È
consuetudine plurisecolare che siano i vescovi in occasione del loro ingresso
in una diocesi a indirizzare una lettera pastorale ai loro fedeli. Questa volta
si è capovolta la piramide. Il 18 luglio 1998 il frate cappuccino svizzero A Rotzetter,
noto scrittore teologo e insigne spiritualista ti pubblica un libro di 166
pagine e te lo indirizza in forma di lettera pastorale al neoeletto presule,
con delle riflessioni all'apparenza sconvolgenti, ma in realtà evangeliche e
sacrosante. Le notizie di cronaca sono a tutti note: dopo 8 anni di conflitti e
patatrac causati sia pure in buona fede, dal predecessore W. Haas, è stato
nominato Vescovo della su menzionata diocesi Amedeo Grab, nato a Zurigo il
3.2.1930, benedettino di Einsiedeln, dal 95 Vescovo di Losanna-Ginevra. Doveroso
e coerente associarsi al contenuto di questa pubblicazione, riassumendone le
linee portanti con alcune personale riflessioni. Il titolo del presente
articolo, che poi traduce in italiano quello del pio francescano, sembra
anticonvenzionale e provocatorio, ma non è nemmeno di oggi, risale al 1145,
quando S. Bernardo di Chiaravalle con le stesse identiche parole inviò una
lettera pastorale al nuovo Papa Eugenio III: "Ricordati di essere
uomo". Mi rivolgo con il Tu, non tanto per negare a Mons. Grab il dovuto
rispetto, ma perché consente un discorso di vita più fluido e realista. “Caro
Vescovo Amedeo, Pace e bene. Anzitutto premetto subito che nella nostra
particolare situazione della diocesi di Coira-Zurigo sei una buona soluzione.
Certo nella Tua nomina a questo incarico il rispetto delle collegialità ha
lasciato alquanto a desiderare, ma non per Tue interferenze e manovre. In
effetti secondo il quotidiano zurighese "Tages Anzeiger" (come poi
farà ad azzeccare precise informazioni con mesi di anticipo?) il 16.2.98 la
commissione elettorale (o Capitolo della cattedrale) aveva inviato a Roma una
terna di candidati (V. Huonder, P. Henrici, J. Annen) che il Vaticano avrebbe
scartato, rispondendo con una sua terna ex novo: A. Grab indicato dal Nunzio di
Berna O. Quilici, in seconda battuta un vescovo del Burundi (addirittura .. ),
in terza un non ben definito Monsignore romano (sempre li si sbatte?). La
scelta della nostra commissione quindi non poteva cadere che su di Te. Sempre
di fronte a questo metodo vaticano ha reagito fortemente anche il Presidente
del Sinodo cattolico cantonale giudicandolo discutibile.Ma tant'è: Roma (per il
momento!) è ancora l'istanza padrona assoluta in tale genere di operazioni,
noncurante della sensibilità delle chiese locali. Vedi il caso del Tuo
predecessore W. Haas. destituito sì da Coira, ma poi "per
promuoverlo" imposto alla parrocchietta contadina di Vaduz addirittura
come Arcivescovo. Roma dà così l'impressione di essere preoccupata più
dell'affermazione del proprio potere che non dell'unità fra il popolo di Dio.
Ancorché il "Tages Anzeiger" Ti definisca un conservatore
diplomatico, al di là delle etichette di rito, tanti sono d’accordo che questa
sia ancora la soluzione migliore, stante la Tua comprovata capacità di
amalgamare gli opposti e di riconciliare situazioni conflittuali. È proprio
secondo questa linea che la Nostra Missione parrocchia di Affoltern, nella sua
assemblea annuale del 23.1.1998, ha inviato una lettera al Nunzio di Berna
esprimendo il voto che il futuro vescovo sia un operatore di pace, persona atta
a mediare e a ricomporre le troppe divisioni. In effetti la chiesa o è
concordia e non è nulla. Caro Vescovo Amedeo, in occasione del Tuo ingresso
ufficiale a Coira il 23 agosto hai dichiarato che il Tuo compito non sarà di
stilare grandi programmi teologici, ma di camminare insieme nella fede e nella
carità. Ben detto: giusto non pretendere troppo, e non prendersi troppo sul
serio, come ripeté a se stesso Papa Giovanni XXIII nel 1958, il giorno in cui
fu eletto Papa. La teologia, l'interpretazione della Bibbia, l'etica morale, la
dogmatica, la storia, la psicologia, l'antropologia, l'archeologia ecc. non le
fa il Papa o il Vescovo, ma le fanno i teologi, i biblisti, gli storici, gli
antropologi. Ma non pretenda un Vescovo (od un Papa) di possedere
l'onniscienza, d'intervenire a tempo e fuori tempo su tutto, emarginando
teologi di grande competenza e rettitudine morale, bloccando ricerche e libero
pensiero, pena poi di dover chiedere perdono a tutta questa gente 4 secoli più
tardi. Il caso Lutero ha insegnato e l'emarginato teologo svizzero forse potrà
insegnare e tale insegnamento diventare il pensiero della chiesa cattolica del
futuro. L'arroccamento romano da un ventennio a questa parte, dopo i tanti
risvegli promessi con il Concilio Vaticano II, nasce proprio da questo
malinteso.
