Il 14 settembre 2007 nella Basilica di Loreto il
Cardinal Castrillon ha inaugurato ufficialmente la ricomparsa della messa in
latino, in vigore obbligato dal Concilio di Trento (1560) ed abolita dal
Concilio universale ecumenico (1965), dopo circa 4 secoli. Dicono le cronache
essersi trattato anche di uno spettacolo alquanto inusitato. Fra nuvole d'incenso,
casule scintillanti d'oro, tintinnar di campanelli, in una ritualità manieristica
ed imbalsamata, in un culto degno della maestà divina (ma esiste ancora Sua
maestà?) in un’aura i mistero, sacralità e sacrificio si sono dati convegno
dame e cavalieri della confraternita dei Crocesegnati, con pesanti crocifissi
sul petto, cavalieri di Malta eleganti e fieri pretini giovani ed imberbi in
permanenza genuflessi davanti al Cardinal celebrante, nobildonne con la testa
ricoperta da una veletta nera secondo l'uso delle nostre nonne e come oggi
(sempre meno) in voga fra le tanto vituperate ragazze islamiche. Insomma un
solenne tonfo nel passato, in un'apoteosi di pezzo d'opera come alla Scala di
Milano. Questa del 14 settembre è stata per molti cattolici credenti una
giornata di lutto. Ma tant'è. Il 7 luglio papa Ratzinger con un decreto
speciale aveva permesso, anche se non imposto, un ritorno alla messa in latino,
con l'aggiunta di qualche condizione di poco conto. Rammentava anche che non si
trattava di due riti, uno antico e l'altro moderno, ma un doppio uso dello
stesso rito. Ma ormai il ritorno del medioevo in questo e in altri ambiti della
chiesa è scontato. Il sintomo che la chiesa anziché aprirsi al mondo si sta
sempre più rinchiudendo e da esso difendendosi nelle sue sagrestie. Dialogo,
confronto, cammino con questa travagliata umanità, tanto sollecitati da Papa
Giovanni XXIII e da Paolo VI entrano nell'archivio dei bei ricordi di famiglia.
Il colpo di freni azionato dal Pontefice Wojtyla e dal suo attuale successore
sta diventando un retromarcia. Dunque chi desidera potrà ancora frequentare una
messa in cui si parla latino, una lingua morta, stramorta e sepolta, in cui il
prete volta la schiena al popolo alla faccia del galateo e soprattutto delle
regole della buona comunicazione e della convivialità, in cui il sacerdote
celebra per conto suo, indisturbato e solitario. Il plenum dei vescovi e dei
teologi del mondo nel Concilio ecumeni aveva definito che la messa non è un
sacrificio sacerdotale, ma un evento comunitario. Ora ognuno ritorna ai fatti
propri, al suo Dio. Sentimento di riverenza e di ammirazione, recupero del
sacro e del numinoso, mistero della trascendenza, queste le ragioni di coloro
che hanno voluto il rilancio delta messa medioevale Indubbiamente c'è del
positivo, nulla di sacrilego, ognuno può pregare Dio a modo suo. Ma la cena del
Signore (la nostra messa delle origini) aveva tutt'altra struttura e ben
diversa finalità.
I veri motivi.
Molto semplici. Si trattava di recuperare l'ala destra
del Cattolicesimo, i conservatori, i tradizionalisti, il cui leader fu 40 anni
fa il vescovo francese Lefebvre sospeso dalle sue funzioni nel 1976 in quanto
rifiutò il Concilio ecumenico e le sue riforme. Non si diede per vinto, fondò
Istituti e preti al suo seguito e venne scomunicato nell'88. Imperterrito
continuò nella sua marcia trionfale e il Vaticano si spaventò. Le due parti
scesero a patti a mollare di più fu la gerarchia cattolica. Il motivo di fondo
dunque risiede nel desiderio di ricuperare l'unità della chiesa pure nel
compromesso di accettare pluralismo di riti e di espressioni. Un'osservazione però,
molto pensante e legittima, ci viene dall'altra componente della chiesa cattolica,
quella degli innovatori, i quali lamentano perché lo stesso trattamento di aggregazione
non avviene nei loro confronti. Come mai anzi i teologi della liberazione
specie del Sud America (la terra è di tutti e non solo dei dittatori), quelli
dell'inculturazione del cristianesimo nei diversi popoli, quelli d'avanguardia
nella esegesi Bibbia, quelli che un domani probabilmente avranno anticipato correttamente
il futuro e a cui fra qualche secolo si chiederà mea culpa, sono stati tolti
dall'insegnamento e messi in quarantena?
