Quanto avvenuto a Oppido Mamertina, città storica di 5-6 mila abitanti, ai
confini tra Gioia Tauro e le pendici dell’Aspromonte di Reggio Calabria, non è
cronaca recente. Risale al 2000, ma per le conseguenze e soprattutto per le
motivazioni e per le varie articolazioni della protesta non dovrebbe passare
inosservata. Oppido è località di antichissima
cultura, da mille anni pure sede di diocesi e vescovile, Cattedrale, Seminario,
biblioteca di inestimabile valore. A rompere gli equilibri ci capitò la
decisione risalente agli inizi del 2000 di trasferire vescovo e vescovado a
Palmi, cittadina lontano una ventina di chilometri. Anticipiamo che più che la decisione
è il modo di intervento a lasciare perplessi. Per sé l’operazione non sarebbe
stata nemmeno così traumatica se pensiamo al decreto della gerarchia ecclesiastica
(10.6.1979) di accorpare i territori vicini in una più ampia ristrutturazione onde
venire incontro alle mutate esigenze dei tempi. Però certi decreti d'autorità
lasciano il tempo che trovano anzi irritano la gente se questa non viene a tempo
debitamente, gradualmente informata. Se non viene coinvolta e maturata in un
dialogo o dibattito assembleare, se le si buttano sulla testa decisioni repentine,
se si pensa alla scorciatoia mentale di tacitare il popolino con lo slogan
secolare del potere sacro, che poco ha da spartire con il Vangelo del Signor,
cioè: «cattolici di Oppido obbedite senza fiatare perché questa è la volontà di
Dio». La comunità ai Oppido ha reagito a tale identificazione tout-court di
autorità religiosa - divina, soprattutto perché sottintendeva la debolezza e
l’ignoranza dei destinatari, che poi così non sono, come hanno dimostrato di non
esserlo. In effetti è sorta una mobilitazione che ancor oggi non ha visto
soluzione. I miei documenti di riferimento sono: i Quaderni Mamertini, circa
una quarantina, soprattutto quello dal titolo «Una comunità tra fede e
malafede”, autore Rocco Liberti del luogo, deputato, storia patria della
Calabria, nonché una mole di pubblicazioni, articoli, ciclostilati, corrispondenze
conservati dal «Comitato 19 marzo», inizio ufficiale della protesta. lnoltre
contatti personali con gruppi di associazioni della città stessa. In effetti a
Oppido Mamertina ci sono stato non solo il 28.7.04, ma annualmente per ben 24
visite, quindi non sono del tutto sprovveduto.
Mobilitazione
generale: non contro il vescovo, ma per la sede vescovile
Ovvio che più tardi anche la persona
del vescovo fu coinvolta e ne divenne bersaglio. ll 15 febbraio 2000 viene
nominato il nuovo Vescovo di Oppido Luciano Bux, pugliese di Bari e fissata
anche il 7 maggio la data dell’ingresso ufficiale. Fino a qui nessun problema. Ma
il fulmine a ciel sereno arriva allorché lo stesso prelato comunica senza
preavviso che la sede centrale della diocesi verrà trasferita da Oppido a
Palmi. Ed è qui che il popolo tutto salta in piedi, si coalizza per la
resistenza, progetta e passa a vie di fatto, diremmo da quelle più scontate a
quelle più radicali. Le campane della città che suonano a morto, striscioni
pubblicitari «Oppido rivendica la sua diocesi millenaria”. Dopo 366 anni la
statua della Madonna viene bloccata ed abolita la grande processione annuale
del 25 marzo. Il 22 marzo sciopero generale: negozi, uffici, scuole, chiese. Centinaia
di persone in piazza, tutte le funzioni religiose sospese, paralisi di ogni
attività, chiuso iI mercato. In esercizio solo il Pronto soccorso
dell'ospedale. Blocco delle strade di accesso alla località, Vescovado e seminario
circondati da carabinieri e polizia. Ma il gesto più eclatante, forse non
verificatosi in nessuna parte del mondo, è la reazione delle donne di Oppido. Dal
19 marzo al 4 maggio, 47 giorni, dalle ore 5 del mattino fino alle 24,
scaglionandosi a turno, si incatenano davanti alla statua della Madonna,
trasferita per la circostanza all’ingresso della Cattedrale. Le catene sono simbolo di schiavitù ed esse
vogliono testimoniare che alle gerarchie ecclesiastiche non è consentito
ignorare il popolo mamertino, di trattarlo come massa di manovra o come manovra
devozionale, cui chiedere soltanto soldi per discutibile impiego. Per questo pure
un gruppo si è costituito a scopo volantinaggio a incitare la popolazione per
non versare più l'8 per mille a favore della Chiesa. La vicenda si allarga fino
a coinvolgere anche le istituzioni politiche e amministrative. Il Consiglio
comunale al 31 marzo, sindaco Antonello Frenò, diffonde alla stampa un ordine
del giorno: «Il Vescovo rinunci alla sua missione». Scontato anche che interventi
e petizioni arrivino pure al Vaticano e al Papa stesso. Dopo una pubblica posizione del Consiglio comunale si
passa a quello provinciale, per approdare alla Camera dove la On. Angela Napoli
afferma che Oppido non merita una tale punizione, e che degna di rispetto è la
lotta che la città sta conducendo per il mantenimento della sua sede vescovile.
