Farmi
svizzero non è una tentazione contro cui abbia lottato una vita, anzi da sempre
la considero un traguardo gratificante. In effetti sentirsi cittadini di due
mondi o addirittura del mondo intero potrebbe darti la sensazione di uscire da
quello angusto e provinciale in cui sei nato. So che molti connazionali per
motivi professionali e familiari oggi cercano il doppio passaporto per piantar
su una bottega o per rimanere a piacimento in questo ambiente dove stanno
crescendo figli e nipoti. Ma io ho e difendo le mie ragioni per non farlo.
Anzitutto
non è il motivo della burocrazia che mi trattiene dal diventare cittadino
svizzero. Certo bisogna andarsi a cercare in Comune carte e formulari,
riempirli, sottoscriverli, inviarli al Cantone, quindi attendere l'esame del
Consiglio Comunale, rispedirli al Cantone ed infine alla Confederazione di
Berna per il nulla osta. Un tirocinio di 18-20 mesi, ma non sarebbe poi la fine
del mondo. Non è nemmeno il motivo finanziario che mi trattiene. Siamo tutti al
corrente dei diversi dibattiti fra le associazioni italiane e nella stampa di
emigrazione, dove si reclama la cittadinanza svizzera gratuitamente. Al
sottoscritto, stato civile celibe, stipendio medio, per una eventuale
naturalizzazione verrebbe richiesta la cifra di Fr. 5.000 circa: una mensilità.
Insomma non si finirebbe in miseria.
Non
è nemmeno il motivo della buona condotta. E noto che per divenire cittadino
elvetico bisogna chiedere all'Ufficio Federale di Polizia un estratto del proprio
casellario giudiziario. Ma anche qui, almeno suppongo, non vedrei grossi
intoppi, in quanto banche non ne ho mai assaltate, galera mai vista se non per
entrarci a visitare i carcerati. Non è nemmeno il motivo linguistico. In
effetti per quanto nei miei diversi decenni di Svizzera abbia vissuto sempre
con e per i connazionali, le tre lingue ufficiali di questa seconda patria non
mi sarebbero del tutto straniere: l'italiano perché io imparai sui banchi della
scuola primaria e superiore, il francese perché ho dovuto trasferirmi un certo
tempo anche in quel Cantone, e il tedesco perché da tempo mi trovo in questo
territorio. E il mio tedesco non dovrebbe nemmeno essere così malvagio se dopo
Messa con predica qualche anziana signora del luogo ti viene a dire:
'"Kompliment, Herr Michelin, Sermon supper", addirittura con la
doppia p, quando ne basterebbe una soltanto. E poi all'esame linguistico per la
naturalizzazione, importante che tu, evitando troppi gesti di mano, sappia
cavartela con "gruezi ... e ... wiederluege!". Non è nemmeno il
motivo dell'integrazione storica in questo popolo. Dopo 3 anni passati a
Rorschach (S.Gallo), 3 a Ginevra, 10 a Basilea, 10 a Uster, oltre il doppio ad
Affoltern della Svizzera ormai dovrei conoscere il sottosuolo (vulcanico,
dolomitico, calcareo, arenario, fluviale ecc.), la preistoria e la storia
(Celti, Romani, Goti, Visigoti, Ostrogoti, Longobardi, Carolingi, Asburgici,
Guglielmo Tell, e il resto roba dei nostri giorni). All'unica domanda un po'
complicata per ottenere il passaporto elvetico e concernente il periodo di origine
della Confederazione importante saper rispondere che essa è sorta dopo la morte
di Adamo e tu diventi abile e arruolato. Non è nemmeno il problema politico e
il diritto di voto. Anzi al contrario questo sarebbe una ragione importante per
la doppia cittadinanza. Voce che conta nell'amministrazione, nonché nella
chiesa. Ricordo che quando a Uster (ZH) già nel 75 indicevo pubbliche
iniziative per il diritto di voto nelle amministrazioni di Chiesa il presidente
della Circoscrizione mi rampognò: "se vuoi campare tutti questi diritti
fatti svizzero e iscriviti al partito socialista", magari senza sapere che
io questo partito l'avevo già scavalcato a sinistra. Il motivo invece per cui
non mi sono fatto e non mi farò svizzero (chiedo scusa) è un altro. Quello
umano della solidarietà o se vogliamo del Vangelo. Cioè, io "debbo" o
sono invitato a rispettare e collaborare con gli Svizzeri non perché sono dei
"miei", o possiedo lo stesso pezzo di carta, ma perché sono
"diversi" e hanno la mia stessa dignità. E loro "devono"
rispettare me non perché sono dei "loro", o possiedo lo stampiglio
della Confederazione, ma perché sono "diverso" e ho pari dignità.
E
qui ci viene in soccorso Paolo ai Galati, letto e riletto nelle Feste dei
popoli d'inizio novembre nelle nostre chiese: "Non c'è più né giudeo, né
greco, né schiavo, né libero, né uomo né donna, perché siete tutti uno in
Cristo". Non voglio fare il devozionale e usare e abusare del Vangelo per
evadere dai doveri e dai diritti della vita civica. Cito questo brano perché
convinto possa costituire ai credenti fondamento, costanza, speranza per nuovi
rapporti fra le diverse etnie ed i popoli tutti, siano essi ospitanti o ospiti,
svizzeri o italiani.
Autore:
Albino
Michelin
27.11.1999
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