davanti al portiere. Forse la paura di dare
spazio allo Spirito, alla spiritualità dell'uomo. Se in difesa invece non si
ripiegherà, le religioni potranno scongiurare la loro fine, o la fuoriuscita di
un sempre maggior numero di adepti delusi.
Autore:
Albino
Michelin
09.06.2012
09.06.2012
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