È
auspicabile il ruolo del Vescovo, del Magistero e della Gerarchia come un
carisma dell'armonia, capace di cogliere tutte le voci del creato,
dell'intelligenza umana, dell'esperienza cristiana, perché diventino sinfonia
di salvezza per tutti. Mi sovviene S. Paolo quando scrisse (la Cor. 12.28) che
Dio ha posto nella chiesa diversi carismi e doni. Li cito nell'ordine: "1)
Apostoli, 2) profeti, 3) maestri, 4) operatori di pace. 5) di guarigioni, 6) di
assistenza, 7) il governo, 8) la scienza delle lingue". Il dono o l'arte
di governare Paolo non l'ha situato al primo posto, ma al settimo, penultimo.
Nessuno mai qui vuole demolire il magistero episcopale o il primato papale a patto
lo si consideri prima di tutto morale e pastorale, non giuridico-istituzionale.
Non ribaltiamo le priorità. E se, come ovvio, dovrai attorniarti di un gruppo
di consulenti per esercitare la Tua attività, evita il nepotismo confessionale
e ideologico. È un'osservazione legittima che da più parti viene mossa anche
all'attuale Pontefice, preoccupato di piazzare dovunque suoi portavoce, fatti e
clonati a sua immagine e somiglianza. Non sceglierti cioè solo coloro che
rispecchiano la Tua cultura e il Tuo indirizzo, non fissare la chiesa del
futuro a Tua misura, ma permetti che la base dei credenti Ti si faccia
rappresentare con tutte le sue diversità ed istanze. Lo spirito di Dio, come i
fiori del campo è variegato e molteplice. Nello zurighese abbiamo gruppi
cattolici fortemente conservatori (Opus Dei, messe in latino, nostalgie di scomuniche
...), ma ne abbiamo altrettanti che operano delle fughe in avanti, come ''Noi
siamo chiesa “. Ti prego di lasciare respiro e spazio a tutti.
Caro
Vescovo Amedeo, corre voce che i cattolici svizzeri siano antiromanzi e di
conseguenza in parte lo sarebbero anche i loro vescovi. Tale il figlio quale il
padre. La mia impressione invece è giusto tutta all'opposto. In effetti ogni
volta che l'episcopato svizzero si reca in visita dal Papa per esporgli la
nostra situazione e le nostre problematiche, voi ne uscite in parte mogi,
sconsolati ed avviliti. Vi attaccate alla Televisione e via etere comunicate
che il Santo Padre ci esorta tutti a maggiore obbedienza verso la Sede apostolica.
Il 21.5.98 questa ha severamente limitato i localismi, cioè la libertà delle
chiese nazionali e relative conferenze episcopali, restringendo così il Vostro
ed il nostro spazio di azione e di sperimentazioni: ridotti ad altoparlanti
della Chiesa centrale. La storia mi riporta all'accesa discussione avvenuta
nella chiesa apostolica del primo secolo fra Pietro, conservatore legato alle
tradizioni ebraiche, e Paolo aperturista sensibile alla varietà delle genti.
