domenica 11 febbraio 2018

I CATTOLICI DEI FORCONI

E’ di dominio pubblico l’assassinio di un ex prete italiano di origine vicentina, anni 76, avvenuta in Columbia giovedì 1 febbraio u.s. ad opera del suo compagno convivente. Si tratta di Dino Cinel, nativo di Rossano Veneto. All’età di 10 anni nel 1952 entra nell’Istituto Missionario Scalabrini di Bassano del Grappa, dopo il liceo viene inviato a Roma dove acquisisce una laurea, celebra messa in paese nel 1967 e quindi raggiunge gli Stati Uniti quale incaricato per i fedeli di lingua italiana e per l’integrazione degli stessi nell’ambiente locale. Di lì inizia la sua storia complessa. Docente all’università di S. Francisco e poi di New York, noto nel 1984 con la pubblicazione del libro ”Dall’Italia a S. Francisco” insignito del prestigioso premio Merle Curti Social History. Incaricato parroco nella chiesa S. Rita di New Orleans, nel 1988 all’età di 46 anni viene coinvolto in uno scandalo di pedofilia e pedopornografia, con diverso materiale fotografico reperito nella sua abitazione. Viene esonerato dallo stato clericale, esce dalla congregazione in cui era cresciuto per 36 anni e ridotto allo stato laicale. Qualche anno più tardi sposa una docente universitaria scozzese, Linda Pollok, da cui ha una figlia. Nel frattempo due giovani lo citano perché in passato da lui abusati. Per cui la stampa americana nel 91 riporta a galla i fatti. Nessuna inchiesta penale viene aperta e non rimane traccia perché i documenti andarono distrutti nel 2005 dall’uragano Katrin che ha devastato la regione. Cinque anni or sono da pensionato si trasferisce in Colombia nella città di Medellin, per alcuni mesi convive con un ragazzo di 18 anni, uniti da un reciproco innamoramento. Nell’ultima settimana scoppia una lite in cui il Cinel dichiara al convivente la decisione di separarsi, che Il giovane non è disposto ad accettare. Il malcapitato non fa tempo nemmeno a chiamare aiuto che il diciottenne Santiago Alberto Morales Parra gli squarcia l’addome con la lama di un lungo coltello. L’aggressore chiama la polizia, tenta di gettarsi dal sesto piano, le forze dell’ordine riescono a malapena salvarlo dall’inconsulto gesto.
Fino a qui la cronaca che il sottoscritto, suo compagno d’istituto registra, avvalendosi di ricordi di prima mano. Ma ciò che gli interessa in questa vicenda sono piuttosto due aspetti cioè il rapporto con il suo paese di origine, con altri due viciniori e l’atteggiamento di questi nei confronti del loro conterraneo. Dal 2009 Dino Cinel fece qualche comparsa in Italia anche per ottenere il documento di doppia cittadinanza. Nel 2009, dopo di essersi presentato al Comune di Rossano e averne ricevuto diniego ripiegò verso S. Martino di Lupari dove abitava un suo parente. Il sindaco G. Boratto gli negò la residenza sia “per il passato decisamente pauroso”, sia per l’insufficienza di requisiti burocratici. Dopo qualche mese si rivolse al comune limitrofo di Cittadella dove il sindaco Massimo Bitonci gli rifiutò pure la residenza perché accusato di pedofilia, oltre che per i suddetti motivi. Cinel, piuttosto caratterino, intentò un processo al Bitonci chiedendo un milione (!) di risarcimento. Cosa ovviamente che finì in una bolla di sapone. Il Bitonci anche recentemente