L'argomento
«Procreazione assistita» implica diversi aspetti, alcuni di carattere generale
la cui soluzione richiede tempo, studio, riflessione e altri di carattere
particolare contingente e riguarda la scadenza del referendum in materia
fissata per il 12 e 13 giugno 2005. E qui è necessario operare una scelta: o
affrontare i contenuti dei 4 quesiti oppure la strategia dell'astensione
propugnata da diversi settori istituzionali religiosi e laici. Preferisco la
seconda problematica, però alcuni interrogativi di base non possiamo
sorvolarli. Ad esempio: la ricerca scientifica,
cioè l’uso delle cellule staminali provenienti dagli embrioni congelati non utilizzati,
il tutto allo scopo di rigenerare tessuti umani e curare malattie impossibili
come morbo di Parkinson, Alzheimer, diabete, ictus, tumori ecc. Il dibattito spacca
l'opinione pubblica in due schieramenti. Da una parte i cattolici i quali
sostengono essere l'embrione già persona e quindi il suo utilizzo sarebbe un
omicidio. Dall'altra uno schieramento trasversale che cita fra l'altro anche
una espressione del Vangelo: “non c'è amore più grande di colui che dona la
vita per il suo prossimo”. E quindi come è legittima, anzi gradita la donazione
degli organi così non sarebbe per lo meno crimine la donazione di cellule
staminali.
Mandare la gente al mare o aiutarla a
pensare?
Altro
argomento importante nel dibattito è quello concernente il terzo quesito che
afferma: «Il concepito (embrione, zigote, unione sperma-ovulo) ha lo stesso
diritto della madre» perché è persona, per di più indifesa. E di qui nasce la
divergenza portata avanti da coloro che al contrario sostengono essere sì
l'embrione una vita, ma non una persona, operando una distinzione fra le due
realtà. Cioè l'embrione ha la capacità di diventare persona, è persona in
potenza, ma non in atto, non nella realtà presente. Se ad esempio uccido un
girino non uccido una rana. Oppure un scapolo è in potenza, in divenire un
eventuale sposato. Ma finché non si sposa, non arriva aI matrimonio, coniuge
non è. Un blocco di marmo è in potenza a diventare una statua, ma finché non
compare la statua esso rimane pezzo di marmo. E ti portano avanti con una
dovizia di simili esempi. Lo stesso S. Tommaso, il cui pensiero ha costituito
il fondamento della teologia e della morale cattolica fin dal lontano 1200, fa
distinzione tra vita e vita e persona. Secondo lui esiste una vita vegetale,
una vita animale, una vita umana o personale. Il vegetale non è persona come
non lo è l'animale, anche se, come si dice, a qualche cane e gatto manca solo
la parola. No, ci manca molto di più. Il nostro teologo, chiamato sommo
Dottore, argomenta quindi che il concepimento non si identifica con
l’animazione, la quale, secondo lui, avviene solo quando il feto o embrione ha
avuto già un processo di crescita iniziale (vegetale), progressiva (animale), e
quindi a tale momento diventa disponibile a ricevere da Dio l’anima, cioè a
diventare persona. Per lui, va ripetuto, non ogni vita è vita umana, anche i
tafani e le mosche hanno e sono vita. Altri teologi cattolici oggi si spingono
ancora più avanti e sostengono che l'embrione è persona solo quando ha
l’autocoscienza, l’autoconsapevolezza, cioè la capacità di riflettere su
stesso. Anche se questa autoconsapevolezza spesso è o può essere latente, come
nel sonno, nel coma, o in stato avanzato nell'utero materno. Secondo questa
teoria quindi trattare gli embrioni non è uccidere un uomo ma un futuro che
oggi uomo non è. Forse valeva la pena riassumere queste posizioni contrapposte.
Per completezza giova pure aggiungere che nello scorso autunno in occasione di
un referendum molto simile effettuatosi in Svizzera dopo uno studio i nostri
vescovi, certamente senza radicalizzare le posizioni con crociate politiche e
guerre sante come in Italia, hanno dichiarato il loro dissenso nei confronti di
questa materia, basandosi soprattutto sul fatto che nel dubbio non è lecito
agire. Cioè se io cacciatore dubito che dietro la siepe vi sia una lepre oppure
un uomo non mi posso permettere di sparare. La legge in Svizzera è passata, in Italia non
sappiamo ancora. In tutti i casi i cattolici contrari possono mantenere
coscientemente le loro posizioni e non sono obbligati a servirsi della legge.
Come fu per il divorzio e l'aborto: il credente non se li permette in coscienza
anche se la legge li permette in codice civile, perché questi discorsi non li
condivide. Di qui una conclusione di carattere universale: non tutto ciò che è
tecnicamente fattibile diventa lecito sul piano morale.
Astensionismo, manovra per non arrivare al 50% e annullare il referendum.
