È
scontato che nella chiesa cattolica esistono preti sposati, regolarmente
riconosciuti, benedetti, consacrati. Non in tutto vero che per volontà di Dio e
per tradizione costante della nostra religione vengono accettati solo preti
celibi e con tanto di voto di castità. Nel luglio 2001 fui nel Sud Italia e costatai
l'esistenza di undici parrocchie con preti regolarmente sposati, moglie e
figli. Alludo ad esempio a Firmo (Cosenza) presso lo svincolo autostradale di
Sibari, il cui parroco si chiama don Mario Santelli, la moglie Clara, la figlia
di nove anni Chiara. Aggiungo Castroregio (sempre in provincia di Cosenza sulla
litoranea jonica) con il parroco don Nicola Vilotta, Fino a Piana degli
albanesi, in Sicilia, fra Palermo e Agrigento, con il parroco don Mele. Ed
altri che non vale la pena citare. Tutti sposati alla luce del sole e con i
carismi del Santo padre. Sono paesi di origine albanese, fondati vero il 1500,
da gruppi cattolici provenienti dall'est, che hanno conservato le loro
tradizioni, compresa quella del matrimonio dei preti. Questa dispensa dal
celibato sacerdotale ha una storia antica che oggi francamente risulta fonte di
equivoci. Nel 988, quindi oltre mille anni fa, Vladimirio principe di Kiev in
Ucraina si fece cristiano, portandosi dietro ovviamente tutti i suoi sudditi.
Nel 1054 con la rottura della chiesa sino ad allora esistente si formarono due
confessioni religiose: una dei cristiani cattolici a Roma e in occidente,
l'altra dei cristiani ortodossi in Grecia e dintorni. Gli Ucraini decisero di
passare sotto l'influenza di questi ultimi. Ma nel 1596 preferirono ritornare
sotto Roma e riconoscere l'autorità del papa. Con il concordato di Brest si
posero alcune clausole, fra cui anche quella del libero celibato per i loro
preti. Da allora vengono chiamati cristiani cattolici di rito orientale ovvero
Uniati. Il preti sposati del Sud Italia, di cui abbiamo accennato, discendono
da questo ceppo e da questa tradizione. Tutto in ordine. E la cosa è talmente
in ordine che il 18 giugno 2001 Papa Wojtyla in visita a Leopoli Ucraina
beatificò certo padre Romano Lysko, assassinato dalla polizia comunista nel
1949 perché non volle, contro l'ingiunzione di Stalin, passare alla chiesa
cristiana ortodossa di Russia. Alla cerimonia partecipò ovviamente anche la
moglie Neonila, ultraottantenne. A questo punto la gente si pone giustamente
una domanda: è il celibato dei preti cattolici una volontà espressa da Gesù
stesso, è di precetto divino che il prete con il sacramento dell'ordine sposi
la chiesa e quindi debba rinunciare al matrimonio e alla donna? Torna il
parallelo, messo in circolazione non si sa da chi, cioè che come i coniugi cristiani
debbono restare eternamente fedeli con divieto di divorziare dal partner, cosi
il prete non può divorziare dalla chiesa per sposarsi una donna. Stante le
premesse di cui sopra, la risposta se la dia il lettore. Ai credenti in cerca
di valide motivazioni può meravigliare questo atteggiamento delle gerarchie
ecclesiastiche che da una parte indottrinano sull'esigenza assoluta del
celibato dei preti, quale testimonianza di un cuore indiviso e tutto per Dio,
ed estromettono dal seminario giovani candidati che si innamorano o sacerdoti
che convolano a nozze ,e dall'altra esentano or qua or là a macchia di leopardo
preti dal celibato adducendo l'esigenza di rispettare usi, tradizioni,
localismi di ogni genere. Qualcuno ci potrebbe obbiettare: è questo nell'interesse
di Dio o della nostra anagrafe? Certo, qui trasparenza e coerenza zoppicano
alquanto. Anche Milingo, il pirotecnico (veramente non tanto) vescovo nero si
chiedeva come mai questa discriminazione all'interno della Chiesa: preti
cattolici di rito orientale sposati sì, di rito meridionale africano o
sudamericano no? "Federalismo" anche nella chiesa? Allora si affronti
chiaramente il problema e non lo si dribbli come nell'attuale sinodo dei
vescovi, rimandandolo alle calende greche o al prossimo Concilio Ecumenico
Vaticano III. Le richieste più volte chiaramente espresse dagli stessi
cardinali di indiscutibile serietà e statura come Martini e Lehman di Germania
si rivelano sempre più inderogabili. Con ciò, sia chiaro, non si vuole
ribaltare tutto, né confondere le coscienze dei "deboli", volutamente
mantenuti tali. Significativo il celibato per il Regno dei cieli, ma non
necessariamente legato allo stato sacerdotale. E questo in sintonia con
l'attuale autorità della Chiesa in riferimento al matrimonio dei preti
cattolici di rito orientale e dei preti nelle undici parrocchie del Sud Italia:
celibi o sposati? Non fa differenza. Nei paesi del Veneto si sente più volte
donne alzare la voce che loro da un prete sposato non andrebbero mai a
confessarsi. Boh! E' questione di abitudine nonché di pregiudizi. L'argomento
che il prete sposato perda la fiducia della gente non tiene. Nel Sud Italia,
nelle specifiche parrocchie dove io volli interessarmi, è tabù superato. Il
parroco di Firmo dichiara: "certo come prete sposato il mio impegno è
maggiore rispetto a quello di un altro padre. Ma riesco ad essere un buon
marito, un buon padre ed anche, suppongo, un buon pastore". E don Mele,
parroco di S. Paolo Albanese: "la gente qui è abituata a convivere con questa
realtà. La nostra comunità non distingue fra preti celibi e sposati, io
confesso anche nei paesi vicini uomini, donne, ragazzi, ragazze ... Di che tabù
stiamo parlando?". Da aggiungere anche un altro aspetto: che se la Chiesa
cattolica concedesse libertà a tutti i preti come a questa minoranza calabrese
avremmo meno pedofili, meno omosessuali, sconfinamenti purtroppo o abbastanza
frequenti nelle cronache attuali e dalle gerarchie stesse non smentite. La
discrezione in questo caso si chiama segreto di pulcinella, cioè una realtà già
venuta o che nel breve giro di tempo verrà a galla, tutta a danno della
credibilità della nostra chiesa. Mai come oggi il linguaggio evangelico di
Gesù:” “sia sì sì, no no il vostro parlare" è dai cattolici e da laici tanto
richiesto.
Autore:
Albino
Michelin
19.10.2001
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