Ornella Cazzanello è una signora di
85 anni, anagraficamente anziana, di spirito giovanile, gode di ottima salute, spesso
si concede escursioni da sola e in gruppo
pure all’estero. Vive in un appartamento da singel, al centro della città
di Arzignano Vicenza, autonoma e indipendente. Ha un fratello residente altrove
e nipoti. Il 28 gennaio 2014 chiede ad un suo conoscente, portiere in un albergo
del genovese, presso cui essa aveva trascorso le ultime ferie, certo Angelo
Tedde, di condurla in macchina a Basilea. In antecedenza Ornella, tramite il
suo avvocato Claudia Longhi, aveva stipulato un contratto
con il Lifecercle di Biel-Benken, sobborgo di Basilea, specie di Casa Serena
dove uno può entrare per porre fine ai suoi giorni. La chiamano Exit, Dignitas,
Dolce Morte a seconda degli ambienti. La signora già dal gennaio 2013 si era
fatta membro dell’associazione Exit di Torino, presso la quale aveva deposto il
suo testamento biologico. Nella cittadina di residenza nulla trapelava, la si
vedeva sempre serena, caffè pomeridiano della terza età. A qualche intima e
all’autista che essa aveva ingaggiato confidava he non voleva morire nella
sofferenza e nella solitudine, e che desiderava andare nell’altra vita per incontrare
i suoi genitori e sua sorella. Un discorso, si direbbe, espresso in un
linguaggio cristiano. Individuare il luogo del suicidio assistito non fu
difficile, stante tutti i riferimenti che si possono reperire in internet. Il
medico di famiglia l’aveva informata che bisognava dare fiducia ai medici
dell’associazione svizzera. Non era un jubox che si paga e si ottiene l’effetto
desiderato. All’ autista aveva chiesto solo di rispettare la sua scelta. Al
Lifecercle si fece da sola l’iniezione letale, mentre una camera telefilmava, il
tutto previsto come da legge svizzera. Era il 30 gennaio 2014. A metà febbraio,
15 giorni dopo, è pervenuta per posta all’indirizzo del suo avvocato la
cassetta delle ceneri con una documentazione e registrazione dell’evento. Pure
una polizza assicurativa di 800 mila euro da devolvere all’accompagnatore
Angelo Tedde. Parte ovviamente il tam-tam
mediatico. Discussioni, assoluzioni, condanne a non finire. Si sa che già da
tempo in Italia è stata presentata una proposta di iniziativa popolare per la
legalizzazione dell’eutanasia, tramite le associazioni Coscione, Uaar (Unione
atei agnostici.) ed Exit. La sorreggono alcune considerazioni: ogni anno in Italia
mille malati terminali si suicidano ed altri mille tentano di farlo. Secondo
studi accreditati oltre 50 mila (=60%) di ricoverati nei reparti di terapia
intensiva muoiono con l’aiuto dei medici che sospendono le terapie e magari
aumentano le dosi di morfina. La definiscono desistenza terapeutica, ma è solo
una questione nominalistica. Resta la realtà di una diffusa eutanasia clandestina
basata sulla logica del “si fa, ma non si dice”. Dopo tutto quel polverone
sollevato qualche anno fa per lo stacco della spina a Welbli, da una vita in
stato vegetativo, escluso dai funerali in chiesa, e alla Eluana Englaro,17 anni
di coma, vale la pena anche aggiungere qualche punto di vista di alcuni teologi
cattolici, quali Vito Mancuso ed altri. Egli si chiede se rispettare l’essere
umano non significhi anche rispettare la sua coscienza e le decisioni che
concernono lui soltanto. E se un essere umano ha liberamente scelto di mettere
fine alla sua vita “biologica” perché l’esistenza è diventata una prigione ed
una tortura, chi vuole veramente il suo bene non lo dovrebbe rispettare? Lo
stato non dovrebbe dare a ciascuno la possibilità di “vivere” la propria morte,
per poter scrivere l’ultima pagina della sua vita con dignità? Il diritto alla
vita è inalienabile, ma si può tramutarlo in un dovere, o tanto peggio in una
condanna? Questa opinione, smentita solo da una affermazione di tipo dogmatico,
è di grande attualità ed incontra in modo prevalente la sensibilità comune. Talvolta
c’è chi sostiene che la nostra è una civiltà dalla cultura della morte. Affermazione
pretestuosa. Mai come oggi la vita è diventata una lotta contro la morte, per
un nulla si ricorre a medici e specialisti, l’ossessione del giovanilismo e
della vita eterna su questa terra. È passato il tempo in cui si accettava questa valle di lacrime
nella brama di volare in cielo al più presto possibile. Passato il tempo quando
Papa Gregorio XVI nel 1832 condannava l’uso del vaccino per debellare malattie
infettive. Nell’ipotesi peggiore si giungeva anzitempo alla vita eterna. Oggi
si vive solo per l’aldiqua. I casi di suicidio procurato o assistito, come
quello di Ornella Cazzanello e di tanti altri, che inconsciamente reclamano di
uscire da questo vita per “andare a Dio”, più che pubbliche condanne
pongono e lasciano aperte molte domande.
Autore:
Albino
Michelin
30.02.2014
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