Oggi siamo di fronte ad una crisi delle istituzioni
religiose e la chiesa cattolica forse ne risente più di tutte le altre. La figura di Gesù invece fondatore del cristianesimo, gode ottima salute. In effetti l'attenzione verso la sua
persona straordinaria è costante. Che cosa può avere di attraente un maestro ebreo, un rabbino del primo secolo, vissuto quasi sempre nel piccolo mondo della Galilea e fatto fuori con una fine tragica a
Gerusalemme? Come mai Gesù risveglia un così grande interesse se 30 anni della
sua vita ci sono praticamente sconosciuti e se negli ultimi tre si è mosso soltanto
nell’ambito del popolo ebraico? Avesse pure fatto qualche viaggio di studio
verso l’est e verso l’Asia non aggiungerebbe molto al suo sito web internet
assai modesto. Gli esperti del Nuovo Testamento e delle religioni antiche hanno
iniziato specialmente negli ultimi 20-30 anni una ricerca storica per rendere
conto delle domande che Gesù suscita. L’operazione culturale coinvolge studiosi
di varie confessioni e credenze, cristiani, ebrei, perfino agnostici e atei. Non
tanto per negare la sua esistenza quanto per entrare nel profondo della sua
identità. Il successo del “Codice da Vinci”, circa 4 milioni di copie, e di alcuni
bestseller italiani, tipo quello di Corrado Augias ”Inchiesta su Gesù. Chi era
l’uomo che ha cambiato il mondo?”, denotano il desiderio di conoscere la sua umanità,
la sua divinità, il suo mondo, i suoi amici e i suoi nemici, i suoi enigmi, la
sua luce. Reportage e scoperte archeologiche aumentano sempre più. Si fatica a
riempire le chiese, ma Gesù da solo riempie centinaia di opere. Si può parlare
di lui oggi partendo come ieri dall’alto dei suoi titoli onorifici (Figlio di
Davide, Messia, Signore, Cristo, Figlio di Dio) oppure partendo dal basso (figlio
di Maria, figlio del carpentiere, figlio dell’uomo). Oggi fra gli studiosi
cattolici, rovesciando l’approccio, si preferisce incontrare in Gesù un uomo, che
senza il vantaggio di posizioni privilegiate, soffre il prezzo delle sue convinzioni,
fatica per tenere fede ai suoi ideali e per essi sacrifica la vita. Teologi e
biblisti oggi trovano che parlare della sua divinità sa un po’ troppo di monofisismo
astorico, di mitologismo nell’immaginario popolare. ”Un essere divino che sceso
dal cielo passa sulla terra per salire di nuovo in cielo“. Se è così, ogni
indagine diventa inutile e ogni porta si chiude.
Gesù è storicamente esistito?
Vale la pensa porsi questa domanda e cominciare da lontano.
Documenti al di fuori del Vangelo di quel periodo non ne esistono tanti. Solo due,
ma sufficienti se non altro per non doverci consegnare soltanto alla fede. Giuseppe
Flavio, storico ebraico della Palestina (37-102 d.C.) versi gli anni 90 scrive:
„Ci fu in quegli anni Gesù che attirò a sé molta gente. E nonostante Pilato l’avesse
punito di croce, coloro che da principio lo avevano amato non cessarono di
amarlo”. Qualche anno più tardi Tacito (55-117), celebre storico romano, scrive:
“il fondatore di questa setta detto Cristo aveva sofferto il supplizio sotto il
regno di Tiberio per ordine del procuratore Ponzio Pilato. Momentaneamente
soppressa la funesta superstizione si scatenò di nuovo non solo nella Giudea, ma
nella Roma stessa.” E poi abbiamo i Vangeli, le lettere di Paolo e gli scritti
del Nuovo Testamento che per quanto discutibili nei vari contenuti (anche se ci
vogliamo avvicinare da un punto di vista neutrale), però non possono mettere in
dubbio l'esistenza di questo personaggio, anagraficamente e geneticamente
totalmente ebreo. Ed è ovvio che come noi diamo credito all'esistenza di Giulio
Cesare basandoci su documenti storici, così non c'è motivo di negargliela a Gesù
di Nazareth tenendo in considerazione gli scritti su citati. Ma a questo punto
una domanda si fa urgente Che cosa veramente e storicamente Gesù ha detto di sé
stesso? Qual è il Gesù storico che emerge dai Vangeli? Dal momento che i
Vangeli sono stati scritti da 30 a 70 anni ed oltre dopo la morte di Gesù non
potrebbero essi contenere adattamenti, brani poetici, slanci devozionali? Ed è
in base a questa seconda domanda che oggi si distingue nei Vangeli: ‘Il Gesù
della Fede“. E tralasciamo, perché qui non ci interessa, un terzo Gesù, o
meglio un terzo aspetto della sua personalità, cioè i dogmi, principi o
proposizioni teologiche, forgiate dopo il 4°-5° secolo sino ai nostri giorni.