Anziché alla messa del
Medioevo perché non tornare alla messa di Gesù.
Dal momento che si è fatto un'operazione di
retromarcia, invece di fermarsi a metà strada si sarebbe potuto fare
un'operazione radicale e andare alle origini, alla Cena di Gesù. Quella sì che
dovrebbe costituire un modello delle nostre messe. Di fronte a cui si
potrebbero utilmente mettere in discussione tante cose, anacronismi e
barocchismi, formalismi e ruotismi delle nostre messe lungo la storia e anche
attuali. Si noterà ad esempio che molte componenti secondarie non appartenevano
all'ultima Cena, e molte essenziali sono state criptate. Le nostre messe sono
figlie dell'impero romano, da esso ereditate, allorché nel 313 d.C. Costantino
affidò alla chiesa la gestione del potere ed il cristianesimo diventò religione
di stato. Prendiamo ad esempio l'abbigliamento, della messa attuale. Tunica
bianca, stola, casula o mantellina del prete, mitra dei prelati, tiara del papa
erano le vesti ufficiali degli addetti e delle autorità imperiali. In effetti
molte nostre messe e pontificali per quanto concerne look e decorazione sono la
fotocopia delle liturgie imperiali. Nell'ultima cena invece Gesù vestì
dignitoso e sobrio l'abito di tutti i giorni. Si trattava di un convivio o
banchetto non di una parata militare o trionfale. Una cena dove Gesù prima di
sedersi a tavola ha lavato i piedi ai commensali, non ha esigito né
genuflessioni e tanto meno nuvole d'incenso. Prendiamo la lingua. Il latino
divenne la lingua ufficiale della messa perché era la lingua ufficiale
dell'impero. Parlata e accessibile solo ai magnati della cultura, incomprensibile
ed esclusa al popolo. Indubbiamente un
certo vantaggio pure ce l'aveva: quello d dare alle varie chiese sparse nel
territorio di allora il senso della comunità e dell'unione. Un po’ come oggi
l'inglese diventato la lingua dell'internet e della globalizzazione. Ma Gesù
nell'ultima cena non usò la lingua dell'impero (il latino), nemmeno quella
comune (l’ebraico), ma parlò l'aramaico, cioè il dialetto locale. Voleva farsi
capire, e non semplicemente adorare nel mistero, voleva comunicare direttamente
faccia a faccia, e non con la schiena girata agli invitati. Prendiamo il luogo.
Da Costantino in poi per la messa noi usiamo spazi sacri ad hoc, quelli che un
tempo erano riservati alle reggie dell’imperatore. Le basiliche, case del re, con
aule, navate, colonne imponenti divennero proprietà della chiesa. Lungo i
secoli essa elaborò queste sedi con stili diversi e abbiamo pure meravigliose
opere d’arte, come le cattedrali d’Europa e pure molti edifici sacri dei nostri
paesi. Gesù invece nell’ultima cena non usò i locali del tempio, non volle spazi
sacri e tanto meno calici d’oro, ma scelse il piano superiore di una spaziosa casa
di amici perché per lui la chiesa è la comunità e dove la comunità si riunisce là
è la chiesa, là essa celebra la cena del Signore. Si tratti di una pianura
verde, di un colle fiorito, di una riva del lago. Per questo dopo Gesù i primi
cristiani celebravano la messa nelle loro case.
Messa in latino: scompare la santa
cena, si enfatizza il sacrificio della croce.
Prendiamo il pane. Oggi noi facciamo la messa con le
particole, dette ostie che sono sì di frumento, ma sembrano foglioline plastificate.
Cioè hanno perso la pregnanza visiva, il simbolo del pane, un cibo che
significa sacrificio, dono, condivisione. Tant’è vero che se Gesù avesse
celebrato la cena altrove, invece del pane avrebbe usato il cibo simbolico del
luogo: col riso nel Tibet, con la noce di cocco in Polinesia. E in quella cena
Gesù prese il pane, lo distribuì, e raccomandò di fare la stesso in sua memoria.
Ecco perché i primi cristiani il pane consacrato se lo portavano poi a casa e
lo distribuivano ai poveri. Oggi invece si va a prendere la comunione, si mette
la testa fra le mani, si esce di chiesa e ciascuno pensa ai fatti propri. Con
chi abbia compiuto il suo dovere proprio non si capisce. Prendiamo il ruolo,
cioè la persona del celebrante. Il prete oggi è la figura eminente e preminente
nella messa, ma il vero ed unico sacerdote è solo Gesù che rivive l'ultima cena
con la sua comunità. Nella messa, specie in quella latina, il prete è figura
solitaria, senza comunità o con una comunità spesso ridotta a museo delle cere.
