Uno dei sentimenti attuali più diffusi è l'ansia è
l'insicurezza di fronte a futuro. E non semplicemente di quello immediato come il posto
dì lavoro, la salute, la famiglia, ma anche l'ansia di fronte al futuro del
mondo, del cosmo, dell'universo. Cioè che ne sarà di noi, della nostra vita,
dei nostri discendenti, del nostro pianeta, della nostra umanità sulla terra?
Sembra che a riguardo nell'ultimo ventennio sì sia chiusa la fabbrica dell'ottimismo
e rotta la macchinetta di tante sicurezze del passato. Sopravvive certo, anzi
aumenta la curiosità del futuro nel consultare le varie maghe mafalde, le
carte, i tarocchi, le sfere di cristallo, come (da che mondo è mondo)
al tempo dei romani, anche se con meno apprensione, si tentava di predire il futuro
attraverso la divinazione, il volo degli uccelli, le viscere degli animali
tramite gli auguri, aruspici e preti pagani. I cristiani la chiamavano magia,
cioè tentativo di assoggettare Dio al proprio potere senza accorgersi che i
loro riti liturgici e devozioni varie spesso dalla magia si diversificavano
solo per il vocaboli, di nome. Non filosofiamo troppo su liturgia e magia, il
dato comune è uno e identico: che ne sarà del nostro futuro ultimo? Che cosa
alla fine sperare? Un po' di panico e approfittando dei poveri di spirito si è
seminato due tre anni orsono allo scadere del millennio con il proverbio
"mille non più mille" e con una grande dovizia di pubblicazioni sulle
varie profezie inerenti alla fine del mondo. E chi ci rideva sopra veniva
giudicato da qualche devoto come miscredente, ateo, senza Dio. Indubbiamente
riderci sopra alle credenze popolari non è da fair play, per cui preferiamo
tratteggiare alcune linee culturali e scientifiche in materia. Ma dato che in
un articolo si può dire gran poco, a chi volesse approfondire l'argomento
consiglierei tre libri accessibili e molto interessanti: "Credo" di
H. Küng, "Fede, scienza e fine del mondo" di I. Sanna, "Il
futuro dell'universo" di A. Benz. Autori che provengono da estrazioni culturali
molto diverse: il primo è un sacerdote teologo svizzero da tempo escluso dal
magistero della Chiesa per le sue avanzate affermazioni, il secondo all'opposto
è un sacerdote decano di teologia all'Università papale Lateranense, quindi
molto ligio ai dettami del cupoIone, il terzo un astrofisico del Politecnico di
Zurigo. Tutti e tre, pure in tempi diversi, partendo dalle stesse premesse
arrivano alle identiche conclusioni. A conferma che quando si tolgono di mezzo
pregiudizi religiosi, di potere o di prestigio, fede e scienza si incontrano
sempre. Un discorso il meno fantasioso possibile sul futuro lo
si può fare soltanto collegandosi col passato, cioè al concetto di origine del
mondo e di creazione, interpretato dalla nostra cultura in vigore sino a
qualche anno fa. E qui un certo smarrimento regna tuttora fra i nostri seguaci,
cioè cattolici praticanti. In effetti nella Bibbia il primo
libro del Genesi descrive l'origine dell'universo presentandoci Dio come una
specie di artigiano che nel giro di 5 giorni completa tutto, dalle stelle alle
erbe. Nel sesto da un pugno di terra ti fa saltar fuori Adamo e dalle costole
di lui la gentile compagna. Al settimo si prende il dovuto
riposo e inaugura il relax di fine settimana.
La
creazione della bibbia non è una cronaca né un verbale
La gente è stata
abituata ad interpretare questo racconto come un reportage scientifico e
televisivo, invece va recepito solo come una comunicazione di valori. Allo
scopo l'autore ha utilizzato il sapere astronomico e geologico del tempo. In
effetti questo libro sacro non vuole insegnarci una cosmologia ed una
cosmogenesi (cioè una storia del mondo e delle sue origini), quanto piuttosto perché
è stato creato, chi potrebbe averne avuto la felice idea, il rapporto
di empatia fra creatore e creatura, fra l'uomo e il regno vegetale animale, fra
il maschio e la femmina, il senso della libertà, della coscienza, della
responsabilità. Al riguardo Newton giustamente faceva osservare che la Bibbia e
il
Genesi
non ci vogliono insegnare come va il cielo (cioè
teorie scientifiche) ma come si va in cielo (cioè indicazioni religiose e
morali). L'immagine del mondo che si aveva a quel tempo era molto elementare.
Creato 4-5 mila anni prima di Cristo, la terra al centro dell'universo, con la
forma di un disco e sopra il firmamento sede
della divinità, sotto lo scheol, cioè immensa cavità a raccogliere gli spiriti
e gli spettri dei morti. E l'uomo al
centro di tutto. Pure Gesù aveva questo modello e lo si nota allorché parla
della fine e del giudizio universale, o quando dopo la morte discende negli
inferi. Di passaggio varrebbe la pena notare che di fronte a tante premesse di
carattere esplicativo, molto più indicato sarebbe nelle nostre messe, dopo le
letture bibliche, anziché con la formula, "Parola di Dio" terminare
con una meno esigente "Parola del Genesi, Parola di Matteo, ecc.". Si
pensi per esempio alla difficoltà di pronunciare un "Rendiamo grazie a
Dio" dopo il brano di Paolo in cui si comanda alle donne di chiudere il becco
e proibisce loro di prendere la parola nelle assemblee. Dopo questa deviazione
torniamo al punto, cioè la concezione del mondo oggi visto dalla scienza
astronomica, chimica, fisica, in una parola dalle scienze naturali. Ed in base
ad esse che cosa sperare. A differenza della Bibbia, il nostro
universo risale a 12-15 miliardi di anni, viene considerato ancora molto
giovane, una specie di cantiere in costruzione, un prodotto non finito. E'
iniziato dal big bang, cioè dall'esplosione di un piccolissimo ma ultrapotente
nucleo che conteneva virtualmente tutti i micro e macrocosmi del futuro. Le
stelle sono nate attraverso un processo auto organizzativo, vivono in media 100
milioni di anni, non si spengono come una candela ma restituiscono gran parte
del loro materiale ai gas interstellari, una volta spente si aggirano nell'universo
sotto forma di nane bianche, ma potrebbero anche rivivere dalle precedenti
ceneri proprie o altrui nel segno di "morte tua, vita mia".
