Scrivere
al riguardo è difficile ed anche rischioso. Significa davanti a quest'uomo,
prete-manager, affrontare le sfide dell'ambiguità. Spregiudicato imprenditore o
servo dei poveri? Fondatore di un ospedale e di una università di eccellenza
con indirizzo scientifico-moderno, o amico dei potenti interessati e protettore
dei ricercatori cattolici più spericolati? Ideatore di un'opera grandiosa o
liquidatore di un immenso patrimonio umano? Santo o peccatore? Questi e molti
altri gli interrogativi che si pongono dopo il crack bancarotta di un miliardo
e mezzo di euro, registrato negli ultimi mesi e dopo il suicidio del suo vice o
braccio destro M. Cal, avvenuto nell'estate 2011. Don Verzé per l'ospedale San
Raffaele di Milano era tutto. Fondatore, presidente, padreterno, anche se a
copertura aveva costituito una fondazione chiamata i "Sigillini",
Monte Tabor. E' morto alla fine del 2011, in coincidenza con la scadenza della
messa all'asta dell'opera, da cui si era totalmente dimesso qualche settimana
prima, e che poi è passata al miglior offerente, certo Rotelli, che con i suoi
350 milioni ha spiazzato l'offerta del Vaticano, banca Jor, fermatasi ai 250
milioni. Si sa che Verzé era malato di cuore, come in pratica quasi tutti i novantenni,
dato che la vecchiaia è già una malattia per se stessa. Ma forse quella frase,
rivoltagli da un infermiere, suo amico sincero da un quarantennio, incontrandolo
per l'ultima volta nei corridoi: "si vergogni", deve essergli stata fatale.
Per non fare di ogni erba un fascio tentiamo di distinguere l'opera, il
manager, il carattere. Lunedì 2 gennaio ebbi l'occasione io stesso di partecipare
ai funerali celebrati al suo paese natale, Illasi in provincia di Verona,
situato fra le colline del vino Soave. Ciò mi ha permesso di raccogliere
materiate di prima mano, oltre a quello già in possesso dalle numerose
informazioni apparse sui media.
Ospedale San Raffaele, opera di
avanguardia.
Estimatore,
confidente, complice con Berlusconi da oltre 40 anni, Don Verzé progettò la
costruzione di un'opera sanitaria all'avanguardia accanto a Milano 2, terreno
acquistato dal futuro capo del Governo per ampliare il suo potentato economico.
L'ospedale San Raffaele è un polo di eccellenza, primo in Italia e fra i primi
in Europa per cura, assistenza, ricerca. Vedi l'impulso alle ricerche sulle
cellule staminali, le espressioni simpatizzanti per l'eutanasia, l’apertura
verso i preservativi allo scopo di ridurre l'Aids e le malattie infettive, la
frequentazione con persone di pensiero ritenute atee, tipo M. Cacciari, E.
Severino ed altre: posizioni tutte in conflitto con la gerarchia cattolica. E
qui si può anche collegare la sfuriata, come al solito folkloristica di Sgarbi,
che all'uscita del funerale sul sagrato della Piazza si fece il suo immancabile
show: "Don Verzé va messo nella categoria dei santi. Ha creduto fermamente
che la fede non è in contrasto con la scienza. Ha fatto solo del bene, ha
salvato migliaia di persone, ha diffuso valori umani e cristiani evitando che
la chiesa diventasse proprietaria dell'Opera (Comunione e Liberazione), e
quindi si assumesse il controllo delle idee e ne impedisse lo sviluppo".
Detto per la cronaca, il panegirico show si trasformò in una rissa fra il tribuno
Sgarbi e l'abitante del luogo certo Soarin, sedata per l'intervento delle Forze
dell'ordine. Ma anche questo predicozzo indirettamente dimostra la qualità e la
bontà dell'opera. Quanto a Don Verzé manager, qui il discorso si fa più
complesso e intrigante. Questo prete è morto nel pieno di una bufera
giudiziaria. Si tratta, come noto, di un buco di un miliardo e mezzo di euro
accumulato dalla sua fondazione. Come e a che scopo, ancora non è chiaro.
