Stanno aumentando in questo periodo
i segni di un ricupero del nostro passato, evidenziato nel tentativo di rivisitazioni storiche
da parte degli studiosi e di frequenti
celebrazioni "Giorni della memoria" da parte della sensibilità popolare. Fra gli altri merita una
dovuta attenzione il 60° anniversario della Shoah, cioè dello sterminio ebraico, celebratosi il 27.1.05 a ricordo
della liberazione
del lager di Auschwitz (27.1.1945) per intervento dell'armata russa e la conseguente sconfitta della dittatura nazi-fascista. Queste memorie
però fanno sempre
riaffiorare emotività, nostalgie e
contrapposizioni. Comunque un documentario televisivo del 12.1.05 dal titolo "La storia siamo noi"
ha portato in primo piano
persone a noi sconosciute che hanno dato eroicamente la vita per la causa ebraica. Fra gli altri Giovanni Palatucci
(1909- 1945) di Montella, Avellino, morto a Dachau all'età di 36 anni. Mi soffermo su di lui anche per rivalutarlo fra gli
italiani campani di Svizzera,
in modo particolare fra i Montellesi, il cui numero in questa terra è estremamente elevato. Giovanni
Palatucci più che un nostro "bravo cattolico" era un credente, cioè
un cristiano di profonda fede. In effetti l'espressione evangelica "ama il
prossimo tuo come te stesso" era quotidiana nella sua bocca, nella sua
corrispondenza, nel suo comportamento. Laureato in giurisprudenza a Torino,
entrò come volontario nel ramo della Polizia e dal 1937 divenne questore reggente
della città di Fiume, oltre Trieste, responsabile dell'ufficio stranieri, in
diretto contatto con una realtà di rara umiltà, in particolare con la condizione
degli ebrei. Le leggi razziali erano oltremodo severe contro costoro sotto il
nazismo di Hitler e dal 1930 anche sotto il fascismo di Mussolini. In quei
territori di frontiera l'opera di solidarietà del Palatucci in favore degli
israeliti divenne sempre più rischiosa, ma egli si rifiutò di diventare complice
della persecuzione nei loro confronti. Combattendo anche contro l'animosità dei
suoi superiori dopo lo scoppio della guerra 1940 istradava sempre più
clandestinamente i profughi ebrei presso Campagna (Salerno) dove esisteva un
campo di concentramento ad essi riservato e dove fungeva da vescovo lo zio
Giuseppe Palatucci. In tal modo questa operazione umanitaria veniva pure
facilitata. Intanto aumentavano il sospetto e l'ira dei capi nei suoi
confronti, ma egli ebbe più volte a rispondere "ci vogliono dare ad
intendere che il cuore sia un muscolo e impedire di fare quello che il cuore umano
e la nostra religione ci dettano".
Gli
Ebrei trattali come miei fratelli
Un'ispezione governativa
del 23 luglio 1943 trovò manomesso l'elenco degli stranieri e mancante lo schedario
degli ebrei. Con l'armistizio dell'8.9.1943 la situazione precipitò: Palatucci
diventò questore rimanendo da solo in quella città a rappresentare la faccia di
un'altra Italia che rifiutò di diventare complice dell'olocausto. Gli ebrei in
città in quel periodo raggiungevano il numero di 3.500 in gran parte profughi
della Croazia e dalla Galizia. Il capo della nostra questura fantasma si
rifiutò di consegnare ai nazisti anche un solo ebreo, continuava a salvarne a
centinaia indirizzandoli clandestinamente sempre verso Campagna o anche in
Svizzera. Una sopravvissuta austriaca, signora Neumann, racconta che nel Natale
del 43 offrì a molti ebrei un pranzo nel sotterraneo della questura. E la
famiglia Schwartz rammenta che quando il Palatucci consegnava a qualcuno degli
ebrei per metterli in salvo raccomandava: “trattalo come un mio fratello, come
mia sorella, anzi come un tuo fratello, una tua sorella in Cristo". E allorché
il Console svizzero di Trieste, conscio del pericolo imminente, lo invitò a
mettersi in salvo e trasferirsi in Svizzera egli rifiutò osservando che non se
la sentiva di abbandonare i fratelli ebrei nelle mani dei nazisti. Il 13.9.44
venne arrestato dalla Gestapo, trasferito nei campi di sterminio di Dachau dove
il 10.2.1945 morì di stenti e di sevizie. Il popolo ebraico da allora non ha mai
più dimenticato questo eroico personaggio, anche se lo Stato italiano lo ignorò
per ben mezzo secolo. Sì, perché il Palatucci in pratica era stato un
obbiettore di coscienza, aveva preposto l'amore verso l'uomo all'obbedienza
della legge, non era stato un "missionario di pace", non aveva fatto
onore all'Italia nell'eseguire le leggi antirazziali, non era stato un fedele
servitore della Patria, ma piuttosto un traditore ed un disertore che non
avrebbe meritato i funerali di Stato. Solo il 19.5.1995 il Presidente della
Repubblica, Scalfaro gli ha conferito la medaglia d'oro alla memoria. Mentre
invece le comunità ebraiche di tutto il mondo gli hanno tributato omaggio
perenne. Pure una strada ed un parco a Tel Aviv, una foresta ecologica nei pressi
di Gerusalemme portano il suo nome. Ho citato questa figura perché emblematica
nell'eroismo in quanto ha saputo superare i condizionamenti di una bimillenaria
cultura cattolica dalla mentalità e dal conformismo antigiudaico. Ai bambini
cattivi di 50 anni fa si rimproverava: "sei peggio di un ebreo". E
tutta la polemica orchestrata in questo periodo è stata sollevata ad arte. Fra
una corrente cattolica borghese che vorrebbe Papa Pio XlI (1939-58) beato sugli
altari interpretando il suo silenzio nei confronti dello sterminio ebraico
quale diplomazia evangelica per evitare ulteriori ritorsioni naziste contro gli
israeliti stessi, e l'altra corrente meno contorsionista che considera il
silenzio di Pacelli una mancanza di coraggio ed un timore di finire lui pure
nelle camere a gas, questo martire si staglia al di sopra della contesa con un
personalità pura ed indiscutibile .
