Nell'emozione
generale della tragedia di New York dell'11 settembre 2001 si è anche scritto:
"Siamo tutti americani" Bush ha proferito proclami di guerra senza
fine, di lotta senza quartiere contro il potere del male (il male sono sempre
gli altri), con promessa solenne di guidare tutto il mondo alla vittoria. Ormai
a bocce ferme ci si può anche domandare: perché tanto interesse esiste solo
quando c'è di mezzo l'America? Dove eravamo noi quando gli stessi
fondamentalisti islamici sgozzavano 20 mila algerini? Dove eravamo noi paladini
della giustizia quando il popolo curdo veniva massacrato con le armi made in
ltaly? O quando si spazzavano via 200 mila abitanti della Cecenia? La risposta
è che non c'erano le telecamere a filmarli. Certo comprendiamo l'umiliazione
dell'America, da sempre padrona del mondo, vedersi derisa e umiliata nei
simboli della sua arroganza, sepolti sotto 40 tonnellate di oro. Ma anch'essa
deve fare da ora in poi i suoi bravi esami di coscienza. Non deve continuare a
proclamare la sua sete di giustizia infinita, ma adoperarsi per la fine delle
ingiustizie, di cui essa da oltre 50 anni ne è in buona parte la prima causa. Nessuno
di noi certo deve dimenticare l'aiuto dell'America nel periodo postbellico per
la ricostruzione dell'Italia e buona parte dell'Europa, ma a tirar le somme non
è esagerato affermare che anche gli aiuti umanitari a molti paesi sono stati
garantiti solo per i suoi interessi. Non vogliamo ritornare alla preistoria, ma
solo al 1945. Il giorno 6 agosto, a seconda guerra mondiale conclusa, che senso
ha avuto lanciare la bomba atomica su Hiroshima e trucidare 200 mila persone?
Chissà se i terroristi Saddam Hussein e Bin Laden avrebbero oggi tanto spirito
di vendetta e istinti di morte. E lo sterminio del Vietnam? E i 200 mila uccisi
in Guatemala negli anni 80 valgono di meno di un cittadino americano? E i 300
mila scomparsi nella guerra del Golfo? La guerra contro il terrorismo può
essere legittima, ma "questa" guerra condotta dagli Usa appare
contraddittoria, perché gli Usa sono essi stessi, purtroppo, uno stato
terrorista. Questo riferimento per nulla sacrilego e diffamatorio, si riferisce
alla serie di azione sporche combinate ai quattro angoli del pianeta. È
evidente che qui si tratta di un'analisi tagliata con l'accetta, eppure sta
nascendo in soggetti molto diversi fra di loro. Bush vuole avere Bin Laden vivo
o morto per consumarlo al banchetto della vittoria. E forse ci riuscirà. Però
non deve eludere la domanda: una decina d'anni fa chi ha scolarizzato ed
allenato in America talebani, lo stesso Bin Laden per inviarli poi in
Afghanistan a combattere contro i russi? E le famose grotte di Tora Bora ove si
sono asserragliati nelle impervie montagne i terroristi da chi furono
costruite, se non dall'America per garantirsi successo nella guerriglia sempre
contro il nemico russo? li 7 ottobre 2001 gli Usa dichiararono la tanto sospirata
guerra contro l'Afghanistan, anziché contro il terrorismo. Si perché sono due
cose diverse. In effetti oggi quel territorio, doppio in superficie rispetto a
quello italiano (650 mila Kq) è ridotto in macerie, i civili sotto la morsa del
freddo e della fame, senza casa e senza viveri. E con quelle superbombe che
inceneriscono tutto nel raggio di mezzo chilometro nemmeno più le margherite ci
nasceranno per un secolo. E dove finiremo quando l'America farà giustizia
contro gli altri 59 Stati che ospitano terroristi? Perché questo è il piano di
lavoro degli Usa.