Del caso se ne occupa pure A. Veneto, sottosegretario delle Finanze. In questo
modo sono stati attivati tutti i canali del potere, sia laici che religiosi. I
media danno al tutto una larga diffusione, compresi quelli nazionali come Repubblica
e Corriere della Sera. I titoli ovviamente sfruttano la sensazionalità come: “La
rivolta della Cattedrale». Il 3.4.2000 una delegazione del paese viene invitata
a Roma dalla Rai per la trasmissione «I fatti vostri». Il programma all’ultimo
momento è stato annullato, mai si è saputo per merito di quale occulto
spiritello. Il gruppo viene dileggiato e rinviato mani vuote ad Oppido, oltre il
danno anche le beffe. Una certa risposta per altro, sia pure evasiva viene dalla
Conferenza Episcopale Italiana che si indirizza al Comitato: «Dietro i vostri
gesti, dal punto di vista ecclesiastico non condivisibili, vediamo un
riconoscimento della figura del Vescovo nei vostri territori. Il ministero del
Vescovo però non soggiace ad altrui consenso ma alla Missione ricevuta dal
Santo Padre». E fece intendere che altri gesti del genere diventerebbero deviazioni
ereticali. Delusione e rabbia sono evidenti in quanto i destinatari si sentono
ingannati da un organismo ecclesiastico che scarica la volontà di decisione da
una gerarchia all’altra, subendo così uno stato confusionale in quanto nessuno
riesce a intravedere l’organo responsabile. E così ancora una volta la
diplomazia uccide la trasparenza evangelica.
Alla gente del sud non
vanno messi i piedi sulla testa.
Il neo vescovo ad un certo punto si sente in obbligo di inviare una
circolare in cui pare accetti una specie di compromesso. Ad Oppido resta la cattedrale,
il seminario(vuoto), il vescovado, una selezione staccata di Palmi per le
pratiche burocratiche. Con tale soluzione alquanto nebulosa, ma atta ad
ammansire per il momento la gente, Bux fa il suo ingresso ufficiale, come
previsto, il giorno 7 maggio. La situazione da tesa diventa interlocutoria, ma tale
resta solo per poco. In effetti nel frattempo il vescovo si fa costruire una nuova
sede episcopale a Pami al posto della precedente scuola materna creando
resistenze anche fra 45 famiglie che colà portavano i loro bambini. Si parla, si
vocifera, si scrive di 40 miliardi di lire elargiti allo scopo dallo Stato. E
quindi si va finire anche ad una interrogazione parlamentare e al Presidente del
Consiglio, così si fanno circolare altri volantini lamentando che per la sua
reggia in una regione povera Bux sperpera il denaro di Santa Madre Chiesa che è
di tutti i devoti. Quali commenti riservare a questo episodio così nuovo e
complesso? Anzitutto il riemergere di
un'antica dignità da parte di questa gente. Chi pensa o dubitasse che la gente
del Sud sia così disponibile a lasciarsi mettere i piedi sul collo e spogliare
da preti e vescovi della propria storia deve ricredersi. Anche il fatto spettacolo
delle donne incatenate è simbolo di un mondo femminile del Sud per nulla
affatto negoziabile. Scrivano quel che si vuole: Oppido protestataria, ironica,
barricadiera, dalla dura cervice come i normanni, qualcosa da apprendere in
questo pezzo di storia ce l’abbiamo tutti. In secondo luogo: la gente del nord
o più generalmente della civiltà industriale è portata a liquidare re la faccenda
con un: «andate a lavorare, avete tempo da perdere, nostalgici di un mondo che
non c’è più e non ritorna più». Il fatto invece è che per la gente di Oppido e
di quei territori la cultura del passato con i loro nomi e cognomi e vocaboli
greci, latini, arabi, ecc.con le loro cattedrali, chiese, monumenti fa parte
della loro identità. Togliendocela mancano di punti di riferimento. Portandoci via
la sede vescovile li si priva di mille anni di storia, li si getta
nell’isolamento. Piegati da tanti disagi secolari perderebbero la loro profonda
radice affettiva ed una ragione di visibilità e di sopravvivenza, come cavarci
la pelle. Infine la solita amara costatazione: ad Oppido riemerge con urgenza
il rapporto piramidale Chiesa-Popolo di Dio. Anche al sud andrebbe rivista la elezione
dei parroci e dei vescovi nei vari ambiti. Che un vescovo venga fatto piovere
dal cielo come con il paracadute dal Santo Padre, anziché coinvolgere nella
scelta anche la base, cioè il popolo di Dio, diciamolo, siamo ancora nella monarchia
precoloniale. E poi francamente come potrebbe il papa conoscere personalmente 4000
vescovi del mondo e inviarci personalmente il mandato di espletare la loro
missione? Anche qui si deve ricorrere ai soliti canali preferenziali, amicizie,
conoscenza, lettere in alto (e non in basso) informazioni anonime ecc. Un caso
che può aiutare a capire il problema: nel 1998 fu inviato a Zurigo un vescovo
senza coinvolgere precedentemente i rappresentanti della cattolicità locale. Gli
svizzeri zurighesi secondo il loro modo di procedere fecero
consultazioni, ampi dibattiti nelle parrocchie, una documentazione precisa al
vaticano. Il vescovo discusso W.Haas è stato trasferito. Indubbiamente questo stile
di rapporti non esiste ad Oppido e nemmeno in Italia perché siamo una piramide
cattolica, però con la costanza e aumentando la corresponsabilità nella chiesa si
può arrivare a soluzioni più propositive e meno impositive da entrambe le
parti.
Autore:
Albino Michelin
10.06.2005
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