Fino
a qualche tempo fa nei sermoni di quaresima e negli esercizi spirituali
un'antifona ci risuonava agli orecchi e ripeteva: "ricordati uomo che sei
polvere ed in polvere ritornerai. Un'anima sola hai, se la perdi che
sarai?". Il che vuol dire, lascia stare i problemi di questo mondo, di
questa terra, la tua patria è il cielo. Aggiungo per completezza anche una
canzoncina, che tutt'oggi in qualche santuario mariano viene cantata con
l'anima e con il corpo: "andrò a vederla un dì in cielo patria mia, andrò
a veder Maria, mia gioia e mio amor. Al ciel, al ciel, al ciel, andrò a vederla
un dì… al ciel, al ciel, al ciel andrò a vederla un dì "Ed ancora aggiungi
alcuni contenuti della "Salve Regina": a te sospiriamo, gementi e
piangenti in questa valle di lacrime. Orsù dunque avvocata nostra rivolgi a noi
gli occhi tuoi misericordiosi, affinché dopo questo esilio possiamo raggiungere
l'eterna felicità in cielo". Se le parole non fossero proprio cosi, il
senso è questo. Ed ancora nelle apparizioni della Madonna a Fatima i tre
veggenti verso il 1917 portarono la devozione popolare a formulare la prece:
"preservaci dal fuoco dell'inferno e porta in cielo tutte le anime
specialmente le più bisognose della tua misericordia". Se andiamo a Medjgorje
poi si rincara addirittura la dose. La Madonna (si dice che) al 25 di ogni mese
diffonde i suoi messaggi, la cui sintesi praticamente è: "fate penitenza
se volete salvarvi l'anima dalle bruttezze di questa terra ... ". Non vale
la pena continuare, ognuno di noi ricorda, specie se di estrazione
cattolico-praticante, una grande quantità di consigli, richiami, castighi allo
scopo d’evitare l’inferno e andare in cielo. Nessuno, suppongo, dubiterà che io
non creda alla Maria del Vangelo, detta dal 1500 fiorentino "Madonna"
(mia donna)". Il problema sta tutto anche in quel che le si fa dire, o
nelle proiezioni che noi facciamo su di lei da parte di noi stessi, dei nostri
desideri, delle nostre apprensioni, e paure. Però la riflessione qui non
concerne la Madonna, ma il cielo e la terra. In altre parole: l'uomo religioso
oggi deve dare valore solo al Paradiso, all'altra vita, al dopo morte, mentre
non avrebbe nessuna importanza la terra, i suoi valori, il progresso, la
tecnica, la cultura? In pratica si cade in una contraddizione, come se il
creatore del cielo e della terra, dell’aldiquà e dell’aldilà non fosse lo
stesso Dio.
Dio lo si conosce
partendo dalla terra, dalla natura e dal creato
Buona
parte del nostro pensiero cattolico continua ancor oggi ad essere dualista, come
posto di fronte a due piani. Un piano superiore, soprannaturale, divino, eterno
per il quale bisogna vivere e per il quale siamo stati creati, e sotto di esso
invece un piano inferiore, maligno, tentatore, effimero, caduco. Le nostre
teologie o dottrine (che continuano a chiamarsi) cattoliche, continuano ancora
a parlare troppo spesso di una salvezza post morte e celestiale dell'essere
umano, come se questa fosse l'unico obiettivo della nostra vita attuale.
Ricordo che recentemente avendo chiesto ad una giovane signora perché aveva
messo al mondo un bambino, mi rispose: "per poterlo mandare in
paradiso". E qui il nocciolo del discorso: non è che si neghi l'esistenza
del cielo o del paradiso, è che purtroppo si è ancora prigionieri di questa
mentalità: "siamo qui di passaggio, la nostra patria è il cielo", con
la conseguenza quindi di svalutare la vita presente, e specialmente questa terra
sulla quale la nostra vita da milioni di anni sta sviluppandosi. Ed invece,
come siamo stati educati a considerare e aspirare alla spiritualità del cielo,
così dovremmo anche cominciare a riscoprire la spiritualità della terra. ln un
modo poetico questo l'aveva già intuito S. Francesco con il Cantico delle
Creature quando esultava: "lodato sii o mio Signore con tutte le tue
creature, specialmente messer lo frate sole, sorella luna, la madre terra,
ecc.". E qui non possiamo non collegarci al mito della creazione del mondo
raccontatoci dal libro della Genesi: "Dio creò il cielo e la terra e vide
che tutto era buono". Non sarà certo il peccato di Adamo a rompere le uova
nel paniere: ciò che Dio ha creato di buono tale è e tale resta. Se guai ad
Adamo capitarono, cose sue, se li è tirati addosso lui. Ma non diamo colpa alla
"terra", perché essa resta sempre il giardino di Dio, e Dio non può
pentirsi di ciò che fa e tanto meno maledire l'opera delle sue mani. Per cui è
molto significativo il recente libro di M. Fox: "In principio era la
gioia".
