Mancanza
di senso civico e illegalità in Italia continueranno chissà quanto, se non vi
sarà un'inversione di tendenza, chiamata rifondazione della coscienza. Cambi di
casacca, bugie disinvolte, tradimenti, "Vendo-la’" o "comperoqua",
tariffari per finanziamenti di mutui, partite di caccia all'ultimo voto, urla scomposte
delle tifoserie più agguerrite. Parlamentari che avevano promesso al popolo di
difendere con il loro partito una serie di riforme e di proposte-legge e poi ti
tradiscono per oscuri interessi: un vero mercato delle vacche. Anche gli
italiani di Svizzera si devono ingoiare un certo Antonio Razzi, che eletto tra
le file dell'Italia dei valori, (ma perdiana, nell’Italia politica esistono
ancora dei valori?), se n'è andato ad accendere il cerotto al mortale nemico, (un
tempo Berlusconi) correggiamo: avversario politico. Insomma ci manca qui la coscienza
e nessuno mostra un sussulto per difenderla. Qualcuno dirà: ma che c'entra la
politica con la coscienza? Si capisce: la coscienza non si può oscurare in
nessun settore della vita. Quindi anche in politica coscienza significa fedeltà
e coerenza ad un progetto iniziale con il quale ci si è presentati ai
cittadini. Indipendentemente dal partito in cui si milita. Conveniamo pure che
come il mondo, la società, così anche la realtà quotidiana è in evoluzione. E
quindi una legislazione può essere reinterpretata, ma nel caso va spiegata bene
ai propri sostenitori, e solo dopo diventerebbe accettabile un dissenso
all'interno del proprio schieramento. Nel caso nostro invece, posto in questione,
ciò che ha prodotto ed in futuro continuerà a produrre voltafaccia, non è
stato il bene dei cittadini, ma interessi personali, da garantirsi salendo sul
cavallo vincente. Quanto sopra, forse è solo un episodio, però ci induce a fare
delle considerazioni in lungo ed in largo sul discorso "coscienza",
inerente ad ogni tipo di comportamento. Da quello sociale, a quello religioso,
a quello di chiesa, sul quale ultimo preferisco soffermarmi.
Anche
San Giuseppe in conflitto fra legge e coscienza
Nulla
da scandalizzarsi, diversamente non sarebbe stato un uomo Sposo di Maria, al
suo conflitto fra legge e coscienza, diede la priorità alla coscienza anziché
alla legge sacra di Mosè. Nel Vangelo di Luca al capitolo primo si legge della
gravidanza di Maria. L'angelo le annuncia che diventerà madre per opera dello
Spirito del Signore, senza concorso di un uomo. Nel Vangelo di Matteo invece al
capo terzo non è Maria, ma Giuseppe il protagonista. Constatando che la moglie
è incinta senza il suo intervento, decide secondo la legge sacra di Mosè di licenziarla
per evitarle la lapidazione, in quanto palesemente adultera. Se nonché in sogno
un angelo gli annuncia che quella gravidanza è opera dello Spirito Santo.
Tralasciamo qui il perché della diversità dei due racconti e le relative spiegazioni,
letterarie o simboliche. Quanto piuttosto ci interessa la convergenza: cioè che
Gesù è frutto dello Spirito del Signore. Come in un certo senso più ampliato,
tutti i bambini del mondo sono figli di Dio, anche se attraverso la mediazione,
chiamata rapporto sessuale, o fecondazione artificiale, o altre tecniche che
dir si voglia. Ma ciò che qui veramente ci interessa è la decisione e la scelta
di Giuseppe. Mette in disparte la legge sacra di Mosè e dà la precedenza ai
suggerimenti della sua coscienza. Cioè, l'eventuale errore, o trasgressione, o
peccato (come lo si voglia chiamare) di una persona non va riparato con
l'eliminazione della persona stessa che l'ha compiuto (nel caso Maria), ma con
la compressione e l’accompagnamento. Quindi Giuseppe decide di obbedire a
questa voce e non ostacolare in nome della legge un progetto che intuisce
essere di Dio. Come non pensare nel leggere questo brano alle tante persone che
chiedono di andare contro coscienza per obbedire alle indicazioni della legge
di Mosè, o più concretamente oggi, alle indicazioni del Magistero
ecclesiastico, quando con una certa frequenza e con poco dialogo tale magistero
interviene per tutelare quelli che vengono definiti valori non negoziabili? Uno
potrebbe anche semplificare tutto dicendo che basta obbedire ai vescovi e al Vaticano,
così come sostenevano i farisei, per i quali bastava obbedire alla Legge e ai
profeti. E' mistificazione e travisamento, preso di mira con una certa durezza
da Gesù stesso, perché accettare acriticamente un'autorità esterna significa
talvolta scavalcare alcune motivazioni di coscienza che restano sempre
personali ed non trasferibili.
Per
San Tommaso e Papa Ratzinger.
Su questo
argomento anche S. Tommaso d'Aquino (1200), sommo dottore della chiesa, e punto
referenziale della teologia e della morale cattolica, sostiene (vedi De
Veritate Questione 17, articolo 5): "se vi è conflitto tra la parola del
Magistero e la mia coscienza, sappia il dubbioso che il magistero è parola di
uomo, mentre la coscienza è voce di Dio". E qui voglio citare un discorso
fatto e pubblicato recentemente da Mons. K. Sowlin, vescovo in Sudafrica, ai
suoi cristiani: "Più in alto del Papa come potere vincolante dell'autorità
ecclesiastica, sta la propria coscienza, cui si deve obbedire prima di ogni
altra cosa, se necessario anche contro le richieste della stessa autorità".
