Spesso si sente
dire: “quello è un uomo di fede, quell’altro l’ha ritrovata, questo si è
convertito, quest’altro vive meglio senza fede.” Ed ancora: la fede è un dono
di Dio, Dio la offre a chi è battezzato, l'aumenta a chi si accosta ai
sacramenti. Come dire che chi non è battezzato non ha la fede e con ciò non ha
ricevuto lo Spirito Santo. Ma siccome i battezzati a questo mondo sono una
minoranza, di conseguenza avremmo una massa d'infedeli e di dannati. Come dire
che Dio fa selezione di persone, va per simpatie e predestina chi gli aggrada.
Ed ancora: la pienezza della fede e dello Spirito Santo ce l'ha il Papa al
100%, i vescovi al 75%, i preti al 50% e le persone comuni al di sotto della
linea play out in zona retrocessione. Come dire che Dio fa il classista,
preferisce certe caste, e le inonda di fede e del suo Spirito. Altro aspetto
dell’argomento è l’affermazione spesso circolante: "è impossibile credere
senza la grazia di Dio". Questa complica ancora di più il problema, perché
se determinante è Dio, allora l’uomo non è più libero ma solo un robot nelle
sue mani. Se affermiamo invece che
l’uomo è libero, allora Dio non è più determinante, fa da spettatore. Mi sembra che il problema sia posto
male. Nel senso che tutti gli uomini
nascendo si trovino alla stessa griglia di partenza. Con il dono della vita
ricevono anche il dono della fede, la fede è una realtà legata alla vita. Per fede non intendiamo religione (rituali,
dogmi, devozioni ecc.), ma qualcosa di più profondo, cioè il rapporto fra me ed
un Essere assoluto che io recepisco come fonte della mia esistenza, il senso
del mio presente, la speranza del mio futuro. Indipendentemente dal fatto che
il mio Dio si chiami così, oppure Allah, oppure Budda, oppure Grande Spirito, ecc.
Premesso che tutti abbiamo la fede, la diversità risiede nella risposta
personale che ognuno dà. Nel modo di curarla, di praticarla, di maturarla.
Compito dell'uomo non è quello di ricercare la vera fede (non basta una vita),
ma di rispondere a quella che lui ha dentro di sé, come cittadino del mondo,
tenendo conto della sua geografia, della sua cultura, della sua religione
diversa. In questo senso ci sono persone che appartengono alla religione
cattolica, protestante, induista, islamica, ma ne portano solo il vestito. In
realtà non hanno una fede, perché se la lasciano in fondo alla coscienza come
un seme infruttuoso. Come avere un conto in banca e non utilizzarlo. Quindi non
tiene il discorso: "che colpa ne ho io se non ho ricevuto la fede. Che
colpa ne ho io se Dio non mi ha preso in considerazione, o che merito ne ho io
se mi ha tolto questo fastidio? ..."Una soluzione si trova chiarendo il
significato di "fede". Che non è creduloneria, non è svendere la
propria intelligenza a chi si voglia, ma andare in fiducia, nel caso affidarsi
a Dio. Questo atteggiamento può esercitare e rafforzare il rapporto che io ho
con lui. Siccome l'uomo è libero nelle sue scelte, andare in fiducia può
aiutarlo a verificarla e portarle a compimento.
Senza fede
tutto è permesso. Proprio vero?
Altro problema inerente è il rapporto fra fede da una parte e comportamento
morale dall'altra. In effetti, si citano spesso le parole di Dostojeski:
"Se (per me) Dio non c'è, allora tutto è permesso". Come se chi non
ha fede in Dio, gli atei, i diversamente credenti fossero tutti barbari,
disonesti, egoisti, e via. Non è vero, o almeno non lo è sempre. Esiste anche
una fede o un'etica laica, esempio "vivere onestamente dare a ciascuno il
suo, non fare agli altri quello che non vorresti gli altri facessero a
te". Lo predicava già Confucio e il Buddismo secoli prima di Gesù e lo
scriveva anche l'imperatore Giustiniano (sesto secolo d.C.) nel suo Digesto. La
parabola del Buon samaritano ci racconta di un Gesù emblematico al riguardo. Ad
un tale caduto nel fosso Gesù fa passare accanto un sacerdote, un levita, un
dottore della legge, i quali però filano diritti per i loro affari noncuranti e
indifferenti. Ci fa passare anche un nemico, un eretico, un ateo, un
diversamente credente, il quale si prende cura del malcapitato, lo carica sul suo
cavallo e lo conduce all'albergo, gli presta soccorso a proprie spese. Chiaro
il senso. Esiste una matrice laica iscritta nel cuore di ogni uomo,
indipendentemente dalla religione professata, una matrice preferibile a
quest'ultima. D'altronde leggiamo pure noi spesso sui giornali che un italiano
sta annegando sulla spiaggia ed un islamico si getta in acqua per salvarlo. Ci
riesce, ma lui, l'arabo, il marocchino ci rimette la vita, viene inghiottito
dalle onde. Fatti successi. Come d'altro canto dei credenti e dei praticanti
che passeggiano sulla riva del mare, tranquillamente, mentre distesa sotto un
lenzuolo giace una ragazza esanime. La raggirano indifferenti e noncuranti.