Dal Concilio di Elvira (306 d.C.) in poi il prete deve essere soprattutto
celibe, decisione allora presa più per motivi economici che non evangelici. Lo
sposato deve mantenere moglie e figli, con il finanziamento della
"ditta". Ma Gesù nell'ultima cena accettò apostoli e discepoli così
com'erano, celibi e sposati, e non ha fatto del celibato una condizione
indispensabile per celebrare la messa. E sarebbe ben da studiare il ruolo della
donna nella comunità di Gesù per garantirsi proprio se egli non volesse donne
preti. Un passo in avanti: prendiamo la parola "sacrificio". Il
Concilio di Trento (1560) scomunica chi non crede che la messa sia il
sacrificio in croce di Gesù. Ed anche oggi si ripete che questo sacrificio si
rinnova ad ogni celebrazione. E lo si illustra anche con descrizioni un po' sadiche,
come nel film di Mel Gibson, fiumi di sangue, torture, una vera mattanza. E
sulle credenze delle antiche religioni, greco romana, pagane, ebraica non
esclusa, si spiega che Dio Padre si è placato alla vista del sangue del figlio
e ha salvato questo disgraziato mondo dall’inferno. Messaggio necrofilo,
cultura del sacrificio che molto contribuì a tenere i poveri e gli incolti in
soggezione. E di qui l’obbligo di frequentare la messa festiva, sotto pena di
peccato mortale o quasi. Ma Gesù nell’ultima cena ha abolito ogni sacrificio
umano delle religioni pagane, ogni sacrificio di animali in onore a Dio. E
disse che l’unico sacrificio è fare la sua volontà, e che l’unico sacrificatore
e sacerdote è lui con l’abolizione di qualsiasi doppione. La cena del Signore,
la prima messa è stata un banchetto in cui il sacrificio dall’immolare le
vittime è passato alla condivisione del pane. Condividere nella storia il pane
della santa cena è d’ora in poi il vero sacrificio della croce. La messa
diventa così non la rievocazione di un crocefisso, ma la celebrazione del Gesù
risorto e del vivente in mezzo a noie possiamo andare avanti all’infinito con
le esemplificazioni. Il decreto di Ratzinger di poter celebrare la messa in latino,
di ritornare così al Medioevo, ci lascia nascosti tanti aspetti della cena del
Signore di 2 mila anni fa, che invece si sarebbero potuti affrontare,
approfondire, divulgare se ci fosse stato concesso l’OK per ritornare alle
origini. Ci si è fermati a metà strada, e col latino addirittura in un vicolo
cieco.
Organizzare un
revival annuale della messa in latino
Premesso che ognuno di noi può pregare nella lingua
che vuole, premesso pure che la messa non è una forma di preghiera individuale
ma un sacro banchetto comunitario, si potrebbe anche per rispetto ai cattolici
cultori dell'antico e delle private tradizioni fissare nel calendario liturgico
della chiesa un fine settimana annuale in tutta la cattolicità ed organizzare
libere celebrazioni secondo il rito tridentino con tutto l'apparato del tempo:
abbigliamento sontuoso, linguaggio, turiboli, armamentario, musica classica
polifonica e gregoriana. Certo più che la cena del Signore sarà un'occasione
per il piacere della vista, dell’udito, delle emozioni estetiche interiori, un
po' sullo stile delle opere liriche. Una volta tanto, come occasione annuale ci
può stare. Così con questo compromesso si accontenta tutti. Andare oltre
creerebbe solo evasioni e divisioni. Anche perché troppe messe in latino avrebbero
senso se si riuscisse a ricreare l'ambiente culturale, sociale, umano del
tempo, cioè del Medioevo. Ma di grazia ci sembra rispetto dei diritti dell'uomo
oggi ripetere le imprecazione del cinquecentesco messale latino contro i
"perfidi giudei" e pregare per la loro conversione? Ritorna
l'antisemitismo. Sul quotidiano” Metro" destinato ai giovani ho letto un
dibattito sul tema che ci riguarda: la chiesa sta andando sempre più lontano dalla
gente. E a noi che ci consideriamo addetti ai lavori dispiace veramente.
Autore:
Albino Michelin
05.10.2007
Nessun commento:
Posta un commento