Per evitare conflitti si sono suddivisi il territorio, uno all'occidente e
l'altro all'oriente, chiarendo così a tutti noi che l'unità della chiesa
consiste non tanto nell'uniformità, ma nel rispetto delle diversità. Secondo
l'assioma: "accordo nelle cose essenziali (che nel cristianesimo sono
pochissime), libertà in quelle dubbie (che sono moltissime), carità sempre e
ovunque. In questo contesto l'istruzione vaticana sui laici (15.8.97) ha costituito
un segnale eccessivo ed ha inferto un duro colpo. Roma teme la chiesa svizzera
perché concederebbe troppo spazio alle donne e ai laici. Un po' di gelosia e di
cinismo vi trapelano chiaramente. Per cui mi sembra che almeno da subito il
sacerdozio ad uomini sposati ed onesti, il recupero e la rivalorizzazione dei
preti usciti per formarsi una famiglia, il diaconato alle donne siano una
triplice istanza da portare avanti presso la Curia romana e su cui puntare i
piedi. Un antico adagio medioevale, piramidale e i teocratico, così suonava:
"Lex non accepta … non obligat", Latino maccheronico, non ha bisogno
di traduzione. In base a questa riflessione la Conferenza episcopale svizzera
di cui sei presidente potrebbe anche rivedere e rimettere detta istruzione agli
autori della stessa.
Caro
Vescovo Amedeo, sabato 22 agosto 1998, vigilia del Tuo ingresso nella nostra
diocesi, a Napoli un plotone di 30 finanzieri invadeva la Curia per un'indagine
finanziaria sul Caso Giordano sospetto dì associazione a delinquere a scopo
usura ed estorsione. Ovvio che un indagato non è 'tout court' un colpevole e
quindi tutti noi siamo con lui solidali nella speranza della sua innocenza, però
il suo comportamento di fronte ai magistrati ha fatto perdere faccia e
credibilità un po' a tutti i cattolici. Nella sua logica secolare di massimo
potere temporale ha attuato sfracelli mediatici e minacciato scandali totali tirando
in ballo Papa, Fascismo, Comunismo. Con regia impeccabile ha scatenato una
canea invocando prerogative, privilegi di galera, immunità. L'Italia invade uno
Stato estero, la Chiesa è sovrana, ingerenza indebita in atti di culto. Il
Vescovo è intoccabile, un cardinale gode di onori dovuti ad un principe di
sangue. Mania tipica dell'italico clero a ritenersi esente dalla legge. La
legge è uguale per tutti, ma non per preti, vescovi e cardinali avvolti nei
loro misteri e nuvole d'incenso, cui nessun laico, tanto meno un magistrato, è
consentito di accedere. Un episodio successo nell'86 racconta che il
sottoscritto fu fermato dalla Polizia per eccesso di velocità. Dopo una
settimana ricevette la comunicazione: "ritiro della patente per un
mese". Il mio assicuratore giuridico inoltrò alla Motorizzazione la
richiesta di commutazione in sanzione pecuniaria motivando che il suo cliente
era un prete e aveva bisogno dell'auto per le sue attività non solo motorie ma
soprattutto umanitarie. La risposta? "Bando alla ciance: se il suo
assistito è un prete, dia buon esempio". E così mi sono trovato anch'io
uomo fra gli uomini.
Che
Tu possa testimoniare personalmente e aiutare noi, per i quali spesso la
moralità pubblica si identifica con la furbizia, a maturare verso una legalità
e lealtà civica. Caro Vescovo Amedeo, uno dei Tuoi compiti pastorali più
impegnativi sarà il rapporto con la base, i gruppi, le parrocchie, le comunità.
Ciò che un tempo si chiamava visita pastorale non dovrebbe esaurirsi in una passeggiata
trionfale fra applausi, battimani, riverenze, bacio del sacro anello fra gente
vestita a festa. Ma affrontare i problemi delle donne e degli uomini di oggi
nell'abito di tutti i giorni per far recuperare loro il senso della vita, la
forza della fede, una speranza globale. Ho accennato al bacio dell'anello:
anacronismo, da archiviare anche perché offerto a troppe labbra potrebbe
diventare veicolo di malattie infettive e focolaio di malsani morbi. La Tua e
la nostra dignità dovrebbe situarsi altrove, secondo le parole di Gesù:
"non come i potenti del mondo ... Sono venuto per servire, non per essere
servito". Tralasciando altre considerazioni pastorali, sacramentali,
spirituali mi sono limitato all'essenziale, visto da un punto di vista molto soggettivo.
Fra le cataste di fax ossequienti e pile di complimenti mi sono permesso di
inviarTi queste riflessioni, forse un po' troppo contro corrente. In compenso
mi paiono sane. Per il Tuo futuro con S. Bernardo Ti auguro: "Ricordati
che sei un uomo" e con San Francesco: "Pace e Bene".
Autore:
Albino
Michelin
09.09.1998
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