Risale
soltanto ad un mese fa la decisione di un insegnante delle scuole di Medie di
Melana (La Spezia) di rimuovere dall'aula il Crocefisso per non turbare la
sensibilità di uno studente musulmano di 14 anni, per rispetto alle minoranze
di religione diversa, in ossequio alla laicità dello Stato italiano che non
intende identificarsi con il solo cattolicesimo. Protesta dei genitori e
intervento della Preside per rimettere al suo posto il così indegnamente
bistrattato nostro simbolo religioso. Altro caso analogo era successo nello
stesso periodo presso la sede Consulta della Corte Costituzionale di Roma. Per
motivi di restauro il presidente Ruperto lo tolse e ad opera eseguita vi appese
al suo posto un quadro della Sacra famiglia, motivando anche qui il suo gesto
con il fatto che il cattolicesimo non è più da tempo religione di stato. Sempre
sulla stessa linea lo scorso anno uno scrutatore si rifiuta di presenziare un
seggio elettorale in un'aula scolastica dove era appeso un crocefisso. Lunedì
sera 22 ottobre 2001 furibonda polemica televisiva "Porta a Porta" di
Bruno Vespa. L'intervistato Abel Smith, presidente dell'Unione Musulmani d'Italia,
premettendo che il cattolicesimo è una religione politeista e idolatra, esce
testualmente con quest'espressione: "i cristiani adorano un cadaverino in
miniatura appeso ad un pezzo di legno, tale da turbare la sensibilità dei
bambini". Provocazione che suscitò l'ira furibonda di mezza Italia, tant'è
vero che la sera seguente il conduttore ebbe a rammaricarsi dolente per essere
stata quella la trasmissione più ignominiosa dopo la strage di New York dell'11
settembre. Dunque alla guerra dell'Afghanistan e a quelle che seguiranno
bisogna aggiungere ora anche la guerra del Crocefisso. Certo esso è stato il
simbolo della nostra civiltà, della nostra cultura e della nostra identità
occidentale, ma che lo continui ad essere alcuni cominciano ora ad opporre delle
obbiezioni. Va da sé che la croce è un simbolo antichissimo e carico di
significati collettivi ed universali. Difatti viene riconosciuto dalle più
remote antichità quale punto d'incontro del piano orizzontale e verticale,
delle quattro direzioni del mondo: nord, sud, est, ovest, settentrione,
meridione, oriente, occidente. Misura e sintesi, nella croce si congiungono
cielo e terra. D'origine indoeuropea, esso significa quindi "bonjour a
tout le monde", come dicono i francesi (buongiorno a tutti), cioè salute,
felicità, prosperità. Nel tempo poi vi si esplicitarono i significati con
diverse configurazioni, croce di S. Andrea a forma di x, croce di Malta a estremità
incavate, croce celtica inserita in un cerchio da cui le sue estremità
debordano a significare l'abbraccio universale, croce ugonotta che porta come
pendaglio una colomba, croce ortodossa con tre braccia orizzontali di cui la
terza obliqua, croce uncinata (svastica) benefica se la curvatura delle braccia
volge a destra, malefica se volge a sinistra, croce ansata degli egiziani ad
indicare la vita eterna. Croce che con tutti questi simbolismi, sia pure
inconsci, viene oggi portata al collo, un po' per fede, un po' per scaramanzia,
un po' quale monile ornamento. Lo esibiva anche una certa principessa parigina
che trovatasi ad un ricevimento di gala di fianco al futuro papa Giovanni XXIII
si sentì da questi complimentare: "bella o principessa la sua croce, ma
molto più bello il suo Monte calvario". Con i romani la croce assunse
anche l'altra faccia, dall'amore all'odio, e diventò il patibolo dei malfattori
e degli schiavi: quello che toccò in sorte anche a Gesù Cristo. Il motivo del
contendere sul crocefisso esposto nei luoghi pubblici, come da noi descritto