Alcuni misteri l'indagato se li sarà portati nella tomba. Se risponde al vero
che spesso il nostro comportamento è anche legato alle nostre origini, allora
va detto che la famiglia Verzé era da tempo immemorabile lo zoccolo duro ed
antico di Illasi. Benestante e possidente, la sorella più vecchia Maria aveva
sposato certo Pasqua, nobile Conte di Bisceglie. Fra le tombe nel cimitero di
Illasi ve ne sono due monumentali riservate alla sua genealogia con persone di
spicco, per quanto si tratti di paese agricolo. Il nostro Luigi Maria (secondo
nome di battesimo Maria) è nato in questo ambiente un po' con l'istinto di
primo della classe, dell'eroe. Un emergente, chiamato da Dio a compiere
mirabilia.
Prete
non per fame, ma per fama
Divenne
segretario di Don Calabria, il prete veronese dei poveri, per i poveri e con i
poveri, che recentemente fu fatto santo. Questi preconizzò a Don Luigi di
andare a Milano, che là avrebbe fatto opere di grande successo. A Milano dopo
gli anni 50 del secolo scorso, un po' cavallo di razza e poco incline alla
disciplina, fu sospeso tramite le competenti autorità dall'esercizio del
sacerdozio. Ma il cavallo di razza cominciò ad intrecciare relazioni con ogni
tipo di gente che conta, anche spericolata e di indubbia serietà. Volle fondare
e costruire un grande impero sanitario: il San Raffaele. Una cupola più ampia
di quella di S. Pietro, ed una gigantesca statua dell'Angelo Raffaele più alta
della Madonnina di Milano. Il denaro, almeno così sembra, entrava a palate.
L'istituto sanitario era tutto uno sfolgorio, perché il fondatore predicava: “i
poveri sono Gesù. Ora Gesù abita nei calici, nei tabernacoli d'oro. Così deve
essere l'ospedale: l'abitazione d'oro per i sofferenti.” Il discorso in se
stesso calza bene. Però non tutto l'oro andava nella direzione annunciata. Don
Verzé si acquistò un aereo personale da 20 milioni di euro, in Brasile e in
Sudamerica si comperò delle ville per ospitare amici e gente di mondo. Una
esibizione di grande sfarzo. E già da anni per questo fu ritenuto un
megalomane, cioè maniaco di cose straordinarie. Nel 2007 ebbe luogo a Lavagno,
paese del veronese vicino ad Illasi, la posa della prima pietra del Quo Vadis,
un istituto d'avanguardia di benessere, cerimonia a cui parteciparono
Berlusconi (che Don Verzé definiva l'uomo della Provvidenza), il futuro
ministro Maroni (rappresentante di Bossi), Totò Cuffaro, presidente della
Regione siciliana e poi in carcere per favoreggiamento a Cosa nostra. Di qui si
intuiscono le sponsorizzazione del nostro prete. In paese nel giorno dei
funerali si poté raccogliere anche qualche Amarcord. Come la testimonianza di
un ex titolare di un distributore di benzina del luogo che riferiva essere Don
Verzé un fanatico appassionato d'auto di grossa cilindrata. Facendosi riguardo
di circolare con la Ferrari, si era acquistato una Mercedes dentro la quale l’amico
Enzo Ferrari di Maranello vi introdusse per regalo il motore della
"Rossa". Oppure, come ebbe a dire Armando Zambaldo, ex maratoneta
olimpico, ancora in piazza dopo il funerale: "un uomo che ha sempre
preferito frequentare i ricchi per farsi finanziare i suoi progetti, ma certo
che costruire un albergo per i parenti dei malati a 120 euro la notte non è
proprio una scelta da poveri". Indubbiamente i funerali sono stati uno
specchio della sua attività manageriale. Il prete manager è rimasto un re nudo.
Certo la parrocchiale era stipata da una folla innumerevole, ma praticamente
nessuno dei suoi fans era presente. Fanno eccezione M. Cacciari, che fra
l'altro ebbe un intervento infelice allorché tirò in ballo Don Milani:
"che senso ha avere le mani pulite se si tengono sempre in tasca". Ma
il concetto del prete di Barbiana era un altro, cioè che le mani si devono
sporcare ma non perché si cede alle lusinghe della parte meno onesta della
società. Per completare la lista delle presenze: partecipò pure V. Sgarbi come
sopra detto, Cinzia Confisco senatrice del PDL, e qualche amministratore di
grado subalterno. Mentre al mattino nella camera ardente a Milano, avevano
fatto omaggio F. Fazio ex ministro della Sanità, il cantante Albano Carrisi, il
comico B. Pozzetto.
