Prendiamola
come un constatazione. Anche se non una rivendicazione di diritto. Certo fa
stranezza vedere dentro le chiese (luoghi di culto) molte donne e pochi uomini,
mentre sull’altare e sopra la chiesa (gerarchia istituzionale e sacrale) ci
stanno solo maschi e nessuna donna. Nell'orientamento attuale vige ancora l'affermazione
che se pure la donna possieda uguali diritti e responsabilità nei confronti
dell'uomo e della vita pubblica, per la sua vera collocazione però e promozione
essa va situata nell'ambito procreativo e materno. Il suo triangolo
preferenziale ha da essere: casa, marito, figli. Il suo modello: Maria la
madre, vergine. Pure la devozione verso questa figura è stata lungo i secoli
ottimo strumento nelle mani del mondo maschile per rendersi sottomesso quello
femminile.
Anche
il più miope occhio umano deve costatare che per 2000 anni tutta la teologia,
la storia del Cristianesimo, la legislazione ecclesiastica, la morale sessuale
o sessista è stata formulata sempre e solo dai maschi.
Le
donne non ci hanno mai potuto aggiungere neppure una e. Mandare a memoria,
eseguire, tacere. Anche oggi alla televisione italiana è raro assistere ad un
dibattito di fede o di teologia condotto da donne: pure a legiferare sull'etica
familiare ti vedi sempre davanti un prelato, un vescovo, un Cardinale
ottantenne et ultra che, per quanto persona degnissima nonostante l'età di
Matusalemme, non ha né moglie, né figli. La famiglia è il sacrario della donna?
Ma a farci la lezione di buona condotta ci deve stare un predicatore maschio,
scapolo, clericale.
Veramente
abbiamo o abbiamo avuto qualche teologa come Adriana Zarri, o antropologa come
Ida Magli, ma vengono guardate con sorriso di compassione e di supponenza,
animali strani dello zoo. Le poche altre teologhe preparate, che non siano di
religione protestante (parliamo dell'Italia), sono confinate ad esprimersi solo
in qualche rivista per addetti ai lavori. Le stesse religiose, suore possiedono
talvolta una laurea per l'insegnamento della matematica, archeologia, e scienze
affini, ma in una cattedra universitaria di bibbia, pastorale o teologia, sono
mosche bianche: è riserva dei religiosi maschi. Osservazioni, ripeto, che
valgono per l'Italia o per le italiane all'estero. Da circa qualche decennio è
stata trasportala dall'America del nord all'Europa la teologia femminista, una
ventata culturale per contrapposizione a quella maschilista (sostengono gli
uomini), o per integrazione alla stessa (rispondono le donne). Certo il termine
"femminista" si presenta un po' discusso e discutibile in quanto ti
può riportare la donna all'identificazione con l'individualismo, con la
borghesia, con la razza bianca, con l'attivismo occidentale, carico di
ostilità, mancanza di femminilità. Per cui vale la pena parlare di Teologia
femminile. Chiamala come vuoi, ma resta sempre una critica alle strutture
patriarcali, feudali, endocentriche della Chiesa e della Fede. Tale movimento
si chiede perché le immagini e i linguaggi maschili su Dio siano stati ritenuti
più adatti di quelli femminili e perché non sì possano recuperare le immagini
femminili della divinità presenti nella Sacra Scrittura e nella Tradizione.
L'esempio più evidente è l'uso esclusivo della metafora Padre Figlio per
interpretare il rapporto Dio-Gesù, oppure l'identificazione dell'essere maschio
di Gesù come essenziale per esprimere rapporti sacrali fra Dio e l'umanità. La
domanda cioè che le donne si pongono: ma Dio è padre o madre? O entrambe le
realtà? Gesù rappresenta il sesso maschile o anche quello femminile? Solo il
"donno" (antico termine sincopato latino da Dominus) o anche la
"donna" (Domina)? Certo l'equivoco di aver identificato e di
identificare Gesù con il sesso unicamente maschile ha prodotto l'esclusione
della donna dal sacerdozio. Motivo, appunto: perché Gesù era un maschio.
Importante
esempio al femminile è quando Gesù paragona se stesso alla chioccia (Luca 13,
34) o la simbolizzazione di Dio e Gesù (sempre in Luca) con la figura femminile
della Sapienza personificata. La teologia delle donne usa certo concetti meno
filosofici, come nel caso della cultura occidentale plurisecolare, metodi meno
sociologici, come nell'attuale teologia della liberazione nel Sud America.
Preferisce domande e risposte di carattere psicologico, introspettivo, sul
mondo interiore dell'uomo, della sua identità, della sua affettività.
