Sui misfatti
di Genova accaduti dal venerdì 20 alla domenica 22 luglio 2001 si è ormai detto
tutto, ma si sono persi di vista i contenuti conclamati da circa 200 mila giovani
e di ogni età pacifici manifestanti. Sì è continuato, e non è ancora finita, di
esibire le soperchierie di una minoranza, circa 4- 5 mila teppisti infiltratisi
per l'occasione, a cui i poveri del terzo mondo non importa proprio nulla, e
trovano buona ogni occasione come alibi per manifestare la loro violenza
"antitutto". Costoro con la logica del tanto peggio tanto meglio e
con una voglia matta di farci scappare il morto calarono in bande armate da
ogni dove della nostra Europa sotto gli occhi un po' daltonici di 20 mila
poliziotti a far tabacco di tutto: banche, vetrine, auto, forze dell'ordine. Il
bilancio? Un morto, 560 feriti, 219 arrestati, mezza polizia sotto indagine per
possibili abusi di perquisizione, 500 miliardi lire di danni, Genova assediata
e devastata dai moderni lanzichenecchi, con tutto rispetto verso questi ultimi.
Nessuno di noi può giustificare tale comportamento, ma va anche affermato che
macerie e calcinacci lasciati da alcuni barbari passano, il messaggio invece
del "popolo di Seattle" resta e presumibilmente è destinato sempre
più a diventare un grande movimento di aggregazione e di pressione per tutti
quelli che credono che un altro mondo è possibile, anzi necessario. Ho seguito
i fatti anche in televisione, ma mi diede a nausea, in quanto che essa, sia in
questo caso come in tutti gli avvenimenti, privilegia lo spettacolo, lo
scontro, la piazza, le emozioni, rispondendo solo alle curiosità epidermiche di
un pubblico narcotizzato dal torpore quotidiano. È parziale, settaria,
controproducente. Per questo ho voluto andare a Genova: per vedere, dire,
raccontare ciò che TV Radio, Mass media, giornali non fanno vedere e non
dicono. Ho scelto di andarci qualche giorno dal 6 al 15 luglio, periodo del
preconvegno o pre G8, e la domenica sera 22 per un consuntivo. Non c'ero dunque
il venerdì 20, così fortunatamente mi sono risparmiato qualche botta in testa,
causa i tumulti provocati da alcuni facinorosi. Parlando ancor oggi con molta
gente si nota tanta confusione in merito, per cui mi permetto di chiarire
qualche termine o focalizzare impegni e motivazioni da tutti ignorati. Il
"G8" (otto Grandi) è il vertice dei capi di Stato fra gli 8 paesi più
industrializzati del mondo: Canada, Usa, Gran Bretagna, Francia, Germania,
Italia, Russia e Giappone. Perché poi si siano limitati ad 8 soltanto anziché
per esempio a 80 è frutto di una libera scelta, non di una investitura della
base, né dall'Onu. E' comunque di per sé sempre positivo il fatto d'incontrarsi
per ascoltare, parlare sui bisogni del mondo attuale. Altra espressione chic
collegata al G8 è la "globalizzazione". Potrebbe significare
vicinanza, scambio, dipendenza fra i diversi paesi della terra, superando
confini e identità locali, allo scopo di progettare un mondo unico ed unito.
Nella storia passata abbiamo avuto due realtà che hanno tentato di fare un
mondo di tal genere: il Cristianesimo con la conversione del genere umano ed il
comunismo con l'internazionale del proletario. Il primo è in fase di
ripensamento, causa la concorrenza di altre religioni, il secondo è fallito.
Altro tentativo di globalizzazione è quello della lingua: ieri il latino, oggi
l'inglese. Ma anche qui sono riemersi e stanno divulgandosi gli idiomi locali a
dimostrazione che nessuno è disposto a perdere la propria identità. Un certo
successo globale sembrano acquisirlo oggi alcune catene commerciali, alimentari
o di abbigliamento, come Mc Donald, Coca Cola, Adidas ecc. Altra espressione
sempre più ricorrente nel nostro contesto è il "Popolo di Seattle".