Una tesi questa tanto antica, quasi rivoluzionaria, sostenuta da un
insospettabile, grande teologo, Joseph Ratzinger, quando nel 1962-65 era
esperto al Concilio Vaticano II. Si dirà: ma proprio lui che nel 2005 sarebbe
diventato il Papa Benedetto XVI? Sì, allora 1968 così affermava. Ammettiamo
pure che anche la sedia pontificale, e il ruolo fanno la persona, la cambiano, o
anche la maturano, però non al punto da metterla in contraddizione con se
stessa e da causarle un ribaltone. Quindi quanto Ratzinger affermò qualche
decennio fa resta sostanzialmente valido anche oggi. Il tutto comunque si fonda
sul passo classico di Paolo quando nella lettera ai Romani(14,2-6) dichiara essere
la propria coscienza norma della propria condotta. Premesso questo aspetto,
cioè la priorità della coscienza sull'autorità, non bisogna però concludere che
quest'ultima (l'autorità) non abbia nessun rapporto con la prima (la coscienza).
Solo che il compito dell'autorità sta nel formare la coscienza dei singoli e
della comunità, non di sostituirla. Formarla in modo propositivo e non
impositivo, diversamente raccoglie reazioni opposte. Se oggi ad esempio la
chiesa entra nella società a gamba tesa e pretende interdire divorzio, aborto, procreazione
assistita, legalizzazione, coppie di fatto, ecc.., può per reazione ottenere
esattamente l’opposto. Essa deve formare quello che da sempre veniva chiamato
(e oggi non si cita più): "sensus fidelium, " cioè sentimento e
sensibilità dei fedeli. E qui si apre un altro capitolo, o meglio si amplia
quello precedente. Che nella chiesa l'autorità non può essere separata dalla
"sinodalità", cioè dal sentire di gruppo, dalla corresponsabilità di
comunità, quindi non solo dagli addetti ai lavori, o dai residenti nei palazzi
alti, ma dal consenso per quanto possibile della totalità e dell'universalità
dei fedeli, anche se implicito e non sempre conclamato. In un recente dibattito
televisivo un esperto vaticanista, di primo piano nella stampa e nei media,
ebbe a dire che l'ultimo pronunciamento di Papa Ratzinger, in cui permette il
condom preservativo nei casi di necessità, a lui e a molti credenti sa di
intervento blitz sulla scena mondiale, cioè solitario e monarchico. Vale a dire
non è stato premesso un ampio dibattito sinodale fra il suo gremio (Cardinali-vescovi)
e la base dell’ecclesia, cioè della comunità. Nel senso che mentre l'anno
precedente, nel suo viaggio in Africa il pontefice aveva chiuso al
preservativo, improvvisamente e di sua iniziativa ora decide di aprire. Sia
pure con tutte le riserve del caso, ampliate dai suoi giornalisti interpreti.
Di qui il nostro interlocutore (ma non è voce isolata, né un anticlericale)
ravvisa un camminare solitario dell'autorità papale, senza dialogo e senza
ascolto della comunità ecclesiale. E si augura che nella chiesa si arrivi a
riconoscere e ad aprirsi ad una nuova fase di pensare e di realizzare, fin dai
livelli più bassi della vita della chiesa, un esercizio sinodale (o di gruppo)
dell'autorità. Insomma l'autorità non può che fare rima con sinodalità.
Anche
“il sentire dei fedeli” è una forma di autorità.
E' questa la conclusione cui sono giunti anche
i partecipanti al convegno "L'autorità nella chiesa e la libertà del
cristiano", promosso dalla Federazione Universitari cattolici l’11
novembre 2010 presso l'Università Cattolica di Milano. Il senso dei fedeli
citato sopra è infatti la voce della chiesa, non è libertà contro l'autorità,
ma è esso stesso autorità. Di qui si conclude che è la chiesa intera, l'insieme
di tutti i battezzati a godere del carattere dell'infallibilità. Come affermato
anche nella Lumen Gentium (= Luce delle Genti), Costituzione del Concilio
Vaticano ecumenico al capo 12: Non è il Papa da solo, ma la chiesa nel suo
insieme ad essere infallibile. Compito della chiesa gerarchica quindi non è di
obbligare ad un consenso silenzioso ed artificiale in nome della comunione
ecclesiale, ma quello di educare alla riflessione e alla autonomia personale.
Questo tipo di impegno alla chiesa non toglie nulla, ma fa crescere il popolo
nella conoscenza dei valori autentici e nel viverli senza contraffazione e
secondi interessi. Che in Italia invece vi regni questa babilonia, si registri
un ammanco di convinzioni sia nella politica, come nella società, come nella
vita religiosa, è frutto di una subcultura che riduce culto e legalità ad espressioni
devozionali e baciamano strumentali. La coscienza ridotta ad uno straccio,
altro che la coscienza prima di tutto. Per trovare un po’ di coscienza civica,
morale e religiosa sarebbe opportuno spostarsi e vivere per un po' di tempo nei
paesi protestanti. Commedie del genere e furbate se ne vedono molto meno.
Autore:
Albino
Michelin
17.12.2010
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