L’inutile
contesa sulla beatificazione.
Sotto Pio XlI e il suo pontificato sia nel popolo come nella
gerarchia regnava un profondo sentimento antisemita che per 2000 anni aveva
criminalizzato gli ebrei quali deicidi (cioè uccisori di Dio in Gesù Cristo).
Per cui Hitler, il nazifascismo, la Shoah, l'olocausto altro non furono che il
frutto maturo di una pianta a lungo concimata e coltivata. Certo il periodo di
quel Papa non fu semplice da gestire in riferimento alla vicenda ebraica. Però
la storia ci dice che egli il 20.7.1933 in qualità di segretario di Stato
Vaticano stipulò un concordato con la Germania nazista tramite F. Von Popen
vice del Führer, che nel novembre del 38 alla notte dei cristalli contro gli
ebrei la Curia romana tacque, così come in occasione delle leggi antirazziali
di Mussolini (14.7.38), che dopo la sua elezione (2.3.39) egli cestinò
l'Enciclica di condanna al nazismo preparata dal suo predecessore, Pio XI (Societatis
Unio). Ci si obbietterà che non si può giudicare il passato con il metro del
presente e che anche questo comportamento va contestualizzato. Nel senso che in
quel tempo si riteneva che solo il cattolicesimo possedesse la verità, e solo
la verità ha i suoi diritti. Per cui i non cattolici non possedevano la verità
e quindi nessun diritto. Risposta? Indubbio che il pericolo per uno studioso è
l’anacronismo storico, cioè ritenere che i valori e gli atteggiamenti mentali
di oggi siano sempre esistiti e quindi possano diventare un criterio di
giudizio della storia stessa. Si esigerebbe da quegli uomini (nel caso papa
Pacelli) una lucidità sugli avvenimenti dei loro tempi che noi abbiamo acquisito
proprio per le conseguenze dei loro errori. Cioè sarebbe stato anacronistico
sul piano dottrinale che quel papa avesse fatto delle affermazioni concepite
solo dopo il concilio Ecumenico o dopo 50 anni. Francamente l'obbiezione non
trova tutti e del tutto consenzienti. Perché se è indiscutibile che Pio XlI ed
altri uomini della gerarchia cattolica sul piano personale hanno protetto e
salvato degli ebrei, però sul piano dei valori universali (amore del prossimo)
la verità del Vangelo non resta condizionata e relativa nel tempo ma immutabile
e come tale proclamata. Gente comune invece, appartenente alla chiesa popolo di
Dio, hanno superato tutte le diplomazie e le liturgie papali, comportandosi da
profeti, cioè agendo come Dio in quel caso avrebbe agito. Vedi il Palatucci,
cui si potrebbe aggiungere D. Bonhoeffer (luterano), ed innumerevoli altri. Non
sarebbe una colpa se per ipotesi Papa Pacelli non fosse stato un eroe nel
periodo dell'olocausto, ma sarebbe inutile retorica proclamarlo tale. Oltre
ovviamente ad aprire vecchie ferite non marginate nei confronti del popolo ebraico.
E di contrappasso non spendiamoci nemmeno più di tanto per beatificare il
Palatucci. Egli resta ammirevole e fulgido esempio al di sopra di tutte le
nostre nuvole d'incenso. Una cosa è certa: fra chi ha costruito la nostra storia
di rispetto verso gli ebrei e le altre religioni c’è 'anche lui, Giovanni Palatucci
di Montella. Avellino.
Autore:
Albino Michelin
11.02.2005
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