I delitti
compiuti contro la spiritualità della terra.
Basti
pensare alle invasioni. Che motivo c'era che i romani andassero a sfruttare
mezzo mondo, la Palestina, l'Egitto, l'Africa, la Gallia? Che motivo c'era che
gli arabi andassero a saccheggiare la Spagna, la Sicilia, il Regno di Napoli?
Che motivo c'era che i crociati andassero a tagliare la testa ai turchi, ai
saraceni, impadronendosi delle loro terre? E che andarono a fare i portoghesi
verso le Filippine, verso quelle sperdute isole asiatiche? E i belgi a che pro
andarono a succhiare il sangue nelle terre dei congolesi? E che ragioni avevamo
noi italiani a foraggiare nel secolo scorso Libia, Eritrea, Somalia? E che
motivo aveva l'America ad invadere il Kuwait ai tempi del primo Bush? Si dirà:
il petrolio! Ma anche il petrolio come tutte le materie prime appartengono alla
terra. E la terra non può essere sfruttata a piacimento, non può essere derubata
agli abitanti del territorio. Non continuiamo con gli esempi. In definitiva
tutto dovrebbe sintetizzarsi in questo concetto: la terra ha la sua
spiritualità, non è in balia di ogni predatore. Ognuno ha diritto alla sua
terra. Questo ci sembra un discorso importante. Perché invece di cominciare dal
cielo verso il quale in passato costringevamo tutti (battezzati volenti o
nolenti, col rogo o con la spada), dobbiamo incominciare dalla terra. Ognuno ne
ha il diritto, perché ognuno ne ha bisogno. Di qui un passo in avanti: l'onestà
delle persone non va considerata prima di tutto nel culto sacro, nella
devozione alle divinità, nella preoccupazione di andare in cielo, ma nel modo
di vivere la terra, di dividerla, di condividere, di rispettarla. E allora
colleghiamoci pure con gli scontri sociali del nostro tempo: il nucleare, la
privatizzazione dell'acqua. Non si dica che qui entriamo nella solita politica
e che la chiesa deve starsene fuori. Il discorso sulla spiritualità della terra
non appartiene alla religione, né a quella cristiana, né a quella islamica, né
a quella buddista. Appartiene alla spiritualità, cioè allo spirito della terra,
di cui tutti, credenti o no, devono prendere atto. Al limite possiamo dividerci
anche sui sacramenti, sui santi, sui miracoli, sulla Madonna e le sue
prerogative, sui dogmi: ma una realtà su cui tutti dobbiamo convenire da cui
incominciare per andare in cielo (al nostro o a quello di ciascuno) è la terra,
il rispetto della terra.
I silenzi dei cristiani
Un
silenzio che ha dato da pensare ma anche impressione negli ultimi periodi
riguarda l'assenza della chiesa ufficiale italiana dal referendum sul nucleare
e sulla privatizzazione dell'acqua. Ricordiamo con quanto bellico furore
qualche anno fa il Card. Ruini e l'episcopato italiano si scannarono per
indurre gli italiani a disertare le urne dal referendum sulla procreazione
assistita (argomento concernente la risaputa trilogia aborto, sesso, testamento
biologico). Questa volta il nostro corpo gerarchico ha adottato silenzio
tombale. Ognuno voti, o non voti secondo la sua coscienza. Proprio alla sequela
del presidente Berlusconi. Fortuna e grazia di Dio volle che la gente comune
abbia talvolta più sensibilità morale e biblica che non i suoi messaggeri
ufficiali. Tant'è vero che molti cristiani di base, molte comunità cattoliche
non aggregate alle parrocchie, molte associazioni laiche umanitarie hanno gridato:
"no allo sfruttamento della terra a scopo di profitto, no alla rovina del
pianeta! E questo per l'amore verso le generazioni future. Ciò significa
partire dalla terra, questo è fare della terra un'abitazione umana, significa
dare la precedenza ad essa, e poi al cielo, al paradiso futuro. Se si dice
nella Bibbia che Dio farà cieli nuovi e terre nuove, significa che quelli e
queste cominciano già da ora, qui, adesso. E in questa attenzione, rispetto,
etica, spiritualità verso la terra che tutti gli uomini di oggi e di domani
possono incontrarsi, dopo che per secoli anche a causa dei loro dei e delle
loro religioni si sono divisi la terra sfruttandola e scannati fino all’ ultimo
sangue.
Autore:
Albino
Michelin
29.06.2011
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