Molti
riterranno che è tempo perso dare importanza ad argomenti inutili che alla
gente del grande pubblico interessa proprio niente e tanto meno ai giovani. Questa
potrebbe essere anche una generalizzazione gratuita, per cui varrebbe la pena
fare qualche precisazione. In una civiltà come la nostra, attenta solo alle
conquiste tecniche e scientifiche, l’approccio con la religione e con Dio viene
reso per i giovani ancora più difficile. Tutto deve avere una spiegazione, deve
essere pratico, veloce e soprattutto non deve costare molta fatica fisica o mentale
o perditempo. Vengono quindi a
mancare momenti di riflessione per scoprire le proprie esigenze fondamentali,
per farsi una coscienza, per ascoltarla. In genere questo tipo di pensieri
affiorano nel giovane in alcune situazione un po’ eccezionali, come ad esempio
in casi di malattie personali, di familiari, amici, in circostanze di morte di
coetanei, ecc. Accantonati Dio e lo Spirito Santo perché rappresentano un modo
astratto, Gesù potrebbe interessare i giovani in primo luogo come figura
storica. Cioè se sia veramente esistito o fatto esistere o favoleggiato da
alcuni creduloni e fanatici. Di qui farsi una vera cultura a proposito da parte
di genitori, insegnanti di religione, sacerdoti è la prima condizione per poter
entrare o farsi accettare nel mondo dei giovani. Ripiegare sul mistero, sull'obbligo
di credere, sull'obbedienza alla tradizione dei padri è parlare al vento.
In questo settore cultura e apertura al dialogo non sono mai di troppo.
In questo settore cultura e apertura al dialogo non sono mai di troppo.
Non trattare
mai con ironia la curiosità dei giovani.
Cito
qualche esempio. Tempo fa in un pub-giovani un ragazzo che mi riconobbe perché
aveva partecipato ad un funerale di un suo familiare mi domandò perché Gesù si
era scelto 12 apostoli tutti maschi e nessuna donna. Era forse un omosessuale?
E poi un suo vicino aggiunse se Gesù non avesse avuto nessuna amica. Per
esempio Maddalena e chi fosse costei, amante, moglie che gli ha dato una figlia
di nome Sarah. Indubbiamente questo genere di quesiti risente dei media e dei
romanzi in voga, tipo “Il codice da Vinci”. Personalmente non mi sono scomposto
più di tanto, non feci una grinza, chiesi loro soltanto se mi concedevano la
pazienza di qualche minuto in riferimento allo stato attuale degli studi. Che
non è più certo quello di 50 anni fa, ma tiene conto dei molteplici contributi
di pensatori attuali. Mi riferisco a quelli in buona fede e competenti, non a quelli
che su trincerano sdegnosi dietro le proprie sicurezze. Premessa dunque la base
culturale dell’interlocutore che dovrebbe essere possibilmente vasta e sempre
paziente, che cosa interessa di Gesù ad una un giovane dell’età dell’adolescenza
a quella professionale? Non certo la bibbia dell’Antico Testamento fatta di guerre
e di stermini sugli avversari. Gli interessano, ma a piccole dosi, alcuni passi
del Nuovo Testamento, dei Vangeli. Per esempio quelli che descrivono Gesù come
figura eroica che ha pagato in prima persona per la sua rettitudine e bontà. Il
giovane ha bisogno di modelli per gestire bene la sua vita, specie se da parte
dei media viene bombardato da modelli che sviluppano più la fantasia che non il
carattere. Oltre alla figura eroica, ovvia nell’età dell’identificazione con i
campioni, superstar, martiri per un ideale, il giovane di Gesù conosce soltanto
pochi episodi, quelli che fanno parte della sua psicologia come l’amicizia, la
paura, la sofferenza, persino la rabbia. Sì perché il giovane si chiede come
mai Gesù perdeva così spesso la pazienza. Una domanda shock se pensiamo a
quante preghiere hanno inculcato sul tenore: “Gesù mite ed umile di cuore, dolce
cuor del mio Gesù fa ch’io t’ami sempre più”. Ma ai ragazzi sapere come mai e
perché Gesù qualche volta alzava il tono, andava sopra le righe, fustigava i
farisei ipocriti, minacciava inferni a chi non seguiva determinati comportamenti
morali, questo sapere a loro interessa. Come ad esempio sono sensibili alle
parabole fatte di esempi quotidiani. Cito il caso del Buon Samaritano in quanto
è un esempio di tolleranza e di rispetto nei confronti dei diversi senza
pretesa di autoritarismi moraleggianti. Il giovane rifiuta l’adulto, sia esso
genitore o insegnante, che si scandalizza nei suoi confronti. Perché magari non
vuole sentir parlare di religione o dei tempi passati, fatti di sacrifici e di
buona condotta. E questo perché il giovane deve distanziarsi dalle norme per
poterle egli stesso verificare, analizzare, decidere lui se rifiutarle o farle
proprie. Piuttosto che moraleggiare, l’adulto dovrebbe trovare spazio con i
ragazzi per brevi scampi di opinione su persone, film, romanzi, canzoni, avvenimenti.
Essere avvincente per diventare convincente.
I giovani non
amano né piagnistei, né pessimismo.
Educatori
e maestri che dipingono tutto nero e apocalittico il loro orizzonte non
troveranno mai seguito presso i giovani anzi si creeranno il deserto. Un caso
eccezionale, tale perché a gestirlo fu un personaggio mondiale del nostro tempo,
mi porta ad una osservazione sul pessimismo verso i giovani. Nel 1967 a Basilea
tenevo un gruppo “Club culturale italo-svizzero” dove spesso invitavo referenti
e relatori preparati. In quel tempo Josef Ratzinger era professore all’Università
di Tubinga in Germania, 150 Km da Basilea e lo invitai per una conferenza con
dibattito sul tema: “Autorità, obbedienza, disciplina”. Eravamo negli anni turbolenti
a ridosso della rivoluzione sessantottina, e dopo la conclusione del concilio
Vaticano II, nel quale pure Ratzinger era stato consultore. Lo scambio di
opinioni fu accalorato. Alla fine il teologo Ratzinger perse la pazienza: “la
gioventù di oggi è la gioventù del no, è tutta contestazione gratuita”. Al di là
delle convinzioni personali e della profonda fede di Ratzinger ci siamo detti
allora: “ma con questo pessimismo nei confronti dei giovani non è che possiamo
allacciare un dialogo. Oggi Ratzinger è papa Benedetto XVI però quella vena di
fondo, quel giudizio piuttosto negativo sul mondo attuale, sulla vita, sulla
famiglia, sull'amore gli è rimasto. Tenta di sorridere il Pontefice, pure ai
giovani, una parte dei quali spinti dalla popolarità o dal populismo lo
applaude e lo segue. Però la maggioranza preferisce sempre uno che proponga
loro del positivo. Dal punto di vista del metodo è meglio così, cioè con i
giovani proporre ideali positivi. Li matureranno loro se crederanno opportuno o
se ne avranno voglia. In conclusione oggi ai giovani Gesù non lo si può
cacciare dentro come l’olio di ricino. Lo si può solo spiegare e testimoniare
con il modo di vivere. In effetti essi sono molto sensibili alla sincerità e
alla trasparenza. Apprezzano non quello che i genitori, i preti, gli insegnati
dicono loro, ma ciò che vivono. Rifiutano l’autorità, sognano modelli di riferimento,
ma collaudati con coerenza dal mondo degli adulti.
Autore:
Albino
Michelin
29.06.2007
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