Il
complesso antiprotestante è per noi italiani un fatto genetico fisiologico,
viscerale, cioè profondamente identificato con la nostra storia e la nostra
natura. Non intendo scomodare di troppo i secoli passati e ritornare al solito
argomento delle guerre di religione o alle centinaia di apparizioni della
Madonna, castellana d'Italia, verificatesi nel secolo XVI per arginare la
calata calvinista. No, basta solo leggere alcune realtà attuali per notare che
il rapporto di pacifica convivenza fra i due mondi e modi di essere è ancora al
di là da venire o lentissimo ad iniziare il cammino. Sarà perché la libertà
religiosa in Italia è solo fenomeno recente. Infatti non si ha da risalire che
al 1848, allorché Carlo Alberto di Piemonte concesse la parità giuridica ai
protestanti italiani, quando ancora non potevano stabilire dimora, coprire
cariche pubbliche, costruire chiese al di fuori delle loro valli. A monte di
questa concezione vi sta tutta la nostra storia plurisecolare di appartenenza
geografica, politica, amministrativa. non di rado economica, sotto la chiesa
cattolica. Allattati, nutriti, cresciuti, fatti grandi sotto il suo ombrello
noi siamo a lungo vissuti sul piano culturale e religioso a regime
monoalimentare. La stessa scarsa familiarità degli italiani con la Bibbia e con
l'utilizzo della coscienza personale è dovuta all'assunzione da parte della
chiesa in prima persona della gestione della nostra fede e alla eliminazione
dal nostro ambiente del fattore protestante, che, come noto, ammetteva il
principio del libero esame. Il che, si badi bene, non veniva da esso inteso
come arbitrio, ma come responsabile e autonomo assenso. Con la conseguenza
ovviamente che se i protestanti eccedono nell'individualismo, i cattolici per
reazione alla troppa autorità eccedono nella furbizia a dribblare legge e
legalità. Pregi e difetti alla fine delle due parti si compensano. Il complesso
antiprotestante in verità era molto più radicato ancora nel periodo emigratorio
successivo alla seconda guerra mondiale. Io stesso ricordo che le nostre
ragazze, la curiosità è femmina, erano morbosamente tentate di entrare nelle
chiese sul cui campanile svettava il gallo (volatile mattiniero, del canto
antelucano, simbolo della vigilanza cristiana), e uscendone si sentivano
oppressioni di colpa per aver aderito in qualche modo alla causa anticattolica.
È noto pure come molte ragazze e giovani del tempo abbiano sposato un partner
svizzero protestante. Con carta o senza carta noi si riteneva questo gesto un
atto di ripudio alla nostra confessione religiosa. Giudizi troppo semplicistici.
Quelle conversioni verso gli evangelici, mormoni, battisti, testimoni di Geova
ecc, per l'italiano restano solo un fatto anagrafico, alieno come mentalità,
costume, cultura depositata dai secoli nel suo sistema genetico. Un po', si
permetta la divagazione, come i nostri connazionali dal doppio passaporto: la
svizzericità per loro resta solo alla superficie, quando pensiamo che la
democrazia elvetica conta 7 secoli di esperienza storica. La mentalità non si
improvvisa. Per qualche generazione resteremo ancora italiani "degli
spaghetti al dente" come canta Toto Cotugno, o annoiati con accanto
"neanche un prete per chiaccherar'', come canta Celentano. Dopo l’unità
della nazione l'Italia non è mai stata cosi poco praticante e tuttavia cosi
legata al Santo Padre, così lontana da Dio e cosi vicina alla chiesa di Roma,
cosi poco cristiana e tanto innamorata del papa. Un po’ come una mentalità di
partito.
La
Chiesa e il Papa rappresentano l'unità d'Italia molto di più che non il
Quirinale, il presidente della Repubblica e l'Inno di Mameli. E per quanto
concerne il Papa, guai al teologo, allo storico, allo scienziato che si
permettesse di fargli un'osservazione, come alla fine dei conti potrebbe
convenire ad un servo dei servi di Dio, esploderebbe una sommossa popolare
contro il Protestante! Caso tipico successo nel ferragosto del 97 quando Bossi
in uno dei suoi raptus chiamò Wojtyla "Papa polacco" con quel che
seguì. L'Italia si fermò e nonostante le ferie si mobilitò per un linciaggio.
Da allora iniziò l'inevitabile fallimento del Senatur. Verso il Pontefice
l'italiano dimostra un festoso assenso folcloristico; non conta se poi nella
vita privata gli fa seguire un totale dissenso interiore e morale.