La
rinascita e formazione dei pianeti non è ancora terminata.
Il sole vive da 5
miliardi di anni e potrebbe così illuminare ancora per altrettanti. Mentre fra
71 miliardi di anni la sua energia si sarà esaurita, la terra si raffredderà
sotto i 275 gradi, la vita sul nostro pianeta sarà impossibile. Non è esclusa però
una sua ulteriore rinascita mediante un successivo big bang. Il pianeta terra è
un pulviscolo nell'universo in buona compagnia con 30 miliardi di stelle solo
nella nostra galassia, mentre 100 milioni ve ne stanno nascendo nelle vicinanze.
Questi non sono numeri da fantascienza, ma da vertigine. Attraverso
un'evoluzione fatta di caos, casualità, catastrofi, sommovimenti tellurici si è
resa possibile la vita. Attraverso la selezione dei più forti 3 milioni di anni
fa è comparso il primo uomo sulla terra, e 200 mila anni or sono l'uomo "sapiens",
cioè la piena intelligenza ed autocoscienza. Durante questa evoluzione il
grande ha mangiato il piccolo, il lupo l'agnello, la rana la libellula, il
coleottero la rana, nel segno anche qui di "morte tua, vita mia". La
selezione ha costato lacrime, la morte è stata più importante della vita, magra
consolazione quella della propria morte a servizio del futuro. Di qui l'eterna
domanda che l'uomo rivolge a se stesso del perché della sofferenza e del
dolore. Attribuire tutto ciò al peccato di Adamo e della mela è semplicista.
Andrebbe forse rovesciata l'equazione: l'uomo muore non perché Adamo ha
peccato, ma pecca perché è mortale. Se solo alla fine della guerra si contano i
morti, si dovrà attendere la fine dell'evoluzione, guardare a ritroso e forse
solo allora si capirà il senso della nostra morte. In tutto questo infinito
sviluppo e selezione il cosmo voleva pervenire ad un obbiettivo: rendere
possibile la vita dell'uomo. In questo senso egli è il re del creato,
l'interprete intelligente dell'universo, senza del quale esso sarebbe solo un
museo in stato di abbandono. Di qui una domanda: dove mettere Dio che potrebbe
fondare la speranza dell'uomo? Gli scienziati non lo dicono perché non compete loro
questo genere di indagine. Essi devono procedere come se Dio non ci fosse.
Anche perché Dio non ha lasciato da nessuna parte le sue impronte digitali. Lo
scienziato scopre le leggi, "conosce" le meraviglie, non gli
interessa sapere chi ci sta prima e dopo il big bang. Il credente invece
"riconosce" al di là di queste leggi un'intelligenza suprema ed un
amore che, come dice Dante, muove il sole e le altre stelle. Scienza e fede
dunque, prese dallo stupore, fanno lo stesso percorso, solo che il credente si
permette di andare oltre. E ci rende possibile la speranza che il mondo abbia
un senso.
Interpretazione
accessibile dell’incarnazione e risurrezione di Gesù.
Se come conclusione vogliamo finire nel campo specifico
della rivelazione cristiana ed osservare il rapporto Gesù-mondo, la speranza di
cieli nuovi e terre nuove si sostanzia ulteriormente. Ad esempio, si insegna
che Gesù si è incarnato? Allora significa che ha assunto la nostra natura umana,
la materia, e respirato il nostro ambiente. Il carbonio e l'ossigeno del suo e
del nostro corpo provengano dalla combustione di elio di una vecchia stella, Il
ferro del suo e del nostro sangue provengono dalla fusione di due nuclei di silicio
di una seconda stella, il calcio dei suoi e dei nostri denti provengono
dall'ossigeno e dal silicio di una terza stella. Lo iodio della sua e della
nostra tiroide proviene dai neutroni di una quarta stella in stato di collasso.
Anche Gesù come noi era fatto di spirito e di "materia", cioè di
frammenti e di componenti dell'universo. Ne potremmo dedurre che Gesù non
dovrebbe (mi si perdoni la banalità) sputare sul piatto dove ha mangiato e
tanto meno permettere a Dio che per disinteresse o per una forma di
autolesionismo distrugga o lasci andare in deperimento questo cosmo che dopo
tutto resta un magnifico giocattolo. Il fatto poi della risurrezione di Gesù da
morte potrebbe costituire un'ulteriore pezza d'appoggio, in essa è anticipata e
presente la fine ed il fine (scopo) del mondo. Certo questi sono argomenti di
fede, ma possono fare da supporto alle intuizioni della scienza. In teoria
causa l'(ir) responsabilità degli esseri umani si potrebbe finire anche ad un
pianeta senza uomini, la nostra libertà potrebbe mettere tutto a rischio. Ma
poiché nella risurrezione di Gesù la vita è stata una volta tanto più forte
della morte, esistono buoni motivi per sperare. Non una semplice utopia, ma
speranza sufficientemente fondata.
Autore:
Albino Michelin
04.05.2001
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