Uno
dei motivi, forse il principale, per cui Ratzinger dai cardinali fu eletto papa
è stato il discorso del 18 aprile 2005 in occasione di funerali di Wojtyla e
dell’apertura del conclave elettorale per il suo successore. Praticamente una
dotta e serrata disquisizione sul relativismo e contro il relativismo, il
grande pericolo della società attuale. Veramente egli vi ha aggiunto anche
qualcosa d’altro come “nichilismo, agnosticismo, sincretismo, individualismo,
marxismo, collettivismo, liberalismo” e tutta una serie di sismi, ma il suo
chiodo fisso fu e sarà vita natural durante il relativismo. Dittatura del relativismo,
che non riconosce nulla di definitivo e che lascia come ultima misura solo il
proprio io e le proprie voglie. Argomentazione serrata, pensiero netto che
fanno di Ratzinger una persona coerente e lineare. Organizzazione e diplomazia
non è suo mestiere, si lascia condurre dai vari canali e Ruini di turno, ma
come filosofo e come teologo è riferimento indiscutibile. Tuttavia è sui contenuti
del relativismo che il dibattito resta aperto e abbisogna di analisi in tutte
le sue componenti. Diversamente espresso così si presta a dire di tutto e il
contrario di tutto. Nessuno pretende di insegnare al papa di fare il suo
mestiere, ci siamo noi o ci sono già tante mosche cocchiere nella nostra società,
ma anche la visione di un pontefice è pur sempre legata alla sua cultura, alla
sua natura, alla sua storia personale. Ignorare tutto questo significa fare del
papa un dio in terra, con tutte le pericolose idolatrie, siano esse di matrice
laica o ecclesiastica. Quindi intendiamoci prima sulle parole. Relativismo
vorrebbe significare che tutto è niente e niente è tutto, ogni comportamento
umano vale l’altro, sia a livello individuale che collettivo, è il mio istinto
a decidere. Ma può significare anche che
in ogni aspetto umano, in ogni teoria, in ogni ideologia, in ogni uso e costume
vi può essere qualcosa di positivo. E questo relativismo va studiato, approfondito,
non a priori demonizzato. Talvolta addirittura usato come materiale di
costruzione a fronte di nuove istanze e mode che si presentano. Dipende dalle competenze
e dalla coscienza con cui il nuovo viene affrontato. L a coscienza indubbiamente
ce l’abbiamo tutti, ma talvolta può anche essere sporca e muta, essa abbisogna
di competenza, cioè di informazione, confronto, formazione, responsabilità. È
il primo tipo di relativismo da noi citato che Ratzinger considera il più grande
nemico dell’umanità oggi: che l’errore sia uguale alla verità, che tutte le
verità si equivalgano, che non esistano verità assolute, principi immutabili
nell’ambito morale, che ci si lasci portare qua e là da qualsiasi vento di
dottrina.
C’è
anche una dittatura del dogmatismo.
Indubbiamente
questa visione della realtà non deve portarci al dogmatismo. Perché se pericolosa
oggi è la dittatura del relativismo, non meno lo è quella dell’assolutismo. In
effetti ha anche Ratzinger stesso in più di una occasione relativizzato
l’assolutismo della chiesa del passato, non solo dopo i mea culpa del
predecessore, ma anche a non giudicare la storia di ieri con i pregiudizi e la
mentalità di oggi. Caso emblematico, nella scorsa estate in occasione del suo
viaggio in Polonia ebbe a dire che lo sterminio degli ebrei nell’ultima a
guerra mondiale non è stato frutto dell’odio di tutto un popolo tedesco, ma
soltanto di alcuni criminali nazisti. E aggiunse: ”conviene guardarsi dalla
pretesa di giudicare le generazioni precedenti vissute in altri tempi e in
altre circostanze in assenza di prove reali. Non si devono giudicare le
differenti precomprensioni di allora”. Se ne deduce che ogni nostro giudizio può
essere condizionato da un pregiudizio. Per cui trasferire il nostro giudizio di
oggi, cioè il modo di valutare la bontà o la malvagità di un’azione del nostro
tempo ad un comportamento del passato o viceversa può essere un’operazione
frettolosa, imperfetta e superficiale. In un certo senso si può dire allora che
tutto è relativo, che bisogna situare un atto umano in relazione al modo, alla
cultura, alle circostanze in cui fu compiuto. Un secolo fa i predecessori
dell’attuale papa condannavano la democrazia come una delle pesti più
terribili. Oggi invece sembra che la democrazia l’abbia inventata addirittura
la gerarchia cattolica e che solo quest’ ultima sia in grado di orientarla
direttamente intervenendo ad ogni piè sospinto persino sulle leggi del
parlamento. Abramo della bibbia si
racconta avesse deciso di uccidere il figlio Isacco per piacere a Dio. Oggi lo
si considera un crimine, ieri invece rappresentava un gesto di sottomissione
alla divinità sacrificando le cose e le persone più care. Sansone gridò:” perisca
Sansone e tutti i filistei” facendosi crollare così il tempio addosso per
coinvolgere nella rovina anche i nemici. Era un modo di dare lode a Dio
sterminando chi in lui non credeva. Suicidio? Non passava nemmeno per la testa.
