Le
repentine trasformazioni dell'Est e il crollo dei regimi sorti dalla
rivoluzione d'ottobre 1917, il fallimento del comunismo come messianismo
terrestre sta generando nell'opinione pubblica due posizioni diverse e opposte:
Trionfalismo da una parte, esame di coscienza dall'altra. Il Trionfalismo
(l'avevo sempre detto io ... l'avevamo sempre detto noi ...) è l'atteggiamento
di un anticomunismo, viscerale e reazionario, usato come alibi per rifiutare
ogni sorta di riforme sociali, come colpa e infamia, con cui bollare e togliere
ogni credibilità a chi lo propone. Il Trionfalismo è l'atteggiamento snob tipico
di chi mette alla berlina l'avversario negandogli persino la buona fede e
negando qualsiasi valore all'utopia marxista, che pura puntava ad un mondo più
giusto. Indubbiamente non vanno dimenticati gli orrori e gli orrendi misfatti
del comunismo e specialmente dello stalinismo, oppressore della libertà di
coscienza e della dignità umana. Ma il mondo cattolico non deve molto godere
del fallimento altrui, se ricorda quanto la chiesa cattolica ha compiuto lungo
i secoli: inquisizione, rogo per i Savonarola, legittimazione della schiavitù e
chi più ne ha più ne metta. Si dirà: "altri tempi, altre idee ... Un
errore di metodo ... " Giusto! E allora la stessa considerazione va
riproposta nei confronti del passato comunismo dell'Est. L'atteggiamento più
giusto che il mondo cattolico dovrebbe assumere in questa circostanza è l'esame
di coscienza. Il crollo del socialismo reale non deve costituire una resa ai
modelli economici, culturali e religiosi dell'Occidente. Diremo un paradosso,
ma il marxismo è "contro natura", in un certo senso come lo è il
Cristianesimo. Perché sia quello come questo impongono l'altruismo. La
diversità si è situata a livello di metodi: il primo intendeva raggiungere
l'obiettivo con la dittatura, il secondo vuole arrivarci per una convinzione di
coscienza individuale. Il capitalismo invece è "secondo natura",
nella linea cioè dell'istinto, dell'egoismo personale, lascia libero gioco ad
ogni tipo di affermazione individuale, coerenza e sopraffazione. Era troppo
difficile essere comunisti, è più comodo essere capitalisti. Il fallimento del
sistema comunista non significa legittimazione del nostro e tanto meno la
pretesa dì questo a diventare modello di convivenza e progresso.
La
bancarotta dell'economia comunista non significa la consacrazione del nostro
sistema di mercato. In effetti il nostro Nord capitalista va indebitando
miliardi di persone del Sud-Africa e nell'America Latina. Prima aveva
giustificato la schiavitù, le colonie, le dittature, oggi, ne va creando delle
nuove. E questa è oppressione "neo stalinista" del mondo capitalista.
Nel comunismo dell'Est la religione veniva repressa, ma esisteva e continuava
nel popolo. Profonda è la spiritualità di quella gente, la pratica religiosa,
le vocazioni al sacerdozio e alla vita monastica. Nel mondo capitalista
occidentale invece la religione è inutile, così come la spiritualità laicale,
monastica, la scelta del sacerdozio. Nel mondo comunista vigeva una ferrea
disciplina sul costume e sulla famiglia. Nel nostro capitalismo, divorzio, aborto,
droga, criminalità, razzismo, vanno distruggendo ogni tessuto sociale. Nel
mondo dell'Est la libertà era agognata e perciò si scappava attraverso il muro
di Berlino. Da noi della libertà non si sa che farsene e quindi il capitalista
è un mondo di scontenti, depressi, suicidi.
E in
Italia? Il Partito Comunista ha avuto il coraggio di cambiar nome, la
Democrazia Cristiana invece continua con faccia di tolla a tenersi il suo, che
di "cristiano" proprio non ha nulla. Ma, si sa, è strumentale agli
interessi privati, al clientelismo, alla mafia, alla camorra, alle tangenti.
Forse anche la nostra Italia postcomunista ormai si merita una sinistra unita
in alternanza con la giubilata e decorata DC: l'occasione per una gara di
emulazione, si spera, non tanto nel rubare di più, ma nel servire meglio la
causa di tutti.
Autore:
Albino
Michelin
17.03.1990
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