Il
fatto anche se risale alla fine febbraio 2004 si presta a molte riflessioni perché
è ancora e chissà per quanto tempo di attualità: appartiene ad una mentalità e
ad un costume tipicamente italo-cattolico. È successo
a Firenze: Simonetta è una ragazza laureata, un buon rapporto
con la fede, è credente, non semplicemente cattolica per
caso,
per convenienza ambientale, o pressione sociale. Desidera insegnare agli
adolescenti delle medie, trasmettere e vivere con loro il senso di Dio e della
vita, convinta che insegnare religione non è come
dare lezioni di matematica o di archeologia. Non è sposata,
è ancora nubile, rimane incinta. Non si rapporta al nascituro come ad un
intruso da cui liberarsi, ma come vita nuova da
difendere, far crescere, crescere insieme. La pancia di Simonetta con il
tempo ovviamente diventa sempre più visibile, però la ragazza non si mette ad
esibirsi con l'orgoglio donna, quello di avere sfidato delle leggi morali, dei
tabù, e tanto meno come paladina di sfrontatezza, oggi si direbbe donna contro.
Vive
in
attesa i suoi momenti nella poesia di una felice premamma. La faccenda però non
sfugge all'occhialuta autorità ecclesiastica locale. In effetti, dal detto al fatto
l'allora Cardinale Piovanelli di Firenze la fece licenziare perché inidonea.
Simonetta vorrebbe affidarsi al sindacato per la
tutela del posto di lavoro, ma questo non è competente
in materia, sono faccende di chiesa. Inoltra ricorso alla Corte di Cassazione,
viene respinto con
la
motivazione anche qui che l'unica autorità legittima per un insegnante di
religione è il Vescovo che può procedere alla delegittimazione del ruolo senza
tante causali. Eh sì, tutto fila nella logica perché in Italia dopo il
Concordato Craxi-Vaticano del 1984 lo Stato non è competente per la selezione e
presentazione degli insegnanti di religione nella scuola pubblica. Si formano
due fronti contrapposti. Da una parte quello della chiesa fiorentina che cosi
dichiarò: un diritto non può essere invocato a spese di un altro diritto. Cioè
il diritto alla tutela della maternità di avere, allevare, educare un bambino
deve cedere o venire dopo il diritto dei ragazzi, della scuola, delle loro
famiglie. Un'insegnante ragazza madre predica bene ma razzola male. Come può
una persona del genere, in situazione irregolare, insegnare la teologia
cattolica sul matrimonio? Che fa? Evita l'argomento? Ne parla? Allora è
costretta a denunciare la sua irregolarità. In pratica una nubile incinta mancherebbe
di coerenza a scuola, guasterebbe tutto, uno scandalo, emanazione di satana.
Quindi va ripudiata.
Situazione paradossale: o aborto o
ipocrisia.
Dal fronte opposto invece sorge tutt'altra
reazione. L’interessata indirizza alla chiesa il rimprovero di sessuofobia,
immoralità, che punisce e mortifica ingiustamente una ragazza madre. Una chiesa
che vorrebbe salvare i poveri dalla guerra, ma non dall’Aids, che non vuole vedere
morire di fame i bambini, ma proibisce il controllo delle nascite, impone alle
donne la maternità come fosse un destino e non una libera scelta, mette sul
lastrico una ragazza onesta che vuole tenersi il suo bambino e non ha marito.
Il secondo appunto è sulla doppia morale della chiesa. È vero che gli uomini
quando peccano non ingrassano e non fanno il pancione, ma il vescovo o
cardinale sarebbe stato altrettanto severo con il fornicatore maschio? Magari a
mettere incinta Simonetta potrebbe essere stato anche un sagrestano, un
sanluigino, un confratello del SS. Sacramento. Ma questo non ha importanza,
peccato non visto peccato non addebitato. La
chiesa per tradizione non indaga oltre se le apparenze sono salve. Infine
Simonetta contesta alla chiesa fiorentina l'ipocrisia. Cioè se lei invece di
prendersi il bel pargoletto che poi chiamerà Giovanni, senza dar sull'occhio se
ne fosse liberata, oppure avesse sposato un signor qualsiasi, avrebbe potuto
continuare ad insegnare. Ma lei ha rifiutato questa ipocrisia ed ogni
rassegnazione strumentale. Per inciso va detto che molte sono in Italia le e
gli insegnanti laici di religione che in quanto conviventi o divorziati
segnalano all'autorità ecclesiastica un doppio indirizzo fasullo e cosi
dribblano l'ostacolo. Ma Simonetta rifiuta il doppio gioco, non decide di
emigrare e neppure perde la fede, ci vuole ben altro per lei. Resta a Firenze,
si sottopone ad un altro concorso, lo supera e ottiene la cattedra di lettere.
lnidonea ad insegnare religione la ragazza madre insegnerà storia, di cui pure
la religione rappresenta un aspetto, ma di fronte alla quale ora lei sarà
giustamente più critica, più vera. Che conclusione tirare? A doppia uscita, a
seconda che ci si riferisca alla chiesa italiana o ad una extra italiana. In
Italia per quanto concerne la religione nelle scuole siamo di fronte ad un bell'inciuccio.
E come potrebbe essere altrimenti? Cioè il Concordato, come sopra accennato,
equipara la religione cattolica a religione di Stato e ne impone l'applicazione
alla magistratura italiana. Nulla di più anacronistico. Già S. Paolo ai suoi
tempi affermava che la nostra fede non va sostenuta con la potenza di questo
mondo. Il patto fra due poteri (Chiesa-Stato) rappresenta una debolezza per la nostra
fede. Significa che abbiamo ancora bisogno del potere civile per convincere le
coscienze e per credere in Gesù Cristo. Onestamente è medioevo
riveduto e corretto. Soluzione più rispettosa della libertà di
coscienza sarebbe quella pure adottata in Svizzera e che molti preferiscono.
Cioè nella scuola pubblica sostituire la religione con la storia delle
religioni, consolidare scientificamente l’insegnamento religioso, potenziare la dimensione
culturale e il rapporto con le altre religioni, dispensando la diocesi dalla
valutazione morale e dalla scelta di professori. Destinare invece la cultura, formazione
cattolica e catechismo alle comunità e parrocchie locali, ma all’infuori
dell’orario e dei locali scolastici. E
purtroppo nel caso avremmo delle grosse differenze. Che in Italia bambini e
adolescenti verrebbero consegnati ad un vuoto precettismo, ad un incomprensibile
dogmatismo, ad un pioso devozionalismo da parte di suore, religiose, dame di S.Vincenzo.
In Svizzera avremmo invece, come da tempo abbiamo, insegnanti preparati adeguatamente
e laureati in teologia, che vanno ed educano all'essenziale. Non dimentichiamo
che in Italia il 76% degli insegnanti di religione sono laici. Quel poco che
circola nella testa dei nostri cattolici viene appreso dai media e dalla Tv,
quindi parziale e privato di una vera anima evangelica. Purtroppo a noi
italiani lungo la storia è mancato lo stimolo ed un confronto da parte dei
fratelli protestanti. Continuiamo cosi a correre in riserva di carburante. Ma
con scadenza inevitabile e forse già segnata.
Autore:
Albino Michelin
17.09.2004
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