Il 2005 è stato dall'Onu dedicato come l'anno dei senzaletto. Dopo
quello della donna, del bambino, dell'acqua, del riso e quant'altri obiettivi
questo ci sembra abbastanza originale.
Orbene a Parma, città fra le più opulenti d'Italia e passata agli onori
della cronaca per il crac del latte, la parrocchia di S. Cristina è stata
recentemente occupata da un gruppo di immigrati. Il fatto ci riporta indietro
con gli anni e precisamente al 14.9.1968 quando una quarantina di giovani entrò
nella cattedrale della città, dispose le sedie a cerchio e si mise a discutere
temi allora brucianti sul Concilio, sulla povertà della chiesa, sulla gerarchia
e autorità partecipata, sui compromessi della chiesa con il potere costituito,
ecc. Tutti argomenti che oggi non sono superati ma giacciono insabbiati. Venne
dato a questi giovani l'interdetto di partecipare alla messa, poi irruppe la
polizia in assetto di antisommossa, in un blitz sgomberò la cattedrale dai
pacifici occupanti. Seguì una denuncia per vilipendio alla religione di stato. Dopo
qualche decina d’anni un cambiamento positivo c'è stato se non altro nel modo
di gestire questa nuova occupazione e nelle proposte di soluzione. Le cose sono
andate così. Il 18 gennaio 2005 venticinque immigranti, di cui 14 con regolare
permesso, stavano ricoverati in una vecchia cartiera alla periferia della città.
Altro blitz dei vigili urbani che li obbligarono a sloggiare. Questi neri si
sentono, umiliati ed offesi, in loro scatta l'impulso ancestrale di appellarsi
al diritto di asilo nello spazio sacro. A Parma hanno trovato una felice eccezione:
la chiesa di S. Cristina, comunità aperta ed
accogliente, sostenuta dal parroco L. Scaccagha, quello stesso che dopo
il dissesto della Parmalat sostenne pubblicamente che le chiese dovevano
restituire le donazioni lautamente ricevute dal Patron dell'industria e devolverle
a tutti i risparmiatori che si trovavano sul lastrico a causa del fallimento.
La comunità S. Cristina ha accolto i miserabili sotto le navate della chiesa
con i loro fagotti e i loro materassi. Quell'occupazione è diventata
condivisione. Ed è stata celebrata anche la messa, non tanto per convertire
quegli inquilini al cattolicesimo, ma per riconciliare il sacro con il profano.
Cioè ricuperare il senso dell’ultima Cena di Gesù quando disse: "Prendete
e mangiate, questo è il mio corpo” Praticamente era nella logica della sua
predicazione e testimonianza: "questo pane è l’affamato, il pellegrino, il
prigioniero, il torturato, l'abbandonato. Ognuno di questi è il mio
corpo". L’identificazione fra il pane ed il Corpo di Cristo diventa l’Identificazione
fra il Corpo di Cristo ed il povero. In questo senso la chiesa ambiente ricupera
il suo significato storico originale come casa dell'uomo. L'affermazione non
puzza di eresia se pensiamo che Gesù celebrò la sua cena in una sala di amici
situata al primo piano, se la messa nei primi secoli veniva celebrata nelle
case, se solo dopo il terzo secolo si cominciò a celebrare l'eucarestia nelle
basiliche romane, che da aule imperiali furono riciclate a edifici di culto
cristiano. Però in fondo non rinnegarono e non perdettero mai la loro funzione
di casa di accoglienza, casa protettiva per l'uomo, soprattutto quello in stato
di pericolo e di difficoltà.
La Chiesa
da sempre casa degli uomini.
Anche leggendo la storia noi troviamo che persino nel secolo
XlII in Francia la gente si portava giacigli e pagliericci nella cattedrale di
Chartres, gioiello d'arte gotica nazionale, per ripararsi dalle intemperie e
passare la notte al caldo. In quei tempi e in quei luoghi le messe duravano ore
ed ore, dal momento che il popolo non avendo né televisione, né sale di teatro,
né stadi per il calcio, in chiesa e nelle cattedrali trovavano ogni tipo di
aggregazione di tempo libero, di cultura, di riposo. Da aggiungere che con gli
anni le chiese diventarono anche luogo di rifugio per innocenti depredati dai
ladroni e truffaldini. E per questi ultimi vigeva anche la punizione della
scomunica se entravano nel luogo sacro a violentare e seviziare gli indifesi.
La recente occupazione quindi della chiesa di Parma non ha nulla di sacrilego
ma si pone nella linea di un servizio per i senza casa e senza tetto. Una buona
notizia per gli schiavi moderni e per gli eretici, pretestuosamente considerati
tali. Il discorso che si è fatto nella comunità di S. Cristina è il seguente: se
la chiesa non è la casa dei più deboli, a che serve? Chi li deve accogliere?
Una chiesa che non ospita i poveri che chiesa è? Il problema è sapere come ha
reagito l'ambiente locale cittadino. Il Vescovo Bonicelli è rimasto prudente, a
titolo personale ha contribuito con la somma di euro 500. La Curia ha preso un
po' le distanze informando ufficialmente che questa è una scelta personale del
parroco. Per la Parma dei cittadini resta comunque una provocazione lanciata alle
istituzioni e alle autorità locali. Il parroco infatti da tempo aveva proposto
la ripresa di una urgente politica edilizia popolare nella zona, la tassazione
delle case sfitte, un limite agli affitti in funzione del reddito dei
cittadini, la sospensione degli sfratti. Per altri invece le parole di questo
prete sono suonate una vera e propria istigazione a delinquere. Comunque
l'occupazione è finita dopo una settimana con una soluzione tampone avanzata
dalla comunità per una sistemazione provvisoria nelle strutture cittadine, uno
o due mesi, e in un dormitorio di frati in attesa di una presa di coscienza
collettiva, di una legislazione che affronti il problema in tutta la sua
dimensione umana. Quello che abbiamo visto ed esperimentato noi in Svizzera
capita adesso ai neri in Italia. Preferiamo esseri umani da spremere a
piacimento, senza diritti e senza futuro. Gli svizzeri ci predicavano negli
anni 60: " braccia si, uomini no”. E in Italia facciamo attenzione al
trabocchetto: assistenza agli immigrati sì, giustizia no? Vedremo. Il ruolo di
una società politica, non è quello di demandare l'assistenza ai preti e ai
frati, ma di creare strutture di giustizia ed accoglienza per tutti.
L'occupazione della chiesa S. Cristina di Parma non è solo una provocazione, ma
anche un messaggio altamente umanitario.
Autore:
Albino Michelin
25.02.2005
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