Nella
nostra società e nella cultura contemporanea l’espressione "Servizio"
non ha molta risonanza. È piuttosto insignificante, una specie di luogo comune,
privo di valenza, inadeguato ad interessare il nostro immaginario collettivo.
Insomma parola vuota ed inflazionata. Tutt’al più richiama per contrapposto il
"disservizio". E qui subito viene da pensare al disservizio pubblico,
ai continui scioperi di treni, traghetti autobus. Al disservizio delle
comunicazioni, al disservizio sanitario, come ai materassi inzuppati e marci di
urina dell'ospedale di Agrigento, ai topi e scarafaggi all'Ospedale Bambin Gesù
di Roma, ai medici della mutua con file di pazienti lunghe come l'anno della
fame. Al disservizio burocratico, per cui per ottenere un pezzo di carta si
deve fare i pellegrini per giorni di ufficio in ufficio. Eppure nel Vangelo
"Servizio" è la parola che ha maggior risonanza sulla bocca di Gesù.
Anzi Gesù sì definisce lui stesso Servizio. Pensiamo alle sue scelte operate
all'inizio della vita pubblica, al rifiuto di accettare l'impulso della folla
che lo vuole re, alla lavanda dei piedi nel cenacolo, ai banchetti e pasti
presi con i peccatori come espressione di servizio agli ultimi anche della
graduatoria morale, alla sua morte servizio sulla croce. Una delle sue più
belle affermazioni infine: "non sono venuto per essere servito, ma per
servire". Gesù insomma ha costituto un ribaltamento delle posizioni e
delle prospettive allora vigenti. Gli ultimi saranno i primi e i primi gli
ultimi. Cioè colui che propone di dominare, di approfittare e di servirsi degli
altri, va considerato ultimo nel suo regno, nella logica della comunità
cristiana. Per restare un momento su questo asse portante
"Cristiano-servizio", si deve dare atto che lungo la storia la
comunità cristiana ha creato vari servizi, per combattere le cosiddette povertà
tradizionali. Servizi come risposta ai bisogni oggettivi di necessità primaria,
un pane, un letto, un alfabeto.
E
qui si potrebbero citare per i trovatelli e per gli esposti i vari istituti di
beneficenza, case per sordomuti, le scuole di S. Vincenzo per la cultura dei
nullatenenti, enti come "Il Boccone del povero" dove si distribuiva
una minestra calda, gli ospizi chiamati istituti della Provvidenza, Suore
poverelle a raccogliere le madri nubili. Per non dire degli ospedali ideati nei
tempi passati dallo spirito di "servizio" verso i malati. Non tutto
nella gestione di queste istituzioni è stato esente da critica. Però una
lettera d'amore è sempre vera, sempre bella, anche se contiene errori di
grammatica. Così globalmente considerato il servizio offerto dalla
"chiesa" lungo i secoli è stato un impulso d'amore partito dal
vangelo e scritto nella storia. Oggi però il cristiano non si trova più, almeno
nella nostra società europea, confrontata con le povertà tradizionali. Lavoro,
scuola, assistenza, sanità, tutto è gestito dallo Stato. Invece sono emerse,
stanno emergendo le nuove povertà. Ed è qui che rimane uno spazio immenso da
riempire con nuove solidarietà, con nuovi servizi improntati allo spirito del
Vangelo. Pensiamo alle persone sole, a quelli che non riescono a trovare un
senso nella vita, ai tossicomani, ai tossicodipendenti, a quelli che non
valgono e quindi non possono, agli annoiati, agli incapaci di relazione, ai
malati cronici e terminali. Di fronte a queste situazioni la comunità cristiana
oggi deve approntare nuovi servizi, inventare nuove forme di incontro di
assistenza. Deve diventare impegno, promozione globale. Gesù è stato esplicito:
«da questo conosceranno che siete miei discepoli se "vi
interesserete" gli uni dei bisogni degli altri».
Autore:
Albino
Michelin
09.09.1999
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