Domenica
17 gennaio 2010 il Papa si è recato nella Sinagoga di Roma, un tempo il Ghetto.
Tenere rapporti con le altre religioni, soprattutto dopo reciproche persecuzioni,
è senz'altro positivo. Ma succede che ogni volta si possono riaprire anche le
ferite. In effetti, dopo la prima visita di Woitjla, quella certamente evento
storico, quest'ultima invece ha creato delle divisioni in modo particolare fra
i vertice della comunità ebraica, con scissioni e assenze di rappresentanti ufficiali.
Non dobbiamo lasciarci abbagliare dai convenevoli, dai sorrisi di rito, dalle
enfasi retoriche dei media e delle TV. In Italia è lor mestiere suonare la
tromba ogni qualvolta qualcuno scende dai palazzi alti della gerarchia
vaticana. È emerso anche questa volta il nodo del contendere, che da alcuni
anni è sempre lo stesso: la beatificazione di Papa Pio XII (1939-58). Mandarlo
sugli altari o lasciarlo in pace? Inutile qui ripetere quanto a tutti noto.
L'osservazione che si muove oggi a questo pontefice da parte dei renitenti, riguarda
il rastrellamento di Roma del 16.10.1943 contro il quale Pio Xll non spese una
parola. 1023 ebrei strappati dal ghetto, fra cui 200 bambini, deportati nei
lager tedeschi dai nazisti; rientrati soltanto 17. E l'altra osservazione
critica ancora più globale riguarda il suo silenzio nello sterminio della
Shoah. Sei milioni di ebrei annientati nel periodo della seconda guerra
mondiale (1939-45). Di qui una discussione fra contrapposti. Da parte cattolica
si sostiene che il silenzio del pontefice fu dovuto ad una tattica strategica,
strumento prudente per non inasprire il regime ed evitare peggiori persecuzioni.
Dall'altra parte invece si risponde che peggiore di così lo sterminio non
poteva essere e che un intervento deciso del papato nei confronti di una
nazione dalle radici cristiane come la Germania avrebbe senz'altro diminuito le
sofferenze del popolo ebraico. Per i primi Pio XII fu un eroe, per i secondi un
codardo, un fifone che pensò soltanto a mettere in salvo se stesso e la sua
mobilia. Qui nessuno può negare che la base della chiesa dimostrò sensibilità e
solidarietà per gli ebrei, riempiendo i conventi, gli istituti religiosi, le
varie strutture cattoliche di richiedenti asilo. Anzi quel Papa stesso
personalmente si adoperò in loro favore. Tuttavia una forte componente ebraica
a tutt'oggi critica la mancata coerenza. Cioè se il Papa è figura istituzionale
avrebbe dovuto intervenire non solo diplomaticamente e personalmente non
esposto ma con atti pubblici, istituzionali condannando apertamente il nazismo
e i suoi crimini. Perciò pure ammettendo che al suo interno e nelle sue
faccende private la chiesa può onorare o venerare chi le aggrada, cioè può
santificare una persona che nel suo privato esercita vita di virtù e di
preghiera, però non porre sul candelabro come modello per il mondo di oggi una
persona storicamente controversa, causa di contrapposizioni sociali e
politiche. E come dare a costoro tutti i torti? E non tutti i torti ce li hanno
dal momento che dal punto di vista storico fatti e motivazioni non sono ancora
ben chiariti. Nel senso che il Vaticano, non concedendo l'accesso ai suoi
archivi, gli studiosi non possono venire a capo. Per cui questo impedimento ad
appurare la verità altro non conduce che a polemiche e illazioni. Per il momento
sarebbe opportuno sospendere ogni procedimento. In considerazione di ciò non si
può affermare che la visita di Papa Ratzinger la domenica 17 gennaio sia stata
un evento storico. Chiamiamola visita di circostanza, di convenienza, di
cortesia. Ed è già un bel passo, dopo i tre inciampi avvenuti nel suo
Pontificato: la visita ad Auschwitz, il ritorno alla preghiera del venerdì
Santo, e l'accoglienza dei Lefrebviani che negano la Shoah. Certo, nell'ultimo
incontro parlò molto bene dei cattolici ed ebrei figli di Abramo e
dell'Alleanza, ma nessun accenno alla questione bruciante della beatificazione
di Pio XII. A questo punto la gente si pone e si è già posta diverse domande. E
alla gente la parola bisogna pure dargliela. Le citiamo. Prima domanda:
„ma i suo predecessore Pio XI nel 1937 non ha pubblicato un'enciclica
condannando il nazismo?" E' noto che Papa Ratti prese posizione contro.
