Tristi
notizie ci sono pervenute domenica 7 settembre 2014. Assassinate tre suore
italiane nel Burundi. Olga Raschietti di 83 anni, insegnante vicentina, Bernardetta
Boggian 79 anni, infermiera padovana, Luciana Pulici 76 anni milanese. Autori e
moventi qui non interessano. Se per rubare un orologio o per complotto. Tre
persone sconosciute, schive di notorietà, ma con la febbre di fare del bene.
Con un accostamento forse un po’ forzato viene in mente Totò nella sua poesia
“La livella”, in cui racconta di un marchese pluriblasonato sepolto accanto
alla tomba di un netturbino, fetido e puzzolente. I loro due fantasmi
nottetempo vengono alle mani. Il marchese schifato di tale vicinanza fra morti
lo insulta:” Lei non sa chi sono io”. Oppure sempre di Totò lo sketch”
L’onorevole Trombetta”, in cui ridicolizza il borioso di turno con una serie di
epiteti ironici:” ma mi faccia un piacere…”. Comportamento molto comune nei
bar, sulla strada, nelle contese, nei tamponamenti, nei controlli di polizia di
chi si mette a scranna:” lei non sa chi sono io.” Orbene tre missionarie, o
meglio tre persone di questo mondo, hanno dedicato la loro vita nelle periferie
della nostra terra senza mai divulgare né il loro nome, né i loro meriti.
Proprio per questo meritano riconoscimento ed ammirazione. Alcuni indugiano a spiegare
questa strage con il movente odio di religione. Sembra da escludersi perché il
Burundi per quanto politicamente agitato è in maggioranza 87% cattolico. Quindi
le tre missionarie non sono delle martiri dal punto di vista istituzionale.
Cioè non sono state uccise esplicitamente a causa della loro religione. Vedi
gli ebrei che venivano martirizzati nel medioevo dai cattolici, o nella seconda
guerra mondiale da Hitler, o come in Nigeria i cristiani che vengono uccisi dai
musulmani, o come attualmente gli yazidi nel nord dell’Iraq dagli islamici. No,
in pratica le tre missionarie sono state massacrate a causa della loro
testimonianza personale. Quindi il loro è un martirio esistenziale come quello di
Socrate (399 a.C.), di Gesù, di S. Stefano della prima chiesa, di Ippazia
d’Alessandria, (filosofa pagana martire fatta a pezzi e bruciata dai cattolici
con il beneplacito di S Cirillo). Un martirio che ha a che fare con la loro specifica
dedizione alla gente, più che non riferirsi ad un episodio di persecuzione
contro i cristiani. Non sono state uccise perché anagraficamente e
genericamente cristiane, ma perchè agivano concretamente da cristiane, o
semplicemente da persone oneste, amanti del prossimo. Questa è la sorte che il
bene radicale subisce nel nostro mondo. Sono andate in Africa con la febbre di
fare il bene, tornavano di rado nei paesi di origine per qualche problema di
salute, ma subito riemergeva in loro il mal d’Africa. Partivano e ripartivano
senza scadenze, scelta un po’ difficile da comprendere al nostro tempo, in cui
anche il matrimonio stipulato “finché morte non ci separi” salta per aria alla
prima difficoltà. Nella loro morte vi è un’accettazione che contiene previsione
e volontarietà. Il tutto senza altoparlanti e sponsor pubblicitari. Conosciute
solo dai loro famigliari o dai gruppi di appartenenza, aggregazione o
congregazione.” Chi mai sapeva chi erano loro?” Di qualche caso nel passato
abbiamo avuto conoscenza mediatica, come delle due Simone, Torretta e Pari,
assistenti dei bambini in Iraq per una campagna dell’acqua pulita, sequestrate
e liberate dietro riscatto. Fatto che nulla toglie al merito della loro
iniziale decisione coscientemente a rischio. Ma si spera non le facciano sante
perché verrebbero a discriminare tutto un esercito di persone anonime, preti,
suore, laici dedicati alla vita dei poveri senza volto. Secondo le ultime
statistiche vi sono dieci mila missionari italiani nelle terre d’Africa e di
altri continenti. Da una parte con una diminuzione di religiosi fra cui l’età
media è oltre i 63 anni, dall’altra con un aumento di laici, singel, sposati,
con famiglie, di cui 56% donne, età media sotto i 40 anni. Sperduti un po’
ovunque che hanno scelto di fare il bene, perché questo è già premio a se
stesso. Non tanto per guadagnarsi il
paradiso, ma per la soddisfazione che il bene è sempre meglio del male, è seme
di speranza. Con la convinzione, e qui Totò con i suoi sketch e ironie ci aveva
ragione, che il rumore non fa mai bene, il bene non fa mai rumore. Grazie Olga,
Bernardetta, Luciana.
Autore:
Albino Michelin
10.09.2014
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