Qualche
tempo fa è stato chiesto al Dalai Lama, una specie di Papa del Buddismo, che
cosa gli stia più a cuore al momento per il bene del mondo. Le premure di
quell'uomo sono per i diritti umani, la solidarietà fra gli uomini, la
conquista della serenità interiore. Non freme per una scuola buddista
finanziata dallo Stato. La fede dunque non come potere di visibilità e forza
mondana, ma come lievito nella pasta, proprio secondo l'espressione del Vangelo
di Gesù. Certo siamo in un altro pianeta, non in quello italiano lontano anni
luce. A scanso di equivoci va premesso che le nostre scuole pubbliche non statali
(riduttivamente chiamate private, in genere tenute da religiosi) compiono nel
nostro paese un buon servizio, in considerazione anche della preferenza data da
molti genitori, per il senso della responsabilità professionale, della
disciplina, dell'impegno. Il dibattito, come noto, non concerne il diritto alla
loro esistenza (libera chiesa in libero stato), ma il diritto al finanziamento
totale e paritario, com’ è nel caso delle scuole pubbliche statali. E qui, come
al solito, l'Italia si spacca in cento pezzi e scende in piazza. Il movimento
"paritetico" cattolico, espresso dal Cardinal Ruini quale promotore
ed interprete, non perde occasione per alzare il volume e battere cassa allo
Stato. Il 31 ottobre del '99 ha organizzato una manifestazione in Piazza S.
Pietro a Roma con 200.000 partecipanti (pari a circa lo 0,03% degli italiani)
invitando persino il Papa dalla sua finestra a picchiare pure lui lo stesso
"sodo" per parità giuridica ed economica delle scuole private. Tutti
i convenuti in febbrile eccitazione al grido di "Libertà, Libertà!"
sporsero i loro petti contro lo Stato italiano dittatore e strozzino delle
scuole cattoliche. Molti preferiscono nella circostanza e per coerenza
schierarsi dall'altra parte della contesa perché questo movimento non darebbe
una bella testimonianza alla comunità cristiana e quindi ci sia consentito un
rispettoso ma franco dissenso sui motivi e sul metodo adottato per ottenere
dallo Stato Italiano la parità scolastica. Libertà, Libertà ... d'accordo. Ma
la nostra Costituzione al nr. 33 parla chiaro, riconosce il diritto ai privati
(laici, cattolici, islamici, marxisti e chi più ne ha più ne metta) ad aprire
le scuole che desiderano, ma "senza oneri" per lo Stato. Senza oneri
significa esattamente senza oneri, punto e basta. Ora il Movimento Ruini,
rappresentante di una parte delle gerarchia ecclesiastica, non può dimenticare
la lettera di Paolo ai Romani (13, 1): "ciascuno sia sottomesso
all'autorità costituita, perché non c'è autorità se non da Dio". Né la
Prima Lettera di Pietro (2,13): "siate sottomessi ad ogni istituzione
umana per amore del Signore". Orbene il numero 33 della costituzione
finché esiste è parola di Dio e va rispettato, non raggirato. Diversamente
sarebbe mancanza di lealtà, da noi la prima causa a rendere debole società e
Stato italiano.
Siamo
già tanto carenti di legalità e senso civico, che se poi ci si mettono pure
degli esponenti della chiesa siamo a cavallo. Ci si adoperi quindi in primo
luogo a cambiare questo passo della Costituzione rispettando l'iter democratico
e soltanto dopo si instauri un dibattimento sulla parità finanziaria. Il
movimento in questione sostiene di battersi per il diritto alla libertà. Questo
è positivo, addirittura encomiabile a patto di tirarne le conseguenze. Cioè
libertà per tutte, per le scuole cattoliche, laiche, di extracomunitari, di
altre religioni. Una domanda birbona: ma si vuole una libertà di tutte le
scuole e di tutti oppure i soldi da tutti? E qui il punto resta ambiguo. Se così
fosse, si tratterebbe solo di un interesse per la propria bottega. E poi non
dimentichiamo una possibile levata di scudi! Sarebbe corretto sovvenzionare in
toto le scuole cattoliche con i soldi del pubblico, provenienti pure da gente
che cattolica non è? Non sarebbe questo un ritorno alla Chiesa di Stato e allo
Stato confessionale, posizioni da tempo superate con la libertà religiosa rivendicata
dal Concilio Vaticano Il? Accontentiamoci
cioè di essere una scuola nello stato, e rifiutiamo di essere una scuola dello
Stato.
Un
aspetto su cui il Movimento Ruini insiste è quello della sussidiarietà. Si deve
cioè lasciare alle comunità minori, nel nostro caso alla famiglia, la formazione
culturale dei figli e per l'istituzione scolastica corrispondente. Lo Stato sarebbe
lì solo per prenderne atto, per incoraggiare e pagare le fatture. È questo un
modo tutto sui generis di concepire lo Stato, banco dell'Enalotto, ridotto a
figura di supplenza. Un'entità a proprio servizio senza la reciprocità dei
diritti-doveri. Lo Stato invece ha tutt'altre funzioni: garante della libertà
dei cittadini, che promuove e coordina, sì, ma attraverso un ordinamento ed una
fede laica. Il che non significa posizione anticattolica o anticlericale, ma
ambiente di convivenza per tutte le culture e religioni. In una società
pluralistica differenziata lo Stato deve salvaguardare una base comune ed in
questa salvare le diversità. Sarebbe un ripiegamento ed un impoverimento dello
Stato e della società civile il pullulare di una miriade di scuole settoriali,
senza scambi comunicativi e circolazione di idee e confronti dialettici. Ognuno
con la sua sagrestia, la sua moschea, la sua pagoda, la sua sinagoga e al di
sopra uno stato fantasma! Questa pretesa è una debolezza per la chiesa, paura di
diventare seme evangelico, di perdere la sua visibilità. Essa non deve
dimenticare che Gesù paragona il suo Regno ad un chicco di grano destinato a diventare
il grande albero, ad un pugno di lievito destinato a fermentare tutta la pasta,
pugnetto di sale capace di dare sapore a tutta la tavolata.