Ciò
premesso nel nostro caso del Referendum, andrebbe fatta una considerazione
sull'invito all'astensione. Che invito poi non è, è astuzia, istigazione. Per
quanto la legge referendaria abrogativa ammetta come scelta giuridicamente
valida la diserzione dalle urne, nel nostro caso specifico e per il modo e per
le istituzioni e per le persone che si sono messe in stato di guerra per
distogliere i cittadini da questo voto è veramente penoso, ingiustificato e deplorevole
comportamento. A soffiare sul fuoco o meglio a pilotare l'operazione «disertate
le urne» si è messa anche la chiesa italiana tramite esplicita dichiarazione del
suo Presidente Card. Ruini. Non ci
interessa qui il giudizio morale nei confronti dei parlamentari, garanti delle
istituzioni, che si pongono per primi a boicottarle. Però una perplessità
sull'intervento della chiesa italiana ci è ampiamente consentito. Soprattutto
perché qui non si tratta di dogmi, di fede, di SS. Trinità. La chiesa ha il
diritto di intervenire sulle scelte che riguardano il futuro dell'umanità?
Senz'altro! Però l'obbiezione che
possiamo muovere alle gerarchie ecclesiastiche italiane non è sul merito ma sul
metodo. Questo è il metodo tipico dello struzzo che pone la testa sotto la
sabbia per non vedere né i pericoli, né la realtà. E tanto meno è il metodo
migliore per formare Ia coscienza civica, quella che proviene dalla conoscenza dei
problemi sul tappeto. Un folto gruppo nazionale, di religiosi, religiose, cittadini
cattolici ha divulgato un appello per il rispetto della sacralità della
coscienza in occasione del referendum del 12-13 giugno. In esso dichiarano
inaccettabile la soluzione d'autorità, che cede alla tentazione del potere e
riduce la chiesa ad una specie di partito politico contrapposto e più potente
di tutti gli altri in concorrenza. Uso le parole di persone più autorevoli del
sottoscritto. Don Zenga, ex direttore di Famiglia Cristiana: «Non votare è
legittimo ma poco nobile. Non è giusto che un cristiano di fronte a scelte così
importanti debba rispondere solo alle imposizioni della gerarchia, senza
interrogare la sua coscienza. Non è dissenso, ma semplice buon senso: meglio
sarebbe stato se l'episcopato italiano avesse aperto un pubblico dibattito all'interno
della comunità parrocchiale, anziché invitarci tutti ad andare al mare».
Fortunatamente che non tutta la gerarchia è così allineata, infatti dice G.
Casale, vescovo emerito di Foggia: «quando ci tornava comodo abbiamo voluto i
referendum. Stavolta invece li boicottiamo perché abbiamo paura della realtà.
Perché non affrontarli invece e verifichiamo così la nostra gente faccia a
faccia? Significa questo formare le coscienze? Questi tatticismi possono
portare ad una vittoria momentanea, ma le conseguenze sarebbero drammatiche, la
gente continuerà poi a fare come prima, peggio di prima. Turismo procreativo e
figli in trasferta. Il Referendum ci costringerebbe invece a pensare».
La chiesa non è una
caserma, e i credenti non sono militari
Ecco: noi credenti dobbiamo individuare le
fughe giuste con questi capitani coraggiosi per portare avanti il discorso pro
senso civico, cosi carente fra gli italiani. Cosa che grava anche sulla
coscienza dello stesso cattolicesimo: così invadente con devozioni e sacro
turismo nei media, così debole sul piano spirituale, così spento sul piano
della creazione culturale. Di fronte a questo referendum si è voluto spaccare
la cattolicità italiana in due con le solite crociate. Da una parte Opus Dei,
Comunione e liberazione, Falangisti di Cristo, Focolarini, Neocatecumenali,
Rinnovamento dello Spirito, Azione Cattolica, Acli che ci predicano:
«l'astensione è un modo di votare». Oppure sempre dalla stessa parte chi alza
addirittura il tono come l’on. Cossiga che propina: «io seguo i vescovi, sono
un cattolico bambino, non come Prodi cattolico adulto che segue la sua
coscienza». Oppure Buttiglione che scomunica: «un cattolico che vota è stupido
o è traditore». Questa è gente che ha imparato molto bene l'uso e lo
sfruttamento politico del cattolicesimo. Preferisco stare dall'altra parte, con
chi difende la formazione alla coscienza, l'educazione al voto, la
testimonianza di lealtà civica. Sì sì, no, no, apertamente come il Vangelo ci
indica. Nella nostra bella Italia, spesso penisola di pirati, l'astensione dal
voto in questo referendum rappresenta un'ulteriore forma di pirateria, per di
più benedetta da copiosa acqua santa.
Autore:
Albino
Michelin
27.05.2005
27.05.2005
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