In
occasione di assemblee parrocchiali spesso si viene interpellati da parte di
qualche cattolico:” oggi non si sa più chi credere.” In una di tale assemblee
presente il vescovo di Zurigo Mons. Henrici dalla platea arrivò una
contestazione esplicita:” i cattolici svizzeri sono troppo critici contro la
gerarchia, il Vaticano, addirittura contro il Papa. Si potrebbe sapere una
volta per sempre a chi si deve credere? Al clero, al vescovo, al Papa, a Gesù
Cristo, a Dio, alla propria coscienza? Questa è una babilonia. I cattolici
svizzeri dovrebbero imparare anche dai cattolici italiani ad avere piu’
rispetto e devozione verso il Papa”. L’intervento si ricollega e quindi contesta
un mio precedente articolo apparso sull’Eco l’11.2.1998 dal titolo:” Il nuovo
vescovo di Coira nelle mani dello Spirito Santo.” Qui l'interlocutore, stravolge intenzionalmente
tutto il senso del testo. Quanto dal sottoscritto è stato posto sotto forma di
desiderata e petizione viene dall’obbiettore ribaltato in una congerie di
accuse globali e caotiche. Offri del pane? Si restituiscono pietre, peggio,
sassate. A tanto il Vescovo rispose
semplicemente che il cattolico ha da credere in Gesù e in Dio. E prima di tutto
non nel Papa. Al Papa, la cui necessità non è messa in discussione, va dovuto
rispetto e collaborazione in quanto testimone e segno di unità. E specificò
bene il suo dire: ”al “Papa si crede, ma “in” Dio e “in” Gesù si crede. Facendo
una distinzione forse un po’ troppo filosofica, ma esatta, fra “in” e “al”. Nel
primo caso si tratta di una identificazione profonda con l’Essere personale
della propria fede, nel secondo di assenso a delle formule e interventi di
esplicativi, validi ma anche soggettivi sull’Essere personale della propria
fede. A questa dichiarazione del Vescovo si vede una chiara motivazione di
associarsi, non tanto per deferenza al suo ruolo, quanto perché rispecchia la
missione di Pietro, come scaturisce dal Vangelo di Gesù. Un
consiglio comunque sarebbe utile ad alcuni cattolici sempre in assetto
militare: di organizzare o richiedere nella propria parrocchia conversazioni
sul tema: "Chiesa e corresponsabilità del popolo di Dio. Sguardo
storico-teologico dal Nuovo Testamento al Postconcilio". Quello che manca a noi cattolici italiani non
è la capacità polemica, ma la cultura basata su questi documenti e motivazioni
di fondo. Un simile tipo di reazioni di un’intolleranza lefebvriana e alla komeni
può nascere anche da pigrizia mentale e da un rifiuto di maturare e aggiornare
le proprie espressioni di fede alle esigenze del tempo presente. Trovandosi per
strada senza carburante, non resta che rabbia e frustrazione.
Autore:
Albino
Michelin
01.04.1998
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