Ai funerali assenti tutti i vip
Ma
gli altri potenti che hanno stregato Milano e l'Italia, di cui Verzé fu
complice dov'erano? Nessuno si è fatto vedere. Mancava Berlusconi, gran padrino
del San Raffaele fin dalla fondazione, l'amico del cuore da mezzo secolo. Mancava
la figlia Barbara laureatasi nell'Istituto del prete Manager, mancava R.
Formigoni, presidente della Regione Lombardia, il "presidentissimo vergine
di Comunione e Liberazione". Non c'era Daccò, faccendiere ciellino, cioè
pure membro di "Comunione e Liberazione", il movimento
catto-tradizionalista, che ovunque mette piede dove sente olezzo di denaro:
assente giustificato perché in carcere. Mancava Pio Pompa mandato da don Luigi
al Sismi, servizio segreto militare. Mancavano tanti amici del S. Raffaele,
eccetto la sua badante. Mancavano tutti i soci in odore di camorra che hanno
contribuito a costruire l'ospedale. Quando la barca affonda è meglio girare al
largo e che i morti seppelliscano i loro morti. Quale differenza fra questo
funerale e quello di Giorgio Bocca, scrittore marxista, pure di 91 anni,
deceduto qualche giorno prima. Nella chiesa di S. Vittore c'era la Milano
migliore, quella che non si è mai piegata ai potenti, ai corrotti, ai
corruttori, ai bancarottieri di professione. Ateo? Non credente? Ma lineare!
Per quanto riguarda il carattere di Don Verzé mi pare più che sufficiente ed
indicativo estrarre alcuni punti della predica tenuta alle esequie dal vescovo
di Verona, Mons. G. Zenti. "Di Don Luigi prete manager si è detto di
tutto, anche fuori delle righe, senza clemenza. Del fango se n'è buttato
troppo. Ma senza di lui non sarebbe nata quella struttura d'eccellenza, il San
Raffaele. Don Verzé forse debordava, ma ai malati voleva dare tutto. Per loro
amore ha compiuto degli eccessi. Solitario come tutti i geni, ma anche disposto
a riconoscere di aver esagerato. Mistico con una fede radicata nell'Eucarestia.
Detestava la mediocrità. Il 16 dicembre nell'ultima lettera mi scrisse che come
Gesù stava portando la sua croce". Ci sembra un ritratto rispettoso del
defunto. In quanto poi all'ultima espressione varrebbe la pena essere più
cauti, cioè la pretesa di paragonarsi a Gesù. Ma per lui era ovvio, uscito
dalla scuola di Berlusconi, il quale dopo ogni furbata, dopo ogni citazione ai
vari processi annunciava in Tv a reti unificate che anche lui era vilipeso,
diffamato, messo in croce come Gesù. La Croce, il nome di Dio e dei santi a
paravento dei propri interessi. Don Verzé venne tumulato in una delle due
cappelle del cimitero di Illasi, riservate alla fondazione Monte Tabor. Si
presume verrà trasferito nella tomba dietro l'altare della Madonna nella chiesa
interna all'ospedale S. Raffaele. Esposte solo due ghirlande: quella della
Moratti, ex sindaco di Milano e quella dei Siggillini. Appoggiata sulla lastra
una piccola targa con la dicitura: "Sacerdote Professore Don Luigi Maria
Verzé, Medico come Gesù". Indubbiamente la sua opera in favore della
Sanità non si discute. Discutibile resta la domanda se il fine giustifica i
mezzi, leciti o meno. Sì, perché il buco di un miliardo e mezzo era pure di
proprietà dei poveri. Un augurio: che l'Opera rimanga e si sviluppi soprattutto
a beneficio dei malati e degli indigenti. Ma nella trasparenza!
Autore:
Albino
Michelin
27.01.2012
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