Anzi ha affidato al gesuita P. La Farge lo studio di un documento con la
condanna dell'antisemitismo. E che tale atteggiamento non era ammissibile per
un cattolico. Ma Pio Xl muore (1939) senza avere il tempo di pubblicare
l'enciclica. Il suo successore Pio XII decide di non riprendere quel testo. E
nella sua prima enciclica „Summi Pontificatus" non fa riferimento alcuno
al razzismo e antisemitismo. Ripropone genericamente il tema dell'Unità del
genere umano. Seconda domanda: "I silenzi di Papa Pacelli sulla
Shoah sono presunti o reali?" Storicamente è certo solo che Pio XII
intervenne a livello diplomatico facendo presente al Governo di Hitler che la
Santa Sede non condivideva la persecuzione contro gli ebrei. Però durante la
guerra, nel momento cruciale, non è mai intervenuto con una pubblica condanna.
Solo dopo dirà che non si poteva fare nulla. Ma per qualcuno questa è una
specie di autoassoluzione. Nel Diario di Papa Roncalli Giovanni XXIII, suo
successore, nel tempo però in cui era cardinale 1950 si legge: "Pio XII mi
chiede che impressione facciano i suoi silenzi “. Terza domanda: „Ma che
tipo di informazioni aveva Pio XII di quello che stava avvenendo in Europa durante
la seconda guerra mondiale?" Papa Paolo VI fra il 1960-70 permise uno
studio sugli archivi ad alcuni gesuiti per sapere come si era comportata la S.
Sede nel periodo discusso. Emerge che dal 1942 arrivarono in Vaticano testimonianze
di privati cittadini, sacerdoti e rappresentanti diplomatici, soprattutto dei
Paesi dell'Est, che parlavano di treni carichi di ebrei in partenza verso
destinazione di morte. Pio XII ne era dunque informato, ma tali informazioni
sono state sottovalutate. Per la ragione che l'antisemitismo (o antiebraismo)
presente nella cultura cattolica dell'epoca portava a minimizzare tali notizie
perché in fondo quello che riguardava gli ebrei era meno importante di quello
che concerneva i cristiani. Beatificazione prematura ed inopportuna. Quarta
domanda: "Nel 2000 sono stati
beatificati Pio IX e Giovanni XXIII. Ora si vogliono beatificare abbinati Pio
XII (1846-1878) e Woytjla. Come mai quattro papi in dieci anni?" Una
possibile spiegazione: il papato oggi si sente in difficoltà. La chiesa sta
perdendo pezzi, causa il moltiplicarsi delle sette e l’indifferentismo dei
suoi. La chiesa quindi si è arroccata, irrigidita. Un papato che si sente in
difficoltà in una società contemporanea che sfugge al suo controllo tende a
rafforzarsi santificando se stesso, in modo da rispondere all’indebolimento
sociale con una richiesta di venerazione interna. Nel nostro caso sono state
proposte due coppie di opposti: Pio IX Papa antimoderno, Giovanni XXIII Papa
dell'apertura alla modernità. Ora Pio XII e Giovanni Paolo II, il primo inviso
il secondo accettato dagli ebrei. Forse perché il decidere l'onore degli altari
per pontefici portatori di linee diverse e contrastanti implichi affermare che tali
scontri sono irrilevanti al fine della venerazione che i fedeli debbono ad essi
prestare. In pratica è un atto di sottomissione al potere papale. Però per i
liberi pensatori e studiosi cattolici può essere una soluzione rischiosa. Altra
domanda: „Se Pio XII è così controverso e riapre le ferite con il mondo
ebraico perché il Vaticano vuole comunque andare avanti?" Anzitutto si
suppone ci sia una questione politica: i rapporti con lo stato di Israele, di
fronte a cui la S. Sede non vuole dimostrarsi debole. E poi c’è l’autoimmagine
della Chiesta stessa nei propri confronti. Il papato romano deve santificare se
stesso e quindi santificare tutti i pontefici che crede opportuno, perché si
sente al di fuori e al di sopra della storia. La vogliamo girare e rigirare,
questa beatificazione viene ritenuta prematura ed inopportuna. Lo dimostra
anche un pannello esposto nel museo di Gerusalemme e visitato nel maggio scorso
da Papa Ratzinger che le autorità non hanno voluto rimuovere pure su richiesta
del Pontefice in cui descrive il silenzio di Pioli. Magiar, assessore alla cultura
ebraica della Sinagoga di Roma e che si assentò quale dissidente alla visita
ultima del Papa motivò la sua decisione che il capo della chiesa cattolica
intende dovunque confermare il primato della stessa nel mondo. Ogni gesto è in
quella direzione, non nel rispetto e nella collaborazione con tutte le
religioni, a pari livello. A proposito questa visita fece impressione quanto
espresso da una comune signora di casa: „Insomma la chiesa vuole sempre vincere.
La chiesa ha sempre ragione". Se tale frase esprimesse un sentimento
popolare ci porterebbe anche a ripensare tutto il ruolo della chiesa nel mondo
moderno.
Autore:
Albino
Michelin
29.01.2010
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