Dunque un Gesù a tre livelli, che non avrebbero giustificazione se mancasse il
primo, il fondamento. Predicare Gesù quale Figlio di Dio è cominciare dal
tetto. Da un punto di vista del metodo diventa laborioso e per molti utopico,
un arrampicarsi sui vetri.
Che cosa
storicamente Gesù ha detto di se stesso?
Qui bisogna mettere le mani avanti perché alcuni
cattolici praticanti potrebbero stracciarsi le vesti e mandarci
all'inquisizione. Oppure entrare essi stessi in stato di confusione. Fra gli
altri riferimenti mi avvalgo di una registrazione, frutto di conversazioni
tenute dal Prof Romano Penna, docente alla Pontifica Università Laterano d Roma,
mandata in onda alla Sat 2000 TV della chiesa italiana, il 24.12.07. Ma Romano
Penna non è una mosca bianca, è rappresentativo degli studiosi del nostro
tempo. Quindi aperto ad ogni pubblico, a quello colto, a quello dei fedeli fermatisi
al catechismo dell’infanzia. Senza tema di seminare confusione in chicchessia.
Possiamo iniziare dal negativo, cioè che cosa Gesù non ha detto di se stesso.
Gesù personalmente non ha mai detto "io sono il Figlio di Dio". Anche
perché al tempo rappresentava un titolo concorrenziale con i pagani. Figli di
Dio erano gli imperatori, i faraoni d'Egitto, ecc. Linguaggio aulico che Gesù
non poteva usare per sé stesso. Ed ancora Gesù non ha mai detto: "Io sono
la seconda persona della Santissima Trinità", oppure una persona in due
nature, umana e divina.” Non ha mai detto: "io sono figlio di Maria
Vergine". Tutto ciò ed innumerevoli altre espressioni gli sono state
attribuite o nel periodo della stesura dei Vangeli (decine d'anni dopo la
morte), oppure dal concilio di Nicea (325 d.C.), Efeso (431), Calcedonia (451)
ecc. Turbati ci si chiederà se allora siamo davanti ad un personaggio costruito per interesse di una causa, di
un ideologia, di una religione. A ciò rispondiamo negativamente. Cioè sono
degli attributi riferiti a Gesù dalla fede della Chiesa delle origini, dopo la
sua morte, e nei primi secoli. Attributi non solo elogiativi, non solo
decorativi, non solo apologetici (per difendere Gesù dagli attacchi degli
avversari di turno), ma identificativi. Cioè quest'uomo è stato storicamente,
così eccezionale che non poteva non possedere tali connotati. Ma qui il
discorso deve farsi positivo. Allora che cosa Gesù ha detto di sé stesso, qual
è la sua carta d'identità, il suo passaporto, la sua attitudine professionale?
Lo troviamo nel Vangelo di Matteo 12,28: "E' giunto a voi il Regno di
Dio". Ed altrove: "Il Regno di Dio è in mezzo a voi" (Luca
17,20). Ed ancora: "Padre nostro, venga il tuo Regno" (Matteo 6,10).