L'immaginario simbolico della donna è ricchissimo, straripante al riguardo. Il
suo contributo sarebbe quindi essenziale alla ricostruzione dell'unità nel
messaggio cristiano. La teologia cattolica nella ricerca di Dio sinora ha
registrato solo i prodotti dell'intelligenza maschile. Ma come si presenterebbe
una dottrina di Dio basata sull'esperienza femminile, nella linea di qualche
raro ma eccezionale pensatore maschile come S.Agostino, per il quale "Dio
è l'ineffabile, è Amore"? Ancor oggi, quando si discute di questi problemi,
molti ti scappano per la tangente e si appellano, in modo invero al quanto
caotico, al Nuovo Testamento e alla chiesa Apostolica, onde sistemare le donne
al loro posto, ruolo di sudditanza e alternativo. Gli studi attuali fanno
giustizia di questi qualunquismi ed affermano che accanto ad enunciati e
comportamenti misogini, ne esistono altri assolutamente paritetici. Abbiamo, è
vero, alcuni brani e comunità dì Paolo, secondo i quali la donna deve portare
il velo, non ha da prendere la parola nelle assemblee liturgiche, è chiamata a
sottostare al marito (la Coristi 14, 34), o che come Eva avendo peccato per
prima, può salvarsi solo attraverso la procreazione (la Timoteo, 2, 11). Ma
tanti altri enunciati e comunità di Paolo affermano l'opposto: problema anche
di ambiente, paese che vai usanze che trovi. Mica sempre sì può usare la miccia
per piegare il mondo ai propri, sia pure, sacrosanti interessi.
Ma
per riferirci solo a Gesù, il modo con cui ha trattato le donne nel contesto
culturale del suo tempo è stato assolutamente rivoluzionario. Avesse loro
concesso pure il sacerdozio in una mentalità arcaica com'era quella giudaica,
sarebbe finito prima del tempo. Ma senza arrivare a tanto, pensiamo solo alla
visione da lui prospettata per una comunità di uomini e donne senza il governo
di un padre (Marco 10, 29): segnala alle origini una cultura cristiana
alternativa e non sessista. E il tanto discusso Paolo, chiamato manager della
prima chiesa, afferma alla comunità dei Galati che non ci deve essere più né
giudeo né greco, né uomo né donna, perché tutti in Cristo sono unica realtà (3,
27). E nella lettera ai Romani (18. 1-16) delle 29 persone da lui citate come
preposte alle varie comunità ben 10 erano donne. Fede, diaconessa in una
comunità domestica, Giuna Apostola e missionaria insignita di autorità
straordinaria, Prisca ad Efeso con la sua casa a disposizione per le
celebrazioni liturgiche: e nessuno al presente può ancora contestare che non le
fosse anche concessa funzione sacerdotale. Senza contare poi una quantità
enorme di profetesse con ampio incarico di evangelizzazione. L'unità della
chiesa cristiana allora non consisteva in una uniformità ma nel riconoscimento
delle diversità, salvata la sostanza del messaggio del fondatore. Allorché ci
si riferisce alla chiesa di Gesù, a quella degli apostoli, a quella dei
successori, a quella primitiva comprendente altre due tre generazioni fino
verso l'anno 120, non si può parlare di chiesa dei maschi.
Solo
con Ireneo (140-200 d.C.) è iniziato il processo di istituzionalizzazione
unisessista e per ben 19 secoli la chiesa gerarchica e dei ministeri è stata
appannaggio dei maschi. Ma qui una domanda: come per l'antisemitismo, si tratta
di una tradizione costante, di una usurpazione, di una deviazione, di
adattamento? Il discorso resta aperto. Non sono certo mancate lungo i tempi
contestazioni o reazioni di risveglio da parte di gruppi religiosi che si
battevano per la promozione e l'uguaglianza delle donne nei ministeri della
chiesa, come i Catari (dal 1000 al 1250), i Valdesi (dal 1100), i Quaccheri
(dal 1650), ma furono ovviamente eliminati come elementi di disturbo o
registrati nell'album degli eretici e spediti al rogo. Oggi si fa un tanto
parlare delle divisioni inaccettabili fra le diverse confessioni religiose,
cattolici, protestanti, ortodossi, e ci si adopera giustamente per la ricerca
di una comune unità. Da non sottovalutare però che anche all'interno della
nostra religione cattolica si dovrebbe operare una ricomposizione uomo-donna a
tutti i livelli, affinché essa ritorni e ridivenga a pieno titolo anche la
chiesa delle donne e non soltanto dei maschi.
Autore:
Albino
Michelin
03.06.1998
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