Ci
riferiamo alla carneficina o aggiustamento di conti, avvenuto la sera del
martedì 27 novembre 1990 a Gela in provincia di Caltanissetta. Protagonisti fra
killer e vittime una ventina di giovani dai 14 ai 24 anni, appartenenti a due
cosche mafiose rivali: locolone e Madonia. Nel Dancing Las Vegas (ma più che Dancing
una topaia) 4 killer hanno liquidato 3 coetanei e feriti 6. Uno dei Boss di
regia Salvatore Jocolone era stato scarcerato un mese prima per decorrenza di
termini. Si tratta alla fine di ragazzini e di adolescenti addestrati in tenera
età alla delinquenza. L'ultima volta che avevo fatto il giro per quella regione
risaliva all'estate del'89. Da brevi incontri con i presidi delle scuole medie di
Gela, Butera, Riesi, Mazzarino, Licata (zona della Sicilia sud-sud-est) era
emerso un quadro poco lusinghiero. Molti ragazzi e ragazze non vogliono imparare
l'italiano e quindi parlano il dialetto. I genitori li parcheggiano a scuola,
ma a malincuore, perché si tratta di braccia perdute. Le ragazze di Butera
nascono ancor oggi con un destino: scuola d'obbligo e marito. I ragazzi
prendono la scuola come diversivo in attesa di passare da padre a marito. Molti
nelle Medie sono ripetenti, non sanno dove andare. I genitori emigrati
incaricano della custodia dei loro figli le suore della Casa del Fanciullo di
Gela, un orfanotrofio bello e buono. Cioè il solito disco: ragazzi abbandonati
a sé stessi e genitori preoccupati di garantire loro solo un benessere
economico.
Adolescenti capobanda
A
Mazzarino ho conosciuto una bambina o ragazza di 16 anni Emy, sorella di
Vincenzo, 14 anni. A scuola la chiamavano il capobanda, frequentava ancora la
terza media. I loro occhi facevano paura. Molto esperti in scippi, ma sapevano
anche maneggiare la rivoltella. A Gela poi, città più popolosa e maggiormente
addestrata al crimine, molti ragazzi di 12 anni impugnano la pistola, la bande
baby crescono. Nel 1990 sempre a Gela, sono stati arrestati e denunciati 157
ragazzi. Dapprima imparano a incendiare una macchina per 50.000 lire, poi
vengono promossi alla categoria killer: una escalation di delinquenza minorile
che non promette nulla di buono per i prossimi 20-40 anni. Dopo la strage del
Las Vegas il sindaco di Gela ha pronunciato alla Televisione: "Non
meritiamo assoluzione, ma lo Stato è assente". Ah, no! È ora di finirla di
scaricare sempre su terzi le proprie responsabilità. Stanno ormai inventando
barzellette queste dichiarazioni preoccupate e indignate dei coccodrilli di
turno. È falso sostenere che in Sicilia lo Stato sia assente. Anzi è fin troppo
presente con finanziamenti, oboli, elargizioni ordinarie e straordinarie, le
quali (non sempre per colpa dello Stato) si trasformano in fonti di reddito e
causa di scontri fra le cosche mafiose locali. È falso sostenere che la Sicilia
sia abbandonata alla propria sorte senza un briciolo di responsabilità e
solidarietà da parte dei continentali. Che cosa si intende per solidarietà?
Militarizzare la Sicilia dall'alto in basso, in lungo, in largo, di traverso e
sorvegliare i mafiosi con battaglioni di gendarmi? A parte il fatto che questo
non sarebbe possibile, ma non è nemmeno giusto. E nemmeno sempre esatto è
sostenere che le forze politiche italiane e i magistrati sono complici con le
cosche mafiose. Quelle locali probabilmente, ma non quelle italiane. L'omicidio
del generale Della Chiesa ne è una prova. La verità invece è un'altra e molto
amara. La mafia gode in Sicilia di vasti consensi popolari. Affonda le radici
in una cultura che non riconosce l'autorità dello Stato continentale, afferma orgogliosamente
la propria diversità e le proprie leggi, amministra posti di lavoro e destini
familiari con la serena e fiduciosa complicità di ampi settori sociali
dell'isola. Altro che piovra! Inutile prendersela sempre con i Borboni, con i
Savoia, con i Fascisti, con Salvatore Giuliano. I morti di Gela meritano tutta
la nostra compassione ma non bisogna dimenticare che molti picciotti vengono
reclutati da ambienti avvelenati dalla disoccupazione, dalla miseria,
dall'analfabetismo di ritorno. Finché la cultura della mafia sarà tollerata dalle
moltitudini siciliane, è inutile piangere, sognare, allestire cortei.
Soltanto
i siciliani possono ribellarsi alla mafia, denunciarla, isolarla, sconfiggerla.
Se lo vogliono.
Autore:
Albino
Michelin
28.03.1991
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