Il 7
novembre anche l'Italia entra in guerra. Berlusconi paventando il pericolo che
la nostra italietta resti la prima fra le piccole e l'ultima fra le grandi,
sofferente per la sindrome dell'esclusione riesce a far mettere un posto a
tavola. Non pensino gli occidentali di trattarci come una ruota di scorta. Così
anche noi siamo partiti con cannoni, corazzate, missili a sconfiggere il
nemico, pardon per compiere la "nostra missione di pace". Mi sovvenne
quando all'età di 8 anni, e precisamente il 10.6.1940 alla Radio scolastica, allora
si chiamava Ente italiano audizioni radiofoniche(EIAR), sentii Benito Mussolini
aizzare in questi termini: "Italiani, volete la guerra o volete la
pace?" E tutto il popolo a gridare: "vogliamo la guerra.” Sabato 10
novembre 2001 in Piazza del Popolo a Roma si volle organizzare una
manifestazione per l'America, cioè per la guerra: anche se i partecipanti non
superavano le 50 mila nulla di psicologicamente più anacronistico di questo
tripudio patriottico. Lo stesso giorno e la stessa ora in altri siti di Roma
oltre 100 mila (fra cui molti dei discussi no global) manifestavano per la pace
contro il terrorismo. Portavano striscioni: "né con Bush, né con i
talebani, siamo per i diritti umani". I media li trattarono da ingenui,
specie di hippy ritardati, che tornano a cantare "mettete dei fiori nei
nostri cannoni". Alla resa dei fatti però ingenui non tanto. In effetti
non vivono sulle nuvole, ma prospettano delle soluzioni concrete, molto meno
distruttive del solito ricorso alle armi. In realtà secondo loro, il terrorismo
non si sconfigge con la guerra, ma con una complessa opera di polizia ed una
rete adeguata di controspionaggio internazionale. In Sicilia non si vince la
mafia radendo al suolo l'isola, né in Calabria l'ndrangheta, né in Campania la
camorra, né in Veneto la prostituzione del nord-est. Né in un albergo si fa
saltare tutto lo stabile con 100 turisti per acchiappare un delinquente. Cioè
non si spara mai nel mucchio. Cosi è stata questa prima guerra contro Bin
Laden, con missili intelligenti a colpire per caso obiettivi militari e
intenzionalmente (un po' troppo spesso) cooperative, ospedali, croci rosse. In
tutta questa fretta di eliminare il nemico neppure la Chiesa cattolica ha più
un'idea chiara. C'è una forte componente filoamericana, inconscia sudditanza
psicologica di quella potenza egemone, che cede come sulla pena di morte anche
sul concetto di guerra nei confronti del magistero ecclesiastico Usa. In
effetti è per la mano pesante di quest'ultimo se nel nuovo catechismo cattolico
il nr. 2266-67 si ammette la legittimità della pena di morte: purtroppo il
Vaticano e Papa Wojtyla hanno dovuto a malincuore sottoscrivere questo
documento ufficiale, anche se nella prassi tentano di discostarsi. Lo stesso
consenso produce in buona parte della cattolicità la posizione della chiesa
americana: legittimità dell'intervento armato, diritto alla legittima difesa.
La qual cosa non si sa bene fino a che punto si spinga: certo sul diritto agli armamenti
e a riempire gli arsenali di superbombe nei cristiani Usa il passo è molto
breve. Altra componente nel cattolicesimo nostrano è quella che si riferisce
alla tradizione specie di S. Agostino (secolo V) e a S. Tommaso (sec. XIII) per
i quali esiste anche la guerra giusta. Ma questo riferimento è antistorico: perché
una cosa è fare la guerra con i bastoni, sistemato l'ingiusto aggressore sono
sistemati tutti. Un'altra faccenda invece è la guerra moderna quale strumento
di morte per gli umani, per i vegetali e per l'inquinamento dell'ambiente, che
per tempo indeterminato resterà invivibile. La lezione di questa guerra supera
tutti i discorsi morali di un tempo: il terrorismo ha radici profonde e
lontane, è un odio sotterraneo contro gli occidentali dovuto a lunghi secoli di
sfruttamento, di rapine, di indebitamenti, dì disuguaglianze. Gli abitanti Usa
rappresentano il 4% della popolazione mondiale, eppure consumano il 50% delle
risorse del globo. O si fa un esame di coscienza su questi nodi oppure
innumerevoli Bin Laden salteranno fuori da ogni angolo della terra. E mentre il
Papa digiuna per la pace, tutti si diano da fare a raccogliere viveri e
medicinali per centinaia di migliaia di profughi afgani. Come 1'11 settembre ci
sentivamo tutti americani, oggi dobbiamo dirci e sentirci tutti afghani.
Autore:
Albino
Michelin
21.12.2001
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