ebbe a scrivere e ripetere che lo rifarebbe per “difendere i miei cittadini” (dall’appestato, s’intende), e cita anche Papa Francesco e la sua condanna morale ai pedofili. Fare il sindaco (continua Bitonci) è prendere decisioni ed assumere responsabilità anche a rischio di pagare di persona. Lunedi 5 febbraio u.s. attraverso un notiziario televisivo prende la parola l’ex sindaco di Rossano G. Trevisan: ”Non lo volli qui e oggi ripeterei il rifiuto per difendere i miei cittadini. Mi sono sempre battuto contro la pedofilia e per questo farò di tutto perché certi personaggi non arrivino in paese anche se ne sono originari. Bravo Bitonci, teniamo lontani gli scandali. Nel caso si fosse fatto vivo saremmo ricorsi a tutti i cavilli legali per negargli anche noi la residenza. Un’azione doverosa di coraggio”. E l’attuale sindaco di Rossano Morena Martini: ”questa persona è stata dimenticata dalla gente di questo paese e dimenticata la dobbiamo lasciare”.
Tiriamo le somme, praticamente siamo nel medioevo: ”al rogo, alla forca”. Da secoli metodo superato dalla stessa chiesa cattolica. Non trascriviamo sentenze apparse su Facebook: ”che schifo…uno di meno… e adesso gli faranno anche il funerale in chiesa, vero? ... ”. Anzitutto dal punto di vista amministrativo un sindaco non ha discrezionalità sulla richiesta di residenza. Se ci sono i requisiti la residenza deve essere data. Forse qualche problema sulla trascrizione Aire? Intoppi che si possono superare. Tanto più che al Cinel non sono stati tolti i diritti civili, egli non è stato civilmente né punito, né condannato. Un sindaco non può negare diritti civili e umani a piacere. Pare invece che questi sindaci vogliano travestirsi da sceriffi della moralità e da garanti della legge divina. Altro rilievo: la pedofilia del clero si aggira sullo 0,7. Il telefono azzurro invece parla di interventi quotidiani di pedofilia sui bambini perpetrata non solo dai maschi ma anche dalle donne. Tanta caciara per un prete, per cento preti o per quanti che siano? Perché non si fa una politica contro queste nefandezze? Forse non si vuole scoperchiare il vaso di Pandora, la pentola dell’indecenza contro i bambini diffusa in troppe famiglie? Siamo in un territorio dove si deve approfittare dell’immoralità di un prete per giustificare la mole delle proprie? Sempre la pagliuzza nell’occhio degli altri e non si vede la trave nei propri? Siamo in un territorio dove vige la tradizione “Dio, patria, famiglia”. Dogma cosi caro al predicatore “Padano” che qui vanta folta schiera di seguaci e che vocifera “Noi siamo per la famiglia tradizionale (quindi cattolica!)”. E poi magari chi parla cosi sfascia famiglie, divorziato e pluriconvivente, seminando bambini per ogni dove. Non sa, non sanno i suoi seguaci del territorio che chi convive, chi si sposa in civile, chi fa figli fuori del matrimonio religioso non appartiene, anzi è contro la tradizione da lui e dai suoi strombazzata? Non difendo Dino Cinel, finito male, vittima di miseria morale, sostengo solo che come cittadino di Dio ha diritto anche lui ad un momento religioso e soprattutto il diritto di non essere bandito e rifiutato da Rossano V., San. Martino di Lupari, Cittadella, da questi troppi intolleranti pseudo cattolici dei forconi.

