Ogni
anno nel mese di novembre in Svizzera si riserva una domenica per celebrare la
festa dei popoli con dei contenuti a carattere aggregativo, culturale, religioso.
Nel senso che non tutto comincia e finisce con le spaghettate multietniche. La domenica
17 novembre 2002 il tema del programma religioso ha avuto come oggetto creare
nuovi rapporti fra cristiani ed ebrei. È ovvio che venne affrontata anche tutta
la storia e dalle sue origini dell’antisemitismo, cioè l’odio contro i semiti, in
pratica gli ebrei. E si partì dal Vangelo di Matteo. Si sa che i 4 evangelisti
hanno anche delle accentuazioni diverse e diverse ottiche di scegliere dalla
vita di Gesù ciò che ritenevano necessario anche per dare delle risposte alle
esigenze e richieste della propria comunità. Matteo scrisse il vangelo in
riferimento alla sua comunità composta in maggioranza di ebrei convertiti al
cristianesimo. Quindi preoccupato della loro conversione talvolta si lasciava
sfuggire anche qualche apprezzamento personale contro quegli ebrei che non si
convertivano. E lo condiva anche con qualche interpretazione o condanna di
troppo che il Gesù per esempio del Vangelo di Luca o degli altri tre Marco, Luca,
Giovanni non riportano. Certo la Bibbia è ispirata da Dio nei suoi contenuti
essenziali ma non nel linguaggio umano che viene espresso secondo il carattere
dell’autore o della scuola di sua formazione. Matteo che scrive 40-50 anni dopo
la morte di Gesù ha un linguaggio decisamente pesante nei confronti dei giudei,
detti anche ebrei. Ad esempio implacabile contro l’apostolo Giuda Iscariota, il
traditore. L’unico fra i 12 a provenire dalla regione Giudea, sud della
Palestina, mentre tutti gli altri 11 provenivano dalla regione nord, cioè dalla
Galilea. Ad esempio la frase detta da Gesù: ”meglio per lui che non fosse mai nato”
(26,21) è stata proferita proprio dal Maestro o messagli in bocca da Matteo? Certo
che questo non è un linguaggio da Gesù per il quale ogni vita è dono di Dio,
indipendentemente dalla gestione che una persona ne fa. Ed anche il cattivo va
cercato come pecorella smarrita. Come se uno di noi si sentisse apostrofare: meglio
che tua madre avesse abortito, …figlio di una buona donna...meglio fossi
rimasto dov’eri. E questo è il primi equivoco antiebraico e antigiudaico da cui
l’antisemitismo ha iniziato. Dopo l’ultima cena Giuda si presenta ai capi del
sinedrio e pentito dichiara: ”ho tradito il sangue di un innocente” (27,4). E
Matteo lo manda ad impiccarsi. Delle due è vera l’una: se Giuda si è pentito anche
lui è stato perdonato come Pietro e come il ladrone in croce, quindi redento e
messo sulla retta via. Se invece ha scelto di farla finita significa che
pentito non si era. Però Matteo a Giuda gliela dà in testa. Animosità poi che
si allarga a maglia d’olio. Qualche ora più tardi infatti il popolo (sempre
della stirpe di Giuda, ebreo) vuole Gesù alla gogna crocefisso gridando: ”il
suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli” (27,25). Esegeti ed interpreti
storici ritengono che il popolo ha pesato assai poco sulle decisioni di Pilato.
Questi è stato piegato dalla paura del sinedrio e dei capi locali. E poi un
popolo così beneficato da Gesù un po’ difficile pensarlo ingrato di punto in
bianco. Ma in tal modo la colpa di Giuda si amplia al popolo giudeo tutto. Questa
è la logica a cui indulge un po’ troppo Matteo, rovinosa nel prosieguo dei
secoli, per legittimare l’antisemitismo e la caccia agli ebrei, deicidi, ”uccisori
di Dio”. I due mondi, i due popoli cristiano-ebreo si fecero la festa a vicenda
con i roghi, sangue, guerre sante e infine con la shoah, sterminio da parte di
Hitler.
Quando
i santi dividono i popoli.
Oltre
che una rilettura del Vangelo andrebbe fatta anche una rilettura della storia
della Chiesa. Si vorrebbe mettere sugli altari certa Isabella di Spagna quella
che nel 1492 aiutò Cristoforo Colombo a scoprire l’America ma che pure iniziò
una deplorevole persecuzione contro gli ebrei, cacciandoli dalla Francia e dai
suoi territori e spedendone al rogo circa 10 mila, meritandosi da Papa
Alessandro VI il titolo di cattolica. Fortuna che si sollevò nella cristianità
un forte dissenso e la causa di beatificazione si arenò. Non si possono ancora
smorzare le discussioni in merito alla beatificazione di Pio IX (+1878)
avvenuta il 3 settembre 2000 per aver rapito un bambino ebreo, Edgardo Mortara,
battezzandolo di nascosto ad insaputa dei genitori. Sarà anche buona fede, ma
l’impressione che si dà è quella di ladro di polli. Fino a qui il rapporto
Ebrei-cattolici e l’origine delle loro divisioni, che oggi vanno attenuandosi specie
dopo l’intervento di Giovanni XXIII che negli anni 1960 abolì dal messale la preghiera
per i “perfidi” giudei. Però la tentazione di mettere sugli altari leader di
fazioni politiche contrastanti è sempre in agguato, con il rischio di dividere
ancora i popoli, al di là del rapporto ebrei-cattolici. Come il caso della
santificazione del vescovo spagnolo Escriva Balaguer(1902-75) avvenuta il 6 ottobre
2002, preceduto da 48 miracoli o guarigioni inspiegabili, fondatore dell’Opus
Dei, potenza anche economica, sostenitore dei dittatori Franco di Spagna e
Pinochet del Cile. Allorché Franco represse nel sangue con migliaia di morti la
democrazia ebbe a scrivere: ”alla fine questo spargimento di sangue era necessario”.
E quando inaugurò la dittatura nel 1936 il nostro si peritò a scrivere: ”Caudillo
virilizza la tua volontà perché Dio faccia di te un vero caudillo (capo). Porre
sugli altari chi si schiera politicamente contro un partito a favore di un
altro significa anche dividere i popoli. La loro festa annuale non deve
sensibilizzarci solo ad un nuovo rapporto fra le religioni al di fuori della
nostra (nel caso spiegato Ebrei-cattolici), ma anche all’interno con una maggiore
oculatezza nella scelta di nuovi santi.
Autore:
Albino
Michelin
29.02.2002
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