Pure questo succede. Tutta la lettera di Paolo ai Romani è pervasa da un certo
spirito cioè che ogni uomo seguendo il lume della ragione può conoscere ed
operare il bene. Per questo Paolo afferma che la coscienza dell'uomo è in fondo
l'ultima norma di condotta etica. Oppure quando nella la Lettera ai Corinti
(11,14) si domanda: "non è forse la natura stessa ad insegnarci?
..."Anche un laico, molti laici possono possedere dei principi morali e
sappiamo che tanta gente pur non essendo credente, cioè non possedendo la
nostra fede cristiano-cattolica, si è fatta ammazzare per opporsi ai totalitarismi
e alle ingiustizie dei prepotenti contro i deboli e gli indifesi.
I senza Dio
sarebbero tutti soggetti pericolosi?
I diritti naturali o il rispetto degli stessi sono iscritti nella natura
umana. Di più ancora: osiamo affermare che la radice degli stessi diritti non è
nemmeno un'idea cristiana. Ci convinciamo dell'asserto basta prenderci la briga
di leggere l'enciclica "Mirari Vos" del Papa Gregorio XVI che
all'inizio del secolo XIX scrive: "la libertà di coscienza è una
bestemmia, la libertà di opinione è opera del demonio". Allora non è
elegante che la Chiesa si metta a rimorchio dei laici allorché fra di loro
nascono dei positivi contributi chiamati diritti umani e rispetto della dignità
dell'uomo. E addirittura se li accorpi come suoi. Noi abbiamo oggi una caterva
di teodem (democratici di Dio) e di teocom (conservatori di Dio) secondo i
quali la laicità è un dono che la chiesa ha fatto alla società moderna. Ma
storicamente le cose non sono andate così. Ci sembra un po' troppo ottimista la
recente affermazione del Card. Bertone quando dice che il cristianesimo conosce
da sempre la sana laicità, anzi l'ha scoperta prima che sorgessero gli Stati e
i Governi dell'epoca moderna. Sarebbe dire che l'etica cioè la morale laica è
una specie di anitra zoppa. Sì, è affermazione troppo ottimista. Non è vero che
la società senza Dio cadrebbe necessariamente nella barbarie. Non è sempre vero
come scrive il filosofo Locke (+ 1794): "i senza Dio sono soggetti
pericolosi". E nemmeno risponde a verità che chi nega Dio lo fa perché
vorrebbe lui mettersi al suo posto. E neppure "se non c'è Dio siamo tutti
liberi". Sono generalizzazioni cattoliche inventate per il bisogno della
causa. C'è tanta gente atea che non accetta questo spregio sommario. Ed ha
ragione, in buona parte. D'altronde anche Papa Ratzinger, che tutti apprezzano
per il suo concettualismo filosofico, nei suoi discorsi si riferisce sempre
alla ragione, alla natura, alla fede. Diremmo, è un po' la sua triade pallino.
Il che significa che chi agisce secondo natura e secondo la retta ragione entra
già nell'ambito della fede. Da aggiungere infine che molti laici si rivelano
spesso più altruisti, meno egoisti ed interessati dei credenti. Infatti non
pensano nemmeno al "dopo", come certi fedeli che ti compiono un'opera
buona per andare "dopo" in Paradiso. No! Compiono ogni tipo di
sacrificio perché il Bene è fine a se stesso, perché è un granello di senape
che può germogliare in una grande pianta. lnsomma c'è chi ha fede in Dio, e chi
ha fede nei "valori". In questo senso “tutti” abbiamo una fede.
Autore:
Albino Michelin
23.10.2009
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