Città del nord America sulla costa del Pacifico, dove il 10.11.1999 in occasione
del Vertice G8 sull'organizzazione mondiale del commercio, una manifestazione
di migliaia di persone espresse una massiccia protesta portando a fallimento il
vertice stesso. È di qui il battesimo ufficiale del cosiddetto "No
Global" o degli antiglobalizzatori presenti in tutte le successive
manifestazioni. A Genova questo popolo si è dato pure un logo "Genova Social
Forum" (GSF). Composto di una variegata galassia di associazioni,
trasversale nelle ideologie, 91 italiane, 98 straniere, animate dalle più
disperate motivazioni ma con un unico scopo: la globalizzazione della
solidarietà, no a questo tipo di globalizzazione soltanto economica. Contro
questo ingranaggio esso rappresenta il classico granello di sabbia. Molti
profani hanno voluto fare del GSF ogni erba un fascio: pretestuoso ed
offensivo! Ad esso vi facevano parte anzitutto i gruppi della rete Lilliput,
oltre il 60% dei manifestanti, sui 130-150 mila aderenti di appartenenza
cattolica: volontariato, scout, Mani tese. Caritas. Abele, Missionari della Nigrizia,
Focolarini, l'ala più avanzata del mondo cattolico con i preti di frontiera Don
Ciotti, Don Gallo, Don Benzi, don Vitaliano della Sala (porta vessillo del
"nessun scudo fra terra e cielo"), con i vescovi Casale di Foggia, Riboldi
di Nocera, Bettazzi di Ivrea. Iniziativa sostenuta pure dal Cardinale
Tettamanzi di Genova e dell'Episcopato Ligure i quali in un precedente
documento avevano ribadito il diritto di esprimere in materia la propria
opinione, di dare ad essa visibilità di essere credenti combattivi senza
diventare distruttivi: l'umanizzazione della globalizzazione è posta troppo
alta per restarsene inattivi. Inaccettabili gli squilibri di questo mondo!
Umanizzare
la globalizzazione
La
rete Lilliput anche nel giorno degli scontri è rimasta fedele al suo impegno: visibilità
e pacifismo. Nel Genova Social Forum vi erano poi altre tre componenti quella
delle "tute bianche", per la disobbedienza civile, quella dei centri
sociali con 200 strutture autogestite a tendenza più radicale, infine una
quarta quella dei Cobas o "tute nere" ala piuttosto dura e basata
sull'autodifesa attiva. A queste ci rifiutiamo di aggregare il "Black Blok
"gruppi neri” in quanto scesi solo per creare scompiglio e squalificare li
movimento. Personalmente mi ha interessato la Rete Lilliput perché ha preparato
la manifestazione con una settimana di incontri, di documenti, di verifiche,
cui volli partecipare. In questo preconvegno o pre G8, costruttivo
controvertice dei cattolici, dislocato in varie sedi della città, hanno
presenziato oltre 2000 giovani, circa 250 congregazioni religiose, 200 relatori
in 18 sessioni. Vere sentinelle del mattino hanno elaborato delle schede "questo
mondo non è in svendita", recapitate mesi prima a tutti i gruppi cattolici
dalla Conferenza Episcopale Italiana. Le richieste (e chi ha il coraggio di
chiamarle proteste?) schematizzate in un documento, consegnate al nostro
rappresentante presso il G8 elencavano: "Cancellazione del debito presso i
paesi poveri, lo 0.7 % del prodotto interno lordo al Sud, servizi scolastici e
sanità gratuiti, tassazione sulle transazioni internazionali del capitale,
(Tobin Tax), lista dei paradisi fiscali disseminati nel mondo, mercato delle
armi, accesso ai medicamenti per i malati di Aids". L'elaborazione di
questi documenti-richieste è stata accompagnata da una forte sensibilizzazione
religiosa con serate di sit in, preghiera, canti, musica nella Chiesa francescana
di S. Maria di Boccadasse, animate da suore missionarie dinamiche e coraggiose.