Gesù è colui che ha predicato il Regno di Dio, l'ha identificato con se stesso,
ha dato la vita per instaurarlo. E per Regno di Dio non dobbiamo intendere
quello che intendeva l'apostolo Pietro, primo Papa, fraintendendo tutto. Cioè ha
pensato ad un Regno politico, alla rivalsa d'Israele contro i romani e,
gettando lo sguardo attraverso i secoli, ai Regni eredi dell'Impero romano,
agli Stati Pontifici, territori vaticani ecc. Per tale fraintendimento Gesù lo
"rampognò: "vai indietro da me Satana”. Sfasato e falsato tutto. Per
Gesù il Regno di Dio era e sarà un mondo diverso, una logica diversa nel
rapporto fra gli uomini. La Buona Novella, la salute agli infermi, la vista ai ciechi,
la libertà agli schiavi, la grazia e la misericordia per tutti (Luca 4,16-20) Gesù
dirà di fronte a Pilato: "il mio Regno non è di quaggiù" (Giovanni 18,36),
cioè non è basato sulla menzogna, sulla sopraffazione, sul l'odio, sullo sfruttamento
degli ultimi. Talvolta Gesù usa l'espressione "Regno dei cieli" al
posto di "Regno di Dio", a seconda anche del pubblico, degli
ascoltatori. In effetti allo scopo di non nominare il nome di Dio invano
(secondo comandamento Esodo 20,9) lo sostituiva con Regno dei cieli. E di qui
si comprendono tutte le sue parabole quando le inizia dicendo: "Il Regno
dei cieli è simile ad un grano di semente, ad una perla, ad un tesoro nascosto
nel campo, ecc.". E terminava sempre con la promessa: "e il Padre mio
vi darà la ricompensa". Per Gesù Dio era il "Padre", cioè Abbà,
confidenzialmente "pappi". A ribadire ancora che il "Regno di
Dio" non è il dominio di lui sul mondo, ma un progetto d'amore. Questa è
storicamente la prima autopresentazione e il primo messaggio di Gesù alla sua
gente.
In che rapporto sta la chiesa con il Regno di Dio
Si è ripetuto spesso che fuori della chiesa cattolica
non c'è salvezza. Il detto va ampliato in "fuori del Regno di Dio"
non c'è salvezza. La chiesa non si identifica con il Regno di Dio, questo è
molto più vasto di quella. Uno di noi va classificato come cristiano non
secondo la sua appartenenza alla chiesa, ma al Regno. Cioè non secondo le sue
pratiche di culto, ma secondo la sua onestà ed etica umana. La chiesa è o
dovrebbe essere uno strumento per diffondere il regno di Dio, cioè per portare
gli uomini verso un autentico umanesimo. In effetti Gesù fa una grossa
distinzione fra le due realtà. "Non chi dirà Signore Signore entrerà nel
Regno dei cieli ma chi farà la volontà del Padre mio" (Matteo 7,21). In
pratica, chi costruirà e diffonderà un mondo dal cuore nuovo verso i propri
simili. Che Gesù ci tenga a questa distinzione lo dimostra nella parabola del
Samaritano (Luca 10,31.), allorché accanto ad un uomo caduto nel fosso perché
aggredito dai briganti ci fa passare anche un sacerdote. E lo fa tirar diritto.
Anticlericale un po' troppo questo Gesù. Ci vorrebbe dire: ·"ma a che serve
essere uomini del tempio, dei sacramenti, della preghiera, dei pellegrinaggi se
poi ignorate il fratello nella difficoltà". Cito sull’argomento due
esempi, casi successi, emblematici. Sabato 19 luglio 2008 sul litorale di Tor
Vergata (Napoli) due ragazzine "rom", Viola di 16 e Cristina di 14
anni stese sulla sabbia annegate. Centinaia di turisti in bermuda e bikini
fantasia passano indifferenti accanto alle adolescenti prive di vita. Sono
tutti cattolici, devoti di San Gennaro e di P. Pio, senza umanità. Questi
appartengono sì alla chiesa cattolica, ma non al Regno di Dio. Secondo caso,
più lontano ma sempre di attualità. Il 14 agosto 2004 un senegalese, Chiekh
Sarr, si tuffa in mare in quel di Grosseto per trarre in in salvo un bagnante
italiano in pericolo di annegare. Disgrazia volle che l'africano perse la vita
inghiottito dai flutti, lasciando in patria la giovane moglie e una bambina di
10 mesi. II salvato invece se la svignò senza nemmeno dire grazie. Il
Senegalese non era cattolico, ma musulmano. Non apparteneva alla nostra chiesa.
Per contro appartiene in pieno al Regno di Dio. Questo è Gesù, questo ha
insegnato e praticato. Gesù si rivela talmente umano che solo un Dio poteva
essere così umano. Perciò noi lo chiamiamo Figlio di Dio. Un giorno un grande
teologo chiese ad un povero agricoltore chi fosse per lui Gesù. Questi rispose:
“per me Gesù è un uomo buono". Ed è forse per questa nostalgia del bene
nel profondo dell'inconscio popolare che oggi nel mondo ogni sei ore viene
pubblicato un libro su Gesù.
Autore:
Albino Michelin
01.09.2008
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