nei casi all'inizio, presenta alcuni risvolti che non vanno ignorati. Nel Regio
Decreto del 1922 si fa obbligo di appendere in modo visibile nei luoghi pubblici
questo simbolo in quanto il cattolicesimo veniva allora considerato religione
di stato. Questo per la storia. Ora però ci si trova invasi da una quantità di
religioni, ciascuna con i suoi simboli più diversificati. Ovvio che chi arriva
da altri mondi ha da rispettare la cultura della nostra maggioranza, finché
essa resta tale. E questa è prioritaria al rispetto delle minoranze. Se un
domani i numeri in Italia gireranno, si cambieranno anche iconi. Importante è
spiegare il significato dei vari simboli cosicché l'informazione a tutto campo
divenga arricchimento per tutti e rispetto per ciascuno. Ma facciamo un passo
più avanti. E' veramente l'Italia di oggi ancora un paese credente che ha
bisogno del crocefisso sui muri per mantenere e testimoniare la propria fede o
è diventata talmente laica da usare del crocefisso solo come pretesto di
superiorità verso i gialli, i neri, gli arabi, gli induisti, i musulmani? Come
bandiera da sventolare sotto il naso di tutti che la civiltà nostra occidentale
è superiore alle altre? Che in tutta questa canea non ci sia anche del
fariseismo? Da rispettare la sensibilità del lettore, ma francamente questo
crocefisso appeso ad ogni parete come un arredo archeologico, o nelle osterie
fra tintinnar di bicchieri e ubriachi, o cacciato in tutti gli angoli, scaffali
e sottoscala fa pena. E poi vederlo nelle aule dei tribunali a campeggiare sul
programma, mezzo slogan e mezzo spot: "La legge è uguale per tutti"
fa salire il sangue alla testa. Perché è a tutti noto che se esiste un luogo
dove la giustizia in Italia sta diventando sempre più ingiustizia, specie per
chi non ha quattrini per comperarsi amicizie che contano, questo è proprio
l'aula del tribunale. E lo si vorrebbe sotto gli occhi del crocefisso ad
abbracciare tutti, truffatori e truffati ad un tempo? I magistrati lo stacchino
pure dal muro quel crocefisso, non se lo lascino sempre dietro la schiena, ma
se lo mettano davanti agli occhi oppure dentro la coscienza. Allora rimuovere
il crocefisso dai luoghi pubblici? Per rispetto alla nostra storia e alla nostra
identità culturale, forse ancora no. Ma per rispetto a lui certamente sì.
Infine un argomento tipico ad hoc per i credenti. Allorché io venni in Svizzera
nel 1956, come tanti, ebbi un sussulto in fondo al cuore nel vedere che sopra
il campanile delle chiese protestanti svettava il gallo anziché la croce. Lo shock
con il tempo si mitigò soprattutto quando ci si spiegò che il gallo significava
l'animale del mattino, che canta prima del sorgere del sole, che invita a
svegliarci e a vigilare sui nostri comportamenti per il giorno che viene. Per
noi cattolici il crocefisso è il simbolo del dolore umano, della debolezza che
vince sulla forza, della violenza che viene sconfitta il Venerdì Santo. Però
dimentichiamo che il messaggio del cristianesimo non si fonda sul Venerdì Santo
ma sulla pasqua. Il crocefisso, introdotto nella chiesa solo nel Medioevo
avanzato, presso le masse popolari costituì un eccessivo supporto al fatalismo,
al dolorismo, al piagnisteo, all'autoflagellazione, alla fuga dal mondo. Certo
la Pasqua senza Venerdì santo è un'utopia. Ma il venerdì santo senza la Pasqua è
uno strazio senza rimedio. Che senso ha, intanto, vivere, lottare se tutto
finisce e si perde fra il grido di un impiccato sul Golgota? Sì parla troppo dì
croce e di crocefisso, poco di Risurrezione. Questo sarebbe il vero simbolo da
rivalutare: non rievoca fantasie di morte, ma fonda la speranza e costruisce il
futuro.
Autore:
Albino
Michelin
07.12.2001
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