Autore
Albino Michelin
08.02.2018

sabato 10 febbraio 2018

RAZZA BIANCA, COSCIENZA NERA

Un tempo il pulpito del prete era una specie di Monte Sinai dal quale veniva emanato il Verbo di Dio e del profeta Mosè ad un popolo di fedeli che muto e compunto mandava a memoria nella vita quotidiana e restava compatto seguendone la morale e il comportamento. Oggi quel pulpito è stato sostituito dallo schermo televisivo da cui i vari imbonitoti, presentatori, politici ti inebetiscono con un diluvio di parole e la gente dice la verità quando afferma che i preti hanno perso di appeal, che possono cantarla e suonarla tanto ormai nessuno ci crede più. Dice il falso invece quando afferma che la TV e i suoi megafoni possono riempirci di belle parole, ma alla gente dentro da un orecchio e fuori dall’altro, alla gente non fa nessun effetto, perché ragiona con la sua testa. Non è vero. Perché quando i nostri fans della razza bianca si mettono a straparlare alla pancia del popolo sui rom, sugli immigrati, sui profughi, di colore che vengono a invaderci, rubarci il lavoro, abolire le nostre tradizioni, feccia della società, la gente ci crede, eccome, si surriscalda eccome. Questi discorsi sono come la pioggerellina lenta, ma inesorabile, che si insinua nel DNA, sotterranea, carsica, quotidiana. Lo dimostra qualche episodio, che va sempre più ripetendosi, e che non resta isolato, come vogliono sostenere i benpensanti, ma va generalizzandosi. Basta seguire sul facebook o sul social i commenti che dalla moltitudine dalla faccia nascosta vengono divulgati. Qui i nostri statisti e sondaggisti possono aggiustare le loro percentuali che credono, la realtà nel social in materia è penosa. Di episodi ce ne bastano due e sono recenti, proprio uno a ridosso dell’altro, uno al nord e l’altro al sud Italia, a dimostrazione che l’Italia tutta è attraversata dal bacillo antinegro. La domenica 21 gennaio u.s. una signora si presenta per farsi medicare al pronto soccorso di Cantù nel comasco e sorpresa si trova davanti ad un medico di colore, dott. Audi Ngansa,38 anni, in Italia da 12, origine camerunense, laureato alla nostra Università Insubria, medico della Croce Rossa in diversi centri di accoglienza, da Bresso milanese a Lampedusa di Agrigento. La malcapitata trovandosi improvvisamente di fronte ad un camice bianco e ad una faccia di colore, non si fa scappare un‘ apostrofe tagliente e gli appioppa: ”io non mi farò mai toccare da un medico nero” e se ne va. Questi a sua volta, che ottuso e allocco non è, le risponde con ironia, una delle armi più efficaci contro l’ignoranza e l’ipocrisia: ”ti ringrazio, così ho un quarto d’ora per andarmi a bere un caffè”. Sul social tutti d’accordo con la razza bianca, due post si discostano, uno dichiarando di essere onorato di avere stranieri del genere in Italia, l’altro assumendosi la dignità di chiedergli scusa. Il giorno seguente a Benevento stessa musica. Musah, mediatore culturale, 37 anni, collaboratore Caritas, origine ghanese, si presenta al pronto soccorso per escoriazioni e ha l’impatto con una infermiera razza bianca. La quale lo assale subito con parole a sfondo razzista “Perché sei venuto in Italia, questo è il mio paese, se non ti piace tornatene in Africa. Viva Salvini, viva l’Italia.” Sulla vicenda il malcapitato di colore non vuole accendere i riflettori, addirittura scusa l’infermiera dicendo che forse era stressata, una espressione di stizza, e che, convinto della sua buona fede, se l’incontrasse l’abbraccerebbe.” Qualche considerazione oggettiva che aiuti a “rassegnarci” ad una società multietnica. La signora di Cantù sappia che il Camerun è noto per i suoi medici famosi in tutto il mondo, e che la laurea di Ngansa non è farlocca come quella del Padano andato a comperarsi una tacca di laurea in Albania dopo 16 anni di università a vuoto in Italia. E la signorina razza bianca di Benevento sappia che larga parte di infermieri in Italia è rappresentata da ben 142 nazioni 38 mila su 375 mila, e che gli italiani del settore rifiutano i turni di notte, i campanelli che squillano tutte le ore, piaghe putride da medicare, corpi da lavare, padelle e pappagalli da svuotare, sederi da ripulire, morti da rivestire. Almeno un po’ di gratitudine si potrebbe dimostrare. Le cause di questa avversione? Già accennato: l’odio razziale pubblicizzato dai media, la paura seminata a piene mani che inquina il cervello della gente incolta. E qui aggiungiamo che una causa risiede anche nel nostro analfabetismo. Non intendiamo analfabetismo strutturale, nel senso che oggi tutti sappiamo leggere e scrivere (eccezione del 5%), ma analfabetismo funzionale (80%). Quando leggiamo un giornale ed ascoltiamo un paroliere, comprendiamo sì la parola, ma non il suo significato, il suo collegamento con il contesto, il suo senso di fondo, la sua veridicità storica. Voltaire diceva: calunniate, calunniate, qualcosa resterà. E Umberto Eco nel 2015 scriveva: ”italiani inclini a credere a tutto ciò che leggono e sentono senza riuscire a valutare criticamente. Nel social media si da’ diritto di parola a tutti gli imbecilli, e così più che un’invasione di stranieri da terzo mondo abbiamo un’invasione di imbecilli a casa nostra che si rivelano terreno fertile ad essere acchiappati come citrulli”. Espressione un po’offensiva, ma in parte da sottoscrivere. Rimedi? Ne potremmo proporre uno anche se ci potrebbe sembrare strano. Al tempo della guerra in Iraq nel 2003 in una parrocchia della Puglia i missionari comboniani hanno indetto uno sciopero della messa. Cioè una domenica abolite tutte le messe per protestare contro la vendita delle armi dall’Italia al Medio Oriente. Per ripensare “pace agli uomini di buona volontà”. Siamo un’Italia detta cattolica, devozionale a Maria e ai santi suoi, fatta di pellegrinaggi e di turismo sacro. Per un mese indire una specie di lavaggio gastrico: sciopero da queste forme religiose soporifere per riservare un digiuno di riflessione e di educazione al rispetto verso il prossimo dei diversi, che in fondo è la sostanza della religione cristiana. Un tentativo per la nostra razza bianca di ripulirsi da un’anima nera. 

Autore
Albino Michelin
06.02.2018