L'Italia
e l'italiano si rispecchia oggi nei nostri politici che non credono
nell’aldilà, ma che brigano il Papa per farsi benedire nell'aldiquà. In tale
orizzonte di sentimenti e di contraddizioni ci si permetta di porre una
domanda: nei confronti del protestantesimo (e per esteso alle altre religioni)
non viene di conseguenza esercitata nel nostro paese un'aperta o larvata censura
una specie di rimozione? Ovviamente non ci si riferisce agli organismi
qualificati ed incaricati ad hoc (come il Vaticano, la Congregazione della
Fede, la Conferenza Episcopale), ma ai comuni mass media, stampa e TV di
gestione laica. Un tempo esisteva l'indice dei libri proibiti codificato dal S.
Ufficio. Oggi tale incarico pare se lo siano assunto ma fuori luogo i mezzi di
comunicazione. Alcuni esempi? "Il Cardinale Martini nel 1998 è arcivescovo
di Milano, non pretonzolo qualunque. Di recente nella sua metropoli ha
contribuito alla creazione di un Consiglio di Chiesa su un piano di rispetto,
distensione, collaborazione: ottima piattaforma anche per contribuire all'unità
dei popoli. Ma il silenzio dei mass media è stato esemplare. Censura, ordine di
spegnere i proiettori allorché il cattolico si mescola ad altre razze
religiose, protestanti o chicchessia! "Nel giugno del 97 ebbe luogo un
incontro europeo fra cattolici, protestanti e ortodossi, con sede a Graz in
Austria città frontiera della insanguinata ex Jugoslavia, sul tema
'Riconciliazione'. Evidente l'importanza di questo Meeting sul piano dei
rapporti internazionali oltre che su quello dei rapporti interconfessionali. Le
TV italiane l'hanno ignorato!". "Se il presidente degli Stati Uniti
la domenica va in chiesa tutti i nostri giornali e televisioni raccontano che è
andato alla messa cattolica. Ma se fosse andato a quella protestante l’enfasi
sarebbe stata più sommessa".
"Se
capita di parlare di un Pastore, i nostri mass media lo chiamato un sacerdote
protestante. L'italiano non riesce ad immaginare che esista anche un
Cristianesimo tutto laico, cioè senza messa, senza sacerdoti, senza gerarchia,
senza Sua Santità; crollerebbe il mondo se in un tempio si organizzasse una
liturgia della Parola di Dio guidata da laici". "Ogni giorno per
Natale e Pasqua le nostre TV si sprecano ad assicurare gli spettatori che
quelle sono due grandi feste cattoliche. Guai se si sapesse che anche i
protestanti celebrano natale e pasqua". "Se si deve parlare di un
paese protestante occorre mettere bene in vista fatti ridicoli, colpe,
stramberie oppure vicende scandalose. In Inghilterra, secondo i mass media
italiani, non ci sono state altro che le avventure sentimentali di Lady Diana.
Quando la chiesa anglicana decise l'ammissione delle donne al sacerdozio,
ovviamente questa oscenità non poté restare nascosta. Ma in cambio l'intera
stampa italiana fu alluvionata di notizie secondo cui la maggioranza degli
anglicani, inorridita da un simile scandalo, stava scappando dalle proprie chiese
passando a quella cattolica. Purché si dica male dei protestanti qualunque
bubbola va bene". "Enzo Biagi, qualche tempo fa ha scritto
seccamente: 'Non sono un protestante calvinista, credo nella Redenzione degli
uomini'. Qui il nostro ha avuto un colpo di sonno, perché questo è giornalismo
da strapazzo. Dove mai Calvino abbia rinnegato il Redentore e la Redenzione
degli uomini dai loro peccati mediante la Croce, Biagi non l’ha spiegato. Gli è
bastato lanciare il suo schizzo di veleno antiprotestante" Non si scrive
questo per spingere gli italiani verso altri lidi religiosi: ci mancherebbe.
Noi italiani non saremo mai protestanti perché per esserlo bisogna nascerci
dentro. Noi invece siamo nati cattolici perché italiani, e a noi va bene così.
Per carità, non cambiamo religione, perché volteremo solo gabbana. Tutt'al più
accontentiamoci di essere un po' ribelli, un po' bastian contrari ad una chiesa
che ci concede anche di esserlo e cerca di adattarsi, assorbendoci. Il problema
però di fondo resta: che un miglior feeling con il protestantesimo in Italia, sia
pure fenomeno minoritario, servirebbe alla causa di una più proficua convivenza
e maggior collaborazione fra genti e culture diverse.
Autore:
Albino
Michelin
02.12.1998
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