In tre piazze della città furono organizzati stand di sensibilizzazione alle
richieste del documento e al mattino del "caldo" venerdì 20 luglio
venne celebrata, quale terapia d'urto e provocazione creativa, una suggestiva
Via Crucis in cui le 14 stazioni erano state sostituite con le 14 piaghe del
mondo attuale. Dalle serate del preconvegno due impressioni mi sono rimaste
indelebili. Una positiva: l'intervento dei missionari comboniani per i quali la
parola moderna della carità si chiama "nuova politica".
L'assistenzialismo deve lasciare il posto alla solidarietà politica. Non basta
curare le piaghe del terzo mondo, bisogna prevenirle.
L’Italia sesto
paese produttore di armi nel mondo.
La seconda impressione invece totalmente
negativa. L'informazione che nel 2000 l'Italia sesto paese produttore di armi
nel mondo ha venduto armi per mille miliardi e seicento milioni di lire agli
Emirati Arabi, Turchia, India, Pakistan, Sudafrica, Romania, Usa. Le banche più
armate vanno dal Banco di Sicilia con 480 miliardi a quello di Lodi con 130 Miliardi.
Una domanda: è violenza solo quella dei 3-4 mila "sfascisti" di
Genova limitata al giorno dell'ira 20.07.01 o è violenza anche quella
dell'Italia cattolica, culla di una civiltà superiore, che garantisce tutto
questo traffico per il quale centinaia, migliaia di persone muoiono ogni giorno
senza un'alba di speranza? Molti hanno scritto e gridato: "da Genova siamo
tutti usciti sconfitti". Penso di
no. Certo dal Gruppo dei G8, dagli 8 grandi della terra non è uscito granché.
Un miliardo e duecento mila dollari per i poveri del terzo mondo, l'equivalente
di 8 quadri di Picasso, 2.000 lire a persona. Un'umiliazione per i destinatari.
Ma consideriamo pure l'obolo della vedova. Importante è continuare su questa
strada, e non accontentarsi della pubblicità e di restauri di facciata. A
questo si giustifica la presenza e l'affermazione del "Popolo di
Seattle", pure con tutte le autocritiche, l'esame interno dei vari guru
(Agnoletto, Casarini, ecc.) e delle modalità di espressione da approntare per
il futuro. Il "No Global" ribattezzandosi può offrire un grande
servizio. Dalla visione d'insieme di questo fenomeno si possono trarre alcune
conclusioni interessanti. Anzitutto la potenza dell'internet. I giovani di
tutto il mondo si sono mobilitati non attraverso stampa e murales, ma con il
nuovo linguaggio telematico. Poi la potenza delle Televisione, massacri in
Uganda ne succedono molti di più e di più gravi che non a Genova. Ma qui c'è la
TV ad ampliarne i contorni, là no. La TV oggi sta al posto del pulpito del prete:
è lei a creare la realtà, costume, comportamento morale. Poi la gioventù che
prende il gusto di stare insieme, conquista la piazza perduta dai partiti e
della quale questi sono rimasti orfani, coalizza quelle proteste non come
quelle del G8 a livello casalingo. Oggi a lei interessa il futuro del pianeta.
Poi lo hanno capito anche i sassi che il popolo di Seattle non è un fuoco di
paglia. I potenti temono i poveri quando questi si coalizzano. Infine la
risposta di una componente della chiesa italiana. Non ha fatto solo una scelta
di campo, ma è stata sul campo. Questa è una chiesa che piace e può diventare
credibile a tanti, perché non si pone a difesa della sua bottega e dei suoi
privilegi (es. la scuola privata), ma delle necessità degli ultimi. Personalmente
mi reputo fortunato di avervi partecipato, anche se rappresentavo solo me
stesso. Mi sono ulteriormente convinto, non è con la critica salottiera, né con
il perbenismo borghese, né con il buonismo clerico-laicale, né con il moralismo
dispiaciuto in pigiama e pantofole davanti alla Tv che oggi si potrà migliorare
il mondo.
Autore:
Albino
Michelin
12.10.2001
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