Era martirio, atto eroico come i nostri kamikaze. S.Tommaso nel 1200 sosteneva che a questo mondo
ci vuole chi comanda e chi sta sottomesso. Quindi padroni e schiavi. E ha dato
pure dei principi perché gli schiavi restassero tali e tali continuassero ad
essere i padroni. Non si sognava di abolire la schiavitù perché contro la
dignità dell’uomo. Semplice, era la morale del tempo che si vedeva garantita la
continuità della società. Gli esquimesi di qualche secolo fa per la mancanza di
generi alimentari e per l’eccessiva crescita della popolazione abbandonavano i
vecchi a morire fra le placche del ghiaccio, non certo per crudeltà ma per
necessità di alimentare le nuove generazioni.
Per noi è immorale questa mancanza di assistenza, oggi senz’altro, ma mettendoci
nei panni loro, al loro posto, la cosa diventa relativa. Appunto relativismo
accettabile. Per non affermare tutto e il contrario di tutto si deve dunque
ammettere che esiste un relativismo buono ed uno pericoloso. Ma affermare tout
court che oggi viviamo in pieno relativismo, veleno della nostra società, lo
scomunicarlo significa fare una lettura partigiana del mondo nel terzo
millennio. E gli esempi sarebbero infiniti. Importante è capirne la chiave di
lettura. Non sono i principi assoluti, eterni, non negoziabili che fanno un
comportamento onesto o disonesto, ma il soggetto stesso che riesce a riflettere
su che cosa si compie, chi lo compie, perché lo compie, in quali circostanze lo
compie, quali effetti ha previsto, quali alternative ha preferito o
tralasciato. Quindi condannare in modo sommario e sbrigativo la cosiddetta
etica della situazione (i tedeschi la chiamano Siti im Leben) potrebbe essere
ottusità mentale e ignoranza delle coordinate psichiche dell’uomo. Indubbiamente
bisogna difendere e diffondere nella nostra società ideali e principi, ma sempre
con qualche analisi di fondo. Cioè i principi hanno delle costanti e delle
variabili. Le variabili sono le applicazioni dei principi che possono nelle
situazioni evolversi. Aggiungiamo
inoltre che esistono principi e ideali. Questi sono posti sempre davanti agli
occhi di tutti con la differenza che fanno riferimento al futuro, sono
sovversivi (vedanesi le beatitudini di Gesù), ma vengono realizzati
gradualmente.
Confusione morale: che cosa è il
bene e che cosa è il male?
Più
che il relativismo dunque è oggi il qualunquismo morale a farci paura. Oggi
abbiamo pensiero debole, morale bassa, etica carente. Lo Stato efficiente è
quello che fa dei buoni affari, per cui il migliore sarebbe quello di evadere
il fisco, la medicina dovrebbe permettersi tutto ciò di cui è capace, dire la
verità non sarebbe sempre una virtù. Se fosse così, come sarebbe possibile
mantenere i segreti professionali. L’onestà non sarebbe mai la miglior politica.
I criteri giusti per l’informazione non sarebbero l’obbiettività ma il
sensazionalismo. Profitto sarebbe farla franca, l’unico scopo dell’economia: spendere
milioni per budget militari, anziché investire risorse per la sicurezza dei
cittadini, sciupare capitali scandalosi per il festival di Sanremo con un
milione di euro alla Hunziker e 700 mila a Pippo Baudo anziché garantire dalla
disoccupazione i precari e dalla miseria i pensionati. Oggi un comportamento è
morale, cioè onesto, solo perché è normale, cioè compiuto da tutti o dalla
maggioranza. La scienza è diventata la nostra parola d’ordine, scientifico è
sinonimo di etico. Se scientificamente arriviamo a fare qualche cosa, significa
che dobbiamo e possiamo farlo. Degrado a lungo termine, come inquinamento, desertificazione,
tramonto della civiltà, estinzione della specie, depauperamento demografico, boh…
no problem. Gli animali possono sopravvivere grazie all’istinto, noi non
abbiamo questa fortuna. Possiamo sopravvivere solo educando e attivando i
nostri poteri valutativi morali. I valori morali sono più basilari di tutti gli
altri, perché riguardano non ciò che facciamo, produciamo, possediamo, ma ciò
che siamo come persone. Da questo caos ci usciremo soltanto se le varie
religioni del mondo potranno tra di loro solidarizzare e diventare vere agenzie
di formazione umana. Anche la nostra
chiesa cattolica dovrebbe recepire tutto questo evitando le solite musiche da
organetto, ricette dogmatiche, rigidità, assolutismi, piagnistei, per
riscoprire invece quel Gesù del “cercate prima di tutto il regno di Dio e la
sua giustizia”.
Autore:
Albino
Michelin
09.03.2007
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