Orbene
se i nostri ragazzi devono restare protetti sotto una campana di vetro a forma
di ghetto e non sanno inserirsi nelle varie scuole pubbliche per diventare
seme, lievito, sale, significa che il catechismo e i riti sacramentali appresi
nella parrocchia sono pratiche vuote e moralistiche e che la parrocchia stessa
è diventata un arsenale vuoto, senza polvere da sparo, senza miccia,
senz'anima. Ma allora la riforma o l'evangelizzazione va fatta alla fonte, in
casa propria, non la si deve pretendere dalla scuola. Il Movimento Ruini si
preoccupa più della politica che non dei lievito, il terrore di restare nulli,
insignificanti. Però è ovvio che la politica avrà un orientamento cristiano,
non se restiamo italiani, ma se ridiventiamo ciascuno cristiani. Il nodo più
difficile da sciogliere su tutta la faccenda concerne le garanzie che lo Stato
ha il diritto-dovere di chiedere circa l'utilizzo dei contributi finanziari. Ed
è proprio questo diritto che i gestori delle scuole private e i loro patroni
mal sopportano. Vogliono i soldi, ma non i vincoli. Soprattutto quelli
concernenti l'assunzione ed il licenziamento del personale insegnante. Il
criterio discriminante fra scuola statale e privata (nel caso cattolica)
consiste nel fatto che nella prima si guarda più alla competenza e meno alla
fede e pratica religiosa, nella seconda invece no.
Nella
scuola statale un insegnante può essere ateo, nella cattolica deve essere un
credente. Il che significherebbe che la statale con i soldi pubblici è
tollerante, quella cattolica con i soldi di tutti diventa intollerante. Chi non
è con me è contro di me. Indirizzi che sono comprensibili in un seminario di
preti oppure nelle scuole cattoliche auto sovvenzionantesi, un po' meno nelle
istituzioni governative. Non sono cannonate a salve: che ne sarebbe di un
docente di storia se in un liceo tenuto da religiosi avanzasse l'ipotesi che il
dogma della SS.Trinità è una mitologia proveniente dall'antico Egitto? Silurato
seduta stante, e il giorno dopo messo alla carità.Il caso del Prof. L.
Lombardi, titolare della cattedra di Diritto all'Università S. Cuore di Milano,
esonerato il 28.10.98 per affermazioni di questo tipo o giù di lì, ne è
testimonianza eloquente.
In
una inchiesta condotta nel vicentino, territorio italiano come un altro,
risultò che qualche scuola cattolica assumeva docenti pensionati in nero alla
faccia di tutti i trentenni abili arruolati a spasso, o che altri vi entravano
perché raccomandati dal parroco o perché esibivano il santino devozionale nel
portafoglio. Pure si ebbe a costatare che insegnanti conviventi o divorziati
sono stati eliminati ed altri per mantenere il posto dovevano usare lo
stratagemma di cambiare (sui documenti) l'indirizzo civico. Cosicché al peccato
di famiglia erano costretti ad aggiungere anche quello molto più grave dell'ipocrisia.
Sempre in quel territorio una Scuola cattolica superiore viene ironicamente
definita "Diplomificio" per la facilità con cui vengono conferiti titoli
di studio a giovani pluribocciati nella scuola statale solo perché fanno i
chierichetti o i sagrestani. Ma lasciamo la casistica che comunque conferma il
sin qui detto. Non vogliamo fare gli iconoclasti, affermiamo il diritto della
famiglia a scegliere l'insegnamento e l'istituzione scolastica di suo
gradimento. Se per tradizione assodata la scuola privata cattolica ha ancor
oggi qualcosa di valido e di originale da proporre alla società civile, è
doveroso che lo Stato venga incontro con dei sussidi e modalità dì sostegno da
studiarsi. Come in Svizzera dove per esempio il Canton San Gallo ha devoluto
nel 99 oltre un milione dì franchi alle scuole cattoliche per i loro 540
studenti. Come ulteriori sussidi vengono garantiti attraverso le tasse del
culto e giornate di raccolta fondi. Cosi in Italia lo si può fare attraverso
l'8 per mille ed iniziative parrocchiali e diocesana ad hoc. Ma pretendere
tutto dallo Stato può essere una forma di demagogia e di strumentalizzazione
indebita ai danni dello stesso. Chi non è d'accordo scelga la scuola statale
pubblica e si adoperi per moralizzarla e riformarla dal di dentro. Chi non ama
viaggiare con i mezzi di trasporto pubblico è libero di viaggiare con quelli
privati: non per questo però pretenda che lo Stato gli regali la Mercedes o
l'auto taxi. Patti chiari e amicizia lunga.
Autore:
